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The Exile of Capri

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In Tom Cardamone's 2010 book The Lost Library: Gay Fiction Rediscovered, Gregory Woods describes Exile of Capri:

"A handsome Frenchman in his early 30s meets a beautiful [male] 17-year-old compatriot on the crest of Vesuvius in 1897. Some kind of mutual understanding is achieved, more or less, at first sight - 'They suspected each other of having something more in common than a taste for climbing mountains; something betrayed in the fact that each had obviously selected his guide for his looks' "

"Peyrifitte offers us a version of early 20th century history in which all of the word seems queer."

284 pages, Hardcover

First published January 1, 1959

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About the author

Roger Peyrefitte

153 books42 followers
Born in Castres, Tarn to a wealthy family, Peyrefitte went to Jesuit and Lazarist boarding schools and then studied language and literature in Toulouse. After graduating first of his year from Institut d'Études Politiques de Paris in 1930, he worked as an embassy secretary in Athens between 1933 and 1938. Back in Paris, he had to resign in 1940 for personal reasons before being reintegrated in 1943 and finally ending his diplomatic career in 1945. In his novels, he often treated controversial themes and his work put him at odds with the Roman Catholic church.

He wrote openly about his homoerotic experiences in boarding school in his 1944 first novel Les amitiés particulières (Particular Friendships -- a term used in seminaries to refer to friendships seen as too close and exclusive, often incorrectly translated as "Special Friendships"), which won the coveted prix Renaudot in 1945. The book was made into a film of the same name which was released in 1964. On the set, Peyrefitte met the 12 year old Alain-Philippe Malagnac d'Argens de Villèle; Peyrefitte tells the story of their relationship in Notre amour ("Our Love" - 1967) and L'Enfant de cœur ("Child of the Heart" - 1978). Malagnac later married performer Amanda Lear.

A cultivator of scandal, Peyrefitte attacked the Vatican and Pope Pius XII in his book Les Clés de saint Pierre (1953), which earned him the nickname of 'Pope of the Homosexuals'. The publication of the book started a bitter quarrel with François Mauriac. Mauriac threatened to resign from the paper he was working with at the time, L'Express if it did not stop carrying advertisements for the book. The quarrel was exacerbated by the release of the film adaptation of Les amitiés particulières and culminated in a virulent open letter by Peyrefitte in which he accused Mauriac of homophile inclinations and called him a tartuffe. In April 1976, after Pope Paul VI had condemned homosexuality in a homily, Peyrefitte accused him of being a closet homosexual.

In Les Ambassades (1951), he revealed the ins and outs of diplomacy. Peyrefitte also wrote a book full of gossip about Baron Jacques d'Adelswärd-Fersen's exile in Capri (L'Exilé de Capri, 1959) and translated Greek gay love poetry (La Muse garçonnière (The Boyish Muse), Flammarion, 1973).

In his memoirs Propos Secrets, he wrote extensively about his youth, his sex life (homosexual mainly and a few affairs with women), his years as a diplomat, his travels to Greece and Italy and his troubles with the police for sexually harassing male teenagers. He also gave vent to his fierce love of snobbish genealogizing and vitriolic well-documented gossip, writing about famous people of his time such as André Gide, Henry de Montherlant, Jean Cocteau, Jean Genet, Marcel Jouhandeau, Marie-Laure de Noailles, Gaston Gallimard, Jean Paul Sartre, Charles de Gaulle and Georges Pompidou, among many others. Claiming he had reliable sources within the Vatican's "black aristocracy", once again he stated that three recent popes of the 20th century were homosexuals. He particularly loved to expose the hypocrisy and vanity of prominent people, to denounce fake aristocrats and to out closet homosexuals.

Roger Peyrefitte wrote popular historical biographies about Alexander the Great and Voltaire. In Voltaire et Frédéric II he polemically claimed that Voltaire had been the passive lover of Frederick the Great.

In spite of his libertarian views on sexuality, politically Peyrefitte was a conservative bourgeois and in his later years he would support extreme right-winger Jean-Marie Le Pen.

