Das mitreißende Porträt einer Frau, die aus ihrer Einsamkeit gerissen und mit ihrem früheren Leben als politische Aktivistin konfrontiert wird. Ein Buch, das heute spielt, eine fremde und doch so nahe Vergangenheit heraufbeschwört und zeigt, dass Flucht nicht immer der Ausweg ist.
Eine Frau über sechzig. Sie lebt zurückgezogen in einem Haus am Tiber, am Stadtrand von Rom. Eines Tages bekommt sie neue Nachbarn. Eine Familie mit zwei Kindern zieht in die Wohnung gegenü Die Eltern gehören zur Generation Prekariat, der Vater ist Musiker, die Mutter jobbt. Sie haben eine dreijährige Tochter und einen jugendlichen Sohn, Anhänger von Fridays for Future. Sie brauchen eine Nanny und wenden sich an die Nachbarin. Und auch wenn die ältere Dame anfangs reserviert wirkt und wenig von sich preisgibt, wird das Verhältnis nach und nach enger. Bis sie den Großvater der Kinder kennenlernt, Pietro, einen attraktiven Mann. Er erinnert sich an sie. An die blutigen Jahre des Aufruhrs, damals in den Siebzigerjahren, als ihr Foto in allen Zeitungen war.
In ihrer Jugend war die italienische Feministin Lidia Ravera die Stimme der Frauen ihrer Generation, sie schrieb in den 70er Jahren das fiktive Tagebuch «Schweine mit Flügeln», das sich weltweit über 3 Millionen mal verkaufte. Heute ist sie es wieder.
Lidia Ravera is an Italian writer, journalist, essayist and screenwriter. She became famous in 1976 for Porci con le ali, co-written by Marco Lombardo Radice, a novel dealing with the myths and ideals of the years around 1968.
Better somehow to drop myself quickly into an old room.
Better (someone said) not to be born (Anne Sexton)
Questi versi Giovanna li aveva imparati a memoria a quindici anni e se ora, a distanza di più di quarant’anni, si affacciano alla soglia della sua coscienza un motivo, un motivo grave, deve pur esserci. Dopo tutto quel tempo passato a nascondersi, all’ombra della sua lunga chioma bianca, un evento semplice, un evento normale per chiunque: l’arrivo dei nuovi vicini di appartamento, basterà a smantellare un po’ alla volta quelle consolidate difese, quella torre di silenzio entro cui da troppo tempo lei si arrocca. Per volontà, per necessità, per nessun motivo al mondo, tranne quello di sfuggire allo sguardo altrui, e probabilmente anche al proprio.
Un passato impegnativo, con il suo bagaglio pesante da portare sulle spalle, un viaggio precocemente interrotto e un senso rimasto insoluto. Perché non c’è soluzione per Giovanna. Solo il duro cristallo di un presente senza futuro. “Per me il Novecento non è ancora finito, è da quarant’anni che vivo fra le macerie di quello che avrebbe potuto essere e non è stato”.
La frizzante, originale famigliola della porta accanto sarà il grimaldello in grado di aprire un pertugio sulla corazza di Giovanna, e soprattutto il contatto con la piccola Malvina, tre anni portati con ineffabile grazia, in questo senso diventerà fatale. “Perché non te ne rimani annidata nel tuo silenzio, come hai sempre fatto, come hai fatto da quando sei sgusciata fuori dalla tua rumorosa giovinezza?” No. Qualcuno l’ha snidata dal suo nascondiglio. L’autoesclusione, la prigionia volontaria, è destinata a finire.
Così noi, a poco a poco, conosceremo parte di quei segreti, ma soprattutto parteciperemo con la stessa apprensione di Giovanna (perché sua è la voce narrante) a quel processo di rinnovata apertura, quella ormai inevitabile discesa nel suo personale inferno di ricordi e rimpianti. Torneremo, se siamo state ragazze degli anni Settanta, a quel tempo di fermenti e turbolenze, a quel bisogno di giustizia e a quelle illusioni di potercela fare a sovvertire le inique sorti del mondo. Avremo la stessa sofferenza, comprenderemo quella durezza. E chi non ha partecipato o non è stato travolto dall’impeto rivoluzionario, chi non ha turbinato in quel movimento, può ascoltarne l’eco, assaporarne l’umore. Riflettere. Giovani di ieri possono specchiarsi nei giovani di oggi: ecco Malcolm, fratello adolescente di Malvina, impegnato a difendere il pianeta dal fallimento clamoroso degli adolescenti di una volta.
Troveremo qui molta ricchezza, molti stimoli per accendere differenti pensieri. Anche, e forse soprattutto, sul tempo che passa e cambia (non può che cambiare) il modo di vedere le cose e di percepire se stessi.
“Quando siamo giovani pretendiamo l’amore, la giustizia, la conquista, la gioia, quando siamo vecchi basta la vita.”
Era notte fonda quando ho finito questo romanzo. Non mi lasciava in pace la storia di Giovanna, così piena di silenzi, di paure, di rimpianti. Così sola. Ma ancora piena di amore da dare, solo da dare. Leggere questo libro è stato come aprire piano un cofanetto di gioie senza sapere il vero valore del contenuto
continuo a leggere i libri di Lidia Ravera forse perché dentro trovo molto di me , di quel passato che poi non é mai passato.Una specie di affinità elettiva che ci lega anche quando preferirei non sapere, non essere costretta a tornare indietro per poi dover dimenticare di nuovo. Provarci.Senza mai riuscirci. Ho impiegato una settimana a leggerlo, strano , in fondo sono solo 350 pagine.Avrei potuto leggerle in un giorno ma adesso che l'ho finito so che volevo che durasse, il più possibile. Sono abituata a farmi assalire dai ricordi ma queste pagine sono come uno tsunami e quando arriva te non sei mai pronta ad affrontarlo. Allora leggi poche pagine per volta e chiudi il libro prima di scoprire che forse anche te come Giovanna preferisci dimenticare , anzi fingere che una parte della tua vita non sia mai esistita. Ma non si può e lo sai bene. E adesso alle 4.46 di una notte qualunque sei qui a scrivere e a ricordare.
