Cosa accadde davvero il 30 e 31 luglio 1954 sul K2, a partire dai 7.627 metri dell'ottavo campo e fino agli 8.616 metri della sua cima - la seconda più elevata della Terra - vinta cinquant'anni fa dagli italiani? Come hanno potuto reggere, e persistere - davanti a documentazioni fotografiche e a testimonianze inequivocabili - le falsità della storia ufficiale di quel riprovevole assalto finale? Bonatti, protagonista e vittima della vicenda, riepiloga fatti e testimonianze, documenti e inchieste, eliminando ogni possibile dubbio su come siano andate realmente le cose. Con la determinazione che ha accompagnato ogni tratto della sua vita indica, in pagine piene di tensione e di amarezza, il "lato oscuro" di quell'impresa.
He was an Italian mountain climber, explorer and journalist. He was noted for his many climbing achievements, including a solo climb of a new route on the south-west pillar of the Aiguille du Dru in August 1955, the first ascent of Gasherbrum IV in 1958 and in 1965 the first solo climb in winter of the North face of the Matterhorn on the mountain's centenary year of its first ascent. Immediately after his extraordinary solo climb on the Matterhorn Bonatti announced his retirement from professional climbing at the age of 35 and after only 17 years of climbing activity. He authored many mountaineering books and spent the remainder of his career travelling off the beaten track as a reporter for the Italian magazine Epoca. He died on the 13 September 2011 of pancreatic cancer[1] in Rome aged 81,[2] and was survived by his life partner, the actress Rossana Podestà.
Famed for his climbing panache, he pioneered little known and technically difficult climbs in the Alps, Himalayas and Patagonia.
Walter Bonatti era un uomo delicato e integro. Negli anni '50, giovanissimo, partecipò - per meriti già acquisiti - alla spedizione italiana che per prima conquistò il K2, la seconda montagna più alta del mondo. Rischiò di morire, poco sotto la vetta, lasciato una notte all'aperto dei 4000 metri himalayani dall'avidità di conquista dei capi-spedizione. Sopravvissuto, chiese spiegazioni ufficialmente, mentre tutti in Italia e nel mondo osannavano l'impresa e gli autori. Fu pubblicamente avvolto da una cortina di silenzio e diffidenza, menzogne a mezza bocca, sospetti, insinuazioni e falsità. Gli italiani, si sa, corrono sempre in soccorso ai vincitori, perciò fu lasciato solo quasi da tutti, a rodersi non già per l'errore di quella notte, mai ammesso dai responsabili, quanto per la verità tradita. Ha dovuto attendere più di 40 anni, per vederla ripristinata. Nel frattempo ha proseguito a cimentarsi in scalate estreme, in tutto il mondo, da solo. Poi, non condividendo lo stile chiassoso e glamourous dei più moderni arrampicatori, ha abbandonato definitivamente le salite per darsi ai reportages in terre inesplorate (indimenticabili gli inserti sul settimanale Epoca, negli anni '70). Ha scritto libri bellissimi e intensi, di testimonianza, come questo, che solo ultimamente qualcuno ha accettato di pubblicare. Aveva un'idea etica della montagna e della vita. Scalava e viveva senza aiuti tecnici. Lealmente. Un po' come il personaggio del film "Il cacciatore", che, caricando un colpo solo, lasciava alla natura la possibilità di sfuggire alla stolta violenza umana.
Allora, che Bonatti, riguardo ai fatti accaduti sul K2, abbia tutte le ragioni del mondo è assodato, che abbia il dente avvelenato nei confronti dei suoi ex compagni di cordata e con il CAI è comprensibile, che la sua missione sia fare luce nella verità è ammirevole. Ma ragazzi, in questo libro, l'ennesimo sull'argomento, non fa che ripetere in loop continuamente la sua teoria, racconta ancora e ancora ogni dettaglio, ogni incongruenza, ogni avvenimento in modo prolisso, rindondante e spesso astioso, nonostante ormai le sue ragioni siano state accettate anche a livello ufficiale e soprattutto siano passati PIù DI CINQUANT'ANNI da quella spedizione!!! Ribadisco, è comprensibile che ci tenga a sottolineare la verità, ma in questo modo, leggendo questo libro, non può che irritarmi questo suo modo di raccontare nervoso, ripetitivo e pesante!
