Una legione di spiriti diabolici, malvagi, virtuosi, paranoici e sexy contro il conformismo del Megaconcerto di Beneficenza e la violenza dei signori della guerra. Non si sa chi vincerà, ma come dice Stan Hakaleimekalahani "ci sarà gran piagnanza e gran ridanza".
Stefano Benni (Bologna, 1947 – Bologna, 2025) è stato uno scrittore, umorista, giornalista, sceneggiatore, poeta e drammaturgo italiano.
Stefano Benni (1947-2025) was an Italian satirical writer, poet and journalist. His books have been translated into around 20 foreign languages and scored notable commercial success. He sold 2,5 million copies of his books in Italy.
He has contributed to Panorama (Italian magazine), Linus (magazine), La Repubblica, il manifesto among others. In 1989 he directed the film Musica per vecchi animali.
Erano anni che non leggevo un Benni. Almeno una decina o forse anche più. Questo autore mi aveva accompagnato durante l'adolescenza e mi ero divertito ed emozionato leggendo i vari Terra!, Baol: una tranquilla notte di regime, Elianto, Il bar sotto il mare (tuttora il mio preferito).
Però devo ammettere che dopo qualche anno le mie letture di Benni si erano fatte più rade, un po' perché aveva perso smalto ai miei occhi, un po' perché avevo voglia di altri lidi ed altri stili. Detto ciò, essendomene affezionato, ho continuato a comprare i suoi libri. Infatti, potete trovare nelle mie librerie in bella posta La grammatica di Dio, Saltatempo ed altri.
Dopo anni, spinto dal consiglio di un paio di amiche, ho deciso di riprendere in mano questo autore ed ho deciso di farlo là dove mi ero fermato (più o meno). Ho quindi preso la mia copia di Spiriti e, approfittando delle mie brevissime pasquali, mi son buttato nella lettura del medesimo.
La sensazione è stata quella di incontrare un vecchio amico, una di quelle persone che non vedi da anni ma per la quale ti bastano cinque minuti per ritrovare la confidenza dei bei tempi andati. Benni rimane sempre un gran affabulatore con i suoi personaggi strambi, le sue trame ricche di digressioni (talvolta i passaggi migliori dei suoi romanzi), i dialoghi non-sense. Certo, anni dopo ho realizzato quanto questo scrittore debba ad altri autori come Adams o Pennac sia nello stile che nei contenuti (in taluni casi pedissequo ad entrambi gli originali). Ma non si può per questo sminuire le sue intrinseche capacità ed anzi andrebbe lodato per essere l'unico rappresentante italiano di un certo valore di una determinata scuola o corrente che dir si voglia.
Nello specifico questo "Spiriti" non esula dalle tematiche più care a Benni: le forme autocratiche e dispotiche che il potere tende ad assumere, il rapporto controverso dell'uomo con la natura, la corruzione della società da parte del denaro e del consumismo. In un mondo che è una parodia di quello reale, popolato da "americardi", "usitaliani", un magnate di nome Berlanga ed un capo politico di nome Rutalini, si capisce che ogni riferimento è tutto fuorché casuale. Ma oltre al lato parodiaco, come in ogni favola che si rispetti (perché siamo in una favola per chi non l'avesse capito) vi è l'elemento fantastico rappresentato dagli spiriti. Spiriti che ricordano un po' angeli e demoni sia nella descrizione che nei nomi e che mi hanno fatto venire in mente gli dei di American Gods (pubblicato due anni dopo ad onor del vero). Anche la trama rispetta i canoni benniani. In un mondo dove Dio è scomparso dopo l'assassinio di John Lennon, due giovani gemelli, separati dall'ennesima sanguinolenta guerra, sono nell'occhio del ciclone: da una parte l'establishment della maggiore potenza mondiale (generali, affaristi e segretari di stato) li cerca per usarli come simbolo e trofeo in un Megaconcerto di sostegno al continuo massacro bellico; dall'altra gli Spiriti, divisi in fazioni, sono sulla loro tracce in quanto proprio i due gemelli sono le Porte, necessari perché gli Spiriti possano provocare un'Apocalisse e dare un nuovo inizio alla terra cancellando quanto di malvagio l'uomo è riuscito ad esprimere. Come andrà a finire? Ovviamente leggetevi il libro se volete saperlo.
