The new novel from the million-copy bestselling author of The Mirror Visitor Quartet Welcome to the School of Here, an unsettling and peculiar place that is nonetheless familiar to us all. A place full of codes and unspoken rules that are passed down from year to year. At Here, society is highly stratified, the pairs, friend groups, and outcasts are all ruled by a godlike prince. This year—as all other years—things are not at all as they seem. A self-effacing first-year student vanishes into thin air. A persecuted outsider delivers himself into permanent exile. A tyrannical upperclassman meets his match. A newly-minted prophetess tests her powers. And, behind the scenes, a cabal of students conducts a top-secret investigation into the unexplained phenomenon at the heart of it all. Back to school season marks the start of a time-honored cycle of revolution and rebirth in which each must play their part. With Here, and Only Here , Christelle Dabos – author of the international sensation The Mirror Visitor Quartet – gives readers an intriguing and penetrating novel that explores the difficulties of fitting in and the private, individual choices that make up the sometimes abhorrent, always unpredictable Collective.
Christelle Dabos was born in 1980 on the French Riviera and grew up in a home filled with classical music and historical puzzles. More imaginative than cerebral, she begins to scribble her first texts on the benches of the faculty. Settled in Belgium, she intends to be a librarian when a disease occurs. Writing then becomes an escape from the medical machinery, then a slow reconstruction and finally second nature. Meanwhile, she enjoys the society of Plume d´Argent, a community of authors on the Internet. It was thanks to their encouragement that she decided to take on her very first literary challenge: to enter the First Youth Novel Contest. Great winner among the three finalists, Christelle Dabos has written 4 books in the "La Passe-Miroir" series.
EDIT perché la gente svanga dicendo che non motivo le mie critiche, quindi andiamo per gradi:
- questo romanzo è troppo corto per trattare in maniera esaustiva e delicata tutte le tematiche che si prefissa di approfondire, difatti non ci riesce: tutto è abbozzato, tutto è un’approssimazione, sembra come quando mancavano 10 minuti alla fine del tema e tu avevi ancora da dire il mondo e lasciavi 139 buchi di trama. Allora, o decidi di prenderti la responsabilità di parlare di tematiche sensibili e lo fai con cognizione di causa e fino in fondo, oppure LASCIA STARE; - i personaggi fanno cose stupide, sono stupidi e parlano come degli stupidi. I professori, ossia le figure di riferimento che dovrebbero esserci in qualsiasi istituto, non alzano un dito (e anzi, sembrano cagarsi sotto) difronte alle ingiustizie e ai soprusi che hanno luogo letteralmente in faccia a loro e questo mi ha mandata in bestia perché era esattamente quel che succedeva anche nella mia classe, con me come vittima 😀😀😀 la sagra dell’ignavia, ed è una cosa che non accetto, anche perché porca puttana sei un adulto ed è compito tuo riportare l’ordine quando dei prepubescenti brufolosi si mettono a fare tiri strani; - il regime del terrore instaurato da bulletti da quattro soldi si potrebbe smantellare in quattro e quattr’otto, ma figurarsi. Lasciamo dilagare il disagio, tanto, che vuoi che sia; - io sento la gente dire “è tutta una grande metafora” e nessuno che sappia dire DI COSA è tutta una grande metafora, e lo sapete perché? Esatto, perché neanche voi avete capito niente. Questo libro ha un target, che potrebbe benissimo coinvolgere la fascia 12-13 anni e qualche nostalgico, ma mai, MAI NELLA VITA un ragazzino delle medie riuscirebbe a comprendere il SiGnIfIcAtO pRofOnDo celato dietro le millemila allegorie e metafore presenti in questo testo. MAI. Si sentirebbe solo stupido. Non si può scrivere un libro e poi destinarlo a un’élite di persone, ai benpensanti. Se vuoi scrivere un libro sul bullismo e sulla delicata brutalità del periodo di passaggio elementari-medie, hai il dovere di renderlo accessibile a chi potrebbe aver bisogno di ritrovarsi e sentirsi visto; - il libro è un unico, grande, immenso accrocco. Un patchwork, un abbozzo di qualcosa che anche poteva essere convincente ma che per me non c’è affatto riuscita. Una roba come 8-9 personaggi i cui pov si alternano, sto schmoill che? Alla fine si sa qualcosa? Boh? No? - in conclusione, a me di questo libro non è rimasto niente se non il fastidio che mi ha dato
Questa recensione rientra in quelle difficili-difficili. Cominciamo dal dire che non riesco a dare una valutazione oggettiva in stelline perché è un libro estremamente pesante ma assolutamente geniale. Non credo di esagerare nel dire che si avvicina a un’analisi sociologica degli anni delle medie spaziando tra vari argomenti: le gerarchie studentesche, il bullismo ma anche -e qui ouch- l’indifferenza a volte consapevole a volte inevitabile dei professori davanti alle ingiustizie. Cose che sono utili da sapere prima della lettura: - Non è un fantasy, quindi approcciandovi alla lettura non cercate di capire il worldbuilding o le dinamiche. L’”elemento fantasy” non è altro che l’amplificazione di alcuni tratti tipici della preadolescenza, fino a raggiungere un risultato grottesco. - Non è l’Attraversaspecchi, non ci va nemmeno lontanamente vicino. - Lo avvicinerei a un romanzo di formazione, ma non lo consiglierei mai a ragazzi dell’età dei protagonisti (medie). È veramente un’opera complessa con tante chiavi di lettura e tanta violenza. Complessivamente è una lettura valida che fa riflettere e fa rivivere nel lettore un periodo particolare della propria vita (soprattutto nell’epilogo). Lo stile è ricercato e frutto di un lavoro di precisione quasi chirurgica. Il libro non risulta però particolarmente scorrevole, quindi consiglio di leggerlo con il giusto mood perché il rischio del blocco è altissimo.
