Tras el éxito internacional de Kobane Calling , traducido a 15 idiomas, Zerocalcare regresa al periodismo gráfico con un testimonio sobre la revolución de los ezidíes, una minoría étnica masacrada y discriminada en el corazón del Kurdistán Oriental. MÁS DE DOS MILLONES DE LECTORES EN TODO EL MUNDO «La sensibilidad social, la empatía y la calidez humana que Zerocalcare plasma en sus obras son lo que justamente les otorga el sello de lo duradero, a la vez que consolida su lugar en el Panteón del cómic italiano». The Comics Journal CUANDO NADIE DICE NADA... CUANDO NADIE VE NADA... ES CUANDO SUCEDEN LAS MATANZAS. No Sleep Till Shengal nos cuenta el regreso de Zerocalcare a Oriente Medio. En primavera de 2021 viaja al norte de Irak, hasta el seno de la comunidad ezidí, un pueblo que sobrevivió al genocidio del ISIS en 2014, está bajo protección de las milicias kurdas y ve amenazada su autonomía por las tensiones internacionales. El propósito de Zero es documentar sus condiciones de vida y lucha. Esta es la crónica de un momento geopolítico preciso, en el que un puñado de personas se opone al poder abrumador de quienes llaman «terrorismo» a cualquier intento de resistencia, mientras el sueño del confederalismo democrático corre el riesgo de desaparecer para siempre ante la indiferencia de Occidente. «Un lenguaje directo y muy cercano, [...] un dibujo nervioso, diálogos afilados y un humor cauterizador». Jordi Canyissà, La Vanguardia «Zerocalcare tiene un toque ya tan definido [que] nos pone en el escenario de confort que la misma historia reta y hasta destruye con un realismo atroz. [...] Es especialmente gozoso ver cómo Zerocalcare consigue que las herramientas más lógicas para la comedia sirvan a una historia que no lo es. Hay caricatura, hay exageración, pero a la vez hay emoción y sinceridad en las expresiones». Cómic para todos «Con su particular estilo, en la línea del estadounidense Joe Sacco, perfectamente documentado y recabando testimonios sobre el terreno, pero sin dejar de lado su particular humor ácido a la hora de describir algunas de las situaciones, el artista transalpino hace una descripción geopolítica muy precisa». José Oliva, Diario de Navarra «Un ejemplo de periodismo gráfico que le conecta con autores como Joe Sacco. Una historieta bien trenzada en dibujo y guion». Jacobo Rivero, El País «Me encantó No Sleep Till Shengal de principio a fin, incluso me dio escalofríos. Creo que necesitamos muchos más narradores como Zerocalcare, tanto por su pluma como por su conciencia». Antonio Alaminos-Fernández, La Estantería «Riéndose de sí mismo, de nuestras debilidades, de nuestros torpes intentos de buscar sentido a las cosas, lo que hace Zerocalcare es buscar la verdad de los hechos, más allá de nuestra voz narcisista; en este caso, retratando un Shengal que no quiere rendirse, un espacio heroico enterrado bajo las capas de nuestro ridículo tiempo imaginario». Fumettologica «Enlos grises de sus páginas encontramos escenas densas, profundas y dramáticas, pero también irónicas». Corriere della Sera «Un fenómeno aparte, difícil de descifrar». Manuele Fior «Zerocalcare usa como siempre los grises para dar profundidad y nitidez a sus viñetas, y [...] resuelve, en suma, con soltura gráfica, destreza narrativa y sin merma de su crédito, el embrollo que a su talento le presenta su compromiso militante con los kurdos y sus aliados». Juan Manuel Díaz de Guereñu, Pérgola
Zerocalcare sul finire del 2011 ha quasi 28 anni e per un sacco di tempo ha fatto soprattutto fumettacci sulle fanzine fotocopiate e locandine per concerti punk hardcore. Oltre ad un numero sterminato di autoproduzioni nel circuito dei centri sociali, ha collaborato anche con il quotidiano "Liberazione" (pagina delle illustrazioni, ormai chiusa), il settimanale "Carta" (chiuso), i mensili "XL" di Repubblica (spazio Italian underground, chiuso) e "Canemucco" (chiuso) e la divisione online della DC comics, Zuda.com (chiusa). Tra le collaborazioni che non è riuscito a far chiudere c’è il settimanale "Internazionale", l’annuale antologia del fumetto indipendente "Sherwood Comix", la "Smemoranda" e frescafresca pure la rivista "Mamma!".
