Esta selección de escritos sobre el teatro de Bertolt Brecht reúne en un volumen textos del autor surgidos principalmente en los años del exilio, entre 1933 y 1947. En ellos Brecht discute sus teorías sobre el teatro épico, la dramática no aristotélica, sus conceptos sobre la técnica del actor, la función de la escenografía o el papel de la música en el teatro y el cine.
Eugen Berthold Friedrich Brecht was a German poet, playwright, and theatre director. A seminal theatre practitioner of the twentieth century, Brecht made equally significant contributions to dramaturgy and theatrical production, the latter particularly through the seismic impact of the tours undertaken by the Berliner Ensemble—the post-war theatre company operated by Brecht and his wife and long-time collaborator, the actress Helene Weigel—with its internationally acclaimed productions.
From his late twenties Brecht remained a life-long committed Marxist who, in developing the combined theory and practice of his 'epic theatre', synthesized and extended the experiments of Piscator and Meyerhold to explore the theatre as a forum for political ideas and the creation of a critical aesthetics of dialectical materialism. Brecht's modernist concern with drama-as-a-medium led to his refinement of the 'epic form' of the drama (which constitutes that medium's rendering of 'autonomization' or the 'non-organic work of art'—related in kind to the strategy of divergent chapters in Joyce's novel Ulysses, to Eisenstein's evolution of a constructivist 'montage' in the cinema, and to Picasso's introduction of cubist 'collage' in the visual arts). In contrast to many other avant-garde approaches, however, Brecht had no desire to destroy art as an institution; rather, he hoped to 're-function' the apparatus of theatrical production to a new social use. In this regard he was a vital participant in the aesthetic debates of his era—particularly over the 'high art/popular culture' dichotomy—vying with the likes of Adorno, Lukács, Bloch, and developing a close friendship with Benjamin. Brechtian theatre articulated popular themes and forms with avant-garde formal experimentation to create a modernist realism that stood in sharp contrast both to its psychological and socialist varieties. "Brecht's work is the most important and original in European drama since Ibsen and Strindberg," Raymond Williams argues, while Peter Bürger insists that he is "the most important materialist writer of our time."
As Jameson among others has stressed, "Brecht is also ‘Brecht’"—collective and collaborative working methods were inherent to his approach. This 'Brecht' was a collective subject that "certainly seemed to have a distinctive style (the one we now call 'Brechtian') but was no longer personal in the bourgeois or individualistic sense." During the course of his career, Brecht sustained many long-lasting creative relationships with other writers, composers, scenographers, directors, dramaturgs and actors; the list includes: Elisabeth Hauptmann, Margarete Steffin, Ruth Berlau, Slatan Dudow, Kurt Weill, Hanns Eisler, Paul Dessau, Caspar Neher, Teo Otto, Karl von Appen, Ernst Busch, Lotte Lenya, Peter Lorre, Therese Giehse, Angelika Hurwicz, and Helene Weigel herself. This is "theatre as collective experiment [...] as something radically different from theatre as expression or as experience."
There are few areas of modern theatrical culture that have not felt the impact or influence of Brecht's ideas and practices; dramatists and directors in whom one may trace a clear Brechtian legacy include: Dario Fo, Augusto Boal, Joan Littlewood, Peter Brook, Peter Weiss, Heiner Müller, Pina Bausch, Tony Kushner and Caryl Churchill. In addition to the theatre, Brechtian theories and techniques have exerted considerable sway over certain strands of film theory and cinematic practice; Brecht's influence may be detected in the films of Joseph Losey, Jean-Luc Godard, Lindsay Anderson, Rainer Werner Fassbinder, Nagisa Oshima, Ritwik Ghatak, Lars von Trier, Jan Bucquoy and Hal Hartley.
During the war years, Brecht became a prominent writer of the Exilliteratur. He expressed his opposition to the National Socialist and Fascist movements in his most famous plays.
Io credo che tutti i libri abbiano qualcosa da dirci, anche quelli che non vogliamo leggere né mai leggeremmo se non per imposizione. Tutti i libri hanno qualcosa da dirci, purché chi li ha scritti voglia davvero dirci qualcosa, purché egli creda veramente in quel che scrive. La sincerità, in un libro, la si avverte a fiuto, ed è sempre un profumo. Così è stata questa mia esperienza con Brecht. Da profana quale sono, totale ignorante, nel mio generale disinteresse per l’arte teatrale, mi preparavo a una lotta o a una marcia estenuante su terreni gelati. La neve che fioccava intorno, oltre le finestre, aggiungeva un tocco di realismo all’atmosfera. Ma in realtà Brecht mi ha fatto capire che si può marciare nella neve e neanche dispiacersene poi tanto, se ogni tanto fai una sosta in una casetta di contadini e ti fermi a prendere una cioccolata calda. Ammesso che i contadini tengano la cioccolata calda. Ammesso che ad accompagnare i tuoi passi, a stampare le orme nella neve accanto alle tue, ci sia un vecchio bonario signore di nome Bertolt Brecht. Brecht stesso ci avvisa che è piuttosto inutile e anche abbastanza fuorviante leggere i suoi Scritti teatrali senza mai aver “visto” il suo teatro. E io poi, che non ho mai letto neanche uno dei suoi testi… ma insomma, chi me lo fa fare? L’esame di Letterature comparate, ecco chi me lo fa fare. Quando ci vengono imposte letture che mai ci sogneremmo di fare, al povero studente/lettore non restano che due alternative:
- accingersi alla lettura come se si trattasse di prendere uno sciroppo senza avere la tosse; -convincersi di avere la tosse e quindi prendere lo sciroppo perché ci fa bene.