He died at 93 of Parkinson's disease, after receiving the last rites from the Church he had attacked so strongly.

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Profile Image for Vittorio Ducoli.
580 reviews82 followers
May 25, 2025
La Belle Époque e la Decadenza, spiegate bene

Chi osservi l’isola di Capri in una delle tante immagini satellitari che la rete mette a disposizione potrà notare, immerso nei boschi di pini che ricoprono la sua estremità settentrionale, a nordovest delle imponenti rovine del palazzo in cui Tiberio visse i suoi ultimi anni, il tetto piatto ed azzurrognolo di un edificio che si indovina essere circondato da digradanti giardini. Quell’edificio è Villa Lysis, fatta costruire dal francese Jacques d'Adelswärd nel 1904-05: questo libro di Roger Peyrefitte è la storia della sua costruzione e della vita del suo proprietario.
Peyrefitte, nato nel 1907 e morto nel 2000, è noto in particolare per il romanzo autobiografico Le amicizie particolari, che costituì nel 1944 il suo dirompente esordio letterario, dopo una carriera diplomatica terminata a seguito di accuse di collaborazionismo con il governo di Vichy. Apertamente omosessuale, in quel primo romanzo, considerato la sua opera più importante, descrisse l’amore collegiale tra due ragazzi, ed in molte delle opere seguenti si scagliò contro l’ipocrisia sociale che condannava l’uranismo celandone tra l’altro la diffusione, in particolare tra le classi elevate. Fra i bersagli delle sue polemiche vi furono anche la chiesa cattolica e Papa Montini, del quale affermò che avesse avuto una relazione con l’attore Paolo Carlini, da cui la scelta del nome papale Paolo VI. Legato per molto tempo allo scrittore Henry de Montherlant, dopo la rottura della relazione lo accusò di pederastia, ed a causa di ciò alcuni intellettuali lo hanno ritenuto il responsabile morale del suicidio di Montherlant nel 1972.
Della sua cospicua produzione che comprende romanzi, opere teatrali, saggi e pamphlet polemici, storicamente edita nel nostro Paese da Longanesi, oggi in libreria è possibile reperire solo pochi titoli: la nuova Longanesi ha abbandonato l’autore, mentre Le amicizie particolari è miracolosamente ancora disponibile nell’edizione Einaudi ormai risalente a quasi un cinquantennio fa; sugli scaffali vi sono pochi altri suoi titoli, editi da piccole case editrici. Tra queste spicca La Conchiglia, fondata nel 1989 a Capri, che nel suo ampio catalogo annovera numerosi titoli che hanno come argomento l’isola delle sirene ed a cui è dovuta questa edizione, disponibile anche in lingua originale e in inglese. Ritengo doveroso tributare un omaggio a questa casa editrice, rappresentante emblematica di tanti piccoli editori italiani impegnati a rendere disponibili al pubblico opere che i cosiddetti grandi probabilmente non ritengono redditizie: il volume è molto curato, e presenta anche una interessantissima sezione iconografica. Tra l’altro mi è piaciuto molto, sul sito dell’editore caprese, il seguente passo, dedicato al perché pubblicare libri.
”Il primo elemento fondante della Casa Editrice fu quello di un’idea comune sul concetto di ‘fare politica’. Eravamo infatti convinti allora, e ancor più oggi, che la politica si realizzi quotidianamente, non solo nelle azioni e nei gesti collegati al mondo dei partiti e delle istituzioni rappresentative, ma anche in qualsiasi attività umana e imprenditoriale dove si esprime una precisa idea sul passato, sul presente e sul futuro della società in cui si vive. Questa idea non può e non deve essere solo personale ma deve scaturire da una sorta di ‘intellettuale collettivo’, che può materializzarsi, nel nostro caso, non solo attorno ad un grande editore ma anche in una casa editrice di ‘nicchia’ quando più persone, spesso lontane tra loro per cultura, epoca o geografia, contribuiscono, anche senza volerlo, a formare, appunto, una sorta di laboratorio capace di produrre un progetto comune”. Chapeau, con una sola precisazione: è sempre più chiaro, a mio avviso, come l’intellettuale collettivo evocato non si materializzi più oggi nei grandi editori, ma spesso proprio in quelli piccoli e di nicchia, sinché le logiche di mercato, particolarmente tragiche e feroci quando applicate alla cultura, permettono la loro sopravvivenza.
Come accennato, L’esule di Capri è un romanzo biografico, centrato sulla vita di un personaggio emblematico, anche se non protagonista, della Decadenza francese dei primi anni del XX secolo, il periodo che precede lo scoppio della prima guerra mondiale comunemente noto come Belle Époque.
Jacques d'Adelswärd, nato nel 1880, era il rampollo di una delle famiglie più ricche di Francia, e nelle sue vene scorreva il sangue di antiche famiglie aristocratiche svedesi e francesi (Adelswärd può essere tradotto dallo svedese come nobile spada). Suo nonno era stato il fondatore di grandi acciaierie, e la famiglia di Jacques ne era ancora il principale azionista. Il padre, protestante, aveva sposato una cattolica, figlia di Alexandre Vührer, economista e fondatore di giornali nella Francia a cavallo tra Secondo Impero e Terza Repubblica. Per antica consuetudine ciò portò ad una educazione protestante per Jacques, unico figlio maschio dopo la prematura morte di un fratello, e cattolica per le due sorelle, di cui una, Solange, si farà monaca. Tra gli antenati, Jacques poteva vantare Hans Axel von Fersen, il bel Fersen militare e amante di Maria Antonietta: per questo decise di aggiungere de Fersen al suo cognome.