Alla fine del 2011 ha dato alle stampe il suo primo libro, “La profezia dell’armadillo”, autoprodotto sì, ma da Makkox.
A ottobre 2012 è uscito il secondo, “Un polpo alla gola“, edito da Bao Publishing.
Non penso ci sia bisogno di specificarlo, ma lo specifico lo stesso: prima leggete Kobane Calling e dopo potete leggervi No Sleep Till Shengal, che è la giusta continuazione di quella storia, anche se qui Zerocalcare si concentra sulla comunità ezida di Shengal. Kobane Calling è un capolavoro. Per come la vedo io quel fumetto è L’opera di Zerocalcare. No Sleep Till Shengal non è al suo livello, ma al tempo stesso lo è perché parla di lotte, massacri e difficoltà di cui nessun altro parla o, se se ne parla, lo si fa in modo distorto, cosa estranea a Zerocalcare. Quello che per gli ezidi è resistenza, per i politici al potere è terrorismo. Quello che gli ezidi hanno subito è stato un genocidio. La risposta dell’Occidente è stata il silenzio. Perché quando nessuno parla… quando nessuno guarda… succedono massacri. Magari un fumetto non salverà il mondo, ma è un modo per far sentire la propria voce, e parlandone forse possiamo far diventare un po’ meno assordante il silenzio occidentale. Da leggere!
Premessa doverosa: se Zerocalcare pubblica, io leggo. Anzi meglio: io attendo, strepito e leggo. È una questione di simpatia costruita negli anni, un volume alla volta. Zerocalcare è fratello maggiore, è amico e confidente (inconsapevole), è quello che dice le cose come stanno, quando tu non sai farlo ma, cazzo, ne hai bisogno. Poi, va beh, ‘sto disgraziato che si barcamena con la contemporaneità ed è schiavo del lavoro e passa le giornate a fare disegnetti durante gli incontri è un po’ l’emblema di una generazione. Una generazione che vorrebbe mollare tutto con la più blasfema delle bestemmie ma non può, perché *bestemmia blasfema* il capitalismo. Volergli bene – ma senza cagargli il cazzo – mi pare quasi un dovere morale. Come al solito, quindi, ho atteso, strepitato e letto No Sleep Till Shengal. Mi è parso che, rispetto all’altro famigerato reportage della sua produzione, qui ci fosse meno ciccia. Stessa dedizione, stesso fine, stesso sentimento, ma meno materia. Forse alla base c’è stato solo un viaggio più breve e sfortunato – e quindi meno immersivo? – che ha lasciato meno cose da dire. Quello che viene raccontato, però, va a segno e colpisce il bersaglio e lo fa grazie a quel modo di guardare al mondo che è la cifra stilistica di Zerocalcare, forse persino più del suo modo di disegnare. Zerocalcare sa, con poche tavole su sfondo nero, accendere tutte le lampadine della tua emotività. La cosa che mi ha stupito, però, è stato l’umorismo. Forse più abbondante e gretto (?) del solito, probabilmente proprio perché c’erano più spazi vuoti da riempire. Beh, io mi sono letteralmente sbregato dalle risate come non mi è mai capitato prima e ne avevo proprio un gran bisogno.
Zerocalcare torna in Iraq, su richiesta dei curdi di Roma, l'Iraq dal quale in precedenza aveva tratto quel capolavoro doloroso che è Kobane Calling.
Questa volta viene mandato a Shengal, in una zona tecnicamente irachena ma soggetta alle interferenze e al controllo turchi e iraniani. La città degli Ezidi, sopravvissuti a un genocidio nel 2014 e da allora cambiati: salvati dal pkk hanno preso spunto da loro, imbracciato le armi e riconquistato la loro terra per poi mutuare la forma di confederalismo democratico appresa dai curdi.
