Questo romanzo, forse il più sottilmente paradossale e ragionato di Guido Morselli, invece che a un possibile futuro ci guida a un «contro-passato prossimo» pieno di sorprese. Come avvenne che la Prima guerra mondiale fu vinta, non già dalle potenze dell’Intesa, e con esse dall’Italia, ma da quelle degli Imperi Centrali? E come si svolse la sconcertante Edelweiss Expedition, fulminea, ingegnosissima operazione militare con cui gli austriaci conquistarono nel giro di poche ore l’Italia settentrionale, dando così una svolta decisiva a tutta la guerra? E attraverso quali travagliate vicende sorse, negli anni immediatamente successivi, e sotto la guida di Rathenau, la UNOD (in italiano, Comunità Europea Democratica)? Prendendo le mosse dalle private elucubrazioni strategiche di un oscuro ufficiale nella Vienna del 1910, facendoci passare attraverso «una galleria di feluche, galloni, spalline, decorazioni», attraverso aule di Parlamenti e corridoi di Ministeri, colpi di mano militari, equivoci, sviste, inganni, manovre, astuzie, attentati, Morselli risponde a questi interrogativi, che certo faranno fremere i devoti del «Fatto, questo sacro mostro», ricostruendo davanti ai nostri occhi un passato ipotetico che ha un’allucinante concretezza, una tranquilla plausibilità, tale da indurci a concordare con lui che «il paradosso sta dalla parte dell’accaduto: dall’altra parte se ne sta, sconfitta, quella che chiamiamo (sebbene con ottimismo) ‘logica delle cose’». Il puntiglioso accanimento nell’inseguire il dettaglio – di cui si ha una prova sbalorditiva nella prima parte, dedicata alla descrizione della Edelweiss Expedition –, la trascinante vena ironica e polemica, la lucidità nel percepire i rapporti fra le forze politiche ed economiche e nell’inserirvi l’azione dei singoli, da Rathenau a Hindenburg, da Giolitti a Lenin, rendono continuamente provocante la lettura di questo romanzo, che è insieme una macchina fantastica nutrita da un sottile estro teatrale e un rovente pamphlet contro la superstiziosa ossequienza alla Storia, che tanto spesso ha impedito e impedisce di vedere come la storia di fatto avviene.
Guido Morselli (1912–1973) spent his youth in Milan, where his father was an executive with a pharmaceutical company. When he was twelve his mother died from Spanish flu, an event that devastated the reserved child. After attending a Jesuit-run primary school and a classical secondary school, Morselli graduated from the Università degli Studi di Milano with a law degree in 1935. Instead of practicing law, however, he embarked on a long trip around the Continent. Though he wrote consistently from the remote town in the lake region of Lombardy where he lived alone, Morselli succeeded in publishing only two books over the course of his life: the essays Proust o del sentimento (Proust, or On Sentiment, 1943) and Realismo e fantasia (Realism and Invention, 1947). His many works of fiction, journalism, and philosophy were repeatedly rejected by publishers, and, frustrated by his perceived failures, he committed suicide in 1973. Hanging in his library was the motto Etiam si omnes, ego non (Though all do it, I do not). In fact, Morselli’s nine posthumously published novels, among them Roma senza papa (Rome Without the Pope, 1974), Divertimento 1889 (1975), and Dissipatio H.G. (The Dissolution of the Human Race, 1977), enjoyed considerable critical success. Morselli left his farm and lands to the town of Gavirate in his will, and today Parco Morselli looks south onto Lago di Varese and north toward the Alpine foothills.
Due stelle è un giudizio forse iniquo, da parte mia. Primo, perché ho letto questo romanzo con piacevolezza, e devo dire sostanzialmente senza annoiarmi. Secondo, perché il substrato su cui si fonda è molto, molto solido. Morselli dimostra in lungo e in largo una cultura filosofica, storica e politica notevolissima. La distanza rispetto, non dico alla media, ma al meglio della narrativa contemporanea, da questo punto di vista, è abissale. Penso ai romanzi appena letti del pur ottimo Enrico Brizzi (L'inattesa piega degli eventi; La nostra guerra): ucronici anche questi, ma niente più che (buoni/ottimi) racconti d'intrattenimento e d'avventura. Qui, con Morselli, senza una certa preparazione storica sul periodo non è consigliabile nemmeno iniziarla, la lettura.
Morselli fa molto di più dei nostri ucronisti contemporanei: spara al massimo volume dal suo amplificatore un formidabile affastellamento di idee e utopie filosofico-politiche per dare sostanza, prima di tutto culturale, alla sua ucronia. O fanta-politica, come lui stesso la chiama nell'intermezzo che spezza - nettamente - in due il romanzo.