Jacques manifesta presto il suo grande interesse per la civiltà e la cultura greco-romana, da cui tra l’altro trae una giustificazione per la sua nascente omosessualità: è affascinato da un mondo in cui la bellezza coincide con la virilità, entrambe espresse al livello più alto nel rapporto spirituale e fisico tra uomini e fanciulli. Nel romanzo la sua iniziazione sessuale avviene durante un viaggio in Italia, quando diciassettenne conosce, alle pendici del Vesuvio, il poeta Robert de Tournel: è in quell’occasione che visita per la prima volta Capri, restandone incantato ed incontrandovi di sfuggita Oscar Wilde accompagnato da Alfred Douglas.
Coltiva atteggiamenti da dandy, ed i suoi quasi illimitati mezzi economici gli permettono di condurre una vita particolarmente elegante, frequentando i più esclusivi salotti dell’aristocrazia parigina. Esprime letterariamente i suoi sentimenti attraverso la scrittura di versi, che durante la vita pubblicherà, insieme ad alcuni romanzi, a sue spese, senza suscitare particolari echi negli ambienti letterari.
Nonostante consideri volgari i rapporti con l’altro sesso, una volta ventenne pensa al matrimonio, in funzione palesemente sociale.
La mattina del nove luglio 1903, giorno in cui avrebbe dovuto svolgersi la cerimonia di fidanzamento con Blanche de Maupeou, ragazza di ottima famiglia e, ça va sans dire, di cospicua dote, viene arrestato per aver organizzato, nella sua garçonnière, messe in scena classicheggianti cui partecipavano discinti adolescenti della Parigi-bene, tra i quali il suo giovanissimo amante; le accuse sono pesanti: oltraggio al pubblico pudore e corruzione di minorenni. È lo scandalo, e nonostante qualche voce solidale la stampa e l’opinione pubblica si scagliano contro di lui. La Società parigina lo mette al bando e ovviamente il fidanzamento viene rotto.
Durante il processo la sua posizione si alleggerisce: sia pressioni politiche per evitare il coinvolgimento dei figli di personaggi in vista, sia il riconoscimento che il carattere delle rappresentazioni era in qualche modo artistico portarono ad una condanna lieve, e Jacques tornò presto in libertà. Dopo aver tentato inutilmente di riallacciare i rapporti con Blanche, inscenando al suo rifiuto un teatrale tentativo di suicidio, decise di lasciare la Francia, rifugiandosi a Capri, l’isola che all’epoca poteva considerarsi la capitale europea dell’uranismo e del lesbismo, dato che nelle sue sontuose ville vivevano numerosi rappresentanti del bel mondo e dell’intellettualità continentale in fuga dalle severe leggi sull’omosessualità dei loro paesi, spesso circondati da fanciulli verosimilmente (anche se il romanzo ciò non lo dice) messi a disposizione dalle famiglie povere locali in cambio di lauti compensi.
A Capri costruì Villa Lysis, nome preso dal dialogo platonico dedicato all’amicizia e all’amore per i fanciulli. La scelta del luogo dove edificarla non fu casuale: la vicinanza alle rovine del Palazzo di Tiberio collegava la villa al passato pagano dell’isola e ai piaceri efebici dell’imperatore. La stanza più suggestiva della villa è un ampio salone nel seminterrato, semiscavato nella roccia, luogo dei piaceri più privati del proprietario, tra i quali quello dell’oppio, di cui era grande consumatore.
Prima che la villa fosse completata Jacques fece l’incontro più importante della sua vita. Durante una visita a Roma conobbe Nino Cesarini, un manovale quindicenne che incarnava il suo ideale di bellezza classica e di cui si innamorò all’istante. Convinse facilmente il giovane ad andare a vivere con lui come segretario, e Nino gli fu accanto per tutta la vita, seguendolo nei suoi numerosi viaggi e anche nelle disavventure, pur fra numerosi tradimenti alla fine accettati come naturali dal compagno.
Il romanzo prosegue descrivendo i rapporti, non sempre facili, tra il protagonista, la sua famiglia, gli altri ospiti illustri dell’isola, la popolazione locale e le autorità italiane: Jacques infatti, pur essendo bene accetto nell’isola anche in virtù del suo generoso mecenatismo, non cesserà di suscitare polemiche e scandali, sia con le sue pubblicazioni sia con il gusto per le rappresentazioni pagane che gli attireranno gli strali degli ambienti clericali. Da notare come egli sia anche stato il fondatore e finanziatore della prima rivista letteraria apertamente omosessuale di Francia (e ritengo d’Europa), Akademos, che durante la sua effimera vita ospitò i contributi di importanti artisti.
Il mondo in cui viveva il barone Jacques d'Adelswärd, conte de Fersen, crolla di fatto con la prima guerra mondiale. Esistenzialmente stanco ed ormai consumato dall’oppio, cui ha affiancato dosi crescenti di cocaina, conscio di essere un mediocre scrittore, non riesce a risollevarsi neppure per il tramite del nuovo amore per Manfredo, un adolescente napoletano di buona famiglia: la sera del 7 novembre del 1923, al ritorno da un viaggio in Sicilia, mentre si trova nella fumeria di Villa Lysis in compagnia di Nino e del giovane amante, beve una coppa di champagne nella quale ha sciolto cinque grammi di cocaina. Cremato, le sue ceneri giacciono nel cimitero di Capri in un’urna che riporta in modo errato il suo nome. Lasciò alla famiglia il suo patrimonio, riservando a Nino Cesarini solo trecentomila franchi e l’usufrutto di Villa Lysis con diritto di affittarla. La villa alcuni anni dopo tornò alla famiglia, fu rivenduta ed andò in degrado per decenni, sinché all’inizio di questo secolo fu acquistata dal Comune di Capri che ne curò il restauro e l’aprì al pubblico.
