Il protagonista di questo libro è un vecchio scorbutico, vitale, simpaticissimo, che fa i conti con l'ostinazione della sua prostata, con un'insana passione per la portinaia e con la sua amicizia per Armando, aspirante Cupido in pensione. L'ironia e il caratteraccio invecchiando migliorano come la grappa, per questo ci diverte così tanto la sua voce cinica, borbottante, capace di battute fulminanti sempre in bilico tra la sciocchezza e il colpo di genio. Dentro quella voce, poi, ne sentiamo guizzare un'altra che conosciamo bene: quella di Marco Presta, autore della trasmissione cult «Il ruggito del coniglio».
Le convenzioni della vita civile ci consigliano di mascherare ciò che realmente pensiamo, mitigando ciò che diciamo per farci accettare dal prossimo. Ma quando invecchiamo? Il solo fatto di essere vecchi ci porta a essere esclusi dalla considerazione dei più giovani. E dunque che problema c'è a dire solo ciò che ci viene in mente, senza filtri? E' quello che fa il protagonista di questo romanzo, un "vecchiaccio senza qualità, mai stato un buon padre, mai stato un buon marito e soprattutto, sempre stato un pessimo amico, costretto a praticare tutte queste mansioni solo perché obbligato dagli altri".
"Non si fa l'urologo per vocazione. Avere l'ambizione di salvare vite umane e mettere un dito nel sedere alla gente, non sono progetti conciliabili"
Si ride e si sorride, leggendo le avventure del nostro campione. Anche se l'umorismo si vela di amarezza, di tristezza, perché il protagonista spesso ironizza per non disperare: il suo, alla fine, è un mondo di solitudine.
"Non ho niente da fare e penso che, in fondo, essere vecchi significa questo. Non avere nessun progetto"
Così, tra sogni erotici su portinaie prosperose, dentiere porcellanate e battute all'arsenico si ragiona sul significato della vita e su come prenderla con filosofia.
"Gli anziani, in ogni funerale, contemplano il proprio. Alla fine del rito, più che addolorati, li vedi atterriti"
Non è certo grande letteratura, ma si legge bene e fa pensare divertendo.
Avevo da tempo questo libro tra quelli da leggere ma avevo paura di rimanere delusa. Ascolto con piacere il Ruggito del coniglio da moltissimi anni e temevo che il libro non fosse all'altezza delle mie aspettative: mi sarebbe dispiaciuto moltissimo, come se avessi poi dovuto dire a un caro amico che il suo romanzo non mi era piaciuto. Il rischio c'era perché i personaggi, almeno all'inizio, tendono allo schematismo, a volte eccessivo (l'anziano burbero, l'anziano buono nonostante tutto, la portinaia femme fatale, l'ex-moglie amareggiata, la cognata saccente) e non sempre la scrittura arguta e orientata a smontare tutte quelle ipocrisie che chiamiamo politicamente corretto risulta sufficiente a dare corpo alla storia. A un certo punto il registro cambia ed è quando l'autore approfondisce la relazione tra il nostro burbero anziano settantacinquenne e la figlia Anna, ormai anche lei donna adulta con le sue difficoltà; la delicatezza del rapporto tra padre e figlia, e di tutto il non detto che finisce per accumularsi, mi sembra la parte più riuscita del romanzo, quella in cui ognuno di noi (in quanto figlio e/o genitore) può identificarsi.
“Sono un vecchiaccio. Dovrei dire che sono una persona anziana, come mi hanno insegnato i miei genitori per i quali chiunque, anche un infanticida antropofago, arrivato a una certa età meritava rispetto. La verità, però, è che sono un vecchiaccio. Mi lavo poco, mi rado una volta alla settimana e giro per il quartiere indossando un cappotto che, dopo la mia prostata, è la cosa più malridotta che mi porto dietro.”
Mi è sempre piaciuto chi è capace di chiamare le cose col loro nome e di parlare fuori dai denti. Questo è un romanzo schietto. E' irriverente, scanzonato, dolceamaro e a volte puzza un po', come la vita.
“Inavvertitamente, gli ho voluto bene. Certe volte basta distrarsi un attimo e il cuore prende decisioni autonome, senza consultare le tue intenzioni.”
