Charger un passager à l'aéroport, quoi de plus juteux pour un chauffeur de taxi ? Une bonne course vous assure une soirée tranquille. Ce soir-là, pourtant, c'est le début des emmerdes... Tout d'abord la cliente n'a pas assez d'argent sur elle et, pour être réglé, il vous faut entrer dans sa maison pourvue d'amples fenêtres (ne touchez jamais aux fenêtres des gens !). Plus tard, deux jeunes femmes passablement éméchées font du stop. Seulement, une fois dépannées, l'une d'elles déverse sur la banquette son trop-plein d'alcool. La corvée de nettoyage s'avère nécessaire (ne nettoyez jamais votre taxi à la vapeur après avoir touché les fenêtres d'une inconnue !). Après tous ces faux pas, comment s'étonner que deux policiers se pointent en vous demandant des comptes ? Un dernier conseil : ne sous-estimez jamais la capacité de la police à se fourvoyer ! Dans ce roman magistral, Levison dissèque de manière impitoyable les dérives de la société américaine et de son système judiciaire.
Iain Levison was born in Aberdeen, Scotland, in 1963. Since moving to the United States, he has worked as a fisherman, carpenter, and cook, and he has detailed his woes of wage slavery in A Working Stiff’s Manifesto.
2016: ”Arrêtez-moi là" di Gilles Bannier, con Reda Kateb e Gilles Cohen (nella foto), il film tratto dal romanzo di Levison.
Un fatto giudiziario che diventa caso perché si tratta di un madornale errore della giustizia.
Nella situazione in cui si trova il protagonista: A ucciderti non sono la noia, l’ingiustizia e la frustrazione; è la speranza. La speranza è veleno, ti corrode le interiora, è un bicchiere di soda caustica.
1962: tipica inquadratura à la Orson Welles per “Il processo” dal romanzo di Kafka. Protagonista Anthony Perkins. Nel cast lo stesso Welles, Jeanne Moreau, Romy Schneider, Elsa Martinelli, Arnoldo Foà.
Nel corso della narrazione si apprende che di casi così è piena la “giustizia” americana, si impara che la polizia tende con una certa allarmante frequenza a indagini approssimative basate sul pregiudizio, la fretta, la cialtroneria, la grossolanità, l’imprecisione, sbatti dietro le sbarre il primo che ti capita sotto mano, e se non è il colpevole, fai in modo che lo diventi, sembra essere il motto delle forze dell’ordine e della giustizia.
Tutto ciò che esiste nel mondo ha due incarnazioni, una per i ricchi e una per… be’, per tutti gli altri. Scegli una cosa qualsiasi: i ricchi ne possiedono la versione migliore. La legge per esempio.
1971: ”Detenuto in attesa di giudizio” di Nanni Loy, con Alberto Sordi in uno dei suoi rari ruoli drammatici. Il film è ispirato alla vicenda di Lelio Luttazzi.
Un racconto che è scontato definire kafkiano, un incubo che poggia sull’assurdo, trasmette ansia che rasenta la depressione: ma una buona mano, l’ironia, e tutto sommato, la leggerezza che Levison sa tirare fuori rendono il racconto avvincente e illuminante.
Prima l’impotenza di fronte al sopruso. Poi, paradossale, forse comico, in realtà raccapricciante il modo in cui la giustizia trionfa.
Che mondo meraviglio sarebbe, se solo gli ignoranti fossero un po’ meno sicuri di sé.
1972: Enzo Jannacci protagonista de “L’udienza” di Marco Ferreri, 1972. Nel cast Ugo Tognazzi, Claudia Cardinale, Vittorio Gassman, Michel Piccoli, Alain Cuny.
Jeff Sutton è un tassista (The Cab Driver è il titolo originale). Alla fine di una corsa dall’aeroporto a un quartiere chic di Dallas, Texas, la cliente non ha i soldi sufficienti per pagare: lo invita a entrare in casa, mentre la signora sale a prendere il denaro, Jeff usa il bagno, e lascia un’impronta. Il giorno dopo quell’impronta sarà usata dalla polizia per arrestarlo con l’accusa di rapimento di una dodicenne (la figlia della cliente), probabile stupro, possibile omicidio e occultamento di cadavere.
1972: “L’illazione” scritto diretto e interpretato da Lelio Luttazzi per la tv, che però lo manderà in onda quarant’anni dopo, 2011.