Certains vont détester. Vont se dire mais c'est quoi ce truc qu'elle nous a pondu? J'ai tellement aimé parce qu'elle a tout saisi de la cruauté de l'adolescence, des adolescents entre eux. Ici et seulement ici, rien que le titre est une énorme métaphore de ce qui se joue pour beaucoup d'ados dans l'enceinte de leur collège/lycée/ peu importe. Victimes, bourreaux, acteurs , Spectateurs. Tous dans un même lieu, avec ses règles. Brillant brillant brillant.
J'ai toujours été un peu frustré de ma lecture de la saga La Passe-miroir (ouais, challenge "écrivez une critique d'un livre de Christelle Dabos sans évoquer La Passe-miroir", échec). J'étais frustré parce que j'étais confronté à une écriture brillante, un world-building maîtrisé, poétique, et tout un lectorat aussi conquis qu'on peut l'être (parmi lequel, la femme qui partage ma vie). Et je n'ai jamais été pleinement embarqué dans La Passe-miroir. Je l'ai lue comme on lit une très bonne série de livres mais je ne l'ai pas "vécue".
Alors je suis très content d'avoir découvert Ici et seulement ici.
Parce que ça y est, j'ai "vécu" un livre de Christelle Dabos. J'ai ressenti ce collège claustrophobe, malsain, toxique, tellement aberrant qu'il fait flirter les esprits fertiles que sont ceux des enfants avec le fantastique. Je me suis attaché à chaque personnage de ce roman-chorale, l'artiste anorexique, celle qui se perd dans le conformisme, le pouilleux qui se découvre avec la musique, la prof remplaçante qui revit tout ça... alors oui, c'est très différent de La Passe-miroir. Et ce qui m'a le plus intrigué, c'est une critique qui revenait souvent (des amateurs et amatrices déçu·e·s de La Passe-Miroir) : "je n'aime pas ce que ce livre me fait ressentir."
Parce que oui, ce livre fait ressentir. Fort.
(par contre, pourquoi y a autant de critiques Italiennes en colère, ça, c'est un mystère)
Non si giudicano i libri dalla copertina ma questo libro è un po' un casino come la sua cover Se siete qui sperando di trovare qualcosa di simile a L'Attraversaspecchi, questo libro non fa esattamente per voi
La narrazione ruota attorno quattro ragazzi, di età tra i 12 e i 14 anni e della loro vita scolastica al collège. 'Qui', a scuola, sembra di vivere in un mondo parallelo, con regole completamente diverse da quelle del resto del mondo e una facciata da portare avanti lontana da quella della vita privata. Qui non è possibile essere sé stessi, bisogna seguire le regole e le divisioni gerarchiche che sono state decise sin dal primo giorno, alle quali sono sottomessi anche i professori. Non c'è scampo in questo mondo, forse solo diventare invisibili- sperando che la cosa non diventi definitiva. La Dabos ci fa entrare in questo universo quasi incomprensibile agli occhi dei protagonisti, e degli altri ragazzi della scuola. Un mondo in cui qualsiasi cosa sembra più grande di quello che è, tutto è inspiegabile, ribellarsi è impossibile e si aspetta, sperando di riuscire a fermarla, l'apocalisse. In realtà, ovviamente, Qui non c'è nessuna magia: con la sua prosa fluente e la sua inventiva fantastica la Dabos ci fa credere che ci sia davvero qualcosa di strano e ultraterreno in questa scuola e nella vita dei ragazzi, ma in realtà si tratta di una semplice esperienza adolescenziale. Realisticamente però l'autrice riconosce che per i protagonisti (così come per qualunque altro essere umano sulla Terra che ha dovuto affrontare gli anni delle medie e del liceo, piene di regole e aspettative su come comportarsi e chi essere) sulle prime, e vivendoli in prima persona, questi anni sono stati a loro modo inspiegabili, impossibili, difficili e a tratti incomprensibili, tant'è che alla fine solo una distorsione dello spazio-tempo può spiegare realmente la realtà nella quale i protagonisti sono finiti
La storia non è male, l'idea di fondo è bella (davvero, il parallel tra confusione adolescenziale e accadimenti paranormali, che cosa geniale) e il finale - dove cadono le 'illusioni' dei protagonisti - era di impatto, ma la storia non mi ha presa come desideravo. Per tutto il romanzo c'era qualcosa che mancava e ancora non mi è chiaro cosa fosse - forse un po' più di vicinanza con i protagonisti stessi, che a forza di creare muri tra loro e la realtà sembrava avessero creato un certo distacco anche col lettore stesso. O almeno è così che è sembrato a me. Non sono riuscita sentirmi troppo vicina ai protagonisti, capivo i loro problemi, le loro emozioni e alla fine sono riuscita a capire le loro realtà traslate, ma non sono riuscita ad andare più a fondo, a creare un legame con loro che me li facesse non solo apprezzare ma proprio amare. Mi sono interessata a tutti loro, alle loro vicende e i loro problemi, ancora di più quando hanno finalmente rivelato cosa li ha portati a rinchiudersi a riccio come hanno fatto per tutto l'anno scolastico, ma sempre superficialmente. C'era sempre quel qualcosa che non mi ha permesso di affezionarmici come davvero meritavano. Mentre, a lungo andare, sempre per quel muro tra realtà e fantasia che aveano creato si arrivava più ad un senso di confusione che ad altro, non riuscendo a far capire al lettore dove stavamo andando a parare.