Questa seconda via, che si chiama “fare di necessità virtù”, è quella che imbocco sempre io. Finora ha sempre funzionato. E così, anziché fare una recensione scolastica cercando di spiegare a voi che cosa siano il “teatro epico”, “l’effetto di straniamento”, la “dialettica teatrale, la “musica gestuale”, mi limiterò a stilare una lista degli insegnamenti umani che questa lettura mi ha lasciato:
1. È sterile e dannoso che in un’opera letteraria l’uomo venga rappresentato come una creaturina soggetta ai capricci del fato o ai flutti di un’ineluttabilità perversa. 2. In un’opera letteraria, l’uomo non dovrebbe essere rappresentato come “eternamente uguale a se stesso”. L’uomo non è mai stato né mai sarà sempre uguale a se stesso, in quanto ogni uomo è soggetto alle specifiche leggi del suo tempo. Allo stesso modo, il comportamento di ogni uomo è soggetto alle condizioni sociali in cui si trova a vivere. Un ricco nobile del Cinquecento, un operaio della prima rivoluzione industriale, il padrone della fabbrica in cui lavora, la donna che proprio adesso sta andando a fare la spesa sono tutte persone diverse, sono dei singoli: ognuno di loro, posto dinnanzi alle stesse condizioni, reagirebbe in modo diverso. 3. Il fato non esiste, “il destino dell’uomo è l’uomo”. Poiché il fato non esiste, il mondo si può cambiare. Poiché il mondo si può cambiare, lo posso cambiare anch’io. 4. Per cambiare il mondo, è necessario sapere come il nostro mondo funziona. Bisogna conoscere la storia, le leggi economiche che ci governano, le dinamiche della lotta di classe. Non serve a niente andarsene in giro con il naso all’aria e alzare le spalle dicendo, “io non posso farci niente”. Non è vero: se io mi documento, se sono informato, io posso effettivamente fare qualcosa. Io fabbrico il mio destino da me. 5. L’arte non può cambiare il mondo, ma deve mostrare che il mondo può essere cambiato. “Tutte le arti contribuiscono all’arte più grande di tutte: quella di vivere”. 6. L’arte quindi non deve incantarci, imbambolarci, trasportarci altrove. L’arte deve scuotere le coscienze, prendere per il colletto lo spettatore, spingerlo a un’indagine critica di ciò che succede sulla pagina o sul palco. Egli non deve identificarsi in Amleto, ma deve poter discutere di Amleto. Deve poter capire dove ha sbagliato e cosa di diverso si poteva fare per non giungere allo stesso errore. 7. L’arte deve basarsi sull’osservazione degli uomini. Bisogna guardare gli estranei come se fossero nostri conoscenti e i nostri conoscenti come se fossero estranei. Bisogna interrogarsi sulle dinamiche che regolano i rapporti tra esseri umani e saperle riprodurre fedelmente. 8. L’arte non deve mai totalmente improntarsi a questa sua vocazione morale o didattica. Il fine primario dell’arte resta quello di divertire. La noia non è un clima che si confaccia all’insegnamento. Se l’arte vuole insegnare, deve prima divertire.
Vorrei poter essere d’accordo con Bertolt Brecht. Ho fiducia nelle sue posizioni e lo reputo degno del mio rispetto, tuttavia non ho un briciolo della sua incondizionata fiducia. E per questo, se guardate bene, vedrete stampate sulla neve due serie di impronte molto diverse tra loro. Le mie sono tutte sghembe, alcune molte leggere, alcune molto profonde, e ogni tanto c’è il segno di una scivolata. Quelle di Brecht sono solidissime, tutte uguali e c’è persino l’impronta di un bastone da passeggio. Ma ogni tanto – ecco, guardate lì! – deviano dal loro percorso naturale, si avvicinano alle mie e quasi le coprono. Quelli sono i momenti in cui io scivolavo, e lui mi porgeva il braccio.
Il teatro in sé è una realtà artistica di mio interesse. Credevo che attraverso gli scritti di Brecht avrei approfondito le mie conoscenze, anche da un punto di vista più filosofeggiante, ma ciò che questo libro mi ha lasciato è solo tanta confusione: ho capito e assimilato forse il 20% dell'intero saggio, il resto è lasciato a una sintassi intricata ed equivoca. Riconosco il genio dietro a questi scritti, ma li ho trovati oltremodo complicati per essere apprezzati nella loro interezza.
Continuando no meu exercício de ler sobre teatro, cheguei a este clássico de um grande artista, Brecht. E as conclusões a que chego trazem-me um certo alívio. Após alguns anos em que me dizem "isto não pode ser feito" ou "já ninguém faz isto", chega um dos nomes mais importantes do teatro moderno para me dizer "podes fazer o que quiseres".
Neste livro Brecht apresenta, resumidamente, a sua teoria sobre o Teatro Épico, utilizando para o explicar a análise de uma série de peças de teatro e da forma como estas foram trabalhadas. Infelizmente, não tenho um conhecimento profundo sobre elas para poder avaliar os detalhes do trabalho de encenação realizado. Mas a conclusão a que chego é que Brecht propõe um teatro livre, livre de amarras e livre de preconceitos.
E considerando isto, penso que tenho feito um trabalho preconceituoso. Isto ajuda-me no processo decisório.
I recognize the genius mind behind this book, even if I didn't enjoy this movie in every aspect. I think that it's an important work to understand better the theater and the innovation inside it, but I was very bored during the reading, maybe because I'm not so involved in the theater environment.