Jeff non ha mai visto la ragazzina, è innocente, ha un alibi (che nessuno verifica). Finisce in prigione per dieci mesi in attesa di processo senza possibilità di cauzione vista l’accusa. Accusa che fa di lui un pedofilo e lo rende un carcerato che va protetto perché in prigione gli stupratori e ancora più i pedofili sono presi di mira e rischiano la vita. Quindi, per la sua incolumità personale, passerà dieci mesi nel braccio della morte. Dove avrà meno diritti di quelli in attesa di esecuzione perché non è un condannato a morte. Non ancora, perlomeno.
Sembra una storia vera perché è davvero una storia vera o perché Iain Levison è bravo a raccontarla?
1999: “Un uomo perbene” di Maurizio Zaccaro, ispirato al caso Tortora, interpretato da Michele Placido. Qui si vedono Stefano Accorsi, Giuliano Gemma, Pino Ammendola.
No, non può finire così! Lo stavo leggendo su Kindle senza visionare l'avanzamento di lettura, quando ho girato pagina e... non c'era più niente! L'orrore!
Non ricordo nemmeno come sono incappata in questo titolo, probabilmente l'ho salvato dopo la recensione di qualche amico di Goodreads. Chiunque tu sia: non ricordo il tuo nome, ma grazie per avermi suggerito questo libro.
La trama prende spunto dalla storia di Elizabeth Smart, un'adolescente rapita dalla propria casa nel 2002. Nella vita reale, per un certo periodo si sospettò di Richard Ricci, un poveraccio dal passato non proprio immacolato che divenne un comodo capro espiatorio e che nulla aveva a che fare col rapimento.
Levison si immagina al suo posto un tassista, Jeffrey Sutton, il cui passato è molto più pulito di quello di Ricci. Questo non ferma però la polizia, che individua in lui un colpevole comodo e facilmente perseguibile, specie se si ignorano le prove a suo favore. Quello che parte come un classico giallo americano diventa presto un retelling del Il processo di Kafka. E per quanto assurda la condanna di Sutton possa sembrare al lettore, ancora peggio è la fine - reale - fatta da Ricci - persona vera - a cui in prigione venne ritardata, se non negata, l'assistenza sanitaria, perché tanto tutti erano sicuri che fosse colpevole (spoiler: non era).
Al contrario di Ricci il nostro protagonista non muore in attesa del processo. In un certo senso, forse, sarebbe troppo comodo. Deve soffrire più a lungo, vedersi sbattuto sui giornali, vivisezionato e umiliato. Che poi è lo stile del giornalismo attuale e a mio parere Levison non ha romanzato nulla del piacere di sbattere il mostro in prima pagina.
Interessante è la descrizione dei rapporti che si creano in carcere e ancor più interessante è la motivazione che spinge il nuovo studio legale, nostro deus ex machina, a farsi avanti per tutelare Sutton. Il finale aperto è indubbiamente corretto, ma dato che io sono fan di Law&Order tanto quanto lo è il nostro Jeffrey sento, ancora a distanza di giorni, la necessità di una seconda puntata.
Sutton, ein alleinstehender, harmloser Taxifahrer aus Dallas, gerät in die Mühlen des amerikanischen Justizsystems, als er im Haus einer Kundin ein Fenster begutachtet und einen Fingerabdruck hinterlässt. Als kurz darauf ein Mädchen aus dem Haushalt entführt wird, ist Sutton der Hauptverdächtige und die Ermittler legen sich auch schnell auf ihn als Täter fest.
Ein fieses, kaskaefkes Szenario um Sutton, der nicht weiß, wie ihm geschieht, nimmt seinen Lauf. Bitterböse und sarkastisch nimmt Iain Levison die Mär vom gerechten Polizei- und Justizapparat auseinander und stellt genau heraus, welche Bevölkerungsgruppen im System eine Lobby haben und welche nicht. Auch der einzige Hoffnungsschimmer für Sutton ist letztlich nur eine perverse Nuance des Systems. Knackig und auf den Punkt geschrieben.
Un roman inspiré d'une histoire vraie, puissant et terrible à la fois, l'histoire d'un homme comme les autres qui se retrouve pris dans un engrenage infernal suite à la disparition d'une enfant. Le destin brisé d'un homme broyé par la machine judiciaire américaine et dont la quête de vérité ne semble intéresser personne.