Il libro era abbastanza corto, un 240 pagine scarse, alla fine la narrazione era scorrevole e per nulla complicata. Mentre la prosa era "inaspettata", ma a suo modo realistica, piena di abbreviazioni, gergo giovanile e imprecazioni, una cosa davvero accurata quando si parla di ragazzi È anche per questo che mi ha un po' rattristato non essere riuscita a godermi a pieno la storia, perché era davvero interessante e per strutturata, la Dabos aveva le idee chiare su cosa scrivere e come. Ma quel senso di qualcosa che mancava sfortunatamente mi è rimasto e mi è dispiaciuto tantissimo perché era una storia - anzi, un insieme di storie - davvero di impatto e con potenziale formidabile. Purtroppo non mi ha convinta per niente
Allora, io onestamente non capisco la funzione o l’obiettivo di questo libro.
Abbiate pazienza, seguitemi un attimo.
Andando oltre tutti gli elementi weird e di realismo magico, ci troviamo davanti ad un romanzo che parla di pre adolescenza e dell’esperienza (terribile) della scuola media. Direi che fin qua concordiamo tutti.
Bene, ora, io sono convinta del fatto che il 99.9% di noi adulti sia perfettamente consapevole del fatto che quello sia stato un periodo orribile.
Lo è stato per tutti. Sia per quelli che alle medie hanno sofferto per situazioni tossiche, di bullismo via dicendo o anche solo perché stava vivendo il periodo più incerto è terrificante della propria vita, ma anche per quelli che alle medie erano degli stronzi, anche loro guardano indietro e si sentono disgustati da loro stessi. È un dato di fatto, perché siamo tutti cresciuti, cambiati e diventati adulti pensanti…in teoria almeno.
Detto ciò, a nessuno di noi serve aprire gli occhi sulle medie, sappiamo benissimo che è stato uno schifo. Non me lo deve dire Dabos, non mi serve a niente.
Potrebbe essere una lettura utile se invece si rivolgesse a chi alle medie ci deve andare o ci sta andando, loro forse sì che hanno bisogno di fermarsi e riflettere.
Peccato che Dabos decida di scrivere un libro che NON è per niente adatto ad un pubblico giovane, ma che anzi si presenta come un blob pretenzioso e pieno di significati nascosti che nessun pre adolescente potrebbe trovare intrigante. In primis per lo stile di scrittura, ma anche solo per il fatto che in realtà non parla di niente. È troppo breve per lasciare il segno e risulta un agglomerato di informazioni e tematiche pesanti buttate lì tanto per fare numero. Cosa può lasciare?
Se il messaggio voleva essere: “le scuole medie sono un luogo tossico” la mia risposta elegante è “ma grazie al cazzo Christelle”.
La conclusione che traggo è quindi che non sia altro che un mero esercizio di stile, però uscito male. Perché non è scritto bene, sembra una bozza mai corretta, uno stream of consciousness che Dabos ha partorito durante una notte insonne.
Ho sempre la sensazione che lei abbia tante buone idee, ma che debba ancora lavorare molto su come le mette su pagina. Ci sono tante storie brevi che davvero lasciano il segno, che fanno riflettere e stritolano lo stomaco, però ci vuole molto più lavoro per arrivare a quei livelli. Qui, solo qui non ci va neanche vicino, è una buona idea vomitata su pagina e morta lì.
Dico spesso che i gusti sono super soggettivi e che non ho alcuna pretesa di sapere cosa sia bello e cosa no, condivido solo il mio parere umilissimo perché non sono proprio nessuno per giudicare. Stavolta però ho la sensazione che sia una di quelle situazioni da I vestiti nuovi dell’imperatore, capite cosa intendo? Oltre al fatto che è Christelle Dabos, quindi bisogna dire che è bello.
Onestamente non penso che sia un libro riuscito e penso anche che ce ne dimenticheremo tutti molto presto.
Que dire de cette lecture si particulière? Christelle Dabos se réinvente totalement avec ce roman et ce récit n'a absolument rien à voir avec la saga de la passe-miroir. J'adhère toujours autant à sa plume et j'ai d'ailleurs trouvé que son talent d'autrice est encore plus flagrant ici. J'ai pour ma part écouté le livre audio et j'ai été absolument subjuguée par la sonorité des mots; chacun est choisi avec grand soin et est à sa place, le rythme très saccadé des phrases nous embarque totalement. L'intrigue est assez déroutante et je trouve que qualifier ce roman d'OLNI est tout à fait justifié; le thème du harcèlement scolaire se superpose à un huis clos fantastique dérangeant que j'ai assez apprécié au final. Selon moi pour apprécier ce texte il est important de se laisse porter et de prendre le récit pour ce qu'il est sans chercher à vouloir l'interpréter ou à trouver un message (selon l'autrice il n'y en a pas). Il se base en grande partie sur ce qu'à pu voir / l'expérience de l'autrice pendant ses années collèges (le côté terre à terre comme le côté "fantastique").