Quindi molto meglio trascorrerla da vecchiaccio che da persona anziana. Marco Presta, coautore a co-conduttore radiofonico de Il ruggito del coniglio insieme a Antonello Dose, dà vita ad un personaggio indimenticabile: caustico, scorrettissimo e quasi sempre insopportabilmente scorbutico. Perché il nostro, falegname in pensione, non li sopporta neanche lui i vecchi - «Parlando con quattro coetanei diceva che lo scomparso, poverino, era ridotto veramente male, il diabete, i reni, la valvola mitralica. Il discorso voleva mettere in risalto, oltre a un moderato dolore, il fatto che loro invece erano combinati molto meglio e che il trapasso appariva un'ipotesi lontana come quella di un'onda anomala a Ladispoli. A guardarli bene, non sembrava gente che avrebbe ottenuto un mutuo ventennale. In cinque, ad occhio e croce, mettevano insieme una quarantina di battiti cardiaci al minuto» - anche se, tutto sommato a pensarci bene, non sopporta tanto neanche i giovani - «Brutti, pelosi, mal vestiti, grossolani, sprovveduti, banali e inaffidabili; dei giovani, insomma, con un passato afflitto da nanismo e un futuro insignificante» - per fortuna che accanto a lui c'è il suo amico Armando, anche lui in pensione, pizzicagnolo, che è il suo esatto opposto, il nonno, il padre, il marito, l'amico che tutti vorremmo accanto, dolce e comprensivo, capace di trascinarlo con sé nella sua nuova missione di Cupido e indurlo, suo malgrado, ad uscire fuori dal suo guscio di vecchiaccio che non ha mai dato confidenza a nessuno, nemmeno alla pianta di alloro che ha in terrazzo, alla quale si limita a dire «buongiorno e buonasera» e che sogna di morire in agosto «perché chi tira le cuoia in questo periodo, rompe le scatole all'intera parentela, un'idea senza dubbio allettante». Nonostante tutta questa voglia di allontanare da sé chiunque si avvicini più del dovuto, dopo aver chiuso il libro ormai già da qualche giorno, mi accorgo di provare un po' di nostalgia per questo personaggio scomodo e indisponente e di domandarmi chissà che cosa starà facendo in questo momento il vecchiaccio. E poi, cosa ci sarà stato scritto nel referto?
Il protagonista è il Barney Panofsky "de noantri", ma non per disprezzarlo, anzi, per riconoscere la capacità dell'autore di proporre un personaggio con lo stesso cinismo, capace di spiazzare con le battute nostrane, quelle che ciascuno di noi italiani pensa spesso ma non dice per non mandare in vacca i propri rapporti affettivi e sociali, più o meno stretti.
Questa storia assomiglia a tratti alla più famosa "La versione di Barney" -mi auguro che abbia altrettanto successo-, anche se la trama non segue quella drammatica dell'alzheimer; intervengono altri personaggi, tra cui l'amico Armando, che imprimono un'evoluzione al protagonista che, da galletto di quartiere alla maniera dei divi del cinema degli anni del dopoguerra (me lo immagino come Walter Chiari), è un vecchio scorbutico che si lascia intenerire e diventa, suo malgrado, anche altruista. L'italianità è anche questa: non ce la facciamo ad essere tragici.
Storia di un vecchio scorbutico che rifugge il politically correct ed il buonismo imperante : “..Non mi rimane che utilizzare la vecchia strategia del bacherozzo: quando si avvicina un pericolo, si distende sul dorso, immobile, e si finge morto. Nel caso mio, non devo neanche fingere troppo…”. Libro piacevole, con un buon inizio, un corpo intrigante e un finale a sorpresa . Alcuni aforismi sono da imparare a memoria e recitare come un mantra , nella migliore tradizione del “Ruggito del Coniglio”.
Temevo molto di restare deluso, da adoratore del Presta radiofonico. E invece il suo vecchiaccio è meraviglioso, un'alternanza di sarcasmo mordace e dolcezza commovente semplice e scintillante. Lo sciame di personaggi che lo avvolge, macchiette filtrate dagli occhi di un vecchiaccio, crea un mondo immediato in cui ci si tuffa tra battutacce sconce, sentenze lapidarie e squarci di vita vissuta ora esilaranti, ora malinconici. Non è un libro impegnato, non c'è ricerca della letteratura, non ci sono prosa sontuosa o velleità artistiche. Sarebbero fastidiose, in questa commedia d'altri tempi fatta di racconti e monologhi in cui immergersi senza bisogno di tapparci il naso. Siamo dalle parti di un Guareschi burbero e scollacciato, del Campanile di Gino Cornabò, di quella voglia di raccontarsi tra vecchi amici le disavventure quotidiane, in cui ogni dettaglio serve a farci capire quanto può essere duro e comico stare al mondo. Era da tanto che leggendo non mi capitava di commuovermi o di scoppiare in una risata. Non è un capolavoro, certo. Ma nemmeno il tuo migliore amico è perfetto, anzi; eppure finisce che a suon di passarci del tempo insieme gli vuoi un bene dell'anima.