" Scrivere per nessuno é come lanciare la palla contro un muro.Tutto quello che dico mi rimbalza addosso.E lo so, in fondo l'ho sempre saputo, che quando si scrive per dimenticare si finisce per ricordare Tutto."
* Un consiglio per quelli della mia generazione.Maneggiare con cura. Puo creare dipendenza, assuefazione, nostalgia. Troppa. • “La memoria è un cane feroce , alla mia età devi tenerla alla catena”.
SINOSSI Giovanna ha i capelli bianchi, però lunghissimi e folti. Vive in un bell'appartamento che guarda il fiume, nel centro di Roma, ma è un'operaia in pensione. In un tempo in cui tutti inseguono il successo, la popolarità, lo svago lei vive sola, non parla con nessuno, non va mai in vacanza. Le sue giornate si susseguono uguali e attente fra la musica che ascolta per dimenticarsi di se stessa e i romanzi che legge per rispecchiarsi nelle vite degli altri. Non è felice né infelice, è come se vivesse uno sconfinato tempo supplementare dopo una partita che per lei si è chiusa presto, quasi quarant'anni fa, nel secolo scorso, quando per la smania di cambiare il mondo potevi commettere sbagli così gravi da pesare sulla tua coscienza per sempre. Ha pagato il suo debito con la giustizia, Giovanna, ma se hai un'anima come la sua la punizione non basta mai. Un silenzio che va in mille pezzi quando nell'appartamento accanto irrompe una famiglia di beniamini degli dei: Michele, musicista svagato, Maria, bellissima e sempre un po' spogliata, Malcolm, tredicenne impegnato a salvare il pianeta, e Malvina, tre anni di pura gioia. Giovanna prima li guarda e li ammira, poi si lascia coinvolgere nella loro vita: bambinaia volontaria, amica grande, presenza silenziosa e generosa. E infine dalla loro vita viene travolta, come succede quando l'amore apre una breccia nelle tue difese e ti ritrovi vulnerabile, nuda. Ma di nuovo viva. Una prima persona asciutta e nervosa, un memoriale che al lettore rivela, pochi indizi alla volta, un quadro finale di sconcertante, dolorosa dolcezza.
La protagonista di questo romanzo è una sessantenne di nome Giovanna, una donna silenziosa, che preferisce rimanere nel suo angolino, nell'anonimato. Trascorre le tante ore vuote della giornata nel suo piccolo appartamento romano a leggere, ad ascoltare musica e a bere alcolici. La monotonia di questa donna solitaria viene improvvisamente spezzata dall'arrivo di una giovane coppia, che si stabilisce nell'appartamento accanto. Le pareti sono sottili e Giovanna è incuriosita dalle chiacchiere dei giovani, dalla loro complicità e dalla loro spontaneità, finché rimane coinvolta come baby sitter. Giovanna, nonostante voglia opporvisi con tutte le proprie forze, si lega ai nuovi vicini e pian piano il gelo, che si era impadronito del suo cuore, comincia a sciogliersi, facendole provare nuove emozioni. Ma l'aver consentito alle emozioni di rompere la barriera difensiva, che Giovanna aveva eretto per molto tempo attorno a sé, potrebbe essere stato un passo falso... Uno stile impeccabile e raffinato, mai artificioso per una storia coinvolgente incentrata sul tema della solitudine, della condanna volontaria all'esilio per espiare la colpa di sentirsi imperfetti. Lettura intensa e ricca di introspezione.
Non so descrivere quanto mi sia piaciuto questo libro.
Avrei voluto leggerlo con calma, per non dover arrivare alla fine, ma mi ha letteralmente tenuta incollata alle pagine, tanto da finirlo in pochi giorni.
La storia è permeata da un dolore tangibile che viene continuamente ricacciato indietro con determinazione e, allo stesso tempo, con estrema delicatezza.
Giovanna è un personaggio alla quale è facile affezionarsi: ti ritrovi catapultato nei suoi pensieri fin dalla prima pagina, e poi non ti stacchi più. È meravigliosamente e dolorosamente introspettiva.
"In fondo l'ho sempre saputo, che quando si scrive per dimenticare si finisce sempre per ricordare. Tutto."
Qui la scrittura diventa veleno e antidoto, il ricordo che ferisce e che permette, finalmente, di guarire e ricominciare.
Perché c'è sempre tempo per le seconde possibilità.