E l'ucronia dice questo:
Plausibile? Insomma. La resa narrativa è ricca di dettagli militari e politici al limite del credibile. Soprattutto molto (veramente troppo) appare semplicistico e irrealistico, con intuizioni geniali ma di gran lunga in anticipo sui tempi (ex.: il blietzkrieg austriaco in Italia e quello tedesco contro la Francia; la social-democrazia trionfante in Europa; l'uso eccessivo del singolo e incredibile episodio che risolve di colpo le numerosissime svolte ucroniche ipotizzate; ecc). Infine si storcono occhi naso gambe e orecchie leggendo della avvedutezza politica e della saggia magnanimità mostrata dai tedeschi nei confronti dei vinti: visti i molti trascorsi e i chiari di luna attuali, viene addirittura da ridere. Passi l'evidente ammirazione della cultura germanica di Morselli che traspare dallo scritto, ma un minimo di buon senso e realismo qui sarebbe servito.
La storia, ci dice Morselli, non è fatta da grandi correnti che proseguono verso il loro destino imperturbabili, spinte unicamente da una irresistibile massa inerziale ma da piccoli insignificanti fatterelli e da grandi personaggi che, inaspettatamente e clamorosamente, sconvolgono il processo, deviandone il corso. Il cieco caso e la forza del destino (napoleonicamente parlando, s'intende).
E personalmente, sono in parte d'accordo con l'autore. Anche se l'inerzia, nel breve, incide quasi completamente e i piccoli episodi difficilmente posso modificare il futuro, quando è già scritto (si pensi all'impreparazione militare e industriale italiana alla vigilia della II GM: il regime se la sarebbe - forse - potuta cavare solo con una assoluta neutralità in stile franchista). Il problema del romanzo è che l'affastellamento su cui giace e cresce, il turbinare di personaggi - fittizi e storici - che lo popolano, le complesse divagazioni filofiche e politiche, le spregiudicate e eccessivamente rapide svolte episodiche della narrazione portano a una ucronia barocca, a un racconto sghembo e eccessivo, nei modi e nei tempi. La macchina narrativa di Morselli è un furibondo animale che avanza rutilante, non si ferma quasi mai a riflettere, passa in rassegna fatti e volti uno dopo l'altro con una velocità degna della migliore blitzkrieg e li divora in successione, ma senza digerirli. Alla fine in fondo allo stomaco c'è un groviglio infernale, indigerito, fatto da sparute intuizioni e riflessioni geniali disperse fra rottami di fatti, controfatti, ipotesi, volti, idee, speranze buttate alla rinfusa.
Questo è un romanzo stra-pensato eppure non pensato affatto, da cui emerge una genialità di fondo IMMANE buttata via da una fretta eccessiva di concludere e mettere dentro di tutto, anestetizzata da una mancata rifinitura e - sembra incredibile - da una insufficiente razionalizzazione.
Da come scrive, da come delinea in maniera secca (e perfetta) i personaggi, da alcune intuizioni incredibili e da una serie di riflessioni straordinarie nonché attualissime, si intuisce che ci si trova di fronte a un genio. E lo dico senza timore di usare questo termine. Ma, un genio forse eccessivo, incapace di dosare e limitare. Leggo su Wikipedia che questo romanzo fu, all'epoca, rifiutato anche da un grandissimo come Carlo Fruttero che ne scrisse "...aveva un inizio sfolgorante, una buona prima parte, ma la seconda non convinceva.". Tutto vero, ma non è solo questo. E' tutto l'insieme che a parer mio ne esce come una creatura amorfa, priva di una propria forma perché troppo carica di materiale.
Davvero un gran peccato...avesse avuto a fianco un editor che ne limasse le bozze, Morselli sarebbe forse stato un grandissimo del Novecento letterario.
Morselli, giova ricordarlo, non fu mai pubblicato in vita. Chissà se i suoi editori erano dei coglionazzi come quello con cui ha il colloquio nell'interludio di questo romanzo, tipica intelligencija Einaudi anni '60. È sicuramente la parte più brutta del libro, ma forse la più istruttiva. Morselli, ovviamente, era pubblicabilissimo, ma - mi permetto di aggiungere - andava consigliato. È un peccato che uno spunto così bello come quello delle prime pagine, la trovata, quasi casuale, di un uomo comune che cambia la direzione della storia, venga buttata via nella seconda metà del volume, che diventa uno pippone fantapolitico, tra l'altro nemmeno molto ardito. Riesce nel miracolo di risollevare il tutto l'eccezionale finale, che lascia solo un dubbio: che capolavoro sarebbe stato "Contropassato prossimo" se il suo autore avesse insistito in quella che era la sua inuizione iniziale?