Tutte cose che Zerocalcare non sa, ma che studia lungo il viaggio. Un viaggio che per lo più si risolve in lunghi tragitti via jeep, estenuanti attese ai posti di blocchi e rischi elevati di venire trattenuti o di sparire. Addirittura un agente dei servizi segreti si unisce a loro, da un lato consentendogli di superare i controlli, dall'altro seguendoli passo passo per vedere cosa avrebbero fatto e con chi.
Sentiamo la storia degli Ezidi narrata dai superstiti, e ci vergogniamo di nuovo per il ruolo dell'Occidente in tutto questo. E poi il colpo di scena, l'altra campana da sentire. Che pressappoco conferma tutto quanto detto dai rivoluzionari, ma che gli è ostile per questioni politiche. Ezidi rivoluzionari contro Ezidi che vogliono delegare la difesa delle loro tradizioni all'esercito iracheno, e che non vogliono stranieri o altre influenze culturali. (E a essere onesti pure i rivoluzionari sono assai chiusi a questo riguardo).
Il tutto mentre la Turchia usa la guerra russa per ottenere il via libera a un'invasione sanguinosa, mentre l'Iraq non ha la forza di fare niente, mentre l'Iran è presente con forza armate sul suolo, mentre i droni turchi attaccano la neonata confederazione democratica, mentre l'Isis cerca di riformarsi. E mentre noi ce ne laviamo le mani, come sempre, contenti di scambiare la loro vita con l'ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. E smettiamo di parlarne, un po' perché questo massacro lontano ha già avuto i suoi due minuti di notorietà e il pubblico si annoia, un po' perché ci sono altre questioni più vicine e impellenti ad attirare l'attenzione.
E come dice Zerocalcare, quando nessuno parla, quando nessuno guarda... succedono massacri.
”..se st’urgenza non la capisci, si vede che non la puoi capì.
Un altro viaggio raccontato con la giusta dose di ironico sarcasmo. Tanto quanto basta ad arrivare alla meta.
Secondo te con un fumetto gli faccio cambiare idea? chiede Zerocalcare.
Elbak (responsabile dei curdi di Roma) risponde:
”No, non cambiano idea con un fumetto. Ma è importante raccontare Shengal per almeno due motivi. Far vedere che il con federalismo democratico funziona non solo per i curdi anche per altri popoli. E perché quando nessuno parla..quando nessuno guarda..succedono massacri
Un viaggio compiuto tra la primavera e l’estate del 2021 per conoscere la realtà degli Ezidi, una popolazione decimata dall’ISIS che ha proclamato a Shengal la propria autonomia sotto la continua minaccia irachena e turca.
Beh, ovviamente divorato. Ovviamente amato✨ Michele torna a raccontare storie lontane (e che abbiamo anche dimenticato) da noi ma che dovremmo invece sentire vicine. È sempre delicato nel riportare storie difficili e che straziano l'anima. Raccontare tutto quello che ha passato il popolo ezida non è una passeggiata ma lui riesce a spiegare tutto nella maniera giusta, senza perdere quell'ironia tutta sua ❤️ Grazie come sempre, Calcare!
E’ la primavera del 2021 quando Zerocalcare si reca in Iraq, per far visita alla comunità ezida di Shengal, minacciata dalle tensioni internazionali e protetta dalle milizie curde: ne nasce questo nuovo reportage a fumetti, l’ultimo di una lunga lista, che fotografa la resistenza di un popolo in un momento geopolitico preciso e complesso. Zerocacare è Zerocalcare, chi lo conosce lo apprezza o lo detesta: io l’ho sempre apprezzato, seppur con qualche piccola riserva, per cui mi sono già espressa in recensioni a precedenti lavori. In confronto ai quali, peraltro, ho trovato due differenze: qui ho percepito uno Zerocalcare con un umorismo più gretto e piccato, con battute talvolta esagerate e ripetitive, e la storia in sé, intesa come materia, mi è parsa più breve rispetto alle precedenti documentate. Segno che, probabilmente, il viaggio questa volta si è rivelato più duro, rischioso e difficile di quelli fatti in passato, e il fumettista ne è uscito in una luce più “spaventata”, più rischiata. Dai disegni e dalle parole di Zerocalcare, infatti, emerge tutto, ma proprio tutto, anche le sfumature meglio celate, perché il fumetto è per lui uno specchio: si mette a nudo, nelle sue debolezze e nelle sue paure, che qui devono essere state parecchie. Consigliabile? Sì, ma dopo altri lavori, come “Kobane Calling”.