L’ultimo romanzo di Lidia Ravera ha, nuovamente, per protagonista una donna matura, Giovanna, potrebbe essere una nonna, ragazza degli anni ‘70, oggi pensionata e regina della sua “casa sul fiume”, un appartamento affacciato sul Tevere, chiusa in una sorta di bolla di bei libri, buon vino e musica classica che costituiscono la sua comfort zone, il suo riparo dal mondo. Giovanna ha scelto di vivere sola, in un sorta di tempo sospeso, un supplemento di vita dopo che la sua, quella che viveva, si è conclusa circa quarant’anni prima, quando nell'ansia di cambiare il mondo ha commesso errori tanto gravi da pesarle sulla coscienza per sempre. Termodinamicamente funziona che un sistema è in equilibrio finché un fenomeno esterno non interviene a perturbare tale stato e ciò che perturba l’equilibrio ordinario di Giovanna, che fa esplodere la sua bolla è l'arrivo, nell'appartamento attiguo al suo, di una giovane e vivace famiglia che la coinvolge nella sua quotidianità e la riporta in contatto col mondo e in pochi giorni scardina la vita e le certezze consolidate di Giovanna. Questa, in breve, la trama del nuovo romanzo di Lidia Ravera: “Avanti, parla!”, una storia intensa che parte proprio dal caso che scompagina i nostri ordini precostituiti e ci costringe a darcene di nuovi.
Lentamente assistiamo al suo cambiamento ed è proprio lei a raccontarci che cosa succede a partire da quel 25 agosto del 2019, scrivendo una sorta di diario a cui affida le sue confessioni, con la sincerità di chi ha la certezza che quelle parole resteranno escluse ad occhi estranei, affidando alle parole private i suoi pensieri più intimi, e quelle rivelazioni che sono nuove anche per lei.
Sono molti i temi che affiorano in questo libro, primo fra tutti quello, evidente, degli anni di piombo: ma questo non è il tema preponderante del romanzo, per quanto la protagonista metta in atto una riflessione densa e profonda riguardo alla sua scelta della lotta armata. Soprattutto, però, l'autrice si rapporta con la storia di una donna della sua età che fa i conti col suo passato e che in quel passato ha commesso un errore pesante. E’ la storia del tempo che passa, della sera della vita che non esclude di poter veder scardinate le certezze consolidate, sulla consapevolezza che ci si può sempre mettere in gioco, che il passato è parte di noi ma non può condizionare per sempre le nostre scelte e col quale, ad un certo punto, è il caso di venire a patti.
È anche però un romanzo su tre generazioni e sull'eredità che ciascuna ha lasciato o lascerà a quella successiva. Giovanna fa parte di una generazione che ha messo la rivoluzione al centro della propria giovinezza, e che ha avuto reazioni e atteggiamenti diversi quando la vecchiaia è piombata sulla sua testa. Michele e Maria, i vicini di casa di Giovanna, sono i figli di questa generazione e ne rappresentano tutte le contraddizioni, dibattuti tra la rottura alternativa di ogni schema e il desiderio di una stabilità che loro stessi, per primi, non hanno esperito; infine ci sono Malvina e Malcolm, i loro figli, gli unici esseri costituti di pura luce in una galleria di personaggi che si delineano tutti nel contrasto tra chiari e scuri. Sono anche gli unici personaggi per i quali la partita è ancora aperta, e l'autrice ci lascia intendere che potrebbe essere vinta.
La Ravera rende il flusso di coscienza di Giovanna in modo fluido e verosimile, avvincente e, sul finale, commovente, facendoci intuire da subito che la donna porta con sé un fardello pesante, che ci viene svelato poco alla volta senza alcun pietismo. Non c’è traccia, nella prosa scelta dalla Ravera, di autocommiserazione per le posizioni prese nel passato o nel presente, non colpevolizza e nemmeno assolve. Ci mette di fronte alla lucida realtà della nostra storia passata e sulle infinite possibilità che ci riserva il futuro.
Questo non è un libro che si fa divorare, mi è sembrato di leggerlo per giorni, settimane, però non l’ho abbandonato e quindi vuol dire che in fondo qualcosa che mi è piaciuta c’è. Per�� tutto troppo spiegato secondo me.
“La paura è una forma degenerativa del disagio di stare al mondo. Io questo disagio l’ho sempre provato. Non ho mai trovato il mio posto, perfino nelle foto di scuola, alle elementari, sono la bambina che non guarda verso l’obiettivo del fotografo, ma verso destra, dove non c’è nessuno, spingendo lo sguardo lontano, come cercando una via di fuga. Non lo troverò mai, il mio posto nel mondo. Ormai ne sono certa. Se a contrastare la paura non ci fosse la curiosità non uscirei mai dalla mia tana. da “Avanti, parla”, Lidia Ravera. In alcuni casi vivo la lettura come un’esperienza multisensoriale: le parole fluiscono verso il mio cervello, investono la mia vista, che quasi trapassa le pagine del libro, accendono come luci intermittenti l’udito, facendomi percepire le voci dei personaggi, l’olfatto, avvolgendomi con gli odori delle ambientazioni, poi il gusto, percependo, con le papille gustative quello che, attraverso il cibo, l’autore vuole surrealmente rappresentare; infine il tatto, immaginando un contatto fisico con i personaggi, come se fossi lì, insieme a loro. E’ esattamente quello che è accaduto leggendo “Avanti, parla” di Lidia Ravera. Premetto che il titolo, “Avanti, parla”, mi lasciava piuttosto perplessa, forse per la sua perentorietà intrinseca. Nonostante ciò ho iniziato a leggerlo per due motivi: innanzitutto perché ho sempre apprezzato moltissimo questa autrice e poi perchè quasi sempre ciò che mi infastidisce colpisce, in definitiva, corde nevralgiche dell’inconscio che, una volta messe allo scoperto, mi costringono a interrogarmi e a capire. E poichè capire è forse una delle poche libertà che ci siano veramente rimaste, a condizione che la si voglia esercitare, ho affrontato con atteggiamento interlocutorio questa