"Il silenzio è la cosa più straordinaria che esista in natura, lo si può interpretare in chiave filosofica e artistica ma alla fine è costituito semplicemente dall’assenza di rompicoglioni nelle vicinanze."
Come rappresentare meglio di così l’essenza di questo vecchiaccio cinico e sconveniente, raccontato dal simpaticissimo Marco Presta? Siamo a Roma, quartiere San Giovanni. Il protagonista è un falegname pensionato in lotta con la sua prostata, invaghito della portiera del palazzo in cui vive, separato da una moglie sdegnata dai suoi tradimenti e dalla sua anaffettività; ritrova una figlia, piombata in casa sua da una crisi matrimoniale, e con essa qualche sprazzo di tenerezza senile non prima di aver accarezzato l'idea, preso dal panico, di fare come il bacarozzo: distendersi sul dorso, immobile, e fingersi morto. Il libro è scorrevole perché diviso non in capitoli ma in brevi paragrafi, ognuno dei quali descrive scene passate o presenti, situazioni e personaggi, come il suo fraterno amico Armando, buono di professione oltre che pizzicagnolo in pensione anche lui.
"Oggi sono entrato in chiesa spinto, per la prima volta, da un’esigenza imperiosa: fuori pioveva."
Le pagine scorrono senza fretta, ad ogni frase ci si ferma, si sorride (o si ride di gusto), si tira una boccata d'aria fresca e si riprende il cammino, con la consapevolezza che poco più avanti ci sarà ancora un punto in cui si riprenderà di nuovo fiato, una nuova occasione per riflettere, per emozionarsi, per ridere di nuovo. E così dopo poche ore si arriva alla fine di quello che doveva essere solamente un libro divertente che non richiedesse troppo sforzo intellettuale ma che in realtà è un piccolo capolavoro. Al suo esordio da scrittore Marco Presta supera sè stesso e spiazza tutti quanti con uno stile energico ma facilmente digeribile che non stanca mai, unito ad un' incredibile realizzazione dei tempi comici (mai una battuta fuori posto). Lo sguardo del narratore è sempre distaccato, lucido ed implacabile, l'ironia che dall'inizio ci accompagna tendendoci per mano fino alla fine non risparmia niente e nessuno: il vecchio protagonista, orgogliosamente politically incorrect, trova un pretesto per polemizzare partendo da qualsiasi argomento (dai funerali in agosto ai vecchi che si sentono giovani, passando per gli effimeri amori dei ragazzi) buttandola sul ridere senza mai cadere nel banale, ciascuna riflessione, sempre accorta e precisa, arriva immediatamente alla mente e al cuore del lettore, il quale non può esimersi dal fare tesoro della voce dell'esperienza. Ciò che però davvero colpisce di questo romanzo sono i personaggi, caratterizzati talmente bene da essere reali e distanti allo stesso tempo: troppo umani per non provare empatia per loro, ma troppo diversi da noi per potersi immedesimarsi totalmente (ditemi quando mai avete conosciuto un signore come Armando? Darei qualsiasi cosa per avere la forza di sfoggiare uno dei suoi sorrisi). In questo breve romanzo c'è anche spazio per quelle massime che solo la Letteratura sa concedere: frasi forti, talmente vere da maneggiare con cura, che ogni tanto ti lasciano con il culo per terra se non sei dell'umore giusto, ma che ti accompagneranno per la vita attaccandosi in modo spaventoso al cuore, senza più lasciarlo andare. A pagina 147 c'è un bell'esempio di ciò che intendo. Non vorrei sembrare troppo superbo nel pubblicare questa stessa frase alla fine della recensione, ma non trovo altre soluzioni. Consiglio questo libro a tutti coloro che non si aspettano più niente.