"Kobane Calling" è il mio Zerocalcare preferito, uno dei miei libri preferiti di sempre in generale ed anche uno dei pochi che abbia mai riletto. Ero già in trepidazione a Maggio, all'annuncio del suo ideale seguito. Trovarmi, il giorno dell'uscita, con in mano l'albo mi ha emozionata. Tutta la premessa per giustificare le mie aspettative ALTISSIME; aspettative, lo dico sinceramente, che non sono state assolutamente deluse. C'è anche da dire che io, del caro Michele, leggerei pure un ricettario.
Ho conosciuto una situazione di cui avevo sentito parlare solo marginalmente (ed è avvilente che sia così), ho apprezzato il suo approccio ad una vicenda così delicata, ho anche riso un paio di volte. L'esperienza di lettura, tralasciando un attimo la tematica trattata, che fa molto riflettere, è stata estremamente piacevole: mi sono sentita avvolta dalla sensazione che ho sempre leggendo i suoi fumetti, una sensazione di comfort. Giravo le pagine già immaginando dove sarebbe andato a parare, ma questa predizione non inficiava la qualità del momento: era come pregustarsi il prossimo boccone del proprio piatto preferito, che rimane tale anche sapendo esattamente il sapore. Zerocalcare zerocalcaring, insomma. Forse zerocalcaring un po' troppo, però. Da "Kobane Calling" sono passati 7 anni, da "La profezia dell'armadillo" 11. Michele Rech, da sconosciuto che fa i disegnetti su Facebook e ha paura che il suo primo albo lo compri solo sua madre (profilo al quale noi tutti ci siamo affezionati) è diventato un intellettuale di spicco della scena italiana: i suoi interventi, su giornali come "Internazionale" o "La Repubblica", vengono accolti al pari di inchieste; ha ricevuto molteplici riconoscimenti dall'editoria; la prima tiratura delle sue nuove uscite aumenta di volta in volta; ha creato una delle serie di Netflix più viste di sempre; le persone fanno ovunque ore di coda per assistere alle sue presentazioni; le sue opere sono tradotte in varie lingue. Come può il personaggio presente nei fumetti (che capisco non abbia totale aderenza con la persona, ma quantomeno sia di evidente ispirazione autobiografica) non avere avuto un'evoluzione? È sicuramente un bene che l'enorme successo non gli abbia dato alla testa (il mercato editoriale italiano è fin troppo saturo di scrittori dall'ego ipertrofico), la sua schiettezza ed umiltà ridanno fiducia nell'umanità. Tuttavia, le esperienze di questi anni gli avranno inevitabilmente conferito una nuova consapevolezza, da cui, ovviamente, derivano prospettive e concezioni che sarei curiosa di scoprire, quale sia il suo modo di vedere le cose adesso. Credo sarebbe un punto di vista molto accattivante. Riconosco anche ci sia stato un timido tentativo in questo senso con "Macerie prime", e che l'intento qua fosse il focus sulla parte di graphic journalism. Più che altro, temo sia a rischio la sua credibilità futura, avendo una voce con una risonanza così ampia e che può spostare le opinioni e la cultura di massa: in riferimento, ad esempio, a questo caso, migliaia di italiani da oggi hanno un'idea del massacro degli Ezidi e faranno, magari, più attenzione all'indifferenza delle politiche europee.
La mia è solo una considerazione collaterale, comunque; ho amato "No Sleep Till Shengal" dalla prima all'ultima pagina, pelle d'oca compresa, e credo che siano necessari molti più narratori come Zerocalcare, sia per la sua penna, sia per la sua coscienza.
Sono pischelle qualunque. Se non vivessero in un posto che costringe tutti a incarnare la versione più tragica di ciò che potevano essere.
Libro decisamente complesso che si inserisce nel solco ideale di Kobane Calling di cui riprende temi e atmosfere, nonché contenuti e narrazioni grazie alla tecnica del cosiddetto "graphic journalism".
In alcune pagine il reportage diventa davvero potente e commovente, anche grazie alla solita ironia di Zerocalcare che non risulta mai fuori luogo nemmeno nelle situazioni più drammatiche.