Non amo particolarmente le biografie, in quanto ritengo che la letteratura di finzione offra più gradi di libertà allo scrittore per rappresentare ciò che intende comunicare al lettore. L’esule di Capri è però un libro sicuramente da leggere, perché riesce ad elevare la figura di un modesto letterato a quella di paradigmatico esponente di un’epoca e di un mondo, e la sua parabola esistenziale a metafora di quella cui quel mondo andò incontro. In particolare alcuni aspetti notevoli del romanzo vanno a mio modo di vedere sottolineati.
Il primo è l’abilità con la quale Peyrefitte mescola gli elementi storici con quelli romanzeschi: tutti i personaggi che compaiono nel romanzo sono reali, come lo è lo svolgimento della vita di Jacques d'Adelswärd de Fersen; d’altra parte, molti dei colloqui e alcune delle situazioni che ci vengono presentati non possono che essere il frutto della fantasia dell’autore, dato che non risulta che il protagonista abbia tenuto un diario. Il romanzo quindi crea un Fersen letterario, che tuttavia è indistinguibile da quello reale, sia per l’estrema coerenza di quest’ultimo, sia perché Peyrefitte aspira a farne un campione della decadenza nel quale riversa probabilmente molta parte di sé stesso. Forse avrebbe potuto dire de Fersen c’est moi!, anche in relazione alla sua coscienza di essere un autore minore.
Il secondo aspetto da notare è come Peyrefitte selezioni il mondo che ci presenta nel romanzo, suggerendo al lettore che esso fosse costituito, perlomeno nelle sue élite, quasi esclusivamente da omosessuali. Praticamente tutti gli esponenti delle arti che vi compaiono lo sono, da Wilde a Proust, da Reinaldo Hahn al fotografo Wilhelm von Gloeden a molti altri, comprese numerose donne, come lo sono industriali, politici, diplomatici che a vario titolo fanno capolino tra le pagine.
Ovviamente non era così, ma in questo modo lo scrittore raggiunge due obiettivi. Da un lato accompagna il lettore verso quel culto della bellezza scevro da ogni condizionamento cristiano che fu uno degli assi fondanti la decadenza, dall’altro indica quanta ipocrisia vi fosse, e vi è ancora, nelle posizioni omofobe istituzionalizzate. Una notevole eccezione a questo mondo dominato da Urano e Lesbo è rappresentata dalla colonia russa che giunge a Capri prima della guerra, di cui fanno parte tra gli altri Maksim Gor’kij e Lenin: essi di fatto, pur bene accolti dalle comunità capresi, sono la negazione di quel mondo, il preannuncio della sua fine.
Un aspetto per certi versi sorprendente del romanzo è il ruolo che vi svolge l’Italia come paese – oltre che della scontata bellezza classica continuatrice di quella greca – della tolleranza sessuale. L’Italietta liberale, ed in particolare il meridione, emergono in queste pagine come molto più avanzati rispetto ad esempio a Germania e Gran Bretagna. Qui forse vi è l’eco di una certa tradizione napoletana, oltre che in generale di un atteggiamento cattolico lontano da rigidità tipicamente luterane o puritane.
Infine, va sottolineata sicuramente la brillantezza della scrittura di Peyrefitte, la cui ironia e perfidia raggiunge a tratti vertici notevoli. Oltre a irresistibili aneddoti e dicerie sparsi qua e là nel testo, sicuramente rimarcabili sono alcuni dei brevi capitoli di cui è composto il libro, dedicati a personaggi minori che hanno incrociato la vita di de Fersen: su tutti, direi, quello dedicato al barone tedesco Manteuffel, che girava il mondo per documentarsi al fine di redigere una monumentale Phallophisiognomonie. Purtroppo il testo, rimasto manoscritto, andò perduto con la guerra, altrimenti non dubito costituirebbe ancora oggi un pilastro della letteratura di genere.
Con L’esule di Capri Roger Peyrefitte fa entrare il lettore nel mondo della decadenza che costituì una variegata e importante corrente culturale nei primi anni del XX secolo: un mondo che, se pur produsse importanti risultati artistici, era legato ad una visione aristocratica della vita, e che fu definitivamente spazzato via proprio dalle élite di cui era espressione. Il barone Jacques d'Adelswärd de Fersen ne fu un rappresentante paradigmatico, e per il suo tramite Peyrefitte è riuscito a farlo rivivere in queste pagine. Rivisitando Capri, non mancherò di salire in pellegrinaggio a Villa Lysis, anche se sarà di certo difficile evocare le sue atmosfere in mezzo a torme di turisti intenti a farsi selfie. La decadenza attuale ha poco in comune con quella di Fersen, eccetto il suo probabilmente analogo esito.
Profile Image for Jonathan Ashleigh.
Author 1 book134 followers
July 22, 2019
Because of the material covered in this work, gay men and the Island of Capri, I rewarded it an extra star. The plot was easy enough to understand, even as I skimmed the sections which discussed French literature the way millennials might talk about varying Netflix series, and I enjoyed traveling through the world as a rich man during that wonderful period right before World War I. Oscar Wilde is regularly mentioned and even quoted as saying something like, "To be in high society is merely a bore. But to be out of it is simply a tragedy." That quote defines this book well.
1,878 reviews51 followers
September 16, 2016
This book is a fictionalized biography of Jacques d'Adelsward-Fersen, a French esthete and poetaster (circa 1880-1923).
I have 3 things to say about this book and its story.