Quello che posso dirvi io è che rimane sempre una piacevole lettura: scoppiettante, irriverente, mai dolce di sale ed a tratti, perché no, geniale. La capacità con cui questo autore si fa beffe della realtà è encomiabile e gli si perdona anche qualche sbavatura quali la ripetitività di alcune scene e/o dialoghi. Forse il romanzo avrebbe avuto un maggior impatto se fosse stato sviluppato in meno pagine (300 sono veramente tante per un romanzo con un registro come questo), dando un maggior senso di freschezza alla lettura. Ma tant'è, la scrittura scivola e non è uno ostacolo insormontabile. Ciò che invece mi ha veramente colpito è il senso dell'umorismo: più di altre volte lo scrittore tende ad essere "nero" ed il finale non fa che confermare questa tendenza, come se col passare degli anni l'autore non riuscisse più a stemperare nell'umorismo la rabbia per le ingiustizie e le cattiverie che vengono parodiate. Mi sa che non solo l'unico a trovare sempre più capelli bianchi al mattino, guardandomi allo specchio.
Nonostante questo retrogusto amaro, Benni, a mio avviso, rimane il più grande favolista (ripeto: queste sono favole e lo si evince dal trittico bambini protagonisti/elemento fantastico/morale di fondo) italiano vivente. Alla faccia di tutta la letteratura Young Adult che ha invaso le nostre librerie.
Il clima del paese, del mondo, del cosmo è mutato. Bufere e calura stremano i terrestri, nuovi virus e batteri impazzano. Ma la conferenza mondiale per il rischio climatico tenutasi il mese scorso a Lutezia ha detto che tutto rientra nella norma, compresi tornadi e i terremoti, compresa la desertificazione africana, compresi gli iceberg nella Senna, compresa la morte del presidente della conferenza, il finlandese Jiasarvi, centrato da un macrochicco di grandine una granita da un quintale in un pomeriggio caldo di agosto
Quando menzionate Spiriti a un adulto, la prima cosa di cui vi parla è la metafora che Spiriti rappresenta, e la critica sociale che porta avanti e che rende "digeribile" attraverso l'utilizzo della comicità e della fantasia.
Vorrei fare un po' di giustizia, senza che passi in secondo piano il concetto della critica: Spiriti è, indubbiamente, un romanzo politico. Forse addirittura anti-politico, anche se definirlo tale in questi tempi di grillini mi infastidisce (il messaggio che Spiriti porta avanti non ha niente a che vedere con quello di odio e nichilismo che spesso ha portato avanti il movimento popolare organizzato da Grillo). Ma sarebbe fare un torto all'esagerato talento di Benni quello di ridurre Spiriti a niente più che un ritratto esagerato e macchiettistico di quello che è la società moderna.
Prima ancora di questo, Spiriti è un romanzo fantastico. Nel senso proprio del termine fantastico inteso come "a tematica fantasy". Ed è facile comprendere l'imbarazzo di molti critici, nel momento in cui devono parlarne, perché parlare della metafora che questo romanzo rappresenta è di gran lunga molto più facile rispetto a raccontarne la storia per quello che è, perché proprio come un canonico romanzo fantasy Spiriti si sviluppa attorno a decine di personaggi, molti dei quali sono protagonisti all'interno di capitoli narrati in una terza persona influenzata dal loro punto di vista, e sullo scenario di parecchi luoghi diversi. E' una storia incredibilmente dinamica, incredibilmente ricca di eventi, che parte da una lunga serie di storyline apparentemente scollegate fra loro che, come nella migliore delle tradizioni, tendono però ad unirsi in vista del finale.