esperienza “psico- letteraria”. La protagonista di “Avanti, parla”, Giovanna, è una donna un po’ avanti negli anni che appare dalle prime pagine piuttosto inquietante: vive sola, non si taglia i folti capelli, ormai bianchi, da quaranta lunghi anni, non ha amici, non ha parenti, non ha una vita o almeno così sembra. E’ lei stessa, in prima persona, che racconta la sua storia, attraverso lo strumento della scrittura che adopera con grande conflittualità, come se non ne potesse fare a meno ma le costasse una tremenda, dolorosa fatica utilizzarlo. All’improvviso il suo “auto -semilockdown”, se così possiamo chiamarlo, visti i tempi in cui viviamo, ovvero il suo autoisolamento dal mondo viene interrotto da qualcosa in cui non avrebbe mai immaginato di imbattersi: l’arrivo di una giovane coppia con due bambini, come vicini di casa. All’improvviso la vita reale va a bussare alla sua porta, sotto le mentite spoglie di Michele, musicista alla ricerca del successo ma innamorato perso della sua famiglia, Maria, moglie e madre bambina, convinta che il mondo sia un grande palcoscenico dove recitare come un’attrice di fiction, Malcom, adolescente introverso e convinto ambientalista, che cerca di barcamenarsi nelle dinamiche complicate fra genitori separati ma soprattutto la piccola Malvina, una meraviglia della natura di tre anni che riconosce, sin dal primo istante, il potenziale affettivo di Giovanna, eleggendola per amore sua “nonna”. Giovanna, in realtà, una vita l’ha avuta e anche molto intensa, un’esistenza all’insegna di un imperativo categorico: essere all’altezza delle aspettative, anche tradendole, ma con coerenza. Perfino nel rapporto col suo corpo, nei confronti del quale già a ventitre anni “aveva imparato a trattarlo come uno strumento di lavoro, funzionale alla militanza politica che aveva deciso di intraprendere”. E per quella vita, per quelle scelte, aveva pagato e continuava a pagare, rinunciando a una esistenza normale finché una nuova chance le viene improvvisamente offerta dalla chiassosa famiglia della porta accanto. Ma, per poter godere di quell’inaspettato privilegio, Giovanna è costretta a indossare pubblicamente la maschera della donna senza storia e senza famiglia, quella che ormai, da quando aveva scontato la sua pena, non era mai capitato di dover scientemente riutilizzare. Si è convinta che solo così avrebbe potuto aver l’opportunità di ritornare ad amare ed essere amata, di poter stringere fra le braccia la piccola Malvina, così desiderosa di essere al centro delle sue attenzioni, di raccogliere le confidenze del giovanissimo Malcom, condividendo con lui il muto segreto dello sfinimento che un dolore sopportato per tanti anni può provocare. Perché “il passato remoto è accogliente, puoi infilarci dentro quello che vuoi, lontano dalla flagranza ogni crimine perde di consistenza, sfuma fino a diventare un ricordo.” Perché dopo che per “decenni hai lavorato a una forma stabile di infelicità. Solida, perfino elegante. Le sbarre della tua prigione interiore le hai decorate una a una, fino all’enfasi finale È venuto il momento di accettare uno sconto di pena. Di uscire per le strade, mescolarti agli altri. Senza la superbia dei peccatori redenti.” Quando si sono vissuti ormai molti anni faticosi, si incomincia a pensare a quanto resta piuttosto che a quel che è stato, soprattutto se qualcosa di bello si presenta dinnanzi a noi. E si decide, o si tenta di farlo, come Giovanna, di accettare finalmente quel barlume di felicità, con l’incoscienza di chi si tuffa da uno scoglio senza sapere come sia il fondale. Ma la vita, per quanto possa essere ripetitiva, raramente è banale e non lo è neppure per la protagonista di “Avanti, parla”: la vita è un percorso senza itinerario preciso, un viaggio di cui si conosce solo l’ultima meta, la morte, accidentale o voluta che sia. E Giovanna lo sa molto bene, perchè la morte l’ha incontrata e frequentata: Giovanna sa che la morte è un’opzione per modificare il destino degli altri e anche il proprio. Ma proprio perché la vita ha sempre un senso, il cammino che Giovanna ha percorso, tutte le estremizzazioni che ha portato avanti, tutto l’amore che ha dato e quello a cui ha rinunciato troveranno infine una loro logica, come pezzi di un puzzle finalmente composto, facendole scegliere definitivamente la vita alla morte.
Mentre leggevo questo romanzo, i telegiornali davano la notizia del processo ai nove militanti della lotta armata rifugiatisi in Francia e della relativa richiesta di estradizione: inevitabile è stato il confronto fra il personaggio creato da Lidia Ravera e quello di Marina Petrella, ex brigatista più volte intervistata nel contesto nei giorni scorsi. Una domanda si è fatta inevitabilmente strada nella mia testa: in definitiva a cosa ha portato la lotta armata? Secondo la Petrella, “Non era fine a se stessa… tante riforme sono state fatte anche grazie a quella conflittualità che saliva, che costruiva istanze nuove. C’era un modello di trasformazione, il socialismo al di là degli esempi storici, è solidarietà, fratellanza, condivisione. C’è stato un processo di scontro atroce per tutti. Per tutti.” La parola chiave sulla quale soffermarsi credo sia proprio “atroce”: mi sembra, onestamente, un ossimoro parlare nello stesso contesto di atrocità e di solidarietà, fratellanza e condivisione. Giovanna, la protagonista di “Avanti, parla” è, a mio avviso, esattamente l’espressione di quanto siano inconciliabili tali elementi nella vita di un essere umano e la potenza narrativa della Ravera ci regala un personaggio sulla cui pelle si scorgono con vivida crudezza quante e quanto profonde siano le cicatrici lasciate da una scelta come quella della militanza armata e quanto sia difficile raggiungere l’oblio, relativamente alle responsabilità di coloro che ne hanno fatto parte.
