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'His last book, a "personal selection" of essays, portraits, meditations, travel writing and other unclassifiable Chatwinian forms of prose, was put together during his final, terrible year of wasting away...one of its chief delights is that it contains so many of it's author's best anecdotes, his choicest performances'
Salman Rushdie, Observer
Salman Rushdie, Observer
365 pages, Paperback
First published January 1, 1989
148 people are currently reading
2637 people want to read
About the author
Bruce Chatwin
65 books665 followersCharles Bruce Chatwin was an English novelist and travel writer. He won the James Tait Black Memorial Prize for his novel On the Black Hill (1982).
In 1972, Chatwin interviewed the 93-year-old architect and designer Eileen Gray in her Paris salon, where he noticed a map of the area of South America called Patagonia, which she had painted. "I've always wanted to go there," Bruce told her. "So have I," she replied, "go there for me." Two years later in November 1974, Chatwin flew out to Lima in Peru, and reached Patagonia a month later. When he arrived, he left the newspaper with a telegram: "Have gone to Patagonia." He spent six months in the area, a trip which resulted in the book In Patagonia (1977). This work established his reputation as a travel writer. Later, however, residents in the region contradicted the account of events depicted in Chatwin's book. It was the first time in his career, but not the last, that conversations and characters which Chatwin presented as fact were alleged to have been fictionalised.
Later works included a novel based on the slave trade, The Viceroy of Ouidah, which he researched with extended stays in Benin, West Africa. For The Songlines (1987), a work combining fiction and non-fiction, Chatwin went to Australia. He studied the culture to express how the songs of the Aborigines are a cross between a creation myth, an atlas and an Aboriginal man's personal story. He also related the travelling expressed in The Songlines to his own travels and the long nomadic past of humans. Winner of the James Tait Black Memorial Prize, his novel On the Black Hill (1982) was set closer to home, in the hill farms of the Welsh Borders. It focuses on the relationship between twin brothers, Lewis and Benjamin, who grow up isolated from the course of twentieth century history. Utz (1988), was a novel about the obsession that leads people to collect. Set in Prague, the novel details the life and death of Kaspar Utz, a man obsessed with his collection of Meissen porcelain.
Chatwin was working on a number of new ideas for future novels at the time of his death from AIDS in 1989, including a transcontinental epic, provisionally titled Lydia Livingstone.
In 1972, Chatwin interviewed the 93-year-old architect and designer Eileen Gray in her Paris salon, where he noticed a map of the area of South America called Patagonia, which she had painted. "I've always wanted to go there," Bruce told her. "So have I," she replied, "go there for me." Two years later in November 1974, Chatwin flew out to Lima in Peru, and reached Patagonia a month later. When he arrived, he left the newspaper with a telegram: "Have gone to Patagonia." He spent six months in the area, a trip which resulted in the book In Patagonia (1977). This work established his reputation as a travel writer. Later, however, residents in the region contradicted the account of events depicted in Chatwin's book. It was the first time in his career, but not the last, that conversations and characters which Chatwin presented as fact were alleged to have been fictionalised.
Later works included a novel based on the slave trade, The Viceroy of Ouidah, which he researched with extended stays in Benin, West Africa. For The Songlines (1987), a work combining fiction and non-fiction, Chatwin went to Australia. He studied the culture to express how the songs of the Aborigines are a cross between a creation myth, an atlas and an Aboriginal man's personal story. He also related the travelling expressed in The Songlines to his own travels and the long nomadic past of humans. Winner of the James Tait Black Memorial Prize, his novel On the Black Hill (1982) was set closer to home, in the hill farms of the Welsh Borders. It focuses on the relationship between twin brothers, Lewis and Benjamin, who grow up isolated from the course of twentieth century history. Utz (1988), was a novel about the obsession that leads people to collect. Set in Prague, the novel details the life and death of Kaspar Utz, a man obsessed with his collection of Meissen porcelain.
Chatwin was working on a number of new ideas for future novels at the time of his death from AIDS in 1989, including a transcontinental epic, provisionally titled Lydia Livingstone.
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Displaying 1 - 30 of 132 reviews
March 30, 2021
ANATOMIA DELL’IRREQUIETEZZA
La foto ritratto sulla copertina è opera di Lord Snowden.
Sono arrivato in ritardo a scoprire Chatwin, negli anni Novanta. Quando ho iniziato a leggerlo, su consiglio di un’amica, non solo era già famoso, e per qualche mio amico era perfino un mito (incluso il suo taccuino Moleskine), ma era già morto da qualche anno.
Ho iniziato da In Patagonia, e sono stato subito conquistato.
Ho continuato con La via dei canti e il piacere della lettura è stato quasi più intenso.
Bruce Chatwin: foto di viaggio in Africa Occidentale.
Questo, che raccoglie pezzi disparati e dispersi, usciti su varie riviste (Sunday Times a Granta, da Esquire al New York Times), assemblati dallo stesso Chatwin pochi mesi prima di morire (nel 1989 di AIDS a 59 anni), e pubblicati lo stesso anno, raccoglie viaggi e incontri: trasporta chi legge dalla Cina al Volga, dall’Afghanistan al Ghana in compagnia del regista Werner Herzog, dalla ricerca dello yeti in Nepal ai quartieri malfamati di Marsiglia al seguito di Salah Bougrine, un emigrante algerino, negli incontri di Chatwin con Indira Ghandi, Ernst Jünger, Diana Vreeland, Charles De Gaulle…
Bruce Chatwin: foto di viaggio in Africa Settentrionale, Egitto.