""Lasciate perdere i bilanci, non servono a niente. Al tirar delle somme, tutti avranno ottenuto quello he potevano ottenere, né un po' di più né un po' di meno. Quindi, è inutile mettersi a recriminare e prendersela con la fortuna. (...) Siamo tutti fratelli del figliol prodigo, pronti a lamentarci per ciò che non abbiamo avuto. Le strade sono piene di gente convinta che gli spetti qualcosa di più e questa insoddisfazione monta fino a strariparein raffiche di pianti livorosi. Sottovalutati di tutto il mondo unitevi, questo avrebbe dovuto essere il motto per scatenare una grande rivoluzione".
Le grandi riforme in questo Paese, vista la situazione, può farle solo la morte.
Mentre leggevo questo libro alla fermata dell'autobus una ragazza mi ha interrotto per chiedermi se mi stavo divertendo, perchè lei ha riso tanto leggendolo. E' vero, è un libro che fa sorridere. Racconta le bizzarre avventure di un vecchio burbero con la mania di rubare penne. Nessuno sfugge alla sua sottile ironia. Non è stato un buon marito, lo sa la sua ex moglie Orietta, più volte tradita. Non è stato un padre presente, lo sa sua figlia Anna. E' un donnaiolo, un egosista, uno scorbutico. Ma sotto questa scorza ci sono anche dei sentimenti, verso l'amico Armando, il bambino che vede giocare al parco e sua figlia che impara a conoscere tardi ma che tutto sommato ha sempre amato. Una lettura piacevole, divertente e che fa anche un po' riflettere!
Il silenzio è la cosa più straordinaria che esista in natura, lo si può interpretare in chiave filosofica e artistica ma alla fine è costituito semplicemente dall'assenza di rompicoglioni nelle vicinanze.
Volevo leggerlo da molto tempo ma poi rinviavo sempre: errore grandissimo! Ho trovato questo libro molto bello e anche divertente. Il nostro protagonista è stato descritto come un vecchietto che non sopporta i giovani né i propri coetanei, sempre pronto alla battuta acida, scorretto con tutti. Ma siamo sinceri, vogliamo davvero distaccarci da una persona che afferma " Il silenzio è la cosa più straordinaria che esista in natura, lo si può interpretare in chiave filosofica e artistica ma alla fine è costituito semplicemente dall'assenza di rompicoglioni nelle vicinanze"? Io non me la sento. Possiamo sicuramente definirlo cinico, ma non troppo perché il carattere del protagonista (adorabilmente scorbutico) è bilanciato dal suo amico di sempre, Armando, che sembra essere il suo completo opposto. Saranno tutti gli anni passati con Armando, sarà il tempo che passa, ma siamo sicuri che il nostro protagonista non abbia fatto del cinismo solo una corazza?
Marco presta è simpatico, brillante, arguto. Mi diverto ad ascoltarlo in radio, alle sua battute generalmente rido o sorrido, almeno. Quanto al suo primo romanzo... ecco, be'... è proprio simpatico Marco Presta.
(A proposito di vecchiacci abbrutiti, qualche domenica fa ero al mare e leggevo questo libretto sotto l'ombrellone, un po' leggevo, un po' sonnecchiavo, o leggevo sonnecchiando e questo non va certo a merito del romanzo, fatto sta che a un tratto noto a riva un anziano avvicinarsi ai bidoni colorati della raccolta differenziata. Ne apre uno e ci scaracchia dentro con forza e precisione. Espletata con soddisfazione l'orribile incombenza, se n'è tornato a mollo. Leggevo di vecchiacci e l'episodio cadeva a fagiuolo. L'attempato balneante è riuscito a compiere un'azione disgustosa e civile al contempo. Ha anche scelto il bidone marrone, quello dell'organico)
Non so come mai, ma questo libro per me è come una droga! Ogni volta che sono un po' giù di morale, ho le scatole girate, qualcuno mi ha rotto l'anima, ecco qua che vado a rileggerne qualche pezzettino, e subito mi sento meglio. Mi rendo conto che ci sono opere monumentali della letteratura mondiale che dovrebbero fare questo effetto, e che questo è solo un librino divertente, ma oh, che ci posso fare, mi piace un sacco! Forse perché da sempre ascolto "Il ruggito del coniglio" e lo adoro? Boh..
Lettura scorrevole, si ride, si sorride, ci si immalinconisce, ci si innamora e ci si incavola :) tante volte ho pensato le stesse cose, pentendomene quasi subito, ma il tempo tra pensiero e pentimento si allunga sempre di piu . Molto realismo e un tocco di domanticismo in varie salse che non guasta.
Lo dichiaro subito: ho esitato nell'assegnare le stelle. Tre o Quattro?