Nel 1954 una cordata italiana - sponsorizzata dallo Stato - raggiunge, per prima, la vetta del K2. Il K2 è la seconda montagna più alta del mondo ma la più ostica e difficile da scalare. In quella cordata del 1954 Achille Compagnoni e Lino Lacedelli raggiungono, il 31 luglio alle ore 18:00, la vetta a 8616mt. Dietro quell'arrivo in vetta, però, c'è una storia tutta italiana che coinvolge uno degli alpinisti a rimorchio della coppia di vetta, il ventiquattrenne Walter Bonatti. Egli, insieme al portatore Mahdi, è costretto a un bivacco senza tenda a più di 8100mt di quota. Inoltre, è costretto a subire per anni un "racconto" che minimizza il suo ruolo in quella spedizione. Ruolo che, invece, Compagnoni e Lacedelli hanno sfruttato e cercato di affondare, senza il minimo ritegno.
Bonatti per più di quarant'anni ha raccontato contro tutti – il CAI, lo Stato che ha glorificato l'ascensione al K2 come una vittoria bellica, l'opinione pubblica e buona parte del mondo dell'alpinismo italiano, non straniero - la sua verità, che è la verità dei fatti accertati e incontrovertibili. Una verità che solo nel 2008 è stata riconosciuta dal CAI e ufficializzata, smentendo così quanto avevano sostenuto fino ad allora Compagnoni, Lacedelli e il capo spedizione Ardito Desio.
Una storia, quella del K2 italiano, che ha segnato Bonatti nell'intimo e ci racconta lo spessore (di sovente invalicabile) dello strato di retorica e falsità entro cui è ammantato il nostro paese.
Onore al più grande alpinista italiano e alla sua caparbietà, Walter Bonatti.
Quando andavo alla scuola media, avevo in uno dei miei libri una cartolina, giunta nelle mie mani non so come, che celebrava l’ascesa italiana al K2. Tutti gli alpinisti impegnati nell’impresa erano riuniti per una foto di gruppo, come una squadra di calcio; tra essi anche Walter Bonatti, che conoscevo di fama (sapevo quanto fosse famoso per varie imprese, tra cui la scalata della nord del Cervino, di cui la mia antologia scolastica riportava il racconto). La cartolina, contenente anche le firme (riprodotte) degli alpinisti, per me era un piccolo tesoro, e di tanto in tanto la guardavo con rispetto e ammirazione. Anni dopo cominciai anch’io ad andare in montagna, anche se per imprese nemmeno lontanamente paragonabili a quelle, e non pensai più a quella cartolina né all’impresa che celebrava. Ricordavo però i nomi dei conquistatori della vetta (non Bonatti, e mi sembrava strano essendo conosciuto come un alpinista fortissimo: Compagnoni, Lacedelli).
Pochi anni fa conobbi occasionalmente una signora gentile e amichevole, che di cognome faceva Compagnoni. Le chiesi, giusto per avere un argomento di conversazione: ma sei parente del famoso alpinista? Lei mi rispose con veemenza che sì era così, ed era una parentela di cui avrebbe fatto volentieri a meno!