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Vedo solo recensioni positive per questo romanzo eppure a me non è piaciuto. È la prima volta che leggo Lidia Ravera e temo sarà anche l'ultima. Il suo stile è troppo lento per i miei gusti. Mi sono proprio annoiata.
Avanti, parla è il nuovo libro della giornalista e scrittrice Lidia Ravera, edito da Bompiani. Lidia Ravera è una scrittrice di lunga data, che ha raggiunto la notorietà nel 1976 con il libro Porci con le ali, e di lì la strada è stata in discesa. Molti dei suoi titoli sono presenti nel catalogo di Bompiani.
«Scrivere per nessuno è come lanciare la palla contro un muro. Tutto quello che dico mi rimbalza addosso. E lo so, in fondo l’ho sempre saputo, che quando si scrive per dimenticare si finisce per ricordare. Tutto»
Avanti, parla – Trama Avanti, parla è la storia di Giovanna, una donna sulla sessantina, con una folta chioma di capelli bianchi che abita da vent’anni a Roma, nella casa che affaccia sul fiume. Giovanna vive da sola, è da poco in pensione, dopo un lavoro da operaia, e trascorre le sue giornate quasi esclusivamente nel suo appartamento. Esce per qualche passeggiata, ogni tanto un film. Ma sono soprattutto gli appuntamenti serali con la sua musica preferita e i suoi romanzi che la tengono in vita. Non ha famiglia Giovanna: i suoi genitori sono morti da tempo, e comunque non avrebbero fatto parte della sua vita a causa delle scelte di gioventù che non le hanno mai perdonato; il suo ex marito, l’amore della sua giovinezza, Furio, non lo vede da quando l’ha lasciata per una più giovane; Laura, la sua migliore amica fino all’università, è un ricordo lontano e doloroso.
Eppure Giovanna ha trovato un proprio equilibrio per continuare a vivere. Si è chiusa in un silenzio insistente che dura da vent’anni, in una solitudine che non accenna a scalfirsi. Giovanna si è data la condanna più dura che qualsiasi tribunale potesse darle: una vita vuota. Ma l’ha scelto lei. L’ha scelto quando dopo aver scontato il suo debito con la giustizia, per il suo passato da militante tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, ha deciso che non meritava perdono alcuno: né il suo, ne quello degli altri.
La prigione che sapientemente ha costruito attorno a sé per un ventennio viene scalfita, però, una crepa dopo l’altra, nell’estate del 2019, a partire da un trasloco, ma soprattutto da una bambina di nome Malvina. Nell’appartamento di fronte a quello di Giovanna, infatti, si trasferisce una nuova famiglia: Michele, 37 anni di musicista squattrinato; Maria, poco più giovane del marito, leggera e quasi sempre allegra; Malcom, adolescente combattente ambientalista e, infine, Malvina, tre anni di allegria e tenerezza. Giovanna, suo malgrado, sarà affascinata da questi nuovi vicini, dalle dinamiche della loro famiglia sopra le righe e inizierà, volontariamente, a prendersi cura della piccola di casa, che avrà il potere di restituirla alla vita.
Ma vivere – o tornare a farlo – vuol dire anche accettare il rischio di farsi conoscere, di parlare e farsi ascoltare, ma soprattutto di farsi male e Giovanna non è pronta. Il rischio di Giovanna ha un nome, anzi due: Pietro Saverio, il nonno di Malvina.
Perché leggerlo Avanti, parla è scritto in prima persona; da subito Giovanna ci dice che è lei che ci sta parlando, mentre scrive sui suoi quaderni ciò che le è successo nei mesi precedenti. Il racconto, quindi, alterna i flussi di pensieri di Giovanna, riportati come interruzioni del racconto principale e segnati graficamente all’interno di parentesi; e flashback dell’oscuro passato di Giovanna. Tra queste due linee si muove la narrazione dei fatti successi a partire dall’agosto del 2019 e che si concludono nei tempi presenti. Per cui, la conclusione del libro cede il passo alla terza persona. La scelta narrativa è davvero interessante e funzionale per il tipo di storia raccontata, che è un continuo andare avanti e indietro nella vita della protagonista, conoscendone non solo i fatti successi, ma anche i pensieri e le intenzioni più recondite. La scrittura, comunque, resta sempre lineare, pulita e attuale; per cui la lettura procede piacevole e il lettore ha la sensazione di essere accompagnato con mano nella storia; non restano buchi nascosti.
Avanti, parla è un romanzo che celebra il ritorno alla vita, mostrando quanto può essere difficile tornare a giocare per chi si è ritirato da tempo. Conferisce a Malvina e a Malcom il ruolo di speranza, di complicità, di amore incondizionato, di intelligenza e di gentilezza che ci auguriamo sempre abbiano le generazioni che vengono dopo la nostra. Giovanna, poi, è una protagonista che si lascia amare per il suo disagio esistenziale; per l’occhio strizzato agli alcolici; per il suo impaccio nello stare con gli adulti e la sua empatia con i più giovani che guarda con occhio benevolo e mai giudicante. Si lascia amare perché è una donna tormentata, che non si dà la pace che merita, proprio perché non crede di meritarla, proprio perché crede che il prezzo che abbia pagato non sia stato sufficiente. Si erge a giudice di se stessa e si condanna sempre, e quindi si punisce, isolandosi e negandosi la possibilità di vivere.