Il titolo, quella domanda Chatwin se la pone sul letto d’ospedale, è riferita al suo stato di malato, non ai luoghi che ha viaggiato. D’altronde non deve stupire visto che di sé diceva:
Perché divento irrequieto dopo una settimana nello stesso posto, insopportabile dopo due?
Mi viene da pensare che due anni dopo per la stessa malattia moriva il mio scrittore italiano preferito dell’ultimo mezzo secolo, Pier Vittorio Tondelli: e anche Tondelli passava gli ultimi mesi di letto e malattia a curare l’edizione a larga diffusione di Biglietti agli amici. Qui si ferma l’analogia, i due libri sono molto diversi, ma il parallelo mi è scattato automatico.
Bruce Chatwin: foto di viaggio in Patagonia.
Chatwin è viaggio. Ed è viaggio a piedi. Chatwin o il camminare. Con lui ritorna in auge la letteratura di viaggio (che secondo me è sempre stata soprattutto di marca inglese).
Ma certo non scrive cartoline, men che meno guide. Anche quando tralascia di parlare del sanguinoso golpe del Cile (1973), pur se il suo viaggio in Patagonia fu seguente di soli pochi mesi, Chatwin scava indaga racconta descrive incontra conosce, tenta di saziare la sua inappagabile curiosità. È prima di tutto un affabulatore, mischia generi: non si può forse parlare anche di autofiction riferendosi alla sua opera?
Bruce Chatwin: foto di viaggio in Afghanistan.
Ha scritto Hans Magnus Enzensberger nel "Times Literary Supplement":
Chatwin è un narratore che va ben oltre i limiti convenzionali della fiction assimilando nei suoi racconti elementi di reportage, autobiografia, etnologia, saggio, gossip...Non inventava storie, le connetteva, le allargava, le coloriva…Non dice una mezza verità, ma una verità e mezza.
Ora si tende a dire che è stato sopravvalutato, che è stato un fenomeno, una moda. Non credo, i suoi libri restano e non scadono.
PS
Chatwin esordì con In Patagonia nel 1977: lo stesso anno della prima trasmissione a colori sulla RAI, probabilmente l’anno più cupo fra gli anni di piombo, l’anno dell'amnistia ai giovani americani fuggiti in Canada per non finire in Vietnam, del grande black-out a New York e della nevicata a Miami.
Klaus Kinski in “Cobra verde” di Werner Herzog, 1987. Il film è ispirato al romanzo “Il viceré di Ouidah” di Chatwin che racconta la tratta degli schiavi.
La foto ritratto sulla copertina è opera di Lord Snowden.
Sono arrivato in ritardo a scoprire Chatwin, negli anni Novanta. Quando ho iniziato a leggerlo, su consiglio di un’amica, non solo era già famoso, e per qualche mio amico era perfino un mito (incluso il suo taccuino Moleskine), ma era già morto da qualche anno.
Ho iniziato da In Patagonia, e sono stato subito conquistato.
Ho continuato con La via dei canti e il piacere della lettura è stato quasi più intenso.
Bruce Chatwin: foto di viaggio in Africa Occidentale.
Questo, che raccoglie pezzi disparati e dispersi, usciti su varie riviste (Sunday Times a Granta, da Esquire al New York Times), assemblati dallo stesso Chatwin pochi mesi prima di morire (nel 1989 di AIDS a 59 anni), e pubblicati lo stesso anno, raccoglie viaggi e incontri: trasporta chi legge dalla Cina al Volga, dall’Afghanistan al Ghana in compagnia del regista Werner Herzog, dalla ricerca dello yeti in Nepal ai quartieri malfamati di Marsiglia al seguito di Salah Bougrine, un emigrante algerino, negli incontri di Chatwin con Indira Ghandi, Ernst Jünger, Diana Vreeland, Charles De Gaulle…
Bruce Chatwin: foto di viaggio in Africa Settentrionale, Egitto.
Il titolo, quella domanda Chatwin se la pone sul letto d’ospedale, è riferita al suo stato di malato, non ai luoghi che ha viaggiato. D’altronde non deve stupire visto che di sé diceva:
Perché divento irrequieto dopo una settimana nello stesso posto, insopportabile dopo due?
Mi viene da pensare che due anni dopo per la stessa malattia moriva il mio scrittore italiano preferito dell’ultimo mezzo secolo, Pier Vittorio Tondelli: e anche Tondelli passava gli ultimi mesi di letto e malattia a curare l’edizione a larga diffusione di Biglietti agli amici. Qui si ferma l’analogia, i due libri sono molto diversi, ma il parallelo mi è scattato automatico.
Bruce Chatwin: foto di viaggio in Patagonia.
Chatwin è viaggio. Ed è viaggio a piedi. Chatwin o il camminare. Con lui ritorna in auge la letteratura di viaggio (che secondo me è sempre stata soprattutto di marca inglese).
Ma certo non scrive cartoline, men che meno guide. Anche quando tralascia di parlare del sanguinoso golpe del Cile (1973), pur se il suo viaggio in Patagonia fu seguente di soli pochi mesi, Chatwin scava indaga racconta descrive incontra conosce, tenta di saziare la sua inappagabile curiosità. È prima di tutto un affabulatore, mischia generi: non si può forse parlare anche di autofiction riferendosi alla sua opera?
