Mauro Anelli's Blog: Viaggio nella Narrativa - Posts Tagged "distribuzione"
Piccole, medie e grandi case editrici italiane

Ciao a tutti! Eccoci di nuovo a parlare di narrativa.
Oggi mi soffermerò in particolare sullo stato dell’editoria italiana, evidenziando cose che sono sotto gli occhi di tutti, ma che pochi vogliono vedere e di cui ancora meno amano discutere.
Cosa è successo all’editoria italiana negli ultimi dieci anni è presto detto: l’affermarsi del monopolio di pochi grandi gruppi editoriali, che sommati valgono oltre il 70 % del mercato, che controllano l’intera filiera del libro, e che dopo essersi “mangiati” le medie case editrici, oltre ad alcuni marchi storici non proprio medi, hanno cominciato a mangiarsi anche tra loro, come testimonia l'acquisizione di RCS Libri da parte di Mondadori.
Le piccole e medie case editrici restanti e ancora indipendenti, sparpagliate in una miriade d’iniziative diverse, combattono ogni giorno per la sopravvivenza a fronte di numeri e margini che dal 2008 a oggi si sono fatti sempre più risicati. Eppure, paradossalmente, sono proprio loro a garantire un minimo di varietà d’offerta, qualità e novità.
Intendiamoci su questo punto. I grandi gruppi editoriali italiani hanno fatto nel Novecento la storia letteraria del nostro paese, hanno contribuito ad affrancarlo dall’analfabetismo, e a far conoscere autori e opere validissimi, anche stranieri, che altrimenti in Italia sarebbero rimasti forse sconosciuti. E tutt’oggi continuano ancora a pubblicare molte opere valide.
Ma c’è poco da illudersi. Le cose, negli ultimi anni, sono molto cambiate. Gli editori di una volta, quelli che davvero ascoltavano i lettori e si confrontavano per mesi con gli autori, oggi non esistono più.
I grandi gruppi editoriali, oggi, vanno sul sicuro. Hanno bilanci pesanti da far quadrare, strutture articolate da mantenere, e per farlo invadono ogni mese le librerie con centinaia di titoli per lo più commerciali (tra cui molte ristampe), di autori e su argomenti e generi che tirano in quel momento. Ogni tanto ci scappa il best seller, di norma importato dall’estero come la maggior parte della produzione, specie se di narrativa, perché piuttosto che rischiare su qualche autore italiano, a parte i soliti noti, spesso personaggi televisivi, è meglio sobbarcarsi l’acquisto dei diritti e i costi di traduzione di libri che hanno già funzionato altrove. Tanto, poi, li pagano i lettori, sul prezzo di copertina.
Per non parlare degli esordienti italiani, sui quali da parte delle grandi case editrici vige da anni un vero e proprio ostracismo e la vulgata secondo la quale gli italiani non saprebbero scrivere. Lo scouting di autori italiani le grandi case editrici, salvo poche eccezioni, non lo fanno neppure più, e comunque non direttamente: si accontentano dei pochi esordienti che propongono loro le agenzie letterarie.
Ma davvero credete anche voi a questa bufala? Che gli autori eredi di Dante, Ariosto, Leopardi, Manzoni, D’Annunzio, Moravia, Buzzati, Eco e Pasolini sarebbero peggiori degli stranieri tradotti? Scrivendo nella loro lingua madre? In un paese di sessanta milioni di abitanti, che leggerà anche poco, ma dove uno su tre ha un manoscritto già pronto nel cassetto?
La verità è che scoprire nuovi autori e farli crescere, fare con loro tutti i giorni discussioni ed editing veri e congiunti delle loro opere (perché nessuna opera nasce perfetta, pronta per la pubblicazione) costa un mucchio di tempo e fatica. E chi fa l’editore mirando soprattutto all'aspetto economico oggi non può più permetterselo.
Tra i libri di una casa editrice medio-piccola (parlo di quelle serie, ovviamente), non troverete invece i soliti noti, l’autore di best seller o la moda del momento, perché a sfidare i grandi editori su questo campo una piccola casa editrice neppure ci prova. Cerca invece di scoprire nuovi talenti, libri originali e con idee nuove, per darsi una linea editoriale personale, distinguersi, farsi notare e conquistare un po’ alla volta nuovi lettori in base al merito e alla qualità delle proposte.