La trama di base è questa: le più eminenti personalità del mondo politico e dello show business, allo scoccare del decimo anniversario della Grande Guerra - una guerra della quale, per tutta la durata del libro, non si capirà mai quale fosse l'esercito opposto a quello dell'alleanza degli stati "forti" - decidono di organizzare un enorme concerto di beneficenza per far sì che la gente, ormai assuefatta a guerre e guerrette di cui ormai non ricorda più i luoghi, i contesti e le motivazioni, si ricordi che la guerra è ancora in corso; sembra l'occasione perfetta per spremere un po' di denaro da qualche pollo, ma questi grandi politici e questi grandi imprenditori (molto spesso, questi grandi politici imprenditori) dimenticano di fare i conti con gli spiriti.
L'idea geniale è quella di rintracciare due gemelli, Salvo e Miriam, salvati dalla devastazione dei bombardamenti durante il primo anno di guerra, e riportarli sul palco del Megaconcerto dieci anni dopo, per mostrare alla gente che non ci si è dimenticati di loro, che quei bambini sono adesso cresciuti e felici, che sono stati protetti e amati, e che quindi, in fondo, la "missione umanitaria" è una cosa buona.
Non è la verità, naturalmente: Salvo e Miriam sono stati separati, non sono felici, non sono stati amati e non hanno tratto alcun beneficio dalla guerra, e gli spiriti - Poros, spirito della parola, Kimala, spirito del fuoco e del bosco, e tutto il resto dell'enorme pantheon di spiriti più variopinti che Benni mette in scena nel corso del romanzo - sono bene intenzionati a trovarli, riunirli, proteggerli, e fare quattro conti con gli esseri umani.
Spiriti è un romanzo che restituisce all'umanità quel desiderio di cambiamento, purificazione e rinascita che negli ultimi anni è diventato forse uno dei temi principali di discussione su tutti i livelli. Era attuale nel 2004 come lo è oggi, otto anni dopo, e come probabilmente lo sarà fra altri otto anni, perché incarna il valore stesso della speranza, quel continuo desiderio di avere di più e meglio, e lo fa utilizzando i propri personaggi come veicoli per descrivere differenti tipi d'uomo. L'avventatezza di Salvo e Kimala, contrapposta alla razionalità di Poros e di Miriam, rappresenta il contrasto più evidente: i gemelli e i due fratelli spiriti vogliono esattamente la stessa cosa, sconfiggere Enoma, lo spirito dei tempi, l'oscuro, ma è un obbiettivo che intendono raggiungere in modi diametralmente opposti, e buona parte del romanzo si basa sull'aspettativa di vedere se ci riusciranno, in che modo, e se riusciranno a mettere da parte le loro differenze per fare fronte comune di fronte alla minaccia.
Ecco, ora, rileggendo ciò che ho scritto, mi sembra di non aver reso per niente giustizia alla trama di Spiriti per quella che è. E dire che non mi ero ripromessa di fare altro! Ma, come dicevo, parlare della trama di questo romanzo è la cosa più difficile che si possa tentare di fare nel recensirlo, ed ecco perché alla fine tutti ci nascondiamo dietro alla metafora, perché è più semplice così. Ma la parte più importante di Spiriti non è la metafora che rappresenta, ma la storia che racconta. La nostra.
Il Benni amato in "Saltatempo", "Baol" e in altre opere, perde qui un po' della sua magia e del suo mondo. Partendo da personaggi descritti e narrati dalla penna dello scrittore, ci inoltriamo in un mondo in cui la televisione, la pubblicità sono diventati parte della nostra vita al punto da non riuscire a distinguere la realtà dalla finzione. I personaggi sono malefici, malvagi, curiosi, ma se alcuni incutono tenerezza e affetto, altri non sono descritti in modo da poter catturare l'attenzione del lettore e rischiano di cadere nel già visto e nel già letto. E' vero come dice uno dei personaggi che "ci sarà gran piangianza e gran ridanza", ma non basta ad affezionarsi ai personaggi, amarli, farli propri ed entrare in sintonia con loro, anche se le ultime pagine pregne di malinconia e di bellezza valgono l'intero libro.
