Panace di Mantegazzi, porracchia sudamericana, fico d'India, papavero sonnifero, poligono del Giappone, erba della Pampa... trasportate dal vento, dagli animali o dalle suole delle scarpe, anche nelle nostre contrade le erbe vagabonde hanno conquistato, con coraggio e vitalità, giardini, scarpate e terreni incolti. Eppure, le erbe vagabonde non hanno buona nomea: le si chiama anche erbacce, piante selvatiche, piante infestanti e spesso si vieta loro un diritto all'esistenza. Piante nemiche, ma davvero così pericolose? Gilles Clément, paesaggista francese e inventore del "giardino in movimento" nel quale coltiva felicemente queste piante dai nomi esotici, in questo libro sceglie di farne l'elogio. Di queste erbe racconta la storia, le origini, il modo in cui le ha incontrate. E spiega come l'uomo, i diserbanti, il cemento, i dissodamenti e le coltivazioni industriali abbiano permesso a queste piante randagie di insediarsi e crescere. Coniugando il talento del giardiniere a quello scrittore, in nome della difesa della mescolanza planetaria, ci consegna un libro dove letteratura e botanica coesistono a difesa della diversità. Un libro che è insieme una filosofia del paesaggio, e della relazione tra uomo e piante, e un manuale per imparare ad amare anche le erbe senza fissa dimora.
Gilles Clément is a French gardener, garden designer, botanist, entomologist and writer. He has gained attention for his design of public parks in France, such as Parc André-Citroën. In 1998, he was the recipient of France's National Landscape Prize.
He is not to be confused with the space biologist Dr. Gilles Clément.
Ottimi i contenuti nella loro eresia conservazionista, ma su cui biologi e naturalisti è il caso che si soffermino e riflettano spogliandosi del cinismo scientista che spesso li caratterizza. Qualche errore di traduzione, piccolo ma importante: ecologist/ecologisti (quando sarebbe "ecologi") almeno un paio di volte, e una n.d.t. in cui la farfalla Paysandisia archon viene confusa con il punteruolo rosso, un coleottero.
Un libro sin interés literario ninguno. posiblemente como pequeño ensayo sobre botánica tenga su valor pero interesará solamente a un público que sepa sobre el tema. En este ensayo el autor traslada sus opiniones sociales al mundo de las plantas y viceversa, alejándose del rigor que merecería el ensayo.
Una antologia molto personale. L'amore dell'autore verso le vagabonde che descrive traspare in maniera coinvolgente. Riflessione molto interessante sulla diversità che condivido molto. Avrei preferito più foto che accompagnassero la lettura.
La idea central del libro es interesante: un corto inventario de plantas consideradas invasoras que han sido migrantes a causa del movimiento humano y la alteración de los ecosistemas. Sin embargo la estructura de los capítulos y el punto de vista del autor se vuelven tan repetitivos que al final yo solo quería que se acabara. Además es demasiado eurocentrista.
Un libro que podría ser más interesante si tuviera imágenes y gráficos de la localización de las plantas.
Es el libro que más me ha entusiasmado en lo que va del año. A partir del concepto de plantas "vagabundas" (que engloba las viajeras, las invasoras), Clément nos muestra cómo esa fuerza llamada vida, responde a las acciones humanas. 100% recomendable.
Y, tal vez será por la traducción (esta es de Cristina Zelich), pero su prosa me gustó mucho mucho mucho más que la de "Manifiesto del tercer paisaje" (trad. Maurici Pla, Susana Landrove Bossut). Algún día lo leo directo en francés y comparo. Por ahí de 2061.