Inizio soave, con la vita di un ufficiale austro-ungarico tra burocrazia, tramonto della belle époque, hobby, vacanze, riflessioni sul mondo e un progetto ingegneristico e militare coltivato al tempo stesso con passione e distacco. Poi questo ricco punto di vista è abbandonato e gli si preferisce l’orizzonte più ampio della storia – o meglio: della cronaca, con ampio accompagnamento di considerazioni sulla condotta della guerra. Nessuna avversione da parte mia per le faccende militari; semplice scarsa curiosità (e incapacità di valutare la sensatezza di quanto raccontato). Da qui le tre stelle. (Per intendersi, il primo capitolo è stato un cielo stellato…) In conclusione, chi voglia farsi un’idea del libro badi a non leggere le sole prime pagine, perché nel prosieguo il tono cambia con decisione.
Sehr interessante Vision einer alternativen Geschichte. Der eigentliche Änderungspunkt (die Tunnelidee und -realisierung) tritt recht schnell in den Hintergrund. Was sich dann anders entwickelt in Europa von der Mitte der Ersten Weltkriegs an auf der Basis von auch alternativen (in der realen Geschichte nicht zum Zuge kommenden) Gedanken, Visionen und Verhalten einzelner wichtiger Akteure, ist sehr spannend.
Ich habe die Erzählung zum Beispiel zum Anlass genommen, etwas mehr über Rathenau zu lesen - höchst faszinierender Mann. Schade, dass er zu früh ermordet wurde (in der realen Geschichte).
Der Stil ist nüchtern, damit aber umso überzeugender. Nicht wirklich Action, keine mitreißenden Hauptpersonen, kein eindeutiger Spannungsbogen; und doch spannend bis zum Schluss, weil man wissen will, wie sich das Ganze entwickelt.
Das ziemlich schwierige Zwischenkapitel mit einem fiktiven Gespräch zwischen Autor und Verleger ist vielleicht nicht notwendig. Bedenkt man aber, dass der Autor (gemäß Info im Buch) Zeit seines Lebens kein Buch verlegen lassen konnte, hat das natürlich auch eine interessante Doppelsinnigkeit.
Alles in allem durchaus eine Empfehlung, bei weitem nicht nur für “Science Fiction Fans”.
Morselli era un autore che mi era completamente sconosciuto e devo dire che ne è valsa la pena affrontare questa lettura, non tanto perché mi sia piaciuto tantissimo, ci sono stati comunque molti aspetti del libro che mi facevano un po' storcere il naso, ma perché ho scoperto un autore sicuramente originale e meticoloso nel suo lavoro. "Contro passato prossimo" è la storia di come sarebbe potuta andare la prima guerra mondiale se invece dei fatti reali se ne fossero verificati altri, completamente inventati ma assolutamente plausibili. Ed è proprio la Storia, nel senso che, come detto esplicitamente dall'autore in un simpatico intermezzo a metà libro, non c'è nessuna cornice che ti spieghi le differenze, si tratta solo di un narratore impersonale che racconta le vicende come se fossero la realtà accaduta, anzi che sta accadendo. Approccio interessante che ti fa apprezzare tutta la lettura, condita di dettagli storici e tecnici che fanno capire il grado di approfondimento che c'è dietro. Nota stonata, che più si andava avanti più faceva suonare male tutto il libro, era vedere come la differenza tra i due diversi fili storici era dettata da eventi assolutamente casuali. Io sono sempre stata convinta che la direzione della Storia sia frutto di dinamiche macroscopiche che non si possono ridurre alle azioni dei singoli e trovare in un libro una Storia che è alternativa perché il tal tizio si è fatto una vacanza in un posto invece che un altro e che è venuto a sapere di una certa informazione che gli ha fatto venire la tal idea... Stona. Probabilmente le intenzioni dell'autore erano completamente diverse, ma l'impressione che ti lascia è che per l'esito della prima guerra mondiale sono stati definitivi fattori microscopici, visibili solo con la lente d'ingrandimento di un narratore onnisciente. Altro difetto è che la scelta di farne un libro "storico" e la conseguente attenzione a dettagli bellici lo rende noioso o pesante in alcune parti, ma quello che forse più mi ha dato fastidio è stato vedere come la realtà del libro andava discostandosi sempre più dalla nostra, al punto da raggiungere un livello quasi di "fanta-storia", se mi si passa la licenza poetica. Alla fin fine, il voto è 7, per l'originalità e l'approfondimento storico.
