Marzo a Copenaghen, un giornalista senza nome, flâneur dei bassifondi e detective per il vizio di trovarsi sempre nel posto sbagliato, sta per recuperare un po' di fiducia nell'umanità quando si imbatte in un ricco collezionista d'arte con un coltello piantato nella schiena. Nessun indizio nel suo lussuoso appartamento, a parte due quadri spariti, un Pollock e un Léger, ma la polizia scopre ben presto i sentimenti più che paterni che legavano il mecenate a un giovane pittore, suo ultimo protetto. Quando il ragazzo sparisce senza riscuotere la sua immensa eredità e i cadaveri cominciano ad aumentare, tutte le tracce portano dai quartieri alti ai vecchi vicoli a luci rosse della città, dietro le porte sempre chiuse di un misterioso night club. Poeta metropolitano e virtuoso della penna, fonte inesauribile di immagini folgoranti che brillano di uno humour geniale e amaro, Dan Turèll è entrato nei classici del giallo nordico come il Chandler danese. Amico di sbirri e prostitute, con lo sguardo smaliziato di chi ha visto quelli che si sporcano le mani e quelli che muovono i fili dall'alto, il suo giornalista senza nome ci trasporta in una Copenaghen hard boiled anni Settanta, tra inquieti teppisti, trafficanti di droga e avventurieri della notte, nella fumosa penombra di un vecchio film noir, al ritmo incalzante di una calda suite jazz.
Un noir d’atmosfera, gradevole e bevibile d’un sorso, come un whisky per riprendersi dopo una capatina a quel postaccio del Caffè Cristopher. Avvincente, puntellato da un’ironia a volte sferzante, ma che non diventa mai cinismo.
Un giallo carino, senza troppe pretese. Bella l'atmosfera di Copenhagen, fa venire voglia di tornarci! La soluzione del caso non è poi troppo scontata e il protagonista mi sta pure simpatico. Magari leggerò altri libri di questo autore.
Noir assolutamente godibile, ambientato in una Copenhagen anni Ottanta che fa la sua parte da co-protagonista nell'intero libro. Caso abbastanza "semplice", ma personaggi ben caratterizzati e ironia quasi sempre piacevole da parte dell'autore.
Indicazioni editoriali Marzo a Copenaghen, un giornalista senza nome, flâneur dei bassifondi e detective per il vizio di trovarsi sempre nel posto sbagliato, sta per recuperare un po’ di fiducia nell’umanità quando si imbatte in un ricco collezionista d’arte con un coltello piantato nella schiena. Nessun indizio nel suo lussuoso appartamento, a parte due quadri spariti, un Pollock e un Léger, ma la polizia scopre ben presto i sentimenti più che paterni che legavano il mecenate a un giovane pittore, suo ultimo protetto. Quando il ragazzo sparisce senza riscuotere la sua immensa eredità e i cadaveri cominciano ad aumentare, tutte le tracce portano dai quartieri alti ai vecchi vicoli a luci rosse della città, dietro le porte sempre chiuse di un misterioso night club. Poeta metropolitano e virtuoso della penna, fonte inesauribile di immagini folgoranti che brillano di uno humour geniale e amaro, Dan Turèll è entrato nei classici del giallo nordico come il Chandler danese. Amico di sbirri e prostitute, con lo sguardo smaliziato di chi ha visto quelli che si sporcano le mani e quelli che muovono i fili dall’alto, il suo giornalista senza nome ci trasporta in una Copenaghen hard boiled anni Settanta, tra inquieti teppisti, trafficanti di droga e avventurieri della notte, nella fumosa penombra di un vecchio film noir, al ritmo incalzante di una calda suite jazz. ---------------- Più di tutto mi è piaciuto il tono ironico (talvolta apparentemente cinico) con cui l'autore affronta non solo il crimine, ma -starei per dire- "il crimine che è la vita intera". Noir ben costruito e nel complesso una lettura gradevole.
Era un giorno di marzo, come risultava dal cosiddetto calendario gregoriano, ma era anche molto di più. Era un bel giorno, proprio come piacciono a me. Nella solita vitaccia da cani un giorno del genere è abbastanza raro perché valga la pena farci caso. Il cielo era sereno e come immobile, né caldo né freddo, né secco né umido, come se si fosse preso un giorno di vacanza e avesse lasciato l’officina, dopo aver chiuso tutti i suoi attrezzi e materiali di scena negli armadi sigillati con serrature di sicurezza. Era uno di quei giorni in cui sembrava di poter vedere da un capo all’altro della città, o da un capo all’altro della propria vita, secondo la direzione in cui si puntava il cannocchiale.
"L'uomo che inciampa nei cadaveri": è questo il soprannome che si è guadagnato l'anonimo protagonista dei romanzi della Mord-serien (la "serie-assassinio", dalla prima parola del titolo di ciascuno dei 12 libri che la compongono) di Dan Turèll, un giornalista free-lance con la peculiarità di riuscire ad incappare in inaspettati omicidi. Stavolta tutto inizia con una segnalazione al Bladet, il giornale con cui collabora: "Dov'è Eric Liljecrone?". Neanche a dirlo, ben presto si scopre che Eric Liljecrone è morto, con un coltello piantato tra le scapole nella cucina della propria abitazione.
Fu lì che lo trovammo. Era l’unica cosa che rovinava l’ordine perfetto di quell’ambiente. Lui, e due bicchieri sporchi. Giaceva sul pavimento, mezzo nascosto sotto il tavolo, a pancia in giù e con le gambe che spuntavano dal bordo. E aveva un grande coltello da pane piantato tra le scapole. Grande, e in apparenza anche efficiente.