Ma le piccole case editrici, rispetto alle grandi, rischiano ogni giorno di sparire, perché la filiera italiana del libro è costruita a misura dei grandi gruppi editoriali, che possiedono o controllano librerie di catena e anche alcuni dei principali distributori.
Di conseguenza, soprattutto sulle edizioni cartacee, il divario è abissale. Le case editrici che sfornano pochi libri l’anno, spesso curatissimi e di notevole originalità e qualità narrativa, non vengono neppure considerate, perché i distributori lavorano in percentuale sul venduto, e movimentare e promuovere editori, autori e titoli sconosciuti o quasi non è economicamente conveniente.
Le poche piccole case editrici che riescono comunque a sbarcare nelle librerie col cartaceo campano alla giornata, sempre sotto la spada di Damocle dell’invenduto (le famigerate “rese”), e hanno visibilità risibili, perché oggi anche i librai indipendenti di una volta, a parte pochissime isole felici, non esistono più, e le librerie di catena mettono di copertina in bellavista sui desk o in vetrina ciò che gli conviene o viene imposto loro dai marketing delle case editrici maggiori; il resto, spesso di gran lunga più valido, è relegato di costa tra gli scaffali dove nessuno o quasi lo vede; tanto nel giro di tre mesi finirà al macero, perché non vende.
E sui libri elettronici, gli e-book, come siamo messi? Be’, amici, lo sapete bene anche voi. Non a caso ho letto proprio qui su Goodreads le lamentele di alcuni lettori su alcune opere in e-book, pubblicate anche da case editrici italiane importanti, zeppe di refusi: perché non spendono tempo a verificarle e a correggerle!
Uno dei principali motivi della scarsa diffusione degli e-book in Italia (appena il 6-7% del fatturato totale) rispetto ad altri paesi del mondo è lo scempio che degli e-book nel loro insieme è stato fatto negli ultimi anni da molte case editrici italiane.
Nell’epoca della crisi, con anni di contrazioni delle vendite sul cartaceo che solo di recente si sta riprendendo, in molti hanno visto nei libri elettronici la possibile panacea per sanare bilanci altrimenti deficitari, buttandocisi sopra all’insegna del massimo risultato col minimo sforzo, vale a dire traslando brutalmente all’e-book libri nati in formato cartaceo e facendoli pagare a prezzi esorbitanti.
Il risultato di queste sciagurate politiche, invece del decollo del mercato dell’e-book in Italia, è stato negli ultimi anni l’esatto opposto: una progressiva diminuzione delle vendite, a fronte del primo iniziale entusiasmo, perché i lettori non sono scemi, e quando comprano si aspettano un prodotto che valga il prezzo pagato, che sia in cartaceo o in e-book.
Noi di Nuova Narrativa Italiana, che per sopravvivere in questa giungla pubblichiamo per la maggior parte e-book e vendiamo solo dal nostro sito Internet per mantenerci indipendenti dai distributori, sappiamo bene che un e-book valido nasce prima di tutto in formato elettronico, con un’impostazione diversa dal formato cartaceo, per renderlo adeguatamente “fluido”, interattivo e fruibile sui dispositivi di destinazione. Così come sappiamo che il prezzo onesto di un e-book, in assenza della carta, della stampa e della distribuzione fisica del cartaceo, non dovrebbe mai superare il 50% del suo equivalente in cartaceo.
“E il self-publishing?”, mi chiederà ora qualcuno: “Non potrebbe essere in futuro un’alternativa, una terza via economica e interessante tra l’offerta commerciale dei grandi gruppi editoriali e quella più di qualità della piccola e media editoria?”.
No, amici; davvero no! Il self-publishing, che tanto si è affermato negli ultimi anni in Italia, non a caso anche grazie al lancio di furbe piattaforme on line costruite ad hoc, è il sintomo della malattia, non è la sua cura. È il risultato della disperazione dei tantissimi autori italiani in pectore, in certi casi anche molto validi, snobbati per anni dalle principali case editrici italiane e illusi dalla disponibilità delle nuove tecnologie, che non ricevendo ormai più alcuna attenzione (se non dagli editori a pagamento), neppure più le lettere di rifiuto che si usavano un tempo, si giocano il tutto per tutto nel self-publishing. Ma pubblicare veramente, col supporto di un vero editore che ti scopre, ti guida e ti promuove, è tutta un’altra cosa.