Guido Morselli’s “retrospective hypothesis” about the consequences of a Great War won swiftly, decisively, and with great imagination by the Central Powers, leading to a united Europe by early 1917, is itself both originally conceived and brilliantly executed, resulting in an improbably compelling work that deserves to win a wider audience in English. I say improbably, because as the book’s plot unfolds it increasingly turns on the actions of military men and politicians whom we hardly have a chance to know, and who themselves are given no chance to develop as characters; there are long speeches from the floors of parliaments, wars of words in the press, background information such as European navies’ transition from coal to diesel power, and extended dialogues on military strategy and the varieties of socialism. Indeed, if the book is also compelling, this owes something to how audaciously it risks being dull, testing the boundaries of what fiction can do in an arguably more satisfying fashion than most so-called antinovels. It is one of the work’s central paradoxes that it is a paean to the force of dynamic individual personalities, and yet its characters are static, their action often impersonal. The existing British English translation by Hugh Shankland, if on occasion perhaps excessively faithful to cognates and original syntax, is on the whole very good.
La visione di Guido Morselli è più che suggestiva: e se la Guerra, la Prima Mondiale, la vera guerra di cui la seconda fu solo una, dolorosissima, appendice, fosse stata combattuta da Mozart prima e da Kant poi? Cosa sarebbe successo? Di guerra si parlerebbe ancora in guisa d’arte, le cui strategie militari, cioè l’intelligenza e l’audacia, avrebbero ricacciato nei bassifondi i deliri delle tattiche e il populismo delle logistiche e i loro corollari, guerra di posizione, carne da cannone, coinvolgimento dei civili fino ai giorni nostri in cui agli attacchi indiscriminati dal cielo rispondono con la stessa ferocia i kamikaze da terra. Così, il giovane Walter, brillante ufficiale dell’Impero Asburgico, trova una mappa e intuisce che può essere la chiave di volta per sbloccare lo stallo del fronte italiano attraverso un piano semplice e geniale che deve, però, innanzitutto rivoluzionare il “modo” in uso di guerreggiare, dalla mobilitazione logistica alla strategia fulminante, un blitz veloce e annichilente e che non richiede un alto tributo di sangue, come un’opera di Mozart. La guerra però non finisce qui e l’Impero Asburgico, che si stava avviando dolcemente verso la morte naturale, affida il testimone al genio organizzativo di Rommel (che così non “diventerà” nazista) e alla visione internazionalista di Rathenau, cioè alla pace tra i popoli come la intendeva Immanuel Kant. Romanzo lucido e visionario, in perfetta sintonia con la stoica consapevolezza degli eroi della letteratura mitteleuropea, dei Pasenow e Hugenau di Broch fino all’Ulrich di Musil. Romanzo a tesi in cui, sottotraccia, si muove un sottilissimo rivolo d’angoscia, la stessa che si può rintracciare in due operazioni letterarie simili, “La possibilitè d’une ile” di Michel Houellebecq, proiettato nel futuro, e “La svastica sul sole” di Philip K. Dick, focalizzato sul post seconda guerra mondiale. Il dottor Freud, infine, che sia vincitore o che sia sconfitto, che stia svernando in esilio o ricevere in casa sua, ci convincerà comunque a sdraiarci sul suo lettino per spiegarci, paziente, che la Patria è la madre e il re nostro padre ed ecco che l’Edipo fa capolino: “E perché no, dopotutto? Può darsi. Può darsi anche questo”.
Il libro è assolutamente plausibile, tant’è che il lettore deve fermarsi ogni tanto per assicurarsi che quelli descritti da Morselli non siano i veri fatti della Grande Guerra. Il linguaggio è un po’ arcaico, anche se ciò è di frutto un espediente voluto dall’autore per dare veridicità al proprio scritto. Questo da una parte funziona, dall’altra può non aiutare i lettori meno incalliti ad andare avanti.
Maniacali le attenzioni per i dettagli, sia nelle descrizioni di luoghi e avvenimenti, sia nell’inserire personaggi realmente esistiti (da Hindenburg a Giolitti, passando per Rathenau e Lenin), che contribuiscono ad aumentare quel senso di plausibilità che si respira per tutto il tempo della lettura.
Un libro davvero da non perdere che racconta e riflette su un futuro che poteva ma non e' stato. All'inizio ho avuto qualche difficoltà nell'affrontate un modo di scrivere un po' ampolloso che pero', e lo si realizza dopo le prima 50 pagine, diventa parte del racconto. Davvero consigliato. E pensare che Morselli, in vita, è sempre stato rifiutato dalle case editrici...
facile pensare un'ucronia: si prende un avvenimento storico importante (qui: la prima guerra mondiale) e ci si immagina che ad un certo punto abbia avuto una svolta inattesa (qui: vince la germania e l'europa si unifica in maniera democratica). molto meno facile scriverla: si prevede una conoscenza precisa dell'avvenimento storico in oggetto, tanto da poter creare varianti storiche plausibili e saper aggiungere personaggi realmente esistiti in situazioni verosimili. morselli ci riuscì e "contro-passato prossimo" è un gioiello da recuperare.