Assassinio di marzo è un romanzo hard boiled ambientato tra le strade di Copenaghen, che ha nell'ironia della scrittura di Dan Tùrell il suo maggiore punto di forza.
Comunque: il mittente della lettera anonima che avevo in tasca sapeva leggere, probabilmente, visto che era in grado di scrivere. I due requisiti si accompagnano spesso.
Il ritmo è serrato e il caso viene risolto in un paio di giorni, ma in fondo è poco più che un pretesto: il vero fulcro dell'intera narrazione è lo sguardo disincanto e beffardo con cui il protagonista senza nome guarda quel mondo fatto di strade buie, locali più o meno malfamati, ma anche direttori di giornale più che energici e poliziotti disposti a chiudere un occhio sulle grandi e piccole infrazioni del nostro alla ricerca della verità. Dato il genere, non può mancare una femme fatale:
L’ospite era una signora con la S maiuscola. Alta, slanciata e con i capelli neri, indossava una pelliccia bianca con un’altra maiuscola: la A di animale. La borsa doveva essere stata fatta con il cucciolo.
Un noir divertente, senza filtri, davvero godibile e che offre uno sprazzo delle mille sfaccettature del giallo nordico.
Dan Turélls serie af kriminal-romaner er hverken revolutionerende eller perfekt udtænkte. Ofte føles plottet som en hurtigt udtænkt idé, eller som en tilfældig strøm af handlinger. Det er imellem handlingen at romanernes værdi findes. Turéll er garant for sprogblomster og finurlige beskrivelser, og læser man ikke dine bøger, men som mange andre, holder sig til Turélls digter-hoevre - så misser man altså en hel del små guldkorn. Til forskel for Mord på Malta - den sidste i serien jeg har læst - så er vi i denne bog tilbage i København, og det klæder virkelig bogen, der vinder så meget charme på forfatteren alt igennem skinnende kærlighed til hovedstaden. Selvom denne bog er langt fra perfekt, selvom den til tider virker som samlebåndsarbejde, og måske en smule ufærdig rent plot-mæssigt, så er den i den grad værd at læse. Underholdningsværdi og Turéll-ske sandheder om verden vægter meget højt.
Startede lidt langsomt ud, og jeg var lidt i tvivl de første 40 sider. Men så greb historien mig. Eller måske rettere Dan Turèlls måde at fortolke Hammett og Chandler på. Jeg kunne godt lide bogen på dens egne betingelser. For det er indrømmet ikke stor, fin litteratur. Det var også derfor, Turèll ville have Mord-serien til at se ud som sin barndoms pulp-krimier.
“I noir di Dan Turèll sono autentici blues. In ogni frase risuonano le note più malinconiche della metropoli. Scende la notte e un gruppo di orchestrali raccoglie gli strumenti, i musicisti s’incontrano nello sfarfallio di un vecchio film noir, un sassofono attacca un lento assolo e prosegue in un infuocato crescendo.”
Un bel giallo, di quelli che ti tengono appiccicata alle pagine fino alla fine, scritto con quel poco di ironia che non fa male per sdrammatizzare, e quel tanto di “frasi da Smemoranda” che basta per farti rimuginare sulle verità della vita.
3,5 Divertente e simpatico, ma non abbastanza da spingermi a procurarmi l'intera serie, specialmente considerando che purtroppo le edizioni Iperborea costano tanto (sono bellissime, comunque).
Endnu en af Dan Turèlls fantastiske krimier - cosy crime før det var en ting; tidbillede af København og af Ehlers og den navnløse journalist-detektiv.
La calma e tranquilla giornata primaverile del giornalista freelance del "Bladet" di Copenaghen prende una piega diversa quando, al giornale, viene recapitato tra la posta un biglietto con una semplice domanda. Non conoscendo il nome di cui si chiede che fine abbia fatto inizia le ricerche, contattando anche il suo amico Ehlers, ufficiale di polizia. Da un semplice nome su un biglietto salta fuori il nome di un noto collezionista e mercante d'arte, ritrovato cadavere nel suo appartamento, proprio dai due. Una serie di eventi e di cadaveri legati tra loro, porteranno alla risoluzione del caso che nasconde molto altro dietro che il semplice commercio di opere d'arte. Tutta la storia e gli eventi sono narrati con una sottile ironia, un giornalista che segue da vicino le inchieste per il suo giornale, che investiga insieme al suo amico. Il tutto con ironia, da entrambe le parti, una "coppia" affiatata che si conosce da tempo. Ho scoperto questo libro per caso, la trama ha attirato la mia attenzione su questo giallo danese degli anni '80. "Purtroppo" ho scoperto solo dopo averlo cercato che questo è il quinto libro di una serie, anche se si può leggere bene da solo. Suppongo che i vari casi precedenti, tra l'altro e come accennato, spiegano come i due si siano incontrati. Mi domando se saranno stati tradotti tutti, non li ho ancora cercati. Ma se la risposta è positiva so già di avere altri bei libri da leggere perché mi hanno risollevato il morale, nonostante la semplicità dei casi. Ma la scrittura scorrevole e la complicità tra i due, l'ironia, alleggeriscono il tutto e la fanno diventare una lettura piacevole.
Klassisk krimi - men hold da fest hvor har verden ændret sig siden 1984. Ikke bare Vesterbro, men og metaforer som Øst- og Vestberlin som billede på det totalt opdelte, typografer og andre uddøde coryfæer ligger ryg mod ryg med evigt eksisterende temaer som mord, grådighed og femme fatales på Frederiksberg.