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236 pages, Paperback
First published January 1, 1901
Qui ogni volontà è esclusa, pur essendo lasciata ai personaggi la piena illusione ch'essi agiscano volontariamente; mentre una legge odiosa li guida o li trascina, occulta e inesorabile; e fa sì che un'innocente, scacciata dalla società per esservi riammessa debba prima passare sotto le forche dell'infamia, commettere cioè davvero quella colpa di cui ingiustamente era stata accusata.
Innocente... Con quelle lettere? Avresti fatto lo stesso, dunque, tu? Sta' zittal Non arrischiarti accusarla!
Non la scuso, gemette ella, piano. Ma se ho la prova, io, la prova che mia figlia merita il castigo che le si vuole infliggere... Ah, questo, tonò cupamente l'Ajala, questo l'ho detto anch'io a quell'imbecille...
Vedi? grido la moglie, quasi ilarata da un lampo di speranza.
Ma poi egli mi chiese se io, al posto suo, avrei perdonato... Ebbene, no! Perché io, aggiunse, riafferrando per le braccia la moglie e scrollandola forte, io non t'avrei perdonato: ti avrei uccisa!
Senza colpa.
Per quella lettera, Non ti basta?
Marta, si, sarà colpevole, si piego allora ad ammettere la madre, ma d'una leggerezza, non d'altro. Ma ora tu che vuoi fare? Partire, affrontare colui, tu! E non intendi che la sciagura, cosi... Lasciami dire, per carità! Ho fede, io, ho fede che un giorno, presto, la luce si farà...
Non scusare! Non scusare!
Non scuso Marta, no; accuso me, va bene. Me, me, perché io non dovevo lasciarlo fare questo matrimonio...
Improvvisamente, barcollando, urlando, con le braccia levate, furibonda dagli spasimi e dalla paura, irruppe in quella stanza Marta, discinta, scarmigliata, inseguita dalla madre e dalle donne assistenti. Ma. ria, Anna Veronica si levarono spaventate e le corsero dietro anch'esse. Marta andò a urtare contro l'uscio del padre e, battendovi con la testa e con le mani, chiamava, supplicava:
Babbo! Apri, babbo! Non mi far morire cosi! Apri, babbo! Muojo, perdonami!
Le donne, piangendo, gridando, cercavano di strapparla di là. Il medico la prese per le braccia.
Codeste sono pazzie, signoral Via, via: il babbo verrà; si lasci condurre...
Le donne la circondarono, la tolsero quasi di peso, la trascinarono nella camera del travaglio.
Quivi la adagiarono sfinita su i guanciali.
Poco dopo, María, ch'era ritornata a origliare all'uscio del padre, entrò nella camera della sorella, con faccia stravolta, tutta tremante, a chiamare la madre; la condusse all'uscio del rinchiuso e, tendendo di nuovo l'orecchio, le disse: Senti? senti? Mamma, senti?
Veniva dalla stanza, attraverso l'uscio, un romor sordo, continuo, come un ruglio di cane aizzato.
...
Nella camera al buio giaceva Francesco Ajala, bocconi sul pavimento con un braccio proteso l'altro storto sotto il letto.
E la madre si mise a pettinarla, come soleva ogni mattina quando ella si recava a scuola. Finito, guardò la figlia: Dio non le era sembrata mai tanto bella... E provò un vivo ritegno pensando che doveva uscir con lei per la città, condurla tra gli sguardi maligni della gente, a un'impresa che, nella schiva umiltà della propria indole, non sapeva né comprendere, né apprezzare. Pensava che quella bellezza, quell'aria di sfida che Marta aveva nello sguardo, avrebbero forse dato cagione alla gente d'esclamare: Guarda com'è sfrontata!
Sei cosi accesa in volto... le disse, schivando di guardarla; e avrebbe voluto ni gli occhi bassi per via. aggiungere: Scesero finalmente la scala e s'avviarono strette fra loro, mentre Maria, dietro i vetri della finestra, le seguiva cogli occhi, trepidante.
La signora Agata avrebbe voluto essere almeno della metà men alta di statura, per non attirare tanto gli sguardi della gente e passare inosservata; correre in un baleno quella via che le pareva interminabile. Marta invece pensava all'incontro con le antiche compagne, e non si dava col pensiero tanta fretta di sottrarsi alla via
Voglia o non voglia: è forse più possibile, ora, dopo quello che è avvenuto fra te e me? Hai potuto sperarlo, rallegrartene? Dio! Che hanno fatto di me... Che sono divenuta io? Mi hai aspettata; ci sono venuta, qua, in casa tua, coi miei piedi; e, ora che mi hai avuta, me ne posso pure andare da quell'altro?
Come sospetti bassamente di me! esclamò l'AIvignani, avvilito.
Ah, io di te? E tu di me che pensi, se hai potuto sperare che... Ma non sai il peggio ancora! Ah, la mia testa... la mia povera testa...
E Marta si premette forte le tempie con le mani che le tremavano.
Il peggio? fece Gregorio Alvignani.
Si, si: per me non c'è più scampo, ormai. Sappilol La morte sola.
Che dici?
Sono perduta! M'hai perduta... Sono venuta apposta per dirtelo.
Perduta? Che dici? Spiègati!
Perduta: non capisci? grido Marta. Perduta... perduta...
Gregorio Alvignani restò come basito, guardando fiso, con terrore, Marta, e balbetto.
Ne sei certa?
Certa, certa... Come ingannarmi? rispose Marta, lasciandosi cadere su una seggiola. Sono venuta per dirti questo. Come nasconderò a mia madre, a mia sorella il mio stato? Se ne accorgeranno... No, no: prima morire! Per forza io ora debbo morire. Non mi resta più altro