Nazione, religione e violenza; un triangolo fatale ha caratterizzato il XIX secolo ed è culminato nelle esperienze delle guerre mondiali del XX. A questi pericoli, tutt'altro che svaniti, si sono sovrapposti, rafforzandoli, i fantasmi di una possibile guerra atomica e, in generale, della società globale del rischio. Oggi il mondo globalizzato presenta zone di conflitto sociale e religioso molto più estese e diffuse che in passato: c'è minore accordo sulla regolamentazione della sessualità, sul valore della libertà e dell'autonomia individuali rispetto alla comunità e nessun accordo sull'urgenza del rischio derivante dal terrore; perfino le minacce della catastrofe climatica o il valore della vita umana sono oggetto di scontro di fedi. Come possono le religioni universali contribuire a spegnere la violenza religiosa che imperversa in Europa da almeno cinquecento anni? Forse, sostiene Ulrich Beck, la religione oggi non è più soltanto parte del problema ma anche della sua soluzione. Nelle società occidentali, che hanno ormai interiorizzato l'autonomia dell'individuo, si sta infatti sempre più diffondendo una nuova forma di religiosità, indipendente dalle Chiese ufficiali e legata al progetto di vita e all'orizzonte di esperienza della persona.
Ulrich Beck was a German sociologist. He coined the term risk society and was a professor of Sociology at Munich University and the London School of Economics.
Un saggio sulla religiosità del terzo millennio non può che essere interessante, se poi l'autore, che pure è un sociologo, si sforza di usare un linguaggio il più razionale possibile, è ancora più interessante. Purtroppo non va oltre le tre stelle, perché chi scrive è pur sempre un sociologo e deve usare termini ridicoli, perifrasi auliche, intorcinamenti logici e via così. Apprezzo lo sforzo. Altra pecca è il focalizzarsi sull'Europa e il cristianesimo riformato, riservando alle altre religioni e agli altri continenti un paio di capitoli. Troppo poco per un argomento così pervasivo.
Domnívám se, že se autorův pojem vlastního Boha, nejvíce hodí právě na českého člověka, který na otázku víry nejčastěji odpovídá: "nepotřebuji církev ani kostely, ale v něco věřím, něco, co mě přesahuje" a "kutilsky" si tak tvoří - ač možná často nevědomě - onoho vlastního Boha. Ulrich Beck v tomhle mění zorný úhel pohledu na náboženství, sekularizace náboženství nezničila, ale transformovala (individualizovala). Je to už třetí kniha kterou jsem od něj přečetl a tak jako u těch předchozích (Co je to globalizace a Riziková společnost), jsem měl pocit, že čtu kus poctivé sociologie.
Dense German theology/philosophy/sociology in English translation. Parts of the author's argument I caught: Religion is individualized once when people split it into denominations, and individualized a second time when it becomes so private that everyone seems to have a god of his or her own. Following one's own conscience rather than the dictates of a communal religion can have a positive or negative effect on one's behavior, depending, it seems, on whether one is a good or bad person to start with. Following one's own intellect allows one at least to consider other religions, heresies, atheisms, etc. Religious bodies bid for people's hearts and minds by announcing inclusive, universalist trends. Unfortunately, they are never perfectly inclusive; someone is always left out and treated as "other", and this can have dangerous effects.
This book is in Lesley University's new Divinity School library, where I read it while marooned for 90 minutes. Aside from what I described, it went over my head.