Subito dopo prese a raccontarmi la strafamigerata vicenda della conquista della vetta, di cui io ancora non sapevo quasi niente (per me quelli della cartolina erano tutti degli eroi): la tenda dell’ultimo campo base che non si trovava dove doveva essere, Bonatti e l’hunza Mahdi che per portare le bombole d’ossigeno a Compagnoni e Lacedelli passarono la notte all’addiaccio nella cosiddetta “fascia della morte” rischiando di restare assiderati, e poi l’accusa di aver tentato di conquistare loro la vetta e di aver consumato l’ossigeno che non sarebbe bastato fino in vetta ai due conquistatori, Bonatti che denunciava il giornale che aveva insinuato questa falsità, vinceva ma non riusciva a ottenere una revisione da parte del CAI della versione ufficiale dell’ascesa con le posizioni reali del bivacco improvvisato e dell’ultimo campo base, la scoperta grazie alla foto recuperata da un appassionato australiano di alpinismo che non era vero che l’ossigeno di Compagnoni e Lacedelli si fosse esaurito prima dell’arrivo in vetta in quanto consumato da Bonatti, il quale non avrebbe potuto utilizzarlo mancandogli gli indispensabili respiratori di cui disponevano gli altri due. Mi disse anche un particolare piuttosto significativo: Ardito Desio, l’organizzatore della spedizione (non un alpinista ma un fisiologo) che aveva organizzato il tutto con piglio militaresco (da cui il soprannome di “Ducetto”) aveva fatto giurare a Compagnoni e Lacedelli che non avrebbero mai contraddetto la relazione ufficiale della spedizione, di cui evidentemente conosceva e copriva le magagne, finché lui sarebbe stato in vita. Visse 104 anni.
Quest’ultimo particolare, in effetti, è quello che manca ai numerosi racconti che ho letto poi sulla vicenda (Wikipedia, indicatami dalla stessa signora Compagnoni come una fonte affidabile, e poi i numerosi scritti di Bonatti e anche quelli di Messner).
Come si sa, e come poi ho scoperto in seguito (lui per me era sostanzialmente il grande alpinista dei Quattromila e delle inarrivabili pareti alpine, e poi l’esploratore-reporter di Epoca) Bonatti rimase tragicamente segnato da quella vicenda. Praticamente ha lottato tutta la vita per veder riconosciuta la verità dei fatti, e da un lato ha dovuto affrontare l’ostracismo e la marginalizzazione da parte di alcuni esponenti del mondo alpinistico, dall’altro ha dovuto sentirsi dire spesso “ma anche basta, è passato tanto tempo, buttati quella storia dietro le spalle…” e per esperienza personale so quanto sia odioso sentirsi dire questa cosa quando ti viene richiesto il superamento di vicende, o peggio il perdono di persone che ti hanno fatto seriamente del male. Questo libro, che contiene estratti di altri libri, documentazioni, articoli, testimonanze sulla vicenda, e che è stato pubblicato postumo, la ripercorre tutta dall’inizio fino a metà degli anni Duemila, quando finalmente è arrivata, morto Desio e dopo vari tentativi di rettifica parziale che comunque non bastavano a Bonatti, la revisione della versione ufficiale della conquista del K2 da parte del Cai. Solo così, pochi anni prima della sua morte, Bonatti ha avuto soddisfazione piena e definitiva. Quanto ai conquistatori della vetta del K2, Compagnoni non ha mai voluto distaccarsi dalla posizione “ufficiale”, mentre Lacedelli, negli ultimi anni, ha ammesso qualche elemento di riserva.
Resterebbe comunque da capire perché Compagnoni e Lacedelli hanno posto il campo in una posizione diversa da quella concordata, innescando una serie di vicende che solo per puro caso non hanno avuto esito tragico, anche se hanno innescato una serie di contrasti e polemiche più che cinquantennale. Avevano deciso di portarsi più in alto per avere meno strada da fare il giorno dopo? Il fatto che non siano riusciti a entrare in contatto diretto con Bonatti e Mahdi (si parlarono a distanza nell’oscurità) fu casuale o voluto? Veramente non vollero “rischiare” che i due li precedessero o seguissero in vetta (oltre tutto disobbedendo agli ordini del “ducetto” che aveva prescritto la conquista solo a loro?) Perché raccontare dell’esaurimento anticipato dell’ossigeno, insinuando il sospetto che esso possa essere stato utilizzato da Bonatti e Mahdi? Forse perché così la conquista sarebbe stata più “eroica” e quindi il prestigio italiano, in via di ricostruzione dopo guerra e fascismo, di cui l’impresa del K2 era un elemento importante, ne sarebbe stato accresciuto? Su questo, temo si possano semplicemente fare supposizioni.