Qualcuno regali un editor alla Dabos, perché non è possibile che ci si ostini a pubblicare la prima bozza visionaria che le passa per la testa senza che a nessuno venga in mente di suggerirle che sì, insomma, belle le idee originali, ma ad un certo punto i romanzi dovrebbero avere una forma compiuta e soprattutto arrivare da qualche parte. E invece no. Abbiamo visto nell'Attraversaspecchi che i suoi romanzi partono bene e finiscono in un grande caos di boh, e la cosa purtroppo non è cambiata nemmeno con un romanzo piccino piccino, autoconclusivo e teoricamente scritto con tutta la calma del mondo.
L'idea alla base di questo romanzo è secondo me molto bella e molto interessante: parlare di adolescenza, crescita e bullismo in chiave pseudo-fantasy, dove "la magia" (o comunque gli elementi fuori dall'ordinario) sono una metafora di altro. Come sempre la Dabos ha una fantasia e una capacità di vedere lo straordinario fuori dal comune, i suoi mondi sono sempre sorprendenti e orginalissimi, ma come sempre i suoi libri non riescono a tenere fede alle premesse, finendo in un caos sconcertante. Il punto di questo libro è anche abbastanza chiaro, ma ad un certo punto si ha la netta sensazione che il libro sia stato scritto seguendo lo slancio di ispirazione di un momento, di una singola visione che però non è in grado di sostenere una struttura coerente. È un peccato? Sì, moltissimo, soprattutto perché il potenziale sembra davvero essere moltissimo, ma ogni volta sembra proprio che la Dabos rimanga sola a soccombere davanti a un materiale narrativo che non è in grado di governare fino in fondo.
Un roman extrêmement déstabilisant, mais malgré tout très accrocheur et efficace. C'est un style incroyable, très immersif (un peu trop d'ailleurs, vu les thèmes abordés haha), original, touchant, dérangeant.. un OVNI littéraire pour moi !
C’était une lecture vraiment étrange que j’ai continué car plutôt rapide et intriguante. Malgré tout c’est aussi très dur, sur la période du collège, du mal-être adolescent, du harcèlement, du regard des autres. Beaucoup de violences qui vont vraiment très loin, de points de vus multiples qui montrent toute la dureté de cette période, de passages bizarres presque fantastiques que je n’ai pas vraiment compris, de métaphores étranges qui s’expliquent d’un coup à la fin. Je pense voir ce que voulait faire ici l’autrice mais j’aurais du mal à recommander ce livre, il m’a vraiment replonger dans une époque que je préfère oublier, mais je trouve quand même beau le message d’être attentif aux autres, à soi-même. Je pense que ça pourrait être un bon livre sur la prévention du harcèlement, et en même temps l’écriture est si étrange au début que j’ai peur que des collégiens ne se laissent pas tenter, en tout cas pas ceux susceptibles d’avoir à entendre ce que ce roman a à dire.
Dur de mettre une note car je n’ai pas vraiment passé un bon moment mais ce livre ne mérite pas non plus une mauvaise note, je laisse vide car c’était surtout une sacré expérience de lecture.
Je tiens aussi à signaler à ceux que ça intéresse qu’il y a un personnage trans dans les points de vus et c’était je pense les chapitres qui m’ont le plus plu, même si c’est quelque chose de révélé à la fin.
Un roman particulier le collège les souvenirs la violence
Un univers au fonctionnement dérangé dérangeant perturbant
Les groupes et les intrus les têtes de turc les rôles distribués attribués en début d’année ancrés à jamais
On ne peut pas changer le système on ne peut rien éviter fatalité du cycle qui se répète sans cesse les humiliations la violence encore et puis parfois même des enfants qui disparaissent
Un récit surprenant déstabilisant qui mime avec brio les comportements alarmants les lois internes de ce monde les règles tacites, injustes la souffrance et la torture banalisées
Un livre qui est là pour déranger violenter et casser les codes le surnaturel en miroir du réel ici et seulement mais pourtant toujours la même histoire qui se répète partout
Qui, solo Qui c'è una scuola media, dove i pensieri di un sacco di adolescenti tra i 12 e i 14 anni si disperdono durante l'anno scolastico. Un romanzo corale, con più punti di vista, e uno stile scorrevole, facile da divorare. Anche un po' scurrile (quasi da scaricatore di porto) e riflette la necessità di quando sei adolescente di dire le parolacce per rimarcare un po' il concetto che difficilmente riesci a esprimere a parole. Qui, solo Qui è completamente diverso dai primi libri della serie dell'AttraversaSpecchi, eppure ricorda tantissimo Echi in Tempesta: la stranezza, i feels sopratutto del Club Ultrasegreto mi hanno riportato lì, insieme ad Ophelia e Thorn. Sono sicura che sarà un libro che dividerà facilmente le masse: c'è chi lo amerà, e chi lo odierà. E l'autrice lo sapeva già, che sarebbe successa sta cosa. Eppure ha voluto osare: ha raccontato l'essere adolescenti nella maniera propria degli adolescenti. Come quando non sai cosa ti sta succedendo, e provi a descriverlo ma ti vengono in mente pensieri sconclusionati, che portano un po' di magia e di orrido. Che è un po' anche come ci sentivamo da adolescenti alle prese con l'amore, i bulli, la diversità, la popolarità, la sfigataggine. Qui, solo qui mi ha fatto ritornare adolescente e sentire tutto quello che una volta sentivo. E non è proprio questo, il punto?