Bruce Chatwin: foto di viaggio in Afghanistan.
Ha scritto Hans Magnus Enzensberger nel "Times Literary Supplement":
Chatwin è un narratore che va ben oltre i limiti convenzionali della fiction assimilando nei suoi racconti elementi di reportage, autobiografia, etnologia, saggio, gossip...Non inventava storie, le connetteva, le allargava, le coloriva…Non dice una mezza verità, ma una verità e mezza.
Ora si tende a dire che è stato sopravvalutato, che è stato un fenomeno, una moda. Non credo, i suoi libri restano e non scadono.
PS
Chatwin esordì con In Patagonia nel 1977: lo stesso anno della prima trasmissione a colori sulla RAI, probabilmente l’anno più cupo fra gli anni di piombo, l’anno dell'amnistia ai giovani americani fuggiti in Canada per non finire in Vietnam, del grande black-out a New York e della nevicata a Miami.
Klaus Kinski in “Cobra verde” di Werner Herzog, 1987. Il film è ispirato al romanzo “Il viceré di Ouidah” di Chatwin che racconta la tratta degli schiavi.
May 19, 2024
Leggerei Chatwin fino alla fine dei miei giorni. Sarà per la penetrante e caustica ironia, sarà per la vividezza e per la precisione descrittiva, sarà per le continue digressioni, per le divagazioni e la non linearità del dettato (in fondo anche la narrazione è viaggio), per l'amore del dettaglio, della stranezza, dell'assurdo di ciò che l'esistenza umana offre, ma nulla come la scrittura di Chatwin mi calamita. In questo caso, "Che ci faccio qui?" è un insieme di articoli e racconti sparsi raccolti dallo stesso Chatwin qualche mese prima della prematura scomparsa. I temi di fondo sono sempre gli stessi, gli inossidabili: l'essenziale dimensione del viaggio e la natura nomade dell'uomo. I frammenti son di vario tipo: da interviste (memorabile l'intervista ad André Malraux o la visita ad Ernst Jünger, lo scorcio sulla morente Nadezda Mandelstam) a vagabondaggi vari (come nel Benin rivoluzionario o nella sanguinaria Marsiglia, o ancora sul malinconico Volga) o al seguito di personaggi del calibro della patetica e divina Indira Gandhi, ogni racconto è un piccolo universo di curiosità, aneddoti, particolari vari: un vorticare continuo, secco (proverbiale l'essenzialità espressiva di Chatwin), trascinante.
Read
August 9, 2019From memory, and it was a long time ago that I read this, it is a very mixed bag with no central theme. There are some travel/journalism pieces but also an essay on Ernst Juenger's diaries. That alone is the only piece that really sticks in my memory, reading that led me on to read On Marble Cliffs. Also I am long since not the Chatwin fan I once was.
June 2, 2021
Checked this one out on a whim. While I did enjoy a couple of the essays, in general I lost interest in most of the ones I tried. Writing was fine, if gloomy and scattered. And dated. Anyway, it sat on the shelf for quite awhile, and I gave it a fair shot. Not my sort of thing, as it turned out. You might want to read some of the other 2-star reviews before you try this one.
October 31, 2020
Una raccolta di racconti, memorie e reportage che Chatwin produsse lungo il corso della sua carriera di scrittore e che riunì poco prima di morire. Già il suo titolo, “Che ci faccio qui?”, esprime l'interrogativo fondamentale che ha da sempre ossessionato questo uomo straordinario, interrogativo cui egli ha dedicato l'esistenza: perché nell'animo umano è insito questo senso di irrequietezza, che lo porta a spostarsi, a viaggiare e a perdersi nel mondo?
Non esisterà una risposta certa ed unica a tale domanda, ma possiamo comunque accontentarci delle splendide testimonianze che Chatwin ci ha lasciato: che sia nel bel mezzo dell'Africa nera durante un colpo di Stato o in un giardino suburbano di hippies americani, che si trovi ad Hong Kong ad assistere all'inaugurazione della nuova sede della HSB o in compagnia di scrittori (come André Malraux), stilisti (come Madeleine Vionnet), architetti (come Konstantin Mel'nikov), registi (come l'amico Werner Herzog) o collezionisti d'arte (come George Costakis) suoi contemporanei, che navighi il corso del Volga o che ci racconti piccole storie o grandi narrazioni mitologiche dalla Cina, dall'Himalaya o dall'Afghanistan, che si metta a viaggiare per l'India con Indira Gandhi o che ci confidi la sua vita passata nel mercato dell'arte, che vada a finire nelle banlieue marsigliesi o nelle pampas sudamericane, la penna di Chatwin mischia continuamente realtà e fantasia, esperienze di vita realmente vissuta, da lui stesso o da altre persone, e pura immaginazione, senza per questo essere menzognero o ciarlatano, anzi: la sua prosa, un prodromo di quella autofiction tanto di moda oggi, aggiunge realtà alla realtà, coglie l'essenza dell'esistenza umana, di ieri e di oggi, passata su questa Terra a viaggiare, vagabondare e camminare, a combattere guerre, a costruire città e a produrre opere d'arte, a propagare la vita e a metterne fine, a raccontare storie ed a viverle.