La descente aux enfers d’un chauffeur de taxi, victime du système judiciaire des États-Unis qui le condamne sans preuve pour un crime qu’il n’a pas commis. L’auteur utilise l’humour pour critiquer à la fois la justice et le système carcéral de ce pays.
je pensais honnêtement m'ennuyer en lisant ce livre, et au final, je l'ai trouvé poignant. J'ai hâte de voir l'adaptation cinématographique dès que le film sortira en Blue Ray ! Le fait que ce livre soit écrit à la première personne nous permet d'entrer totalement dans la peau du personnage. On a une vision exacerbée de ses émotions (la colère, le désarroi, la résignation etc...), sans filtre, ce qui nous permet de les partager avec lui et de ressentir nous aussi des émotions pendant la lecture. Le livre est relativement court, bien écrit, simple à lire, mais demeure fort et prenant. Donc, forcément, c'est une très bonne surprise !
Eigentlich hat es mir ganz gut gefallen. Ein Taxifahrer wird des Mordes an einem kleinen Mädchen angeklagt. Er wandert in Untersuchungshaft, wo er aus, Sicherheitsgründen in den Todestrakt kommt, um ihn vor den anderen Häftlingen zu schützen. Die Geschichte wird aus der Sicht des Taxifahrers in Ichperspektive erzählt und berichtet viel über das Leben dort und den anschließenden Prozess. Ich fand es gut geschildert und spannend erzählt. Warum dann doch nur zwei Sterne? Weil das Ende absolut grottig ist und mir im Nachhinein das Buch verleidet hat.
Arrêtez-moi là, est une plongée poignante dans l’injustice d’un système qui broie les innocents, et l’histoire de Jeff Sutton nous fait ressentir l’angoisse et la résignation de ceux qui sont accusés à tort. C’est une lecture qui interpelle sur la fragilité de nos droits et sur les ravages causés par un jugement hâtif. À travers une écriture percutante ce livre nous rappelle que derrière chaque erreur judiciaire, il y a des vies brisées et un espoir qu’on laisse s’éteindre.
un chauffeur de taxi se retrouve en prison suite à concours de circonstances et à une mauvaise enquête de la police américaine qui a trouvé un coupable parfait. Le broyage que les déviances de la justice génèrent. Edifiant
Quand c'est pas ton jour de chance, ben c'est vraiment pas ton jour de chance ! À croire que l'ange gardien de Jeff était en grève sauvage où qu'un mauvais génie avait décidé de lui donner subitement une VDM puissance 1000.
Déjà, notre Jeff, brave chauffeur de taxi a de la chance à l'aéroport : pas de file interminable devant lui et il charge une bonne femme va lui faire réaliser une bonne course.
Il a de la chance, vous allez me dire. Que nenni ! C'est là tout le problème : quand les emmerdes te tombent sur le dos, elles préviennent pas, que du contraire ! Ces salopes te font croire que c'est ton jour de chance et que tu as touché le 5+ au Lotto Belge. Pas le gros lot, mais de quoi souffler un coup.
De plus, les emmerdes, elles sont sournoises et te tombent sur le râble sans vraiment te donner l'impression que tu es dans leur collimateur et que tu vas en baver.
Non, toi, tout content d'avoir gagné du fric, tu ne dis rien parce que la madame a pas assez sur elle pour te payer et qu'elle doit rentrer chez elle.
Pas de problème, tu en profites pour demander si tu peux aller faire la vidange dans ses toilettes et elle et, comble de la malchance, vu que ta maman t'a jamais dit « Touchez pas à ça, petit con », toi, comme un con, tu touches le châssis de la fenêtre et tu y colles l'empreinte de tes doigts pour qu'un Horatio Caine les retrouve plus tard.
Ce roman est un coup de pied dans les coui**** de la police incompétente (pas toujours mais souvent), une critique de la société qui juge vite, même vos amis, vos collègues, des médias qui font de vous un héros ou un coupable et un coup de poignard au système judiciaire américain tout entier qui envoie de temps des innocents dans les prisons ou les couloirs de la mort.
Se basant sur deux faits mineurs : les empreintes sur la fenêtre et son taxi lavé à la vapeur suite au retour de marchandises qu'une des filles ivres fit dans son taxi, les flics, peu habitués à des homicides, l'arrêtent et le déclarent coupable. Nos policiers ont fait en sorte que les faits collent avec leur théorie capillotractée.