Guarda te se in un Paese civile uno deve scrivere libri, questionare, portare gente in tribunale, polemizzare per anni, per dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio un corso di eventi nel quale per caso, destino, colpa o dolo, chiunque avrebbe potuto essere accusato di negligenza o scorrettezza tranne lui. In un Paese civile, appunto. Vorrei conoscere più gente come Bonatti, ma più che altro vorrei avere un millionesimo delle sue qualità.
Sorvolare sulle questioni di principio e sui dettagli, tacere per il bene pubblico, per il bene del paese, per il bene dell’azienda, per il bene della famiglia, per il bene della spedizione.
Prima o poi ciascuno di noi si è trovato in una situazione nella quale ha rinunciato, o cosa ben peggiore, è stato chiamato a rinunciare a chiarire la propria posizione e quindi sorvolare su dettagli che è meglio non approfondire per non creare conflittualità apparentemente inutili.
A volte però capita che poi le cose vengano presentate in maniera superficiale e magari succede anche che si venga presentati sotto una luce che non rispecchia la realtà dei fatti.
A quel punto se si reagisce chiedendo la verifica corretta delle cose ci viene rinfacciato che se esistevano obiezioni, queste andavano presentate al momento opportuno e il fatto di avere taciuto o sorvolato per il bene comune viene rivoltato e diventa un’accusa.
E’ precisamente questo il caso della spedizione del 1954 organizzata dal CAI (Centro Alpino Italiano) che portò gli scalatori Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla vetta del K2.
Gli avvenimenti realmente accaduti nel corso delle 48 ore immediatamente precedenti la conquista della montagna, sono stati ufficializzati secondo criteri mai condivisi da tutti i partecipanti alla spedizione, senza che ciò avesse comportato particolari problemi a molte delle autorità e dei personaggi coinvolti.
C’erano varie incongruenze in quella versione ufficiale poi ripresa tale e quale da quasi tutti gli organismi interessati italiani e stranieri nel corso degli anni a seguire.
Il fattaccio però avviene in occasione del decimo anniversario della conquista, quando sulla Nuova Gazzetta del Popolo, giornale torinese, appare un articolo dove Walter Bonatti viene palesemente accusato di aver messo in pratica un subdolo progetto per arrivare alla cima prima degli altri.
La feroce reazione di Bonatti a quel punto non trova appoggi da parte di nessuna delle individualità coinvolte, né tantomeno dalle istituzioni, che anzi gli rinfacciano proprio il fatto che aver taciuto per così tanti anni su vicende di tale importanza.
Cosa questa grave e che oltretutto contribuisce a rendere le nuove precisazioni ancora meno credibili.
Ecco che la faccenda viene rivoltata e un iniziale atto di rinuncia personale si trasforma in una ulteriore accusa.
In questo libro K2-La verità Walter Bonatti continua e porta a conclusione una vicenda oscura (una delle tante del nostro Paese) che si protrae da oltre cinquant’anni.
La fa nella maniera più chiara e precisa possibile, riportando date, testimonianze, grafici, tempi, calcoli statistici e tutto ciò di cui un approccio corretto e indipendente alla vicenda dovrebbe servirsi per stabilire una cronaca certa degli avvenimenti di quei giorni della fine di luglio del 1954.