Conosco la scrittura di Chatwin, mi ritrovo spesso nel suo senso di irrequietezza, e questa sua opera non è stata una sorpresa per me: la sua cultura e la sua curiosità sconfinate rendono questo scrittore il paradigma del viaggiatore che sa osservare tutto quello che lo circonda con uno sguardo lucidissimo ed una mente priva di pregiudizi, sempre pronto ad imparare e ad ascoltare storie da chi incontra sulla sua strada, per poi farle sue e meravigliosamente riportarle nelle sue opere. Una stella polare che, anche prima di conoscere, nel mio piccolo ho sempre cercato di seguire.
Non esisterà una risposta certa ed unica a tale domanda, ma possiamo comunque accontentarci delle splendide testimonianze che Chatwin ci ha lasciato: che sia nel bel mezzo dell'Africa nera durante un colpo di Stato o in un giardino suburbano di hippies americani, che si trovi ad Hong Kong ad assistere all'inaugurazione della nuova sede della HSB o in compagnia di scrittori (come André Malraux), stilisti (come Madeleine Vionnet), architetti (come Konstantin Mel'nikov), registi (come l'amico Werner Herzog) o collezionisti d'arte (come George Costakis) suoi contemporanei, che navighi il corso del Volga o che ci racconti piccole storie o grandi narrazioni mitologiche dalla Cina, dall'Himalaya o dall'Afghanistan, che si metta a viaggiare per l'India con Indira Gandhi o che ci confidi la sua vita passata nel mercato dell'arte, che vada a finire nelle banlieue marsigliesi o nelle pampas sudamericane, la penna di Chatwin mischia continuamente realtà e fantasia, esperienze di vita realmente vissuta, da lui stesso o da altre persone, e pura immaginazione, senza per questo essere menzognero o ciarlatano, anzi: la sua prosa, un prodromo di quella autofiction tanto di moda oggi, aggiunge realtà alla realtà, coglie l'essenza dell'esistenza umana, di ieri e di oggi, passata su questa Terra a viaggiare, vagabondare e camminare, a combattere guerre, a costruire città e a produrre opere d'arte, a propagare la vita e a metterne fine, a raccontare storie ed a viverle.
Conosco la scrittura di Chatwin, mi ritrovo spesso nel suo senso di irrequietezza, e questa sua opera non è stata una sorpresa per me: la sua cultura e la sua curiosità sconfinate rendono questo scrittore il paradigma del viaggiatore che sa osservare tutto quello che lo circonda con uno sguardo lucidissimo ed una mente priva di pregiudizi, sempre pronto ad imparare e ad ascoltare storie da chi incontra sulla sua strada, per poi farle sue e meravigliosamente riportarle nelle sue opere. Una stella polare che, anche prima di conoscere, nel mio piccolo ho sempre cercato di seguire.
February 29, 2024
So, this book has been on my Currently Reading shelf for almost exactly 5 years (and 2 weeks). The non-fiction topic of the “Smartypants” Challenge of my “Read Your Books” Habitica guild was Travel and so this book finally received its due. I had enjoyed it and got about half way through 5 years ago but I set it aside and never got back to it.
For the most part it was very interesting. The random people, the places and their culture and peoples, friends and acquaintances who would motivate him to travel hither and thither were fascinating. His writing is always spare and direct and unflinching, yet kind, open and clear-eyed, with an unmatched curiosity. i have read Songlines and loved it. More than this one, but for similar reasons.
“At a café in the port sat an immensely distinguished, silver-haired man with long straight legs.
He was a Sikh. Long ago, longer than he cared to remem-ber, he was batman to an English colonel at Amritsar. One of his duties was to take the colonel's daughter out riding. Their eyes met. She was excommunicated by her family, he by his.
Their life in England was a succession of hostile landladies.
One day, he cut his hair and shaved his beard, and they went to South America. He and his wife had been happy on Chiloe.
She had recently died.
'I would not have lived in any other way,' he said.”
I just love this love story: “Their eyes met”
For the most part it was very interesting. The random people, the places and their culture and peoples, friends and acquaintances who would motivate him to travel hither and thither were fascinating. His writing is always spare and direct and unflinching, yet kind, open and clear-eyed, with an unmatched curiosity. i have read Songlines and loved it. More than this one, but for similar reasons.
“At a café in the port sat an immensely distinguished, silver-haired man with long straight legs.
He was a Sikh. Long ago, longer than he cared to remem-ber, he was batman to an English colonel at Amritsar. One of his duties was to take the colonel's daughter out riding. Their eyes met. She was excommunicated by her family, he by his.
Their life in England was a succession of hostile landladies.
One day, he cut his hair and shaved his beard, and they went to South America. He and his wife had been happy on Chiloe.
She had recently died.
'I would not have lived in any other way,' he said.”
I just love this love story: “Their eyes met”
February 4, 2019
Loved re- reading this after many years. Some of the portraits in this book are absolutely memorable: Maria Reiche, the woman who spent her life protecting the Nazca lines in the Patagonia desert, Indira Gandhi, Madeleine Vionnet, Werner Herzog, and many others. Hilarious, political, always knowledgeble on every possible subject - anthropology, history, literature - always interesting. We lost you too soon, Bruce.
What are you doing there?
What are you doing there?
May 13, 2023
Excellent. Another one of those books that had been sitting unread on my shelf for years. I think it was after reading the Nicholas Shakespeare biography about Chatwin which claimed that he was somewhat liberal with the truth, (and this book was supposed to have fallen victim to his inventiveness ((which he even states quite blatantly in one essay/article))) that made me wary of reading this. Anyway, I should have read it earlier. Some wonderful recollections, journeys, and meetings with people famous and unknown. Some people don't like his style of writing but I love it - yes it is spare, very much so at times, but it brings an energy to the pieces; no messing about - straight on to the next exciting instalment. A pity we were left with so few books by him, but thankfully they are nearly all brilliant.
April 7, 2021
Collection of articles, reviews, short stories and more thorough work, published after the death of Chatwin. Almost all already have been published. A variety of subjects, of a remarkable erudite diversity. Some pieces are not noteworthy, others are more inspiring. (rating 2.5 stars)
May 21, 2021
I read a lot of Chatwin in the 90ies and then somehow forgot about him. A week ago I stumbled upon his books and read one of the essays in this volume, for old times' sake. I ended up reading the entire book, and falling in love with its author again. "What am I doing here" is a collection of essays, or rather a literary cabinet of curiosities. Who else would take you from a coup in Benin to the Soviet Leftist artists, with stops at Ernst Jünger's war diaries and Indira Ghandi on the campaign trail? Who would have you look up Konstantin Melnikov's house in Moscow and the imaginary worlds in the poststamps of Donald Evans? Chatwin did not just have an eye for the beautiful and the bizarre, he was also an impeccable stylist and the master of the poetic list. His only weakness as a writer is that he was very English upper-middle class - no, that is not a compliment - and often a tad too convinced he had things figured out. He is for instance quite knowledgeable about French culture and not averse to quoting French dialogue, which he however invariably gets wrong. It makes you wonder what he really understands about more exotic cultures. In that sense he is much closer to the 19th century than to the 21st. But reading him is a joy, and who ever had too much of that?
October 10, 2010
The author of one of my favorite short novels, Bruce Chatwin here demonstrates his story-telling ability amidst the realities of travel and the vast world of his extended friendships and acquaintances. As an example the following is from “Mrs. Mandelstam,” Chatwin’s account of his visit with the widow of the Russian poet, Osip Mandelstam, collected in What Am I Doing Here?, the last book he published before he died:
"White metal fastenings glittered among the brown stumps of her teeth. A cigarette stuck to her lower lip. Her nose was a weapon. You knew for certain she was one of the most powerful women in the world, and knew she knew it…. She waved me to a chair and, as she waved, one of her breasts tumbled out of her nightie. "Tell me," she shoved it back, "are there any grand poets left in your country?"
The joy of reading his prose is surpassed only by the delight in knowing that opening the book to any page you will be engrossed by the words upon the page. A reader's delight that persuades you with its charm that you should return to one of his other books as soon as possible.
"White metal fastenings glittered among the brown stumps of her teeth. A cigarette stuck to her lower lip. Her nose was a weapon. You knew for certain she was one of the most powerful women in the world, and knew she knew it…. She waved me to a chair and, as she waved, one of her breasts tumbled out of her nightie. "Tell me," she shoved it back, "are there any grand poets left in your country?"
The joy of reading his prose is surpassed only by the delight in knowing that opening the book to any page you will be engrossed by the words upon the page. A reader's delight that persuades you with its charm that you should return to one of his other books as soon as possible.
September 26, 2017
amore a prima vista. colpo di fulmine. passionaccia senza filtri (per dire, venerdì scorso ho comperato Venerdì di Repubblica perchè c'era un memoir della sua editor, di cui ho pure letto le memorie bruciane, pessimamente scritte, consapevole che sarebbe stato una cavolata-acchiappa-lettori-iper-bruciani, come poi si è rivelata)
February 16, 2010
i have always liked Bruce Chatwin, there is a particular hard cover coffee table style book of his photographs, which appeals to me as i too am an avid traveller and photographer. However i had intended to make a note of all the famous names mentioned in this series of wonderful adventures, name-dropping par excellence! The other point is that i feel rather chuffed by the fact that i knew all those so-called celebs he mentioned...not personally of course, but in reference to each, i didn't feel out of loop, as it were. The episode with Klaus Kinski is entertaining as i knew that much about him, for instance research 'Fitzcaraldo', another werner Herzog/Klaus Kinski collaboration.
i do luv the writing style and found this easy to pick up and put down as they are short stories, travelogue style.
i do luv the writing style and found this easy to pick up and put down as they are short stories, travelogue style.
July 4, 2009
Chatwin is impossibly cultured, and it shows. His writing is fantastic and the encounters he describes always entertaining and informative. This is hardly an autobiography in any formal sense; one comes away with little detail of his life, and far too little of his thoughts. I almost wish that he would have elaborated more: on himself, his attitudes, opinions, and world views. Occasionally it's hard to be taken in by his more historical essays, which is why I don't give this book a higher rating.
Read
June 13, 2015Bruce Chatwin, in turns out, knows how to talk about damn near anything. Whether he's discussing art, describing his travels in West Africa, or having a chat with aging Russian poets, he's a hell of a guide in these short, witty essays, which feature luminaries ranging from Indira Gandhi to Klaus Kinski. I should say that it's nowhere near as brilliant as In Patagonia (a serious candidate for the greatest travelogue of the last century) or Utz (a peculiar, chiseled little novel seemingly designed for chilly fuckers such as myself), but it's perfect for the subway.