Il libro è divertente, leggero e ironico per buona parte del tempo. Il protagonista è un anziano signore cinico e scorbutico, che anche da giovane deve aver avuto un caratteraccio ma con l'età è diventato via via più caustico e spigoloso. Una macchietta. Si legge con facilità, senza nessuno sforzo: i capitoli sono brevi e sono costellati di considerazioni sulle relazioni, sulla gente, sulla vita e sul mondo tutto. Si sghignazza sonoramente abbastanza spesso, ci si augura di non incontrare troppo spesso il protagonista (o un suo simile) sulla propria strada, ma si empatizza anche con lui, soprattutto nella parte finale, più amara e malinconica.
Indimenticabile? No. Però una lettura molto piacevole.
3 stelle e mezza
Il bambino ai giardinetti oggi prendeva a calci un pallone. Si scalmanava, correva, afferrava la sfera con le mani. Diventerà un ottimo Italiano. [...] A un certo punto, la palla è arrivata vicino ai miei piedi. L'ho presa tra le mani. - Come si dice al signore? - ha cantilenato la mamma. Ridammela, vecchio coglione, ecco come si dice. Gli porgo la palla, lui la prende rapido e la lancia a casaccio verso il mondo. Poi inizia ad arrancarle dietro. Fa bene a esercitarsi, rincorrere è una delle poche attività che durano tutta la vita.
Questo è un bel libro. Ed è anche uno spasso. Per davvero!
Si legge con molta facilità: è ironico, sarcastico, cinico ed allo stesso tempo malinconico. Fa riflettere e fa anche parecchio ridere. Il protagonista è il vicino di casa anziano e scorbutico che vorrei: l'equivalente di zero domande sull'andamento della vita incontrandomi per le scale. Il suo migliore amico, l' Armando, è al contrario l'anziano ottimista e cuoricione con il quale mi piacerebbe lamentarmi, per poi sentirmi dire che andrà tutto bene... anche se poi magari non è vero. Il libro, sicuramente, è uno di quelli che consiglio di leggere.
Umorismo acido condito da battute fulminanti in pieno stile Il ruggito del coniglio, con un po' di Anna e Marco (Lucio Dalla) e tanti buoni sentimenti nascosti dietro il sarcasmo. Non un libro memorabile, ma una storia godibile, divertente, leggera e che offre diversi spunti di riflessione riguardo al modo di affrontare la vita, la vecchiaia e i rapporti con gli altri.
Ironia intelligente, quella che fa davvero sorridere dentro. In alcuni tratti forse scontato il vecchio solo apparentemente cattivo, ma fondamentalmente solo e che non ha saputo costruire rapporti duraturi. Una di quelle letture che di tanto in tanto ci vuole per liberare la testa ma allo stesso tempo non anestetizzandola nella banalità
Ero alla ricerca di una lettura leggera (dopo una veramente pesante e incomprensibile) e mi sono imbattuta in questo piccolo gioiellino. Ho scoperto un romanzo che in poche pagine è capace di far ridere ma anche riflettere il lettore. Marco Presta da voce ad un personaggio che è impossibile non amare e con il quale si ride tanto. Si tratta di un vecchietto, anzi vecchiaccio come si definisce lui stesso, senza peli sulla lingua, che non ama frequentare i vecchi e che ruba le penne. Mi sono divertita da matti ad “ascoltare” la storia della sua vita, quella di un giovane falegname che ha avuto due figli: un comó ed Anna! Il primo è stata la sua prima creazione da apprendista, mal riuscita, la seconda, la figlia avuta con la sua ex moglie Orietta e con la quale ha avuto sempre pochi rapporti. Di questo personaggio, che apparentemente è solo pieno di difetti, ho apprezzato la capacitá di dire sempre quello che pensa e l’ opportunitá che dá a se stesso di rimediare ad alcuni errori fatti. Il rovescio della medaglia è Armando, migliore amico del nostro protagonista (del quale curiosamente non sappiamo il nome), pizzicagnolo, la parte buona, altruista e sensibile della storia. Il sentimento profondo di amicizia che li lega, porta il vecchiaccio a seguire Armando in un’impresa assurda e anche a portarla a termine. Mi è piaciuta molto la capacitá di Presta di rendere unici e non semplici comparse, anche il resto dei personaggi: la portinaia seducente, il seduttore Gastone, la dolce e premurosa Anna, l’acida cognata, l’insopportabile ex. Di solito non mi piace rileggere i libri, ma in questo caso lo rifarei volentieri. Consigliatissimo!