1. I felt this book to be almost unbearably sad. Jacques Fersen, born into a very wealthy and noble family, started off loving essentially two things : poetry and young men. He was successful in neither of these two pursuits. He self-published several volumes of poems, but was unable even to get a famous literary name to write a preface, or to gain any critical attention. At one point in his life, he started a literary magazine, but found again that his efforts didn't make any waves in literary society, and he soon gave it up. As for the pursuit of young men, fin-de-siecle Paris was pretty tolerant of discreet homosexuality between adults (at least compared to England and Germany), but Jacques Fersen went too far when he organized nude tableaux vivants with the underage sons of prominent families. A dismissed servant tried out for blackmail and ended up alerting the vice police. A terrible scandal erupted, just when Jacques' engagement with a young woman of a prominent family was to be announced. The engagement was off, Jacques' attempt to commit suicide near his almost-fiancee's house ended in ridicule, one of his sisters went into the convent out of shame, and Jacques exiled himself to Capri, where he built a villa of vaguely Greco-Roman inspiration. He eventually met a 15-year old laborer in Naples, Nino, who became his lifelong companion and the subject of much poetry, statues and paintings, all sponsored by Jacques Fersen. Fersen eventually became addicted to opium, which he smoked in the oriental style in the specially installed opium den of his Villa Lysis (which is open for tourists). While this allowed him to sit out WWI, it didn't do much good to his health or his relationships. After a last fling with a high-school student, he committed suicide by opium overdose in 1923. He had spent most of his life in exile, alternatively trying to be taken seriously as a poet and thumbing his nose at polite society.