E allora? Come ci possiamo difendere da lettori, autori ed editori di narrativa di fronte a tutto questo? In un solo, unico modo, amici: tornando a riconoscere e a frequentare la vera narrativa di qualità, quella che col mercato, con le mode, con le vendite e con i marketing ha poco o nulla a che fare!
Per oggi mi fermo qui. Ma la prossima settimana, ve lo prometto, affronterò il punto più cruciale e dirimente di tutta la questione: come riconoscere un libro di narrativa davvero di qualità da uno mediocre, al di là del gusto personale.
Grazie per avermi letto e a presto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Pillola del giorno, dedicata a chi piace l’editoria italiana così com’è:
“Siamo tutti complici dei misfatti che avvengono, anche se ne siamo stati solo spettatori”.
(Ermanno Guerrini, Rosso Storto, Nuova Narrativa Italiana)
Il triangolo virtuoso lettori-autori-editori

Buongiorno a tutti! Rieccoci.
Nell’intervento di oggi, torno a parlare delle figure che compongono il triangolo virtuoso della narrativa, vale a dire lettori, autori ed editori, coloro che i libri li leggono, li scrivono e li fanno.
Ho già scritto in un intervento precedente (se ve lo siete perso, cliccate qui) che negli ultimi decenni in Italia il mercato del libro si è evoluto in direzione opposta a quella del triangolo virtuoso, con un'importanza crescente della promozione e della distribuzione che sono arrivate a pesare sul cartaceo fino al 65% del prezzo di copertina di un libro. Tolti i costi di produzione, che nell’insieme sommano un altro 20%, del prezzo pagato di un libro dai lettori solo le briciole restano in mano ad autori ed editori. O meglio: agli autori normali, non di particolare successo, e agli editori medio-piccoli. Perché gli autori affermati e i grandi editori (che in certi casi controllano i distributori e possiedono proprie librerie di catena) non hanno di questi problemi. I margini, per loro, sono ben più alti.
Il risultato di questa situazione è una progressiva asfissia della piccola editoria indipendente di cultura, quella non omologata, che combatte ogni giorno per sopravvivere e che si sforza di continuo di scoprire nuovi autori originali e opere di qualità, rispetto all’offerta prevalente, che ha un carattere prettamente commerciale.
Ma non solo questo, purtroppo. La dittatura delle mode e del mercato, la rincorsa della vendita e del successo a ogni costo a discapito della qualità, ha innescato negli anni un circolo vizioso all’interno dello stesso triangolo, ormai non più virtuoso, per cui gli stessi lettori, autori ed editori, attraverso alcuni loro comportamenti, continuano progressivamente a cedere pezzi della propria libertà nella narrativa. Gli autori sacrificano fantasia e originalità per compiacere gli editori, i lettori e il mercato nella speranza di chissà quali successi. I lettori si adeguano senza spirito critico alle mode e alla mediocrità delle proposte. Gli editori pubblicano principalmente allo scopo di vendere,
Come si fa a invertire questa deriva? Che cosa dovrebbero fare gli attori del triangolo virtuoso per riprendersi il centro della scena? Come dovrebbero essere un lettore, un autore e un editore davvero liberi?
Partiamo dagli autori, che i libri li scrivono.
Quando ci arriva in redazione un manoscritto di un autore davvero libero, per noi di Nuova Narrativa Italiana è una festa, un evento speciale. Perché un autore libero scrive senza secondi fini, in totale gratuità. Non si cura delle mode, di compiacere i lettori, delle comparsate televisive, di far parlare di sé. Scrive per il solo gusto di inventare, di esprimersi, di comunicare ed emozionare. E quando leggi un libro di un autore davvero libero, te ne accorgi subito, perché la differenza in termini di originalità e fantasia è abissale rispetto alla solita fuffa commerciale omologata.
Un autore davvero libero non scimmiotta nessuno, perché non ne ha bisogno: gli basta essere se stesso. Non infarcisce le sue opere dei meccanismi del torbido (se vi siete persi l'articolo sul “torbido”, cliccate qui), perché non scrive per vendere. È aperto alle critiche e al dialogo con il suo editore, perché sa che qualsiasi opera è sempre migliorabile. È forte e umile al tempo stesso: non si monta la testa per un successo e non è geloso delle sue opere. Perché è libero anche da se stesso, dal proprio ego.