Raccontare la vita quando manca poco alla fine è raro e complesso. Farlo con umorismo ancora di più. Mi è stato prestato per mettere un po’ di pace, in periodo di poca pace. Ha funzionato.
Un libro leggero e divertentissimo che prende bonariamente in giro la terza età e che mostra l’atteggiamento giusto per superare le batoste che la vita inevitabilmente sceglie di infliggerci. Essere scorbutici fuori ma teneroni dentro porta infatti a destreggiarsi nella quotidianità con una marcia in più, persino quando l’amico di una vita passa a migliore esistenza, l’eroina sensuale dei tuoi sogni ti preferisce un altrettanto attempato playboy, la figlia ti piomba in casa perché in crisi col marito e la tua salute non è da primi posti in classifica. Il vecchiaccio protagonista – di cui peraltro non sappiamo neppure il nome – non ha bisogno di trasudare zucchero perché l’altra metà del duo, Armando, è capace da solo di uscite sdolcinate che bastano per dieci. A lui quindi il compito di fare da spalla in un progetto tanto improbabile quanto azzeccatissimo che gli permetterà addirittura di riprendere in mano il suo vecchio mestiere (il falegname!) e di sentirsi per sempre vicino all'adorato compagno di giochi innamorato dell'Amore.
A differenza del libro precedente che era scritto in modo lodevole, ma non mi entusiasmava per via di un continuo volo verso orizzonti sublimi, questo non è scritto altrettanto bene, ma è pieno di umanità e di trovate. Marco Presta lo conosco e l'apprezzo come comico radiofonico, per la prontezza e la verve e, soprattutto, per una forma di popolare saggezza che a volte potrebbe rischiare di sfociare nel qualunquismo, ma che nasconde invece una logica affatto banale. Tutto questo lo si ritrova anche in questo romanzo. Forse il limite di Presta è quello di volere esserre fedele a se stesso e quindi, più che diventare uno scrittore, resta un comico. Il ritmo è quello dei suoi sketch radiofonici, ma almeno ha delle cose da dire.
Un bel libro, originale, ironico e irriverente. Personaggi che sembrano strappati alla realtà per quanto sembrano veri e un protagonista veramente unico nel suo genere, cinico e arrogante come pochi ma al tempo stesso sognatore e idealista, eccessivo e sgarbato nel suo agire ma simpaticissimo con tutte le sue manie e i suoi difetti. Un “vecchiaccio rapitore di penne” che pur cercando di farsi odiare in ogni modo non si può non amare. Lo stile è fluido, spigliato, vivace e stimola alla lettura. In sostanza una storia divertente, ben scritta e per nulla banale e che, allo stesso tempo, riesce ad affrontare argomenti importanti su cui riflettere quali l’amicizia, l’amore, la famiglia e la vecchiaia, riuscendo comunque a far mantenere sempre il sorriso sulle labbra.
Penso che il"vecchiaccio" sia un ottimo personaggio ma che la trama del libro lasci molto a desiderare. Non mi è piaciuto il modo in cui è scritto. Tutti i continui commenti e paragoni rendono la lettura difficile e alla fine mi hanno annoiato. E' difficile da giudicare, nel complesso: buoni spunti ma non un buon romanzo. Inoltre, essendo un ascoltatore del Ruggito del Coniglio, non ho potuto non associare ogni commento al Marco Presta conduttore radiofonico. E questo non mi ha aiutato. Insomma, non mi è piaciuto molto.
Bello, ma non di quel "bello" che finisci il libro è dici "ammazza che bello!", più di quel bello che lo finisci, ci pensi, pensi che ti saresti aspettato di meglio, poi ci ripensi e ti rendi conto che nel racconto tra l'ironico e l'autoindulgente che il protagonista fa di sè, quello che ti ha lasciato un po' triste è quella nota agra dell'anziano che riflette su se stesso. E allora capisci che il libro ti ha toccato più nel profondo di quanto ti voglia ammettere, e decidi che è proprio bello!
Mi sono divertito a leggerlo, stupito non solo dal non sentire la voce di Presta - ormai nota e riconoscibile - ma anche dai frizzi linguistici dello scrittore. Piacevole e necessario, con un sapore di domenica mattina degli anni 60, dove le 850 special scivolano nel sole, in strade in bianco e nero ampie, rassicuranti, certe.