2. The book (at least the original French version) is hard to read, partially because the topic, that of gay society between 1900-1923, required the use of so many different ways of referring to male and female homosexuality. "Anti-physiques" "Uranisme"... I assume that even in 1959, when this book was published, it was necessary to use somewhat veiled references to this topic? Some parts of the book read like lists of notable people that Fersen met, and were not particularly interesting.

3. The book was actually very snarky. The author poked relentless fun at Fersen's poetry, which, it must be admitted, is pretty dreadful. He seems to have taken pleasure in citing the worst lines. At the same time, Fersen really wanted to dedicate his life to art and beauty (with the understanding that it was beauty of the male, teenaged variety), and his dilettantish attempts to stage Greek-inspired ceremonies in the grottos of Capri, for instance, evoked a sense of pity. Jean Cocteau, who wrote the preface to this book, pointed out that it was a particular tragedy for someone to aspire to genius and not to have it - and I think that was what was so sad about Fersen.

All in all, a not very sympathetic treatment of an essentially tragic figure.
3,539 reviews184 followers
April 2, 2024
A great but problematic book because although a gay 'classic' (see Tom Cardamone's 'The Lost Library') and one that is often referred to when others write about Baron Jacques d'Adelsward-Fersen and the 'gay' history of Capri in the late 19th to WWII it is at best a 'fictionalised' biography and even as such the actual amount of research that Peyrefitte did is at best limited if not entirely non-existent. The other problem with the novel/biography is Roger Peyrefitte.

Peyrefitte had a long and colourful life (he died in 2000) but he was a grand old queen who adored gossip and was wildly reactionary throughout his life which means that you must take what he says with caution - or at least within an understood context. For example he was vociferous in denouncing Pope Paul VI as practicing homosexual and, although I have no interest in defending any Pope or the Vatican against charges of homosexual activity it should be understood why Peyrefitte denounced Paul VI. Peyrefitte loathed everything that Paul VI did in carrying out the reforms of Vatican II and trying to drag a sclerotic and archaic Vatican out of it's byzantine absurdities, in particular he abolished the flummery of the sedia gestatoria, ostrich feather fans, Papal Court, the Noble Guard, etc. Peyrefitte never met a title he didn't love, he was a snob and the Vatican's move away from this historic absurdities enraged him and others (like the English author Evelyn Waugh). So when he denounces Paul VI as a 'practicing homosexual' the practicing is Peyrefitte's) it must not be seen as without potential 'taint'. Unfortunately this attitude affects how he presents the life of Baron Jacques d'Adelsward-Fersen.

He rewrites d'Adelsward life in his own image so that the Baron is presented as only interested in middle class school boys and even suggests the scandal of Oscar Wilde's was his consorting with so many lower class boys (read Peyrefitte's Wikipedia entry for context). The result is that excises d'Adelsward's numerous adventures with various rent boys but gives almost no coverage to the Baron's relationship with Nino Cesarani. He can't ignore him but as Ceserani isn't the sort of boy/young man Peyrefitte was interested in he remains unexplored (how little research Peyrefitte did is revealed by his having no idea that Cesarani had died in 1943).

Overall 'The Exile of Capri' is, even as fiction, a pretty mediocre life of Baron Jacques d'Adelsward-Fersen. It is probably because it is far more a portrait of 'gay' life in Capri that the novel lives on. It is probably true that, back in 1959, it was the first to resurrect the rich history of gay life in the early 20th including the Krupp and Eulenburg scandals as well many other more minor ones. One can forgive that he clearly knows next to nothing about the actual events or their importance but his constant linking of d'Adelsward to so many historic figures including literary ones, like Norman Lewis, is very unlikely.

The problem is that there are many better fine, amusing and accurate books about Capri's role as a centre for rich, privileged aristocratic and literary gay men and women. The pity is that this isn't a good life of d'Adelsward-Fersen or his relationship with Nino Cesarani - which is what most gay readers would like to know more of. It is also very poor on d'Adelsward-Fersen writing which, since none of his works are available in English it would have been useful to have. But then d'Adelsward-Fersen wasn't a very good writer, from all I can make out he was a bad writer and, if he hadn't paid for his works to be published, they would never have seen the light of day.

One of the most amusing things in the book is the 'introduction' by Cocteau which actually condemns d'Adelsward-Fersen but also obliquely but clearly Peyrefitte, as men of no literary worth. Indeed it is so daming that it clearly was only retained because Cocteau's name was to much a draw to refuse.

This is an enjoyable book but one to treated with caution and certainly nothing in it should be treated as trustworthy or true.
10 reviews
May 25, 2020
I have an undeniable soft spot for gay/queer literature. That being said there is something sort of eerie and saccharine about the book and all its machinations.

Reading about their burgeoning relationship any queer can find something in it which impresses upon them- whether that be repulsive or reminiscent.

I guess the book is mostly confusing for me. A wet dream for queer literati, sassy romantic quotations. All at once exciting and thrilling for anyone who went through a phase of ‘sexual awakening’ , eg, the excitement of cultivating a ‘taboo’ relationship with an older man; the wild abandon. Appealing to the desire and allure of new romance. For all the reasons that I listed and more I find that I am (at least in a tiny fiber of my being) repulsed and enraptured.

Perhaps I’m reading to much into things, but definitely worth the read.
Displaying 1 - 7 of 7 reviews

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