La genialità selvaggia di Stefano Benni ci pone davanti uno scontro inevitabile tra ciò che è bene e ciò che è male, il giusto e lo sbagliato, il tutto condito da una sottilissima, quasi impalpabile, critichella sociale.
Benni come al solito scrive benissimo, però questo libro non è esattamente qualcosa per me. Faccio molta fatica a digerire opere con un alto tasso di nonsense-comico e non avevo capito dalla sinossi che sarebbe stato un libro del genere. Mea culpa? Può darsi. Per una certa percentuale mi sono goduta un po' dell'umorismo e ho apprezzato il messaggio di fondo del libro, ma non nego che continuare ad andare avanti è stato sempre più difficile. Contando però che di solito questi libri non li finisco, questo è stato uno dei pochi che ho finito. E che mi sento di consigliare a chi non ha gusti simili ai miei! L'originalità di Benni è A+ e la trama è molto interessante. Il finale...quello mi ha un po' deluso (e confuso), a dirla tutta, ma ripeto: non riesco a capire se il problema è mio o meno. In ogni caso, 3 stelle non gliele leva nessuno! /Edit: a distanza di mesi, posso dire che contrariamente alle aspettative mi sono ritrovata a pensare parecchio a questo libro. Quindi mi pare giusto aumentare il rating alle 4 stelle.
Vorrei cercare di spiegare quanto ho riso, riflettutto, quanti pomeriggi ho passato col naso tra le righe cercando di carpire più dettagli possibili, dividere il grasso/metafora dalla trama/filetto di salmone, capire ogni neologismo e ogni correlazione tra la trama e il mondo di oggi (weeeell, quello di 19 anni fa), ma credo sia impossibile perciò vi lascio con questa realizzazione: Spiriti mi pare come American Gods di Neil Gaiman, con più neologismi e spiriti inventati. In fondo la lotta Vecchi Dei/Nuovi Dei(o cariche del governo eh!) c'è in tutti e due i romanzi, solo che in Benni c'è anche la metafora sulla situazione politica. Meglio? Peggio? No, hanno semplicemente scopi diversi.
Un libro che mi ha piacevolmente sorpreso. Una trama intrigante, mai banale che scolpisce un racconto avvincente. Non è mai facile fare satira ma questo libro è uno dei migliori esempi. Un marcato velo sarcastico avvolge tutto il racconto. La satira della società tutta (non solo politica) che ne scaturisce è un capolavoro. Pungente, dettagliata, mai banale, descrive bene i vizi e le colpe della società di cui facciamo parte, tutti. Non oso immaginare se fosse stato scritto adesso, dopo i vari Bunga Bunga, l'avvento dei pentastellati e del nuovo presidente con il ciuffo che guida gli Stati Uniti. In definitiva un mirabile romanzo, piacevole e quanto mai attuale.
La verità è che ho pensato di rileggere Benni, e avevo messo nello zaino quello che ricordavo come la mia prima vera esperienza emotiva da lettore: ero andato indietro con la memoria a quando la barba non era bianca (anzi, a quando ero preoccupato perché non spuntava un pelo), e a una nottata passata singhiozzando su un monologo di “Comici spaventati guerrieri”, la mia prima volta con un libro in mano e le lacrime agli occhi. Ancora oggi, e ne abbiamo purtroppo avuto occasione da poco, quando parlo di Benni cito “Comici spaventati guerrieri” come IL romanzo di Benni da leggere.
Riprendere “Comici spaventati guerrieri” mi ha fatto male quasi subito, e non era cosa.
Ho riletto “Spiriti”, e me lo sono goduto tantissimo.