Jeff est coupable épicétou. Et pour mieux enfoncer le clou, on va même inventer des témoins. On est loin du fait qu'on est présumé innocent jusqu'à ce que notre culpabilité soit prouvée.
Que voilà un roman qui frappe là où ça fait le plus mal, le tout avec une plume cynique et aiguisée qui se transforme en coup de projecteur sur la pourriture du système judiciaire tout entier, que ce soit les avocats, les juges, les magistrats…
On aimerait hurler à l'injustice avec notre Jeff mais on ne peut qu'y assister, impuissant devant tant d'imbécilité, d'amateurisme ou de volonté de dire qu'on a trouvé le coupable et que si c'est pas lui, tant pis, la populace à son coupable, elle dormira en paix.
Et puis, une fois le processus enclenché, difficile de dire ensuite qu'on a arrêté un innocent, alors, on s'enfonce de plus en plus dans l'absurdité.
Une fois terminé, on a envie de chérir cette liberté que nous avons, de savourer notre café et de nous délecter de notre bête tartine parce que si nous étions victime d'une telle erreur commise sciemment, nous perdrions le goût du pain, les prisons n'étant pas réputée pour leurs menus.
Une lecture prenante, lourde, donnant l'impression que la lumière ne va jamais se rallumer. Et dire qu'il ne reste même plus l'espoir quand noir c'est noir.
Parce que même si un jour on reconnaît que vous étiez bien innocent, tout compte fait, le mal est fait, on ne le répare jamais et vous, après avoir vécu en prison, en sortant, vous ne serez jamais plus le même.
Jeff Sutton est chauffeur de taxi, à Dallas, Texas, depuis onze ans, après avoir été poseur de fenêtres dans la même région pendant de longues années. Jeff vit seul, il est célibataire, il a une existence bien ordonnée, centrée sur son travail, un peu monotone peut-être. Jeff aime avoir une voiture propre, même s’il n’en est que le chauffeur. Aussi, lorsqu’une jeune fille ivre, qu’il a chargée avec sa copine en pleine nuit, vomit à l’arrière de son taxi, Jeff effectue un nettoyage complet de l’intérieur avant de ramener le véhicule au garage de la société qui l’emploie. Deux jours plus tard, la police fait irruption chez lui, l’embarque au poste, menotté, sans explication. Jeff découvre petit à petit qu’il est suspecté d’avoir enlevé la fillette d’une de ses clientes, chez qui il n’a pu s’empêcher d’ouvrir une des fenêtres, reconnaissant un modèle posé par l’entreprise où il avait travaillé. Ses empreintes ont mené la police jusqu’à lui, le nettoyage de la voiture ne peut être qu’une preuve supplémentaire de sa culpabilité, d’autant plus qu’il n’avait pas enregistré la course puisqu’il avait transporté les jeunes filles gratuitement. Voilà Jeff bien mal embarqué, surtout lorsqu’il est emprisonné dans le quartier des condamnés à mort, bien qu’étant lui-même en préventive. Mais au moins, l’administration pénitentiaire est sûre de bien le surveiller pour éviter tout risque de suicide.
C'est encore une fois un livre reçu en cadeau qui stagnait dans ma PAL depuis deux ans. Je ne sais pas pourquoi je ne l’ai pas lu plus tôt, d’autant que sa couverture est attrayante. Au début de ma lecture, j’ai eu quelques inquiétudes. Jeff se retrouve dans une telle situation que j’ai craint que l’histoire ne soit qu’une succession de catastrophes s’abattant sur le pauvre homme, dépassé par les évènements et les manquements de la police et de la justice. C’est vrai que ce livre constitue une charge contre le système judiciaire américain et ce qui y est raconté vient confirmer ce que l’on peut entendre au sujet des affaires qui ont eu l’honneur des médias ces derniers temps aux États-Unis. Mais il y a aussi dans ce livre une description de l’univers carcéral, et en particulier du quartier des condamnés, qui apporte une touche d’humanité au milieu des péripéties qui vont transformer l’existence de Jeff en un parcours de montagnes russes !
Le livre est dédié à Richard Ricci, qui fut accusé à tort de l’enlèvement d’une adolescente, mais qui mourut avant que ne soit élucidée l’affaire et que son innocence ne soit reconnue.