Trattare tematiche importanti non rende automaticamente un libro "bello". Penso che questo sia un assunto su cui concordiamo tutti.
Questo è stato uno di quei casi, per me, in cui i temi del bullismo, dell'accettazione di sé e del passaggio all'età adulta non sono stati sufficienti a portare più in alto il mio voto.
Innanzitutto, personalmente non ho gradito lo stile di scrittura del libro, elemento per me abbastanza importante in una lettura. Ho trovato una modalità espressiva molto più scarna di quella poetica della Dabos dell'Attraversaspecchi, anche se ne è rimasta una bella fluidità di fondo.
La cosa che mi ha subito fatto capitolare sono i personaggi. Si trattano qui i diversi pov di alcuni ragazzi delle medie, un'età di passaggio molto delicata, in cui il linguaggio e il pensiero imitano quelli adulti senza mai davvero esserlo. Nei pov io ho trovato invece la voce di una persona adulta, probabilmente della scrittrice, e ciò è stato ancora più palese quando è giunto il pov della supplente che, al contrario, si è collegato perfettamente a questa modalità espressiva. La scrittura dei personaggi come "troppo adulti" è stata per me destabilizzante, perché non riuscivo a vivere le esperienze attraverso i loro occhi di ragazzi, ma attraverso gli occhi di una persona adulta. Detto ciò, un altro punto che non mi ha aiutata nella lettura è stata l'eccessiva uniformità dei pov, tra i quali, a parte le definizioni di trama, non ho riscontrato differenze e fino alla fine un personaggio mi sembrava uguale all'altro, in una escalation che ha avuto il suo picco nel capitolo multipov.
Arriviamo alla trama. Non ho compreso la scelta della Dabos di inserirsi a metà tra realismo e fantasy, perché ho sentito mancanti entrambi. Avrei voluto o maggior realismo o maggiori elementi fantasy, lo schmoil non è stato sufficiente a farmi viaggiare con la fantasia, ma neanche il worldbuilding è stato abbastanza dettagliato da farmi sentire realmente nella storia. Io l'ho vissuto come un libro di Benni molto sottotono e ho pensato che spogliando la storia dell' elemento fantasy, cioè lo schmoil che è in ultima istanza un pretesto di trama, non resti altro che una puntata di una serie televisiva italiana ambientata in una scuola. Tocca temi importanti, è vero, ma ai miei occhi non lo ha fatto con la dovuta attenzione e ha un messaggio di fondo con cui non concordo: presenta una situazione di bullismo, senza nessun tipo di aiuto esterno, cosa che non ho apprezzato, perché, se è vero che il bullismo è vita reale, è anche vero che esistono adulti in gamba che non si voltano dall'altra parte, e la letteratura dovrebbe per me fornire un aiuto e una speranza a chi legge. Il messaggio che ho letto in questa situazione è "comprendi il bullo e perdonalo", ma trovo che abbia più echi di lezioni di religione che effettiva utilità, dato che, essendo in una situazione del genere, la cosa migliore che si possa fare è reagire, parlandone con qualcuno o attraverso meccanismi di autodifesa. La comprensione e il perdono sono materia da adulti, fattori che possono venire in aiuto nel futuro, ed è per questo che il libro secondo me è stato pensato e scritto da e per adulti (forse dalla Dabos adulta per la Dabos bambina? Non lo possiamo sapere).
L'unica cosa che mi è genuinamente piaciuta è stata la scena delle due sorelle che si ritrovano e si riconoscono dopo l'evento devastante della morte del padre. È stato solo un paragrafo, ma per me la parte più vera ed emozionante del libro.
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Il grande ritorno di Christelle Dabos me lo aspettavo più esplosivo. Nonostante questa lettura mi abbia incollata alle pagine, per me manca qualcosa della sua scrittura. Non è minimamente paragonabile alla grande novità che è stata la saga de L’Attraversaspecchi, ma “Qui, solo qui” è comunque un bel libro da divorare sotto l’ombrellone. Nonostante sia quasi senza trama e senza alcuna empatia tra lettore-personaggi.
“Qui” nel libro è il nome dell’istituto in cui un gruppo di ragazzi vive gli anni delle scuole medie, immersi in tutte le influenze che il contesto scolastico crea nelle relazioni tra ragazzi. Il disagio di essere invisibile, di essere lo sfigato di turno, la pressione della popolarità, il non fare sempre abbastanza, non avere il coraggio di staccarsi dalla massa e andare controcorrente.
Solo verso la fine la storia ti lancia un briciolo di positività, avendoti fatto prima attraversare un momento di disagio e confusione.
Mi è piaciuto? Solo verso la fine, il tutto è scritto attraverso non detti che vengono chiariti nell’ultimo capitolo.
Cara Christelle, adesso aspetto l’effettivo nuovo capolavoro, questo mi è sembrato solo un libro di passaggio.