Zerocalcare esce alla grande da una prova che poteva risultare schiacciante (soprattutto da un punto di vista commerciale) anche se, a parer mio, alla fine a No sleep till Shengal manca qualcosa - che non riesco a identificare del tutto - per risultare completamente riuscito.
«Cinquemila persone uccise. Centinaia morte di fame e sete. Più di seimila donne e bambini rapiti. È questo che mi sembra di vedere nel cielo sopra Shengal. È una cappa di dolore. Che nessun vento riesce a portare via.»
Sei anni dopo Kobane Calling, Zerocalcare torna a rappresentare su carta un pezzo di storia contemporanea che pochi conoscono, che non giunge fino a noi o qualcuno non vuole che giunga. Quindi grazie, Zero, per raccontare con semplicità e il tuo caratteristico umorismo (mai fuori luogo) della resilienza di un popolo che ha dovuto ricostruire la propria esistenza dalle fondamenta e che non smetterà di lottare per conquistare la propria indipendenza.
Ringraziamo tutti il microchip installato dai curdi nel cervello di Zerocalcare, se il risultato sono nuovi reportage!
Ho ritrovato in questo nuovo lavoro quegli elementi che avevo amato in Kobane Calling - e che amo in generale nella produzione di Zerocalcare: quell'oscillare da momenti di humour estremamente millennial e autocritico tipico di ZC a momenti seri, a volte drammatici, come vuole la materia trattata (l'autogoverno di Shengal in Iraq e il genocidio degli ezidi da parte di Daesh); la profonda umanità che traspare dai personaggi e il forte rispetto che l'autore tributa loro; l'onestà narrativa di un protagonista-narratore che mette se stesso e le proprie contraddizioni in dubbio e in secondo piano.
Michele Rech non è a caso sia diventato voce di un'intera generazione e sottogruppo specifico di questa generazione (benché sono abbastanza sicura che a lui non faccia grandissimo piacere) e questo libro ne è l'ennesima conferma.
E comunque sono una nuova devota della Madonna dei Ca**i Tuoi.
Zerocalcare garanzia sempre. Ironia e serietà che si mescolano e combinano alla perfezione: raccontare di genocidi e Isis, con la sua spigliatezza è genialità.
No sleep till Shengal non è però all’altezza di Kobane Calling, è un po’ più fiacco. Avrei voluto che questo fumetto durasse molto di più. Mi ha lasciata con ancora l’acquolina in bocca, come se avessi ancora voglia di leggere, ma non c’erano più pagine da divorare.
Zero da una máster class de cómo no caer en el tropo del salvador blanco y hace un ejercicio periodístico brutal (aunque sea demasiado humilde para admitirlo). El hecho de que no tengamos ni idea de todas estas barbaridades que están pasando en el mundo me parece surrealista. Se agradece muchísimo poder entenderlas un poco más con el estilo de Zero y todas sus paranoias mentales.
Sulla scia di Kobane calling, Zerocalcare mette in scena viaggio fatto in Iraq nel 2021, dando voce a una resistenza trascurata dall'assordante indifferenza del mondo occidentale.
““A proposito. Ma davvero torni? Quando?” - Sì. Vorrei. Tra qualche mese, abbiamo detto con Servant. “Tra qualche mese.” Nel nostro mondo “Tra qualche mese” è un’indicazione vaga ma plausibile. Puoi vederlo, in lontananza. È un modo di dire rassicurante. Ma altrove… Nei luoghi in cui la parola rivoluzione non porta con sé nessuna ironia, “Tra qualche mese” è un salto nel buio. Una scommessa. Sulla vita. Sulla morte. E su tutto quello che ci sta in mezzo.”
Grande, come sempre! Sa toccare temi importanti con la levità che gli è propria.
Altro fumetto di Zerocalcare relativo alla lotta del popolo curdo e, principalmente in questo caso, degli ezidi, che stanno basando la loro rivoluzione sull'ideologia del PKK e del confederalismo democratico. Sempre arguto e necessario, anche se questa volta sembra soffrire un po' della mancanza di eventi che muovono la storia e di una paura dell'autore nel ripetersi in quelli che lui definisce "pipponi". Sicuramente da consigliare ma, se dovete scegliere, partite da Kobane calling, sia per rispetto della cronistoria, sia per qualità del testo.