In "Spiriti" ho ritrovato quella inspiegabile capacità di inserire nella mente e nel cuore dei lettori una pletora quasi infinita di personaggi, scolpirli perfettamente uno dopo l’altro, scaraventarli in maniera indipendente in un mondo narrativo che è parte di un intero universo fantastico (nel senso del genere!). Ho (ri)trovato un testo di una modernità infinita, tra un ambientalismo di denuncia intelligente e quasi preveggente e la critica - tutta giocata su una ironia impareggiabile - di sistemi autocrati illiberali profondamente infissi nella corruzione, nella prevaricazione e nella volontà cinica di lasciare indietro chi non contribuisce con il proprio compasso al disegno del cerchio magico.
Al centro di tutto, due gemelli separati durante una (forse LA) guerra: i Potenti li cercano per utilizzarli nel gigantesco show organizzato per convincere l’opinione pubblica al sostegno dell’ennesimo folle confido, gli Spiriti per dare il via ad una sorta di Apocalisse rigeneratrice, a cui Dio - ritiratosi piuttosto incocciato dopo l’omicidio di John Lennon - non dovrebbe opporsi.
“Spiriti”, come quasi tutti i romanzi di Benni, fa sorridere, commuovere, indignare, ridere, intristirsi. Io non so cosa si potrebbe chiedere di più a delle pagine.
E intanto “Comici spaventati guerrieri” mi aspetta con la pazienza di un amico che sa che prima o poi lo chiamerai, e gli racconterai tutto.
Ai piani alti dell'Impero fervono i preparativi per il Megaconcerto. Mascherato da evento di beneficenza a cui prenderanno parte gli artisti più amati di tutti i Paesi alleati, in realtà non è che un mezzo autocelebrativo e propagandistico per rinsaldare nell'opinione pubblica l'idea che la Dolce Guerra che si combatte ormai da un decennio (non si capisce contro chi) sia non solo giusta, ma assolutamente necessaria. Tuttavia gli Spiriti della natura che abitano il mondo dalla sua creazione non sono d'accordo e cercheranno con ogni mezzo a loro disposizione di boicottare il Megaconcerto, simbolo di un'umanità che ha fallito e che si trova per le sue stesse mancanze ad un passo dall'apocalisse.
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All'inizio sono rimasta sconcertata dalla quantità spropositata di personaggi: politici, assistenti e funzionari dei vari Paesi, militari, informatici, musicisti, cantati, comici, attori, manager e dirigenti, senza dimenticare spiriti, sciamani, animali parlanti e beh, anche le persone "normali". Una marea di storie tutte convergenti nel progetto del Megaconcerto. Ho impiegato quasi metà libro per avere le idee chiare su chi fosse chi, e chi facesse cosa. (Un po' come guardare la prima stagione del Trono di Spade senza averne un'idea. Si insomma, un piccolo trauma.)
Forse per questo le parti che inizialmente ho preferito erano quelle riguardanti Salvo e la nonna sulla loro piccola e pacifica isola. Ma con il procedere della trama (e anche grazie al progressivo ridursi dei personaggi *spoiler_non_spoiler*) sono entrata nell'ottica giusta e mi sono riuscita a godere la genialità di Benni. Forse ridurre il numero degli aneddoti raccontati per ogni personaggio avrebbe reso il processo più snello, ma a pensarci bene non c'è alcuna fretta di arrivare al finale. La pungente satira dell'autore colpisce a segno con ogni singolo capitolo.
Molto bello il contrasto fra i tanti personaggi che gestiscono i vari aspetti dell'ordine mondiale delle cose, e la semplicità dei protagonisti, Salvo e Miriam, che non sono altro che bambini, per nulla interessati al profitti, al potere, al guadagno, alla fama e al prestigio, ma che vogliono solamente vivere tranquilli e in pace sulla loro isola, nel rispetto delle altre persone, in armonia con la natura. Fino alla fine del mondo, e forse, con un po' di speranza, nel mondo che verrà poi.