2) Que fais-je le lisant en français, si je préfère, et de loin, lire dans la langue original pour peu que je la comprenne ? Et bien, ça fait plusieurs années que j'attends que quelqu'un publie ce roman court / nouvelle longue en anglais. Mais il paraît impossible. Quelqu'un a dit censure ? Sûrement pas. Loi du marché plutôt.
Levison démontre ici une fois de plus comment il sait capter la réalité de son pays d'accueil, qu'il semble avoir quitté pour l'extrême Orient. L'histoire semblerait invraisemblable, sauf qu'elle est tout ce qu'il y a de vraisemblable. Le fait que le personnage soit blanc, du type travailleur, plutôt bonne personne, mais pas enfantinement bonne personne, ne fait qu'ajouter à ceci. Levison n'essaie jamais de nous faire la morale. Le personnage n'est pas héroïque, même s'il est plutôt du bon côté de la morale. Dans un style agréable à lire, léger mais pas trop, il nous fait sympathique un quidam comme toi, comme moi, comme le premier venu, qui souffre l'hystérie d'un système légal dépassé par les préjudices, par l'empire du pognon, par les ambitions extrêmes des hommes perdus dans un système de « l'homme est un loup pour l'homme ». Voilà une comédie amère qui se termine… chut ! Pas de spoilers...
Der Autor hat hier eine bedrückende, wahre Geschichte zu Papier gebracht: Weil (wenige) Indizien gegen die unschuldige Hauptfigur sprechen, wird er wegen Kindesentführung verhaftet und in den Knast gesteckt. Die Polizei freut sich, den vermeintlichen Verbrecher gefunden zu haben und arbeitet schlampig, ja verbirgt sogar bewusst Fakten. Bis zum vermeintlich vorbestimmten Gerichtsurteil unschuldig im Knast zu stecken, hat natürlich massive Auswirkungen auf die inhaftierte Person, und genau damit beschäftigt sich Levison hauptsächlich in seinem Buch.
Hoffnungslosigkeit ist eines der Elemente, das wie der Buchtitel schon sagt, beim Verhafteten am schnellsten um sich greift. Zudem wird ihm schmerzlich bewusst, dass die amerikanische Justiz ein Zweiklassensystem ist und Habenichtse allein schon wegen des meist wenig motivierten Pflichtverteidigers eher schlechte Karten haben. Wenn der Kläger dann noch eine (einfluss)reiche Familie ist, scheint das Urteil vorbestimmt. Insgesamt hat mir das Buch als eine Mischung aus Charakterstudie, Prozesskrimi und Kapitalismuskritik gut gefallen, es eröffnet allerdings auch keine neuen Welten. Insgesamt solide Krimikost von einem routiniert schreibenden Autor.
Great modern take on Kafkaesque trial in contemporary US settings. Witty and well written as always.
"C'était la dernière fois qu'on ne m'avait pas cru. Je me suis senti désarmé, impuissant. Comme si je portais un de ces colliers dont on se sert pour mater les chiens exubérants. Plus vous vous débattez, plus il se resserre. Le mieux à faire est de ne pas bouger."
"Mais regarder quelqu'un dans les yeux et dire une chose dont je sais qu'elle n'est pas vraie me paraît bien plus grave. C'est une offense, une agression verbale, une atteinte à la dignité même de l'autre personne. Pire encore, je trouve que c'est une perte de temps pour tout le monde."
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Je ne connaissais pas cet auteur, suis tombé dessus par hasard, et je suis scotché ! La descente aux enfers d'un taxidriver accusé à tord dans l'amérique des années 50, beaucoup de suspens pour savoir comment il va s'en sortir, et un ton parfois sarcastique, ca se lit d'une traite ! Un bon polar comme on les aime
Un chauffeur de taxi qui va vivre un enfer pour avoir fait son travail et un peu plus. J'avais vu la bande annoncé au cinema et çela m'avait donné envie de lire le livre. Bien écrit, facile à lire. On veut savoir la suite à chaque page lue mais une fin décevante. J'aime bien que l'on me dise clairement les choses. Je n'aime pas trop que l'on me laisse interpréter la fin.
Un roman très bien écrit qui nous montre bien que notre société à encore de gros efforts à faire sur bien des points : acceptation de l'autre, système judiciaire, corruption et la déformation de la réalité par les médias ou les personnes elle-même.