Je ne vais pas mettre de note car c'est un livre qui ne m'a ni déplu ni plu. J'ai été clairement déstabilisée, et c'est bien c'est ce que j'attend en littérature. Lisez le faites vous votre avis c'est impossible à conseiller
Encore une fois, Christelle Dabos m'a embarqué dans son univers pourtant très différent de LPM et de Nous. Un univers qui fait écho à des souvenirs lointain, refoulés pour beaucoup, mais qui ont fait vibrer les murs de ma mémoire.
J'ai adoré les styles utilisés pour donner vie aux personnages (gros coup de cœur pour Guy), ils et elles ont tous un côté attachant et une grosse dose de mal-être, tellement perceptible que ça en devient très vite touchant. Et cette envie d'aller voir ces enfants et de leur dire "t'inquiète pas, ça ira, c'est juste un mauvais moment à passer" même si nous même on ne l'aurait sûrement pas cru à l'époque.
Ajoutons à ça l'aspect "fantastique" de l'intrigue que je ne pensais pas du tout trouver en commençant ma lecture mais qui est (selon moi) fort bien venue pour se détacher de l'aspect très (trop) réaliste des récits des collégiens.
Bon mais maintenant mon problème c'est que je n'ai plus rien à lire de mon autrice préférée !!! Et ça c'est très triste !!
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*I received an ARC from NetGalley and this is my honest review* (thank you to the publisher for approving my request because i quite frankly don't think i would have Survived til October)
have you ever looked back at your middle school / early high school life and thought: "wow that was absolute garbage!!!!"? and remember when you were 12 and you thought your life was totally over?? well, let me tell you. this book will bring you right back to your preteen self but not in a yuck-i'm-so-uncomfortable way. more like a ohhhh-see-now-i-get-it-because-i-also-went-through-this kinda way.
i thought the writing style was brilliant and EXACTLY what might catch a young reader's eye: sarcastic, dry, but with very serious undertones. and it was executed very well. the book tackles some hard hitting things that middle schoolers go through but more often than not cannot talk to their parents about: body image, self harm, loneliness. in fact, most of the adults in the story add little support to their children's lives, either berating them or forgetting about them altogether even though their children are ruining themselves before their very eyes. the adult are so detached from the world of the middle schoolers, it's actually astounding how they don't see their children struggling. this is a book about middle schoolers for the young adult audience despite the adult language and the uncomfortable themes.
this book has several stories taking place at the same time in the same universe. it deals with peers, acceptance, being a failure, and the awkward stage of puberty where you are so sure that everyone hates you. and i thought christelle dabos put it together excellently. i feel like the book can be read in two different ways: that all this ridiculousness is actually happening at the school (no spoilers, but, um, WOW), or it's a metaphor about how we as middle schoolers thought it was the end of the world, though it seemed juvenile to adults. (personally, i'm leaning towards the second one.)
this is the kind of book that you read through once and then have to flip through again to catch all the little easter eggs and the fun stuff you totally overlooked. and i'm not gonna lie: the ending made me kind of sad.
when i look back on MY school years and what everyone's doing now, i realize that not everyone made it out in one piece, and i feel like that message is something that adults sometimes don't understand. school isn't just about going to get an education and coming back home and magically making something of yourself. school is what makes you the person you are, when you're away from your parents for 8 hours a day for nearly the whole year. you throw a bunch of CHILDREN in a 30 something count classroom with lousy teachers and see the result. not everyone's going to make it out.
i loved this book. i was a little confused by all the reviews (the french ones that i had to copy paste into google translate!!!) because hello??? is school in france different??? did you people never have issues like these? and a lot of readers were saying they just didn't "get it" and honestly, good for them for never having to go through middle school being a little too weird, a little too out of place.
i'm a very big fan of christelle dabos. she's written one of the most fascinating YA Fantasy series ever for me and i will 100% be reading every single thing she comes out with. <333
Non so nemmeno da dove iniziare per dire quanto io sia delusa da questo libro che purtroppo conferma l'incapacità della Dabos di giungere a un qualsiasi punto nelle sue narrazioni, e oltretutto a livello di stile ho trovato immensamente inferiore ad Attraversaspecchi.
Partiamo dalla difficoltà assoluta nel determinare il target di questo libro, che io trovo chiaramente come un libro non per adolescenti. Tutti i giovani rappresentati in questo libro passano i classici drammi adolescenziali ma sembrano completamente arresi alla vita. Non c'è in loro il minimo barlume di entusiasmo e speranza, la sensazione di poter fare grandi cose e di avere tutte le porte aperte: siamo già a una fase di rimpianto esistenziale come se fossero adulti dopo aver fatto dieci anni di psicoterapia per aver superato i traumi del liceo. Non sono immersi nel bel mezzo dei loro sentimenti, ma sono come tutti assolutamente consapevoli di far parte di un grande e inevitabile gioco al massacro, di cui fa parte anche l'unica figura adulta di cui ci viene dato il POV: la supplente.
La supplente è solo una partecipante al gioco più sgamata, una che ha già fatto questa specie di Battle Royale che va avanti all'infinito e ora si trova in una non ben precisata posizione, perché è Qui ma non è Qui, non intende interferire come adulto ma sembra ancora totalmente impastoiata in questo dramma adolescenziale che di adolescenziale ha ben poco. Nonostante il bullismo e l'accettazione sociale siano tematiche importanti e sicuramente tipiche dell'età scolare, usare il pretesto della magia e e del misticismo come scusa per la totale non interferenza degli adulti è disturbante, considerando la gravità delle situazioni che vengono rappresentate.
Capisco che sia tutta una grande metafora, anche se non si capisce bene di che cosa, ma sarebbero bastati uno o due POV ben sviluppati piuttosto che tutte queste storie intrecciate per allungare il libro nel modo sbagliato. Alla fine di questa grande narrazione, però, un qualche insegnamento seppur allusivo dovrebbe esserci ed anche in questo trovo che la Dabos fallisca e che si sia capita da sola. La metafora è che il bullismo è inevitabile, il "teenage wasteland" è una fase e alla fine passa tutto? L'intero libro mi è parso un grande esercizio di stile in cui i possibili significati positivi vengono totalmente oscurati dalla confusione totale e assoluta della narrazione. Da questo guazzabuglio di idee ne viene fuori un libro che non è né abbastanza fantasy né abbastanza realistico e che a parte una lettura tutto sommato piacevole mi ha lasciato esattamente come mi ha trovato.
2.5 Malheureusement, une lecture pas faite pour moi…
Avec ce nouveau roman complètement unique, Christelle Dabos nous emmène Ici, dans un collège aux règles bien particulières… La narration, tout comme l’histoire, est particulièrement déroutante. C’est un véritable ovni littéraire qui pourra vous transcender ou bien vous laisser, tout comme moi, plutôt dubitatif. Avant-gardiste et original, il ne ressemble à aucun autre livre que j’ai pu lire auparavant. Mais, bien malgré moi, je n’ai pas réussi à être transportée.
Questo libro é disturbante per diverse ragioni e non in senso positivo: il disagio non ti spinge a riflettere e approfondire; é solo disagio. Innanzitutto, lo stile di scrittura: non so se sia un problema di traduzione o anche l'originale sia così, ma si ha come l'impressione che sia stato scritto da uno di quei boomer che cercano di parlare il "linguaggio dei giovani" risultando solo ridicoli e fuori posto; sia i dialoghi sia la scelta di termini é imbarazzante e risulta macchiettistico e fastidioso. Ció che succede è disturbante ma non nel modo corretto: si hanno escalation di violenze e soprusi assurdi ed esagerati, fuori controllo e NESSUNO muove un dito; gli adulti sono dei fantasmi inutili e ridicoli che potrebbero anche non esserci ma in un modo in cui sembra totalmente irrealistico. Io comprendo la volontà di esagerare le cose per far comprendere meglio il messaggio, che comunque non ho compreso, ma si scade nel totale no-sense pure per un fantasy. L'ambientazione é talmente intrisa di simboli, allegorie e stranezze da risultare incomprensibile e non vengono nemmeno forniti gli strumenti per comprenderla: é come ritrovarsi davanti una versione di latino, consapevoli di doverla tradurre, ma senza avere a disposizione il dizionario. E la lettura diventa frustrante perché cerchi di carpire i significati sottesi senza riuscirci e alla fine risulta solo un accrocco di cose abbozzate senza approfondimento e senza senso. Anche le tematiche molto delicate che vengono trattate le intuisci ma finiscono per essere risucchiate in questo macrocosmo simbolico e rimangono superficiali e poco approfondite, diventano l'ennesimo simbolo che non riesci a comprendere. Io non so per quale pubblico sia stato pensato, ma se a 25 anni non sono riuscita a capire cosa volesse dire, dove volesse arrivare e l'ho trovato troppo violento senza una reale motivazione, forse non é adatto a un pubblico di ragazzini. Nelle prime pagine forse riesci a immedesimarti nei personaggi: la sensazione di inadeguatezza, smarrimento e la volontà di essere notato che ti spinge a omologarti agli altri, é ben resa ma dopo un po' viene tutto inghiottito dal simbolismo esagerato e incomprensibile. I personaggi diventano archetipi e a quel punto smetti di capirli, di conoscerli e riconoscerti in loro e li guardi con un certo distacco, come assistere a una rappresentazione teatrale in una lingua straniera: intuisci cosa stia succedendo, ma non partecipi emotivamente perché non comprendi fino in fondo il tuo. La Dabos è famosa per i suoi voli pindarici pieni di simboli e allegorie, ne ha dato un assaggio con la saga dell'Attraversaspecchi, ma come lì, ha commesso lo stesso errore cercando di condensare in poche pagine una selva di simboli e rimandi senza dare il tempo per poter capire e metabolizzare. É la disfatta di "Echi in tempesta" ma più condensata e per questo più disastrosa: poteva essere la svolta, originale e singolare, ma finisce con l'essere un libro pretenzioso ma abbozzato, reso male e talmente farcito di sottotesto da risultare incomprensibile. Alla fine non lascia che fastidio.
Quelle galère de chroniquer ce livre... Je vais tenter de le faire en me basant sur le système CAWPILE que j'ai utilisé pour noter ce petit bouquin!
Tout d'abord, je suis partie dans cette lecture sans aucune attentes car j'avais vu multitudes de déceptions lors de sa sortie. Ce qui est peu surprenant au vu du succès de La Passe Miroir, on a forcément beaucoup d'attentes et d'appréhensions. Cette série étant l'une de mes favorites de ces dernières années, j'étais vraiment très curieuse de voir ce dont Christelle Dabos était capable. Et honnêtement, je suis très contente qu'elle soit partie dans un registre complètement différent de LPM !