January 13, 2018
I read this book in the eighties or nineties when I was going through my 'Chatwin phase'. It's not my favourite of his. It's somewhat choppy and disjointed, from memory. But still a master of observation at work. It's on the 'must re-read' list. If you've never read Chatwin before, don't start with this. If you like fiction, go straight to On the Black Hill, and if you enjoy literary fiction, Utz.
He remains one of the writers who has influenced me most, for his conviction in living a life of his own devising. Wish I'd had half his style and nerve.
He remains one of the writers who has influenced me most, for his conviction in living a life of his own devising. Wish I'd had half his style and nerve.
August 1, 2017
The last essays, travel stories and memories from the hand of Bruce Chatwin.
If you want to get to know one of the most influential travel writers of the 20th century, this is a fine introduction, you definitely will be hungry for more Bruce Chatwin.
Is it relevant today? Certainly.
The description of the post-colonial relationship between France and Algier in "The Very Sad Story of Salah Bougrine" is as relevant as ever.
If you want to get to know one of the most influential travel writers of the 20th century, this is a fine introduction, you definitely will be hungry for more Bruce Chatwin.
Is it relevant today? Certainly.
The description of the post-colonial relationship between France and Algier in "The Very Sad Story of Salah Bougrine" is as relevant as ever.
March 20, 2018
un libro che ti offre tanti spunti per riflettere, curiosare e che ti mette la voglia di approfondire, non può essere altro che un buon libro..
May 15, 2022
Often entertaining, at times a little rambling, there was however plenty in this to enjoy. The range of essays within - travel tales, biographical chapters about the people he met, more general observational stuff - made for more breadth that had this focussed on a specific endeavour, but this perhaps meant there was a lack of depth in places.
I am also slightly torn by the awareness of this being written/complied during the ailing years before his death from HIV associated conditions, that I struggled to completely get to the bottom of my opinions on the man. How on the one hand I felt a little sad at the premature passing of a talented writer and adventurer - but how this was balanced against a lack of sympathy at how he possibly acquired the diseases that killed him, and the often felt envy and 'it's alright for some people' feelings when I read books by folk who came across a touch privileged, indulgent and even patronising and colonial.
I am also slightly torn by the awareness of this being written/complied during the ailing years before his death from HIV associated conditions, that I struggled to completely get to the bottom of my opinions on the man. How on the one hand I felt a little sad at the premature passing of a talented writer and adventurer - but how this was balanced against a lack of sympathy at how he possibly acquired the diseases that killed him, and the often felt envy and 'it's alright for some people' feelings when I read books by folk who came across a touch privileged, indulgent and even patronising and colonial.
March 3, 2018
A mixed bag - some of the essays are excellent and intriguing, to the point of being dazzling. But so many other pieces fall short or seem superficial. The work from 1985, as his illness emerged, shows him experimenting with style, memory, and subjects - there is a poignancy to how much work was produced in 1988-89 as his illness became final. Worth reading, but not his strongest work.
September 14, 2015
The chapter on Werner Herzog directing his film "Cobra Verde", based on Chatwin's "The Viceroy of Ouidah", in Ghana is so amazing and funny that it cured my cold.
Having read "the Viceroy" I then had to watch "Cobra Verde". Of those three works, I'd say Chatwin's sketch on Herzog is the best.
Having read "the Viceroy" I then had to watch "Cobra Verde". Of those three works, I'd say Chatwin's sketch on Herzog is the best.
books-i-gave-up-on
October 2, 2020Made it to page 108. Mildly interesting, but I couldn't come up with an answer to this question:
Why am I still reading this?
Why am I still reading this?
Read
December 8, 2022I love travel writing and am a traveller myself and Bruce Chatwin is one of those legends you always here about, despite this I've never been his greatest fan... Why? I haven't always been that interested in the subjects/Travel areas he has picked .... Patagonia (kinda cool but not that interesting to me) ... Songlines (i'm not that interested in Australian aboriginal culture) .... Also and primarily though, i've never loved his narrative style ... It's too Hemingway ... Too 'I'm a man in control, everyone else is drole or overcome with fiercer and more chaotic un-manly emotion' ... I much prefer the writing style of a Patrick Leigh Fermor who comes across more as a 'giddy school boy' taken away by the arcane knowledge that he is passionate about.
Having said all that negative about Chatwin, I did really like this book! I read his Bio before I read any of his other books and this work with it's vast array of ecclectic travels and subjects does an awesome job of displaying the interests and adventures of his short life.
He writes of ...
- Getting arrested during a coup in West Africa
- being sick in Africa
- interviews and analysis with famous figures like Indira Gandhi, Andre Malreux, Ernst Junger
- his run-ins with eccentric and archaic figures in the art world
- hunting for evidence of the yeti in Nepal
- the avant-garde in post-revolution Russia
- travelling down the Volga in a pre-revolution boat
- analysis/history of the nomadic way of life
A great and interesting read, Chatwin has def moved up the ladder of my favourite travel writers with this work.
Having said all that negative about Chatwin, I did really like this book! I read his Bio before I read any of his other books and this work with it's vast array of ecclectic travels and subjects does an awesome job of displaying the interests and adventures of his short life.
He writes of ...