Bonatti parla della sua “imperdonabile ingenuità che è arrivata persino a farmi ritenere cosa giusta il silenzio, come se questo potesse giovare veramente al bene della spedizione tanto predicato… Ecco come il mio silenzio valse prima a favorire gli altri e poi, in uguale proporzione, a ritorcersi su me stesso il giorno che pubblicai la mia storia sul K2″.
Mai cerca di diminuire il valore dell’impresa di Compagnoni e Lacedelli, mai tenta di far passare il messaggio che avrebbe potuto esserci lui al loro posto.
Piuttosto ne esce un grande risentimento per essere passato per un complottatore ed un arrivista, mentre quello che sembra mancargli è un riconoscimento morale per i rischi immensi da lui presi intenzionalmente per mettere i due colleghi nelle condizioni di riuscire nella conquista della cima.
Forse la cosa che più ha infastidito Bonatti all’epoca dei fatti (prima dell’uscita dell’articolo sul giornale torinese) è stato il mancato chiarimento in forma privata tra lui e Compagnoni e Lacedelli riguardo a quello che probabilmente è stato un malinteso, un equivoco.
Bonatti ci mette del suo, forte di un risentimento che nel corso dei decenni non ha fatto altro che crescere assieme al senso di ingiustizia, per cui quello che nei primi momenti è un chiarimento possibile, dopo tanto tempo diventa una cosa troppo spinosa per trovare una soluzione condivisa.
Ecco dunque di cosa tratta questo libro: della lotta per il riconoscimento della verità.
Risultato poi finalmente ottenuto dopo oltre cinquant’anni di battaglie legali grazie alla casualità delle prove fornite da un appassionato australiano.
Un libro fantastico che oltre a raccontare una pagina importante della storia del nostro Paese, ne illustra anche molto bene anche uno degli aspetti peggiori.
Un pensiero alla fine rimane: ma se si mente così tanto su un caso di successo come questo, chissà quante cosa tenute nascoste ci saranno in tutti quei casi di sconfitta…
Incredibile come di fatto la storia di una notte, da cui sono scaturite tante bugie e falsità, riesca a diventare il più avvincente dei gialli e ti tenga incollato alla pagina, nonostante l'esito sia ben noto. La scrittura di Bonatti è sempre elegante e l'laternarsi scritti suoi e di altri crea un piacevole mix di voci narranti.
so che è un riepilogo dei libri precedenti, ma dopo l'inizio è davvero davvero ripetitivissimo. una storia dell'Italietta del dopoguerra, fatta di bugie e tradimenti e della lotta del protagonista per ristabilire la verità dei fatti, in sede giudiziale e sopratutto nella Storia dell'alpinismo mondiale.
Avrà anche pur tutte le ragioni di questo mondo, ma che noia! Lo stesso concetto ripetuto ancora e ancora e ancora... Avete presente quei film dove il protagonista rivive in eterno sempre la stessa scena? Ecco, questo accade: il solito racconto, le solite precisazioni, le infinite polemiche, le ragioni, i torti. E poi di nuovo da capo.
Molto interessante, ma ripetitivo fino alla noia. D'accordo che si tratta di un dossier e non di un racconto vero e proprio, ma su certi aspetti mena il torrone fin troppo.
Devo dire che non mi ha entusiasmata, anzi, per circa un terzo del libro sono stata tentata di abbandonarlo: poche pagine avvincenti con una veloce descrizione dell'impresa e poi continue ripetizioni sfinenti, recriminazioni, tanta retorica, ... poi finalmente mi sono resa conto di cosa era in realtà questo libro: un collage di articoli di giornale, sentenze, arringhe, interviste e brani tratti da altri libri. Devo dire che la verità viene ristabilita... dopo 3000 ripetizioni impossibile dimenticarsene. Non resto del tutto a mani vuote, qualcosa di interessante sono riuscita a trovarlo, però che fatica! Una cosa mi ha molto infastidita di Bonatti, e per buona parte del libro mi ha disturbata: il fatto che scrive tutto un libro (4 Per la verità) e spende tutta la sua vita per svelare un inganno, quando a sua volta aveva ingannato il suo portatore per convincerlo ad aiutarlo a trasportare le bombole. E buona parte dei malintesi/imbrogli ai suoi danni è derivato da questo (e chi è causa del suo mal...). Poi l'ho in parte perdonato e sono riuscita ad indignarmi per tutte le menzogne che sono state portate avanti per più di 40 anni. Come viene pure detto nel libro "La gente si sbaglia, è la retorica che vuole che la montagna sia un posto per idealisti e puri, ma gli uomini sono sempre quelli, in basso e in alto".