Questo libro mi ha commosso. Non si può immaginare quanto sia pesante quell'atmosfera di paura, quanto sia estenuante per qualcuno essere sempre sul filo del rasoio. Magari ti ci abitui, chissà. Michele dice di essere troppo sensibile, troppo impacciato per essere definito un rivoluzionario, ma io non so se sarei capace di assumermi un rischio e una responsabilità così importante: raccontare il rumore delle guerre che qui da noi è sovrastato da futilità che hanno più seguito, o guerre più vicine con un'eco che ci raggiunge più facilmente.
Secondo me Michele è eccome un rivoluzionario, e leggere No Sleep till Shengal mi ha aperto un po' la mente sulla fortuna che abbiamo nello svegliarci in una casa e in un paese come l'Italia, nonostante le sue contraddizioni. E anche sulla vastità delle realtà all'estero, da cui si può imparare davvero tanto. È facile innalzare barriere di pregiudizi quando si conoscono le popolazioni straniere per sentito dire e per cliché. Credo che Zerocalcare sia uno scrittore giusto per me, perché è sincero, si pone domande semplici come tutti e non ha paura di darlo a vedere. Ironico, un sacco, riflessivo, ancora di più. Dà il peso giusto alle parole e altroché se le sa usare bene.
Pur non raggiungendo le vette di Kobane calling (che personalmente ritengo IL capolavoro di Zerocalcare), anche con questo nuovo reportage dall'Iraq l'autore colpisce nel segno. Ci fa riflettere sulla tragica situazione degli Ezidi (di cui io, colpevolmente, prima di leggere questo libro non sapevo molto) e non mancano momenti duri, veri e propri cazzotti allo stomaco e al cuore.
Certo, a rendere un pò più lieve la lettura, non manca l' umorismo "alla Zerocalcare" (nonostante la drammaticità dei fatti raccontati non si puà fare a meno di ridere a certe "uscite" di Calcare), ma è un umorismo che ho percepito un pò diverso dal solito, forse più "teso" (conseguenza del fatto che l'autore in certi frangenti ha avuto davvero paura?).
Libro consigliato, per saperne di più e non restare indifferenti perchè "Quando nessuno parla... quando nessuno guarda... succedono massacri".
Impegno politico, onestà intellettuale, ironia, utilizzo del proprio ruolo e del proprio talento per dare visibilità ai dimenticati. Davvero, ma che gli vuoi dire a Zerocalcare?
"questa è la storia di una resistenza infinita; si può provare a fotografarne alcuni momenti, a raccontarne le vittorie o le sconfitte, ma mai a metterci la parola fine" Zerocalcare dalla post fazione. Con questo libro l'autore cerca di catturare la volontà di rivalsa di un popolo così distante e di cui si sa poco. Questo libro ne è una fotografia, testimonia un attimo della lunga storia di una dolorosissima rivalsa che non è ancora finita, perchè dimenticata e inascoltata. Lo stile di Zerocalcare è sempre lo stesso, unisce la risata al pianto eppure questo libro mi ha lasciato un senso di inquietudine e smarrimento, penso voluto. Cosa ha da dire di me (di noi) la storia di un popolo lontanissimo, sopravvissuto a un genocidio, che combatte con i denti per ricavarsi quel pezzetto di mondo in cui vivere in pace, con coesione tra tutti, uomini e donne e altri popoli? Alla fine non sono le nostre stesse battaglie? Dobbiamo percorrere migliaia di chilometri di distanza per ricordarci che non sono scontate e dobbiamo continuare a sostenerle? E soprattutto perchè dimentichiamo che le nostre decisioni politiche hanno un impatto su ciascuno, che hanno delle conseguenze e le spese di queste scelte le pagano sempre i più soli, lontani e inascoltati. Non so come finirà questa resistenza, la storia mi insegna che sarà ancora lunga e le sue sorti non dipendono da me singola, forse è il sentimento sinistro per cui è già successo, può ricapitare e nessuno fa niente che mi lascia l'amaro in bocca.
No sleep till Shengal segue, a 7 anni di distanza, Kobane calling (a tