Questo straordinario affresco disegna l'evolversi di un atteggiamento pessimistico e punitivo riguardo alla vita terrena, diffusosi in Europa fra il Trecento e il Settecento. Delumeau ne scorge l'origine negli ideali ascetici, nel «contemptus mundi», nel tetro senso del peccato e della fragilità umana che dall'ambiente monastico medievale si allargano nella società grazie a quella che l'autore definisce una «pastorale della paura», ossia una pervasiva pedagogia attuata dalle prediche, dai libri di edificazione, dall'iconografia macabra; una pedagogia del resto parallela alla terrificante serie di calamità e orrori bellici che punteggiarono e atterrirono quei secoli, e dovettero apparire altrettante punizioni in cerca di una colpa.
"Never a civilization had granted so much weight - and of price- to the guilt and the shame as made it the Occident of XIII to XVIII CENTURY." Delumeau speak about the sin and fear during this time. It don't correspond to habitual classification : middle-age, renaissance...but this périod is homogenous for this themes. It's a good complement of his studies on the paradise.
It is one of my favorite readings... I liked how Delumeau explains how we let ourselves be controlled, or otherwise manipulated by both fear and guilty. I felt he did a fabulous work exposing the plot for we have all lived through it. I wonder if we could project it going forward, what would we think, or how would we behave differently?
Senza volerlo, ho scelto una lettura decisamente appropriata a questo periodo di studio del Requiem di Verdi: la concezione di un Dio giudice e terribile e di un uomo infinitamente peccatore e immeritevole è infatti alla base di questo corposo (1008 pagine) volume di Jean Delumeau, già autore di La paura in Occidente, che forse avrei dovuto leggere prima perché viene più volte richiamato nel testo.
Secondo lo storico, in un preciso periodo della storia europea, e cioè dal XIV al XVIII secolo, le note dominanti nell'insegnamento religioso e nella pastorale, in ambito cattolico come protestante, furono l'"ipercolpevolizzazione", l'angoscia, la paura del giudizio, il pessimismo, la svalutazione sistematica della vita terrena e delle possibilità umane. Contingenze particolarissime come le drammatiche calamità e gli eventi sconcertanti che si abbatterono sulle popolazioni in quel periodo (pestilenze, guerra dei Cent'anni, scisma d'occidente, riforma protestante e guerre di religione) contribuirono a rendere ancora più fertile il terreno per questo tipo di predicazione e insieme la alimentarono, la resero ancora più convincente. Delumeau ne rintraccia le origini nelle filosofie stoiche e neoplatonica, negli scritti dei Padri del deserto tardo-antichi e nella letteratura monastica dei secoli XI-XII, e fa notare il paradosso di una concezione (con le relative proposte di modelli di vita e di comportamento) pensata e abbracciata in origine da uomini di Chiesa e comunque da personalità d'eccezione, e in seguito però proposta alla comunità di fedeli tutta. Sottolinea inoltre che la sua teoria contrasta con la concezione tradizionale del Rinascimento quale momento pervaso di ottimismo e fiducia nell'uomo: diciamo che forse ormai l'affermazione è un po' datata (il libro è del 1983), visto che oggi nella storiografia sono ben presenti anche le spinte "anti-rinascimentali" e contraddittorie di quell'epoca tutt'altro che monocolore.
Il libro è suddiviso in due grandi blocchi: nel primo viene analizzata, facendo ricorso a fonti diverse come i dipinti, i monumenti funebri, i manuali per confessori, la letteratura devota, la riflessione dell'élite (intellettuale, religiosa) che ha portato, appunto, a questa generale atmosfera di angoscia per la propria salvezza, disprezzo per il mondo, attrazione per il macabro, terrore del giudizio divino. Apprezzabile il fatto che Delumeau rifugga dalla semplicistica spiegazione che questa operazione sia stata studiata "a tavolino" dalle élite per controllare con la paura il popolo: al contrario, risulta che esse erano le prime a essere imbevute di queste inquietudini. È la parte migliore del libro: peccato però che i numerosi esempi di opere d'arte non siano anche illustrati da qualche immagine.
Nella seconda parte l'A. tenta invece di analizzare come questa concezione sia stata trasmessa, insegnata e inculcata al popolo, prima in ambito cattolico, poi in quello riformato (scoprendo che i punti in comune sono numerosi). Questa invece è la sezione più debole: il rischio della tediosa ripetizione degli stessi concetti, in effetti, è presente in tutta l'opera, ma qui è più che mai concreto; e inoltre, di contro alla varietà di fonti della parte precedente, qui vengono prese in considerazione quasi esclusivamente le prediche (di autori che poi sembrano sempre gli stessi, alla fine, per lo più francesi): strano che l'A. non abbia pensato affatto a fare uno studio sui testamenti, ad esempio. Interessanti le descrizioni delle modalità altamente spettacolari e teatrali in cui si svolgevano le missioni, o le prediche degli "specialisti" più celebrati e rinomati (dei veri e propri "eventi"), ma siamo sicuri che basti a darci la misura di quanto questi insegnamenti fossero recepiti e accolti dal popolo? Spesso e volentieri, poi, Delumeau è costretto a sfumare le conclusioni più radicali, cui si può essere portati estrapolando solo alcune frasi da queste prediche, a inserire correttivi. Inoltre, non emerge bene il motivo, o quanto meno l'ipotesi, per cui, quasi all'improvviso, questo tipo di pastorale terroristica basato sulla paura che avrebbe imperversato per secoli sia stato accantonato e rigettato, tanto da apparirci ormai quasi inconcepibile (alcuni passi fanno rizzare i capelli in testa per quanto sono lontani dal nostro sentimento religioso). Lettura interessante ma faticosa (e costellata di qualche errore).
A very weird book, erudite but a little empty. It purports to document why the West became so guilt-ridden, and to such an unhealthy extent, finding the answer in an increasing focus on sin from the late Middle Ages, begging the question of why there was an increasing emphasis on sin. And while it overtly laments the guilty ruminations of the West, there are hints that it was actually a cultural accomplishment of a strange kind.
Przemordowałam się przez pierwszą część i dalej nie mogłam. Dużo szczegółów, cytatów i tytułów książek (większość w oryginale, co może być odstraszające). Generalnie jak się nie zna ktoś na filozofii, to książka idzie jak po grudzie.