«Catastrofe, apocalisse e retrocessione, e cosa resterà?» «Resterà chi sa ricominciare»
Deluso dall’esperimento umano, Dio non trova più sulla Terra nulla che gli interessi, a parte i Beatles. Così quando John Lennon viene assassinato, fa le valigie e lascia gli esseri umani a cavarsela da soli. Intervengono allora gli Spiriti. Ce ne sono di svariati tipi. Spiriti diplomatici e spiriti combattenti, spiriti attori e spiriti cacciatori, spiriti liberi e spiriti oscuri. Insieme a loro una serie di personaggi uno più assurdo dell’altro, in pure stile benniano. Mi è piaciuto molto questo libro! All’inizio ho faticato un po’ magari ad abitarmi ai tanti personaggi che saltavano fuori, ma ben presto sono entrata nella storia, e ne sono stata irrimediabilmente catturata. Lo adoro Benni!
Spinta da un'esperienza positiva avuta con un altro titolo dell'autore (Achille piè veloce) ho deciso di buttarmi su una nuova avventura a cura di Stefano Benni. La trama ti avvolge subito grazie ad un inizio ad impatto; l'obiettivo dei protagonisti del romanzo è organizzare un megaconcerto in occasione del decennale della Dolce guerra. Il romanzo oscilla tra il surreale e il paranormale alternando scenari di palese satira politica a momenti estremamente onirici e drammatici. Un crescendo di emozioni che, però, viene interrotto da un finale non all'altezza della climax creata da tutta la narrazione. Tutto sommato è un viaggio che comunque vale la pena di intraprendere.
Do 4 stelle al libro semplicemente perché le 5, a parer mio, indicano la perfezione, ma voglio precisare che queste 4 sono comunque ben meritate. Ho iniziato il libro senza pretese o troppe aspettative, e mi sono ritrovata a divorarlo con la curiosità di capire cosa succedesse alla fine. Ecco, forse proprio la fine mi ha lasciato un po' di amaro in bocca, mi ha dato l'idea di essere stata buttata lì. Il libro ti porta in alto e sulla fine ti lascia cascare a picco. Per il resto, libro consigliato, io l'ho apprezzato molto.
Un Benni in buona forma, che costruisce un mondo bislacco ed esagerato, con personaggi caricaturali ed azzeccatissimi. Come spesso e' capitato e' riuscito a farmi divertire ed intristire contemporaneamente, perche' esagera, provoca, ma lo fa indicando ed evidenziando i nostri vizi, i nostri mali, la nostra pochezza. Riusciranno i bambini, magari con l'aiuto degli spiriti, a salvare questa umanita' ridotta cosi' male? Io credo sinceramente di si.
Non sono molto costante con le opere di Benni, libri che mi sono piaciuti molto, accanto a libri che proprio non ho apprezzato, come in questo caso. Una satira politica camuffata da una storia bizzarra di fantasia, che ci racconta della avidità umana volta al denaro, al potere e i cui protagonisti non sono altro che caricature, per niente camuffate, dei governanti mondiali. Una trama curiosa e stimolante, ma devo ammettere che ho faticato a finire il libro, ripetitivo e a tratti prolisso.
Il paese esprime sempre una volontà di cambiamento, e questa è la miglior garanzia dell'immutabilità politica. Basta non cambiare mai, di modo che il popolo possa continuare a esprimere la sua volontà di cambiamento.
Una bella trama: divertente, pungente e attuale. È il primo libro di Benni che leggo e mi è piaciuto parecchio. Per quanto il modo di narrare di Benni sia confusionario mi sono riuscito ad immergere completamente nella storia. Una lettura piacevole e non troppo impegnativa
Consigliatissimo da Claudia, ma devo dire che ho fatto davvero fatica a finirlo. Purtroppo la scrittura di questo autore non mi è piaciuta per nulla, e anche la trama abbastanza moscia. Peccato.
