In un prossimo futuro dove le risorse idriche sono state privatizzate e l'acqua - ormai più preziosa del petrolio - è causa di guerre e ingiustizie sociali, si incrociano i destini di Sarah, medico e figlia del presidente dello Stato che sta per essere rovesciato da una congiura interna, e Gael, un quindicenne tossicodipendente, figlio del giornalista che potrebbe smascherare le bugie del regime. I due vengono catapultati in una corsa contro il tempo per salvarsi da chi combatte per il controllo della città e per raggiungere una fonte d'acqua potabile prima di morire di sete.
Alessandra Montrucchio (Torino, 25 settembre 1970) è una scrittrice italiana. È nata e cresciuta a Torino, dove ha conseguito la laurea in Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea. Nel 1995 ha ricevuto il Premio Calvino per alcuni racconti, poi pubblicati da Marsilio in una raccolta dal titolo Ondate di calore. Tra i suoi titoli più noti, Macchie rosse e Cardiofitness, dal quale è stato tratto un film nel 2006. Dal 1997 tiene una rubrica su "Torinosette", supplemento settimanale de La Stampa per Torino e provincia, intitolata "Cattive ragazze". Lavora anche come traduttrice. Tra i titoli tradotti per Einaudi, La città che dimenticò di respirare.
Non riesco a liberarmi da una sorta di pregiudizio che ho sentito forte per tutta la prima parte del libro, e che non riesco ad evitare nemmeno ora che ho finito di leggere. Mi rendo conto che è un retaggio sciocco e provinciale, ma sono sicuro che se questo libro fosse stato scritto da una scrittrice non italiana la mia considerazione e il mio giudizio sarebbero stati diversi. È come se una parte di me non ammettesse che una scrittrice italiana contemporanea possa scrivere una storia ambientata nel futuro, in un non luogo dove tutti i nomi sono esotici, dove nulla è riconducibile all’esperienza del vissuto o della tradizione storica. Alessandra Montrucchio racconta una storia tragica, che dura pochissimi giorni; cosa è successo prima lo capiamo da alcuni brevi brani tratti da un libro di storia, ma non abbiamo i dettagli. Ci troviamo immediatamente proiettati in un posto brutto, in un periodo oscuro, alla vigilia di una rivoluzione che in realtà è un colpo di stato, e siamo confusi, perché il nostro punto di vista è sempre parziale, non abbiamo la percezione di cosa realmente potrebbe accadere dopo, la nostra capacità di visione è molto vicina a quella dei protagonisti. In realtà il quadro complesso viene solo tratteggiato, l’obiettivo della storia sembra essere da un lato focalizzare la vicenda umana di due persone che già all’inizio sono ai margini del sistema, su versanti forse opposti, ma entrambe segnate dalla medesima consapevolezza e da un rifiuto netto verso le logiche che dovrebbero guidare le loro vite. Dall’altro lato, la storia descrive la mancanza di acqua. Mancanza sociale, mancanza endemica, ma anche mancanza quotidiana, fisica, palpabile. Viene sete a leggere, viene voglia di lavarsi, perché i protagonisti non possono farlo, e noi vogliamo rassicurare noi stessi che è ancora possibile. Ci sono tanti dettagli preziosi in questo libro, a partire dalla scelta dei titoli dei capitoli, che richiamano tempi futuri e rinnegano lo svolgimento della storia, raccontata al passato; oppure l’uso obbligatorio della terza persona plurale imposto dal potere; ciò di cui ho sentito la mancanza è stato il bisogno di sapere come sarebbe andata a finire, perché fin dall’inizio Gal e Sarah sono segnati, possono solo limitare le perdite, non potranno mai vincere, e questo condiziona anche la nostra compassione nei loro confronti. Gal e Sarah cadono a quel livello in cui gli altri essere umani si arrendono - oppure lottano per pura esigenza di sopravvivenza animale - ma sono diversi da tutti gli altri: la loro lotta prosegue e loro sono capaci di restare persone. Gal e Sarah sono eroi, ma eroi senza scampo, e le loro azioni ci sembrano un po’ come il dibattersi di un pesce in una rete.