Una cronistoria e collage di interventi, interviste, articoli, lettere ecc... di 50 anni nei quali Bonatti ha cercato di far ammettere per intero la verità in merito alla conquista del K2.
Il grosso problema di questo libro è proprio la sua forma, che consiste di fatto in un collage di tanti interventi avvenuti nel corso di 50 anni che vanno bene o male a parlare in modi diversi sempre della stessa storia e delle stesse "polemiche" attorno ad essa.
In alcune parti del libro addirittura si trovano intere frasi o versi ripetuti esattamente uguali a distanza di capitoli, talvolta a distanza di poche pagine.
Avrei preferito leggere più dettagli sull'impresa, ma credo questo si trovi in altri libri di Bonatti. Questo libro in particolare è solo per quei pochi che volessero fare ricerca approfondita sulla vicenda dal punto di vista cronistico.
Maybe it was the anniversary of the Italian ascent to the summit, or perhaps it was just the right time to delve into the story of that climb to the top of K2, which was—and still seems to be—at the center of so much controversy and debate. For me, the book was a journey of discovery into the truth of those days, keeping me hooked for much of the narrative. In my opinion, it loses some of its charm towards the end and becomes a bit more tedious, but it’s still a chapter of history that deserves to be discovered and appreciated. __ Sarà stato l'anniversario del raggiungimento italiano della vetta, o semplicemente il momento giusto per scoprire la storia di quella salita alla cima del K2 che è stata - e ancora sembra essere - al centro di tante polemiche e scontri. Il libro per me è stato un viaggio alla scoperta della verità di quei giorni che mi ha tenuta incollata per buona parte della narrazione. A mio avviso verso la fine un po' si perde, accantona un po' il fascino che lo caratterizzava nelle prime pagine e diventa più noioso, ma ad ogni modo è una pagina di storia che merita di essere scoperta e valorizzata.
Questo testo non si concentra sulla notte del 31 luglio 1954, studia invece i successivi 54 anni, anni in cui Bonatti ha lottato contro le calunnie che il CAI e lo Stato hanno perpetrato per amor patrio (!) a discapito della verità storica. È anche la storia di un semplice amante della montagna che perde di anno in anno la fiducia nelle istituzioni. È un testo ricco di fonti per chi vuole avere un'alta comprensione del "Bonatti vs Compagnoni-Lacedelli" Questo racconto è una pagina indelebile nella storia dell'Italia e nella vita di Walter. Non tutto ciò che è ufficiale è anche vero, specialmente nel capitalismo.
E non mi riferisco esclusivamente ai vari riconoscimenti ottenuti da Walter Bonatti, purtroppo diluiti in parecchi decenni, ma proprio al fatto di arrivare al termine di queste 300 e passa pagine.
Concordo con altre recensioni che ho letto..per quanto nella sostanza si possano condividere al 1000% le sue ragioni, sensazioni, lo sdegno per il trattamento ricevuto e soprattutto per il falso storico, e supportare la sua onestà intellettuale..nelle prime 50 (sparo a caso) pagine era già tutto ampiamente detto.