Il solito Stefano Benni, fantasioso, ma allo stesso tempo pragmatico e realista. Sono rari quegli scrittori che hanno l'abilità di individuare perfettamente l'incrinatura sul vaso e amplificarla, osservarla, ispezionarla, mettendola a nudo, facendola sentire vulnerabile e orrenda. Ma non si limita a descriverla su un pezzo di carta, eh no troppo facile. La estrapola dal contesto, la isola e poi la immette in un luogo totalmente estraneo, alieno e avulso dalla normalità. E grazie a questa operazione, grazie a questa decontestualizzazione, non si sa bene come, riesce a descriverla perfettamente, mettendo in evidenza i suoi difetti, come non avrebbe potuto fare se l'avesse lasciata nel suo originario vaso. Ecco, Benni ha preso la nostra umanità e l'ha decontestualizzata. Così facendo ha reso ancora più evidente le nostre pecche e i nostri orrori. Sono riuscita ad apprezzare questo romanzo solo verso la metà, forse per mia scarca attenzione o forse perchè non era il momento giusto per iniziare a leggerlo. Ma Stefano Benni è eccezionale, come lo è ogni suo singolo romanzo.
Benni ha qualcosa di intrinseco, che rende il suo stile perfetto per i racconti. E infatti a causa di questi "artifici" (?!) la storia dà l'idea di essere tirata per le lunghe, e tutto questo concerto per il decennale della Dolce Guerra ha l'aria di poter essere riassunto in un bellissimo racconto di appena trenta pagine. Ci sono momenti esageratissimi nel lato comico e altri esageratissimi in quello più drammatico. Il risultato è un libro malcalibrato, dove le risate sono forzate, e i momenti più seri sembrano fuori luogo.
"Per ribellarsi occorrono sogni che bruciano anche da svegli, occorre il dolore dell’ingiustizia,la febbre che toglie all'uomo la malattia della paura, dell’avidità, del servilismo. Per ribellarsi bisogna saper guardare oltre i muri, oltre il mare, oltre le misure del mondo. La miseria dell’uomo incendia la terra ovunque, ma è un fuoco sterile che cancella e impoverisce. E’ un fuoco che odia ciò che lo genera, è cenere senza storia. Saper bruciare solo ciò da cui può nascere erba nuova, ecco la vera ribellione"
Mai come in questo caso ad un tratto ho avuto l'impressione che Benni stesse tirando la storia per le lunghe. Episodi, trovate assurde e divertenti, neologismi non riescono a farmi passare dalla testa l'idea che con 30-40 pagine in meno il libro avrebbe funzionato meglio. Bella, ma triste, l'allegoria dei nostri tempi, tra guerre inutili e grandi eventi che spesso significano meno di quanto vogliono far credere. Il finale, seppur monco, dá l'idea che, dopo la distruzione, c'è sempre un nuovo inizio. Non tutti potranno vederlo peró.
Geniale, prosa ottima e spiritosa, avvincente e spassosamente parodico. Però, però, sono solo al secondo Benni e ho già la sensazione di ‘riscaldiamo-il-brodo-finché-è-buono’: dopo aver letto e amato Elianto per l’ingegnosità della trama e le amare riflessioni che suscita, Spiriti risulta di una pochezza e di una banalità esasperanti.
La prossima volta rifletterò tre volte, prima di buttarmi alla cieca a comprare uno dei suoi libri solo perché mi è piaciuto molto il primo.
[..] Poi ci fu l'omicidio di John Lennon. Ricordi la data? - Circa vent'anni fa. - Otto dicembre millenovecentottanta. Quel giorno Dio disse: "Adesso basta, questo mondo sta andando a rotoli, è stato un cattivo investimento, me ne vado". Fece le valigie, ci mise dentro i suoi dischi e sparì. Come da contratto, Lucifero lo seguì. Da quel giorno, puoi verificare, tutto cominciò ad andar peggio.
Pur essendo una grande estimatrice di Benni, questo libro mi è piaciuto poco . L’ ho trovato ripetitivo rispetto ad altri suoi libri , un po’ scontato, senza quella verve ed ispirazione che lo contraddistinguono , una specie di clone, insomma.
ammetto: l'ho iniziato almeno 5-6 volte... e ogni volta nn riuscivo a superare la 20esima pagina... poi mi sono messo di impegno e ho superato lo scoglio... subito dopo l'ho divorato.