Ma gli autori davvero liberi, oggi, sono una vera rarità. Perché la maggior parte degli autori di narrativa scrive storie già viste e allineate al gusto comune, piene di banalità, stereotipi, mediocrità, provincialismi e trucchi atti a emozionare facilmente, al solo scopo di compiacere, di farsi conoscere e di vendere. E, curiosamente, più la loro opera è mediocre, più ne sono fieri e gelosi, recalcitranti alle modifiche e refrattari a critiche e consigli, prigionieri del proprio ego.
E gli editori? Come dovrebbe essere un editore libero? Un editore davvero libero dovrebbe essere uno specchio per i suoi autori e un filtro per i suoi lettori.
Uno specchio per mostrare agli autori la loro vera faccia e la reale natura delle loro opere, entrando a fondo nei testi, evidenziandone pregi e difetti, e avendo il coraggio di proporre modifiche anche importanti. Un editore deve essere la coscienza critica che troppo spesso manca agli autori.Un filtro per cestinare le opere mediocri e pubblicare solo quelle davvero meritevoli, rifiutandosi di compiacere a tutti i costi i lettori, di rincorrere le mode del momento, perché non è vero che i lettori hanno sempre ragione. Un po’ alla volta, un editore davvero libero, dovrebbe sforzarsi di innalzare la qualità delle proprie pubblicazioni, insieme al gusto e alle aspettative dei propri lettori.
Un editore davvero libero non mira ai best seller, a fare “botti” di vendite spacciando per capolavori opere mediocri: mira, se proprio, ai long seller, a pubblicare quei libri davvero validi che per la loro oggettiva qualità vendono un po’ alla volta e con continuità nel tempo.
Ma gli editori davvero liberi, oggi, sono pochi. E sono al contrario tanti gli editori che in questi anni, pur di sopravvivere e guadagnare, sono scesi ai più biechi compromessi con i dettami del mercato e con la propria coscienza, al punto da operare al contrario: incoraggiare e pubblicare (spesso a pagamento) opere mediocri, senza revisione né editing, così come arrivano da parte degli autori, infarcite di tutto il torbido che serve a vendere e a compiacere i gusti più primitivi di lettori ormai assuefatti al peggio.
Già, i lettori. Che dire allora dei lettori? Come dovrebbe essere un lettore davvero libero?
Prima di tutto, una doverosa premessa. In un paese di individualisti, opportunisti e falsi moralisti come è purtroppo l’Italia, interessato solo ai motori, ai cellulari e al pallone, ai lettori si dovrebbe dare una medaglia, improvvisati o forti che siano e qualsiasi cosa leggano, solo per il fatto che leggono.
Sono i lettori che tengono ancora accesa la fiammella della narrativa in Italia, non certo gli autori e gli editori nostrani, che in questi decenni ne hanno combinate di ogni, con le fanfare dei loro marketing, spacciando per capolavori opere e orizzonti da bassoventre.
Ma certo anche i lettori hanno la loro parte di responsabilità, in particolare nel fidarsi troppo della propaganda e poco della propria testa, dell’apparenza in luogo della sostanza, e nel confondere la qualità col gusto personale.
Un lettore davvero libero dovrebbe invece di continuo sperimentare e confrontare, leggere diversi generi e autori, ignorare le classifiche di vendita dei libri e i soliti nomi, per divertirsi di persona a scovare di costa, negli scaffali delle librerie, quegli autori, quegli editori e quelle storie davvero originali e meritevoli di attenzione. Un lettore davvero libero dovrebbe avere una coscienza critica in continuo movimento ed esercizio.
Bene, amici; per oggi mi fermo qui. La prossima settimana, domenica 27 ottobre, a beneficio dei lettori che vogliono essere davvero liberi, darò una sorta di decalogo, delle linee guida per scegliere con oculatezza e soddisfazione i libri di narrativa che meritano davvero la nostra lettura, evitando di sprecare tempo e denaro in brutti libri.
Ma per ora vi ringrazio di avermi letto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Pillola del giorno, dedicata agli editori senza scrupoli, che fanno a gara nel pubblicare il peggio:
“C’eravamo imbattuti in qualcuno peggiore di noi, che si meritava pertanto il nostro rispetto”.
(Mauro Anelli, Gli efferati, Nuova Narrativa Italiana)
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