«Osservato nella sua realtà ‒ ontologicamente, strutturalmente ‒ l'uomo è dunque di necessità religioso. Osservato nella consapevolezza della sua struttura, può esserlo più o meno. Il fatto poi che un uomo professi una filosofia immanentistica, positivistica, del finito o del temporale, del qualche cosa, non significa che egli non possa essere religioso su un piano più profondo dell'esperire o del "pensare"» (p. 42).