Leggo per la prima volta u libro di Bonatti e mi sembrava giusto iniziare con questo caso emblematico, specchio di un'Italia che sicuramente non è cambiata molto dal 1954. Non è narrativa ma un'asciutta cronaca dei fatti che riguardano il raggiungimento della vetta del K2 e di tutto quello che accadde dopo fino al ripristino, tardivo, della verità. Lo consiglio a chiunque voglia conoscere meglio Bonatti, un uomo prima ancora che un grandissimo alpinista.
Molto interessante per chi è appassionato di montagna, alpinismo e onestà; bugie e meschinità si sono protratte per anni e anni, sostenute dal CAI ed implicitamente dallo Stato. Negli anni '50 l'Italia post guerra necessitava di orgoglio, trionfi ed eroi, a qualunque costo. Che miseri bugiardi 'eroi', arrongati fino all'ultimo. Lo stile non è dei migliori, ma giustamente Bonatti è prima Alpinista e poi uomo di quei tempi, comunque si fa leggere attentamente.
Walter Bonatti rischiò di lasciarci la pelle, lì, poco sotto la vetta della seconda montagna più alta del pianeta. Sulla cima del K2 ci arrivarono, come era stato programmato, Lacedelli e Compagnoni. Ci arrivarono con l'ossigeno o senza? Spostarono effettivamente il campo 8 rispetto a quanto concordato con Bonatti? E se sì, perché lo fecero? L'Italia, quella ufficiale e ufficiosa, voltò la testa dall'altra parte e cerco di cancellare con un colpo di spugna questa vicenda poco chiara. O meglio, cecò di rendere la vicenda chiara e limpida rimescolando le carte in tavola, rigirando magistralmente la frittata. Walter Bonatti ha dovuto attendere più di 40 anni, per veder ripristinata la verità. Questo libro è interessantissimo anche se, a mio avviso, la presentazione di varie testimonianze, interviste, articoli di giornale, stralci delle deposizioni fatte dai vari protagonisti, lo rendono, a tratti, un poco ripetitivo e sovrabbondante.
Io capisco tutto ma come si fa a pubblicare un libro che è praticamente una ripetizione continua delle stesse 10 pagine, in loop, senza tregua? Per quando uno possa essere dalla parte di Bonatti, questo libro è un tedio senza eguali. Magari un nerd improvvisato detective alpino forse lo troverà interessante, ma io verso la fine volevo piantarmi la picozza in una tempia.
Il resoconto dettagliato delle vicende avvenute in cima al k2, la notte passata insieme allo hunza madi, le polemiche e il senso di amarezza per non essere stato riconosciuto e avere forse mancato una grande opportunità di essere il primo o tra i primi alpinisti a raggiungere la vetta.
non conoscevo questa storia ed è stato molto interessante da leggere. dispiace tanto per questo ragazzo che ha subito per così tanti anni un'ingiustizia.
Un libro inchiesta scritto da un uomo che ha amato la montagna, ma soprattutto che ha combattuto fino all'ultimo giorno della sua vita per far trionfare la Verità sulla ragion di stato. Bonatti è un uomo tutto d'un pezzo, uno di quei personaggi che bisognerebbe studiare a scuola e che dovrebbe essere preso a modello, non solo per le sue imprese esplorative, ma soprattutto per la sua integrità morale che ha permeato tutta la sua vita. Il libro svela i misteri e i misfatti della spedizione italiana che nel 1954 salì in cima al K2, ma soprattutto svela le bassezze e le debolezze con cui gli uomini scendono a patti per godere appieno della gloria eterna. E' un libro da leggere per la completezza di informazioni riguardanti una pagina importante della nostra storia, ma soprattutto è un monito per non anteporre gli interessi personali a quelli della collettività e di lottare e perseverare per la verità senza scendere a compromessi. Dal libro emerge chiara e forte la figura di Walter Bonatti, uomo dall'integrità morale assoluta che ha lottato fino alla fine per la verità dimostrando in ogni suo gesto la sua integrità senza scendere a patti con nessuno. Un grande esempio da seguire.