Avanti, parla mi ha portato a riflettere, ancora una volta, su quanto a volte gli errori siano frutti solo di un caso, su quanto a volte si passi facilmente dalla parte del torto. Giovanna è una donna che ha creduto in degli ideali, e ha pagato per questo, perché quegli ideali l’hanno fatta trovare nella parte sbagliata, perché quegli ideali sono diventati fondamentalismi e Giovanna non ha chiesto sconti, non si è giustificata per aver creduto in persone che alla fine hanno ucciso, anche se non è stata lei a premere il grilletto. È per questo che ho empatizzato con lei, un’eroina d’altri tempi che ha provato a cambiare il mondo, sbagliando e pagando per questo. Perché non esiste il bene assoluto e non esiste il male assoluto. E le seconde possibilità fanno bene al cuore.
Un racconto a ritroso, scritto su alcuni quaderni in una anonima camera di albergo, un soliloquio interiore per dimenticare e ricordare allo stesso tempo. Giovanna ha scelto da anni di vivere da sola, senza relazioni con gli altri, senza una vacanza, una serata con gli amici. Superata la sessantina, abita in un appartamento sul lungo Tevere, la musica e i libri le sue sole passioni, sempre in solitudine, unica compagnia un bicchiere di vino. “Tacere per non mentire” è una delle sue regole di vita quindi non parlare con nessuno, per non rivelare nulla di sé. Arrivano però i nuovi vicini… e con loro un nuovo inizio. Michele, musicista con pochi soldi e Maria, una coppia giovane che si ama, litiga e si riama e i due figli Malcolm adolescente e già attivista del clima e Malvina, un peperino di tre anni. Giovanna li ascolta dapprima dalle pareti (ahimè di cartongesso) poi lentamente viene attratta nella loro orbita, trova amicizia e fiducia, tata di Malvina (anzi nonna acquisita), amica di Malcolm… diventa una di famiglia da invitare al pranzo di Natale, da lasciarle casa e figli in custodia. Le barriere si assottigliano e non è più possibile nascondersi e nascondere il proprio passato che per Giovanna è stato pesante: da giovane era una “rivoluzionaria”, aveva aderito alla lotta armata e per questo condannata a qualche anno di prigione. I toni pacati, lo stile colloquiale, mai ampolloso anzi, frasi brevi e secche, un ritmo inizialmente lento che però cattura fin dall’inizio per una storia molto dolce (e anche amara) senza essere zuccherosa, piena di buoni sentimenti ma niente stucchevoli e falsi moralismi. Si simpatizza subito con i personaggi a partire da Giovanna, questa “nonna” con tanti lunghi capelli bianchi da essere soprannominata “vecchia chioma”, le sue timidezze e ritrosie e le gioie improvvise per le piccole cose a cui non era più abituata come un invito, un complimento, un segno di amicizia, una chiacchierata, una confidenza… Lidia Ravera non dà giudizi sul comportamento di Giovanna, il suo auto isolamento per espiare una presunta condanna morale senza fine, dopo aver pagato il proprio debito con la giustizia (anche se la sua posizione è ovvia), offre solo punti di vista diversi e ricorrenti nelle sterili polemiche che ancora oggi ogni tanto si accendono. Non è un romanzo politico sui reduci di quegli anni, ma un riuscitissimo ritratto al femminile, di quelli che toccano le corde giuste. Quattro stelle.
Ho amato moltissimo questo romanzo così denso di silenzi assordanti e passioni attutite che si accalcano nella vita della protagonista Giovanna per portarla a una crisi e, così, a un ritorno alla vita. La storia intessuta da Lidia Ravera è ricca di temi a me carissimi: la presenza dei fantasmi del passato che soffocano il presente, una ex-gioventù imgombrante che affatica il quotidiano, i legami intimi che si intrecciano nonostante la paura e costringono a una resa dei conti, l'eredità degli Anni di Piombo e l'incredulo sopravvivere dei suoi protagonisti in un'Italia oggi irriconoscibile. Giovanna vive asceticamente in un elegante appartamento romano, circondata da libri e vinili che accompagnano la sua solitudine autoimposta, un po' per l'incapacità di riconoscersi nella realtà contemporanea e un po' per l'abitudine al giudizio crudele degli altri. L'arrivo di una giovane famiglia di dirimpettai porta una ventata di tenerezza e curiosità nella sua vita e la costringe a uscire dal bozzolo. Abituata a parlare poco e ascoltare molto, Giovanna si fa strada con timidezza e incertezza nel cuore dei suoi vicini, che inesorabilmente la riportano a sé, a una modernità in cui le tracce del passato sono ancora tutte riconoscibili, a un'esistenza d affetti sempre negati. Ho fatto fortemente il tifo per Giovanna e letto tutto d'un fiato queste pagine che me l'hanno fatta sentire così viva, palpabile, vicina nei suoi rimpianti, nelle sue nostalgie e nel suo riluttante ma fortissimo attaccamento alla vita. Splendide le pagine che descrivono il suo tenero amore di nonna adottiva per Malcolm e Malvina, di 13 e 3 anni, che con la loro innocenza e idealismi si scavano una strada nel suo cuore. Non avrei potuto leggere libro migliore per avviare questo 2025 di letture, e cercherò di procurarmi al più presto gli altri libri di Lidia Ravera, che mi ha conquistato con una scrittura profonda, elegante, sofisticata e ricca di passione.