- Getting arrested during a coup in West Africa
- being sick in Africa
- interviews and analysis with famous figures like Indira Gandhi, Andre Malreux, Ernst Junger
- his run-ins with eccentric and archaic figures in the art world
- hunting for evidence of the yeti in Nepal
- the avant-garde in post-revolution Russia
- travelling down the Volga in a pre-revolution boat
- analysis/history of the nomadic way of life
A great and interesting read, Chatwin has def moved up the ladder of my favourite travel writers with this work.
May 14, 2024
Il libro raccoglie i viaggi dello scrittore e spazia da interviste a personaggi politici e artistici della seconda metà del 900, ad avventure alla ricerca di leggende, come lo Yeti. Ho trovato particolarmente interessanti alcuni spunti storici offerti dal libro, come il capitolo in cui approfondisce l’eterna lotta tra nomadi e coltivatori.
La varietà dei viaggi e dei capitoli è assieme il punto di forza e debole del libro: ognuno troverà alcuni dei capitoli particolarmente interessanti e altrettanti che risulteranno meno coinvolgenti. Ció che non può non catturare l’interesse di qualsiasi lettore è l’incredibile vita vissuta dallo scrittore.
La varietà dei viaggi e dei capitoli è assieme il punto di forza e debole del libro: ognuno troverà alcuni dei capitoli particolarmente interessanti e altrettanti che risulteranno meno coinvolgenti. Ció che non può non catturare l’interesse di qualsiasi lettore è l’incredibile vita vissuta dallo scrittore.
June 8, 2020
Now you're just showing off, Bruce. Edited by Chatwin in the months before his death in 1989, this collection of his long-form journalism lacks a central theme. What unites it, is Chatwin's ability to write brilliant and erudite prose on just about any subject, whether it's about getting caught up in an African coup, following Indira Gandhi on an electoral campaign, or doing a profile on French writer and politician André Malraux. As self-chosen epitaphs go, this is pretty hard to beat for quality and memorability.
October 26, 2024
Raccolta di articoli e diari autobiografici del giornalista giramondo. Alcuni molto affascinanti, uno fra tutti quello su Junger e Byron ma anche i report di viaggio sull'Africa e Asia. Mantiene un bel ritmo e spazia molto sui temi e voce.
August 20, 2020
Wonderful short stories about travel, historical figures, art and literature. I enjoyed every page.
July 17, 2025
dnf halfway through, lost book on top of Kyrgyz mountain
June 18, 2019
No, guarda, non ce la faccio a recensire questo libro. Ma come si fa, dai? Una volta detto che quest'uomo scriveva da dio, che a volte forse ci ricamava un po' sopra ma il risultato è questo... non rimane che pescare dalla coppa d'oro qualche citazione e stare a vedere se anche gli altri ne percepiscono la bellezza.
"Naturalmente non vedevo l'ora di conoscere il Maestro [Noel Coward] - e lo conobbi. Era il suo ultimo pranzo a Londra prima che si trascinasse a morire in Giamaica. La padrona di casa era Anne Fleming, vedova di Ian. Gli altri membri del cast erano Merle Oberon, Lady Diana Cooper, io e lui. Risi fino alle lacrime, e la pernice mi andò di traverso. (...) Mentre andavamo via mi disse: "Se accetta un piccolo consiglio a mo' di commiato, non si lasci mai intralciare da preoccupazioni artistiche". E' un consiglio che ho sempre seguito. "
"Werner [Herzog] condensa le sue idee in un'asserzione perentoria: "Camminare è una virtù, il turismo è un peccato mortale". (...) Werner, a quel che mi dicono, era il beniamino della Eisner. E nel 1974, quando seppe che lei era in fin di vita, si mise in marcia, in mezzo al ghiaccio e alla neve, da Monaco a Parigi, convinto che in qualche modo, a forza di camminare, sarebbe riuscito a farla guarire. Quando arrivò a destinazione, Lotte Eisner si era ristabilita; e tirò avanti per altri dieci anni."
"Altri registi, di fronte al problema di ricreare una corte africana dell'800, ne avrebbero affidato la soluzione allo scenografo e al costumista, e alla fine si sarebbero ritrovati con un falso, Werner, noleggiando una vera corte e senza modificare nulla, tranne qualche orologio di Taiwan, ottiene un'autenticità di tono che compensa largamente la mancanza di esattezza storica."
[nello Yunnan] "Guardiamo il tavolo delle signore, sull'altro lato della stanza, e siamo colpiti dalla bellezza procace e tornita delle fanciulle e dalla placida dignità delle donne più mature. Indossano tutte il costume tradizionale con i colori del cielo; azzurro e bianco. Alcune, è vero, portano il berretto alla Mao, ma la maggior parte sfoggia un copricapo blu ricurvo, molto simile a una cuffia fiamminga. Il nostro amico di Shanghai, Tsong-Zong, dice che potremmo benissimo essere scambiati per gli invitati del Banchetto di nozze di Bruegel."
"La vita di Donald Evans, per caso o di proposito, fu breve, circolare e simmetrica; la sua unica ossessione, quella di dipingere francobolli. Li dipinse nel corso di due periodi di cinque anni ciascuno: dai 10 ai 15 anni, quando era uno scolaro introverso, e poi da adulto, dai 26 anni ai 31. Il fatto che fosse convinto di aver "raggiunto il massimo" a 16 o 17 anni; che intorno ai 30 avesse rivissuto la propria infanzia; che vi siano buoni motivi per ritenere che il catalogo, ai suoi occhi, fosse ormai completo; che, dopo aver lavorato sulle zone tropicali del suo mondo, dipingesse i francobolli di una contrada polare, imprigionata dai ghiacci, quando lui stesso fu divorato dal fuoco, tutto ciò va a rafforzare l'impressione della simmetria."
