Kitap önceleri bana biraz karışık geldi - babanın doktorluk anılarını mı, musevilik anılarını mı, babalık anılarını mı okuyacağımız konusunda tereddütlerim oluştu.Kitabı okudukça, bunların hiçbirine odaklanmadım, ancak kitabın ikinci yarısında isimsiz hastalık hayatımıza girdiğine, işte o zaman babaya biraz ısındım.
Okudukça üzüldüm ve isimli bir hastalığın, isimsiz bir hastalığa tercih sebebi olduğunu düşündüm.
Kitap öyle aşırı hüzünlü veya hastalık odaklı değil, yanlış anlaşılmasın. Anlatımı çok güzel ve düzgün, yazarın kendine acındırma gibi bir derdi de yok. Ancak ben nedense, bu hastalık bölümlerine en büyük ilgi ile okudum.
Kitaptan farklı bir beklentim vardı, ancak bu kitabın beni hayal kırıklığına uğrattığı anlamına gelmiyor. Ben farklı bir içerik hayal etmiştim, karşıma ise bambaşka bir içerik çıktı. Kitabın 120 sayfacık olmasına aldanmayın, iki katı sayfasındaki kitaplara taş çıkartır.
Como una amante de todo lo que sea no ficción me ha gustado mucho este libro, me parece una pequeña joya que no sé por qué no he visto nunca por aquí. El autor nos presenta la historia de su padre, judio ruso nacido en 1895 que emigró a Francia, nos muestra su vida con todas sus luces y sus sombras, desde una intimidad muy característica. Su mayor peculiaridad es que el libro está escrito en primera persona, como si fuera el padre quien escribe lo cual creo que lo hace todavía más especial.
"Autobiografia di mio padre" non vuole essere semplicemente la storia del padre dell'autore, dove per "storia" intendo l'elemento più classico di narrazione. Proprio il titolo rappresenta un paradosso rispetto a quello che è contenuto all'interno delle pagine: con questo scritto, Pachet racconta il padre attraverso la sua voce, entrando nella sua testa e prendendone le parti, completamente ed essenzialmente.
Con uno stile tipicamente saggistico (di non facile lettura e talvolta coinvolgimento) riesce a elaborare un esperimento narrativo per portarci nella vita di quest'uomo, Simkha Opatchevsky, una vita fatta di aspetti relativi alla religione (l'ebraismo nascosto), alla politica e al contesto storico (il nazismo e le conseguenti persecuzioni), alle aspirazioni lavorative (la medicina), ai legami familiari rigidi e non pienamente colti (l'esperienza genitoriale), sino alla malattia e allo smarrimento, in una capacità di introspezione e riflessione ricchissima.
"Sono del tutto presente a me stesso, ma in mille presenze consecutive che tendono a isolarsi radicalmente dalle precedenti, per poi finire cancellate dalle successive. Perché nessuno, intorno a me, sembra tollerare la discontinuità in cui sono immerso? Perché nei rari incontri che mi capita ancora di fare sono costretto a simulare tra gli stati di coscienza un legame che non sento più? Forse la comunicazione tra due esseri può esistere solo nella successione, e mai nel singolo istante?". È forse questa la spinta che raggiunge il senso del libro: dare voce a chi avrebbe desiderato narrarsi, nient'altro che il desiderio di lasciare una traccia: il fine ultimo che solo l'arte e la scrittura consentono di raggiungere.
Le père de l'auteur, orphelin de mère très jeune écrit en parlant de son père. "la vie, en nous confiant l'un à l'autre, nous avait aussi retiré les moyens de vivre ensemble". J'ai beaucoup aimé.ce livre sobre et émouvant.
Molto intimo, pacato e a tratti commovente, nel passaggio dall'apertura al mondo all'accartocciarsi del padre su sé stesso con l'irruzione della vecchiaia e della malattia. Rileggere nuovamente il prologo alla fine del libro è illuminante.
Lettura breve ma difficile, spesso commuovente; merita il massimo del voto sia per l'arditezza dell'artificio letterario usato-molto efficace- sia per la delicatezza- non priva a tratti di sfolgorante ironia- con cui Pachet tratta il tema della vecchiaia.