SPRICH MIT MIR Lidia Ravera ET: 16.5.23 #backlist #12für2025
Die 66-jährige Giovanna lebt allein und bewusst zurückgezogen am Tiber in Rom. Familie hat sie keine, Freundschaften vermeidet sie. Ihr genügt ihr ruhiger Alltag: Spaziergänge und klassische Musik, die sie sich am Nachmittag in ihrer Wohnung anhört.
Alles verändert sich, als nebenan in der seit Monaten leerstehenden Wohnung eine junge Familie einzieht. Die neue Familie sucht Kontakt zu ihr – und Giovanna lässt sich, trotz ihrer Vorsätze, darauf ein. Eine zarte Freundschaft entsteht, besonders zur dreijährigen Tochter der Familie, die sie schnell ins Herz schließt. Immer mehr wächst sie in die Rolle einer Ersatzgroßmutter hinein, kocht für die Familie, hilft im Alltag und übernimmt ganze Wochenenden die Betreuung.
Die entscheidende Wendung kommt an Weihnachten, als der Großvater der Familie zu Besuch ist und auch Giovanna zum Weihnachtsessen eingeladen wird. Der Großvater, der fast im selben Alter wie Giovanna ist, ist ihr gegenüber besonders aufmerksam. Zunächst glaubt sie, er könne Interesse an ihr haben. Erst zu spät erkennt sie, dass er sie aus ihrem früheren Leben wiedererkennt – und damit eine Tür zu ihrer Vergangenheit öffnet, die sie längst geschlossen glaubte.
Ravera erzählt mit viel Feingefühl von einer Frau, die zwischen Erinnerungen und neuen Möglichkeiten steht. Besonders eindrücklich fand ich, wie behutsam gezeigt wird, wie schwer Vertrauen fällt, wenn man viel erlebt und noch mehr verloren hat. Die leisen Momente tragen das Buch: kleine Gesten, unangenehme Wahrheiten, zarte Annäherungen.
Fazit: Ein stilles, sehr einfühlsames Buch über Einsamkeit, Schuld und die Chance auf einen Neuanfang. 4/5
Avanti, parla un ordine o un invito perentorio? Cambiando l’intonazione può essere entrambe le cose. E se la richiesta arriva da un’amica di vecchia data ed il tono è semplicemente curioso?
Come mi è accaduto leggendo il libro di Giulia Caminito, anche in questo caso ho riscontrato un modo di scrivere del tutto anticonvenzionale anche se non sono stata conquistata allo stesso modo.
All’uscita di Porci con le ali, libro di esordio di Lidia Ravera, io leggevo ancora Topolino ma l’eco dello scalpore generato mi è rimasto impresso, così come l’onda post sessantotto che ha portato con sé un cambio epocale.
Questo libro riporta in quegli anni, in maniera però lenta e alternata, più come una risacca che lambisce pian piano.
E pian piano ci si rende conto che la storia è stata costruita appositamente come impianto su un fondamento ben preciso: la base, il vero fulcro di tutto il racconto.
Se da una parte ero curiosa di approfondire una pagina di storia italiana della quale non ho mai letto, ma che ho vissuto a colpi di racconti di cronaca, dall’altra mi sono ritrovata a mettere in discussione il mio modo di pensare.
L’impegno costante su me stessa per eliminare giudizi e pregiudizi è davvero efficace?
E ancora: avrei avuto lo stesso punto di vista se non mi fossi trovata di fronte a una “nonna” perfetta?
Quanto spesso abbiamo detto poi che non basta partorire per essere madri, ma se la vita offrisse una seconda occasione?
Io sono fermamente convinta che i bambini e i ragazzi ci insegnino costantemente, e che siano salvifici.
Gli spunti di riflessione inoltre spaziano dalla controversa questione del saper perdonare sé stessi, all’istinto di sopravvivenza. Dal potere intrinseco del silenzio, ai benefici della musica. Dalla coerenza all’ipocrisia.
Tutto ciò è una porzione di quanto scaturito dai discorsi con Monica: anche questa volta devo a lei questa lettura, così come devo a lei l’arricchimento a livello umano che ne ho potuto trarre.
Tu che ne pensi? Preferisci che un libro sveli una storia o una riflessione? Avanti, parla …
Questo libro mi ha affascinato per più ragioni. La protagonista è una operaia pensionata che, sotto l'apparenza solitaria e dimessa, nasconde un passato turbolento che noi lettori scopriamo poco a poco da indizi lasciati cadere nel corso della narrazione, sotto forma di diario in prima persona. Nella vita volontariamente solitaria e schiva di Giovanna fanno irruzione una giovane famiglia con due ragazzi (una bambina e un adolescente) sotto forma di nuovi e invadenti vicini di casa. Dopo tanti anni di silenzio Giovanna sente l'esigenza di parlare e vista l'impossibilità di parlare a voce alta e rivelare segreti dimenticati dalla maggior parte delle persone da che fanno parte della storia recente dell'Italia, Giovanna comincia a scrivere un diario. Ma, presa dal nuovo coinvolgimento nella vita dei simpatici vicini, Giovanna abbassa la guardia e il suo segreto viene svelato. Giovanna incarna il "dopo" in molti sensi, è anziana e reduce da una battaglia persa, quella degli anni di piombo, combattuta dalla parte sbagliata e a cui ha sacrificato tutto: amore, famiglia, una casa e una carriera. Commovente.