[A proposito di Junger] "Per un uomo che unisce così acute capacità di osservazione a una sensibilità anestetizzata, il diario è la forma perfetta."
"Da Sydney telefonai a mia moglie e le proposi, senza esitare, un appuntamento nel Nepal. "Non posso" rispose Elizabeth con voce sconsolata. La sua zia prediletta la aspettava a Boston per festeggiare il novantesimo compleanno. "L'offerta è sempre valida" dissi. "Telefonami se cambi idea". "L'ho già cambiata".
"Naturalmente non vedevo l'ora di conoscere il Maestro [Noel Coward] - e lo conobbi. Era il suo ultimo pranzo a Londra prima che si trascinasse a morire in Giamaica. La padrona di casa era Anne Fleming, vedova di Ian. Gli altri membri del cast erano Merle Oberon, Lady Diana Cooper, io e lui. Risi fino alle lacrime, e la pernice mi andò di traverso. (...) Mentre andavamo via mi disse: "Se accetta un piccolo consiglio a mo' di commiato, non si lasci mai intralciare da preoccupazioni artistiche". E' un consiglio che ho sempre seguito. "
"Werner [Herzog] condensa le sue idee in un'asserzione perentoria: "Camminare è una virtù, il turismo è un peccato mortale". (...) Werner, a quel che mi dicono, era il beniamino della Eisner. E nel 1974, quando seppe che lei era in fin di vita, si mise in marcia, in mezzo al ghiaccio e alla neve, da Monaco a Parigi, convinto che in qualche modo, a forza di camminare, sarebbe riuscito a farla guarire. Quando arrivò a destinazione, Lotte Eisner si era ristabilita; e tirò avanti per altri dieci anni."
"Altri registi, di fronte al problema di ricreare una corte africana dell'800, ne avrebbero affidato la soluzione allo scenografo e al costumista, e alla fine si sarebbero ritrovati con un falso, Werner, noleggiando una vera corte e senza modificare nulla, tranne qualche orologio di Taiwan, ottiene un'autenticità di tono che compensa largamente la mancanza di esattezza storica."
[nello Yunnan] "Guardiamo il tavolo delle signore, sull'altro lato della stanza, e siamo colpiti dalla bellezza procace e tornita delle fanciulle e dalla placida dignità delle donne più mature. Indossano tutte il costume tradizionale con i colori del cielo; azzurro e bianco. Alcune, è vero, portano il berretto alla Mao, ma la maggior parte sfoggia un copricapo blu ricurvo, molto simile a una cuffia fiamminga. Il nostro amico di Shanghai, Tsong-Zong, dice che potremmo benissimo essere scambiati per gli invitati del Banchetto di nozze di Bruegel."
"La vita di Donald Evans, per caso o di proposito, fu breve, circolare e simmetrica; la sua unica ossessione, quella di dipingere francobolli. Li dipinse nel corso di due periodi di cinque anni ciascuno: dai 10 ai 15 anni, quando era uno scolaro introverso, e poi da adulto, dai 26 anni ai 31. Il fatto che fosse convinto di aver "raggiunto il massimo" a 16 o 17 anni; che intorno ai 30 avesse rivissuto la propria infanzia; che vi siano buoni motivi per ritenere che il catalogo, ai suoi occhi, fosse ormai completo; che, dopo aver lavorato sulle zone tropicali del suo mondo, dipingesse i francobolli di una contrada polare, imprigionata dai ghiacci, quando lui stesso fu divorato dal fuoco, tutto ciò va a rafforzare l'impressione della simmetria."
[A proposito di Junger] "Per un uomo che unisce così acute capacità di osservazione a una sensibilità anestetizzata, il diario è la forma perfetta."
"Da Sydney telefonai a mia moglie e le proposi, senza esitare, un appuntamento nel Nepal. "Non posso" rispose Elizabeth con voce sconsolata. La sua zia prediletta la aspettava a Boston per festeggiare il novantesimo compleanno. "L'offerta è sempre valida" dissi. "Telefonami se cambi idea". "L'ho già cambiata".
November 22, 2014
An un-remarkable book from a gifted wordsmith. I am quite a fan of Chatwin's brand of travel writing and admire his skills at observing culture and human character, and would prefer to read him any day as compared to, say, Theroux or Thubron or Bryson, but this book is not my cup of tea. First of all, there is a painful lack of coherence - Chatwin hops, skips and jumps from one theme to another in an utterly haphazard fashion and often the reader is left wondering what this guy is up to?! While, I admit, this could seem fun to people with a different kind of fascination towards Chatwin's wit, but it would be unjust on my part not to warn the potential reader (why else would you care to read my damn review??) to pick up this book at his/her own risk.
On second thoughts, since I picked up a copy of this work from the nice Brit guy who sells old books just outside the Mensa of the Heidelberg University for just 1 euro, I did not lose much and, on the contrary, I did gain some more insight on Bruce Chatwin the writer.
On second thoughts, since I picked up a copy of this work from the nice Brit guy who sells old books just outside the Mensa of the Heidelberg University for just 1 euro, I did not lose much and, on the contrary, I did gain some more insight on Bruce Chatwin the writer.
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