Ici et seulement Ici est certainement un livre atypique. Ca passe ou ça casse. J'ai pour ma part énormément apprécié ma lecture. Roman chorale, j'ai aimé suivre chacun de ces personnages, la majorité étant des collégiens, tentant de survivre dans ce terrible "Ici", cet espèce de collège à la limite du surnaturel. Je dirais que j'ai eu un petit faible pour le duo Guy/Sofie mais je les ai vraiment tous trouvés intéressants. Le style d'écriture est à l'opposé de LPM dans le sens où il est simplifié, incisif, avec à chaque fois une narration à la 1e personne donc un langage assez familier. Rien à voir avec le style assez lourd de LPM ! J'ai trouvé que l'atmosphère qui en ressortait était pesante et anxiogène. On a du mal à bien cerner ce qui se trame et les règles de cet Ici font clairement peur, d'autant plus quand on se dit qu'elles font écho à la réalité qu'on connait. Il est un peu difficile de suivre où va le récit et j'ai de nouveau ressenti cette même perplexité que lors de ma lecture du dernier tome de LPM. Je dirais que Christelle Dabos a cette tendance à aller dans la métaphore, dans la symbolique ? Et je trouve que ce n'est pas toujours facile à suivre. Mais franchement, même si je n'ai pas tout compris, ce livre m'a tenue en haleine, les destins de ces personnages me tenaient à cœur et ça a confirmé que c'était vraiment une autrice que j'appréciais.
Curieuse de voir ce qu'elle va nous faire découvrir la prochaine fois !
Ecco quando il fantasy fa il suo dovere: non l’evasione per sè stessa, ma la verità pura e semplice, solo presa, esagerata fino a star male. Mostrare la verità introducendo qualcosa che, pur non essendo reale, è più vero della realtà stessa. Ma facciamo un passo indietro. Quando leggerete questo libro, vi sentirete arrabbiati. La domanda che rieccheggerà dentro di voi, insistente, pungolante sarà: “perchè?”. E ci saranno “perchè” che vi scaveranno dentro, facendovi sanguinare, perchè questo libro è forte. La cosa peggiore? Non ci saranno risposte a questi “perchè”: a dare la risposta sarà, ahimè, l’assurdità della vita. Dinamiche contorte, malate si profileranno lungo tutta la storia. L’ambientazione è una delle più semplici e banali: una scuola. Una scuola media. E i temi trattati sono quelli di sempre, ma la Dabois è capace di farlo in una maniera nuova, strana ma indiscutibilmente efficace. Si parla di bullismo, sì, di solitudine, di dinamiche sociali. Si parla di debolezze umane. La storia segue quattro personaggi principali, uno per ogni anno delle scuole medie francesi ed essi ci mostreranno per ognuno di loro disagi e problemi. Iris, primo anno: la primina il cui unico scopo è non apparire, nè in bene nè in male, desiderando essere invisibile (spoiler: attenta ai tuoi desideri…) Pierre, secodno anno: il pidocchioso, il numero dispari, colui che per decreto divino è stato eletto al ruolo di “vittima” e ormai non sa più chi essere oltre questo ruolo. Madeline, terzo anno: schiacciata dalle sue insicurezze, da un rapporto malato con l’amica sempre più di lei, sempre più speciale, sempre… “più”. Guy, quarto anno: schiacciato da regole a cui si è assuefatto ormai da anni. Non pensa: segue… e si perde. E poi c’è il grande protagonsita: Qui. La scuola, simile a una sorta di divinità che tutto regge e decide.Qui, che ritorna continuamente. Perchè il “Qui” di cui si parla non è una scuola piuttosto che un’altra. Non è forse nemmeno solo una scuola. Sono tutte le scuole, è ogni contesto sociale. Cosa succede quando in un contesto sociale qualcuno impone regole assurde? Perchè tutti finiscono per seguirle comunque?
Qualcuno mi spieghi cosa ho letto, per favore. Una storia sconclusionata, vaga, raccontata da più punti di vista, prevalentemente da ragazzini che stanno frequentando una scuola media e che, almeno delle intenzioni della Dabos, dovrebbero essere spettatori di eventi inspiegabili, ma che, in pratica, ti fanno solo pensare "ma questi ce l'hanno almeno un neurone funzionanate o neppure quello?". E non bastano gli ultimi capitoli esplicativi, non basta dire "ah, vabbè, ma è tutto una grande metafora della crescita e dei problemi pre-adolescenziali"...no, questo non è sufficiente a renderlo un bel libro, tutt'altro, è un libro che trasmette ben poco e che annoia. *** Please, someone could explain to me what I read? A rambling, vague story, told from several points of view, mainly by kids who are attending middle school and who, at least according to Dabos' intentions, should be spectators of inexplicable events, but which, in practice, only make you think "Do these have at least one functional neuron or not even that?". And the last explanatory chapters are not enough, it is not enough to say "ah, well, but it was all a great metaphor for growth and pre-adolescent problems"... no, this is not enough to make it a good book, far from it, it is a book that conveys very little and is boring.
J'avais lu des avis hyper mitigés... et je suis partie avec zéro attente. J'ai écouté en audio et j'ai été surprise d'apprécier autant le côté étrange, la folle métaphore et ce qu'ose l'autrice. Bref, un bon moment!