"Quando meno te lo aspetti... Come una bomba" recitava una canzone della mia adolescenza. Ed è proprio così in questo romanzo, tutto accade per caso, tutto quello che Giovanna ha costruito per sfuggire ad una vita diversa dalle altre, alla fine crolla, e si ritrova con il cuore gonfio di emozioni che credeva di aver dimenticato o che forse non aveva mai vissuto!! E vedie crollare nuovamente il mondo addosso, perché quelle emozioni le riempiono una vita ormai vuota!! "Ormai" è un avverbio che non esiste in questo romanzo... Quando tutto sembra definitivo perché Giovanna ha deciso così, il caso decide per lei!!
Lidia Ravera esplora, in questo libro, le reazione emotive alle vicissitudini del passato. Giovanna, la protagonista, convive con il peso di quello che è stato fino a quando, forzata dalle contingenze, è obbligata a fare i conti con il presente e a rifiorire grazie a questo. Il finale mi ha lasciato una senso di pesantezza. Rielaborandolo a mente fredda penso che la scrittrice voglia, con le ultime pagine, mettere in guardia il lettore che solo chi affronta il proprio passato e lo accetta, riuscirà a trovare una rinnovata serenità nell’oggi.
Ho scelto questo libro perché dopo aver visto la presentazione on line con la scrittrice non sono più riuscita a togliermelo dalla testa, così alla prima occasione mi sono fiondata in libreria! L’ho divorato in due mezze giornate e me ne sono pentita,perché questo è un libro da assaporare lentamente. Per apprezzarlo bisogna comprendere bene il periodo storico che ha vissuto Giovanna(la protagonista) che l’ha portata ad essere ciò che è nel presente,per capire il “suo presente” Un libro intenso….BELLISSIMO!
Giovanna è una 60enne solitaria, ex terrorista, con il vizio dell’alcol che vive chiusa nel suo appartamento. La sua vita cambia quando si trasferiscono accanto a lei Michele (musicista), Maria (la moglie un po’ naive), Malcolm (figlio di Michele e di un’americana, ambientalista) e Malvina (la bimba che le cambierà la vita). Giovanna diventa la tata di Malvina e si riavvicina ai rapporti umani, affezionandosi alla famiglia e provando dei sentimenti che aveva dimenticato da anni. Grazie all’ingresso in scena del padre di Maria, uomo che ama stare al centro dell’attenzione soprattutto femminile, Giovanna fa un salto nel suo passato che la porterà a riavvicinarsi al suo passato fino a un tentativo di suicidio che viene sventato grazie a Malcolm. È un romanzo scorrevole, ben scritto, piacevole, in cui si celebra il ritorno alla vita.
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Ho letto questo libro con molte domande e sentimenti, il personaggio di Giovanna è strano e illogico ma allo stesso tempo molto umano nella sua vulnerabilità. La ammiro e allo stesso tempo mi fa pena. Ho sempre voluto credere che tutti fossero amati, questa storia mi ha fatto pensare che forse non è così, o che è in modi diversi, nascosti da quello che ci aspettiamo, da quello che riteniamo normale. Questo mi dà paura e speranza. Vorrei abbracciarla e piangere con lei, occuparmi di lei con Malcolm e Malvina.
Dopo anni passati in carcere Giovanna decide di estraniarsi dalla società e di vivere in solitudine, fra le mura della sua casa, circondata da tantissimi libro, gli unici a farla viaggiare con la mente. Ma nell’ appartamento a fianco al suo arriva una famiglia, quattro componenti che saranno in grado di risvegliare quel qualcosa che dormiva da anni dentro Giovanna. Un romanzo potente, doloroso, intimo. Un flusso di coscienza continuo della protagonista che saprà rapirvi e farvi male.
Si può scappare dal passato? Nasconderlo, dimenticarlo, ma poi all’improvviso salta fuori e ti spiazza, riscopri sentimenti ormai dimenticati, mai provati, rinnegati… questa è la storia di Giovanna, isolata, volontariamente, dalle persone ma sopratutto dai sentimenti, perché lei non vuole sentirsi viva, amata, il suo vissuto la spinge a nascondersi ma un arrivo inaspettato, una famiglia che si trasferisce vicino alla sua abitazione stravolge la sua vita….
Lidia Ravera erzählt in Sprich mit mir eindrucksvoll von Einsamkeit, Sehnsucht und der Suche nach echter Verbindung. Die ungewöhnliche Beziehung zwischen einer älteren Frau und einem jungen Mann wird mit Feingefühl und Klarheit geschildert – berührend, nachdenklich und überraschend aktuell. Ein leiser Roman, der tief unter die Oberfläche geht.
Letto in due giorni. Gustato come un buon bicchiere di vino. Questo libro si legge che è un piacere. Ci si affeziona velocemente al punto di vista della protagonista sul mondo. Nonostante la sua visione sia dura, difficile, solitaria, sociopatica. Forse Giovanna rivela ombre che tutti noi abbiamo e nascondiamo e lo fa da protagonista.
Giovanna ist eine der unsympathischsten Protagonisten, die ich je kennengelernt habe. Sie reiht Fehler an Fehler aneinander, bestraft sich für Dinge, die sie in ihrer Jugend getan hat, die uns als Leser aber nur angedeutet werden. Ich war einfach nur genervt und bin froh, dass das Buch beendet ist.
Una storia così intima da sembrare vera. Il lettore si immedesima nelle battute del diario, sebbene possa non condividere l'età e le esperienze della protagonista. Come ogni sua opera, è scritta in maniera superba!