La nuova edizione di un manuale di storia di grande successo, aggiornato agli ultimi eventi di questi anni. Fra le molte periodizzazioni possibili per segnare il problematico termine a quo della storia contemporanea, questo manuale adotta l’ondata rivoluzionaria del 1848 – evento senza dubbio epocale a livello europeo, e avvertito come tale anche dai contemporanei – per raccogliere in un unico volume l’intera materia che comunemente viene ricompresa in questa disciplina. È una scelta che ha il vantaggio di includere in una trattazione organica problemi ed eventi imprescindibili per la comprensione del mondo contemporaneo, a cominciare da quelli relativi alla realizzazione dell’unità italiana. Questa nuova edizione si presenta ora in una forma decisamente rinnovata e accresciuta. La parte sul Novecento, in particolare, è stata ampliata e articolata in un maggior numero di capitoli di taglio essenzialmente tematico, per meglio dar conto delle trasformazioni degli ultimi decenni.
Dopo aver usato più moderni manuali di storia contemporanea, convinta potessero essere più aggiornati o meglio fatti, mi sono ritrovata a tornare da lui. Non c'è paragone, spiega tutto alla perfezione senza mai perdersi
Per comprendere il mondo di oggi è indispensabile conoscere bene la storia del mondo contemporaneo. Quello di Sabbatucci e Vidotto è un eccellente manuale, scritto in forma chiara e sufficientemente completa, per farsi un’idea chiara del periodo in questione. La scelta di far partire l’indagine storica dal 1948, anno delle rivoluzioni liberali europee, è in buona parte condivisibile. In primo luogo perché è dalla metà dell’Ottocento che maturano quei fenomeni di modernità politica, sociale, economica e tecnico-scientifica che, come ho premesso, pervadono l’ambiente in cui ancora oggi viviamo. Infatti, malgrado le detonazioni originarie scaturiscano dalla rivoluzione francese in Francia e dalla rivoluzione industriale in Inghilterra, entrambe occorse circa 50 anni prima, nella prima metà del XIX secolo la situazione generale in Europa rimase sostanzialmente, per quanto temporaneamente, invariata a causa degli effetti restauratori del Congresso di Vienna. In secondo luogo perché, se ci si riferisce soprattutto alla storia d’Italia, è da quel momento che il nostro Paese assume un suo peso specifico nel quadro della storia europea, dopo un sostanziale “oblio” durato un paio di secoli. Intendo dire che, una volta esaurita la centralità e la dominanza culturale ed economica del Medioevo e del Rinascimento italiano e delle sue città, delle Repubbliche marinare e in particolare della potente Venezia, dell’influente Stato Pontificio e della magniloquente Roma, a partire dal XVII secolo si ebbe un declino impressionante in tutta la penisola (ben descritto dal nostro più importante romanzo, I Promessi Sposi). Declino che fu rovesciato, con alterne e avvincenti vicende, proprio a partire dal 1848: guerre d’indipendenza, Risorgimento, Unità d’Italia, Roma Capitale, Prima Guerra Mondiale, Fascismo, Seconda Guerra Mondiale, Repubblica e Costituzione democratica, ricostruzione post-bellica e boom economico, crisi economiche, politiche e morali con le quali ancora combattiamo e dalle quali, di tanto in tanto, riusciamo ad affrancarci grazie all’azione di alcuni e agli sforzi di molti. Dico tutto questo perché, altrimenti, un quadro assai più rigoroso, completo e affascinante del mondo contemporaneo nel suo complesso, a livello mondiale, è fornito dall’entusiasmante quadrilogia di Hobsbawm, che si conclude col celeberrimo “Il secolo breve”; dall’efficace analisi storico-economica del capitalismo di Piketty col suo “Il capitale nel XXI secolo” (che, malgrado il titolo, è una disamina accurata dei processi finanziari e patrimoniali dell’Ottocento e Novecento); dai magistrali approfondimenti di Judt nel suo “Dopoguerra”, che scandagliano a fondo i fatti avvenuti in Europa negli ultimi 70 anni. Tutti questi contributi, però, considerano la storia d’Italia per quello che effettivamente vale. Quella cioè di un paese importante e rilevante (non più la declinante, frammentata e sottomessa espressione geografica della prima metà dell’era moderna post 1492), ma certamente non una potenza centrale nel panorama mondiale, per certi versi neanche in quello europeo. Ciò ha comportato che quegli autori parlino dell’Italia in modo abbastanza ridotto, e soprattutto considerino la storia dell’Italia una storia complementare. Sabbatucci e Vidotto, se non altro perché italiani che si rivolgono a un pubblico (in primis di studenti universitari) italiano, compensano egregiamente, e comunque in modo sensibile ed equilibrato, questa carenza.
Buon manuale di storia contemporanea, ma l’ho trovato meglio dettagliato nella spiegazione del primo centinaio di anni dal 1848 e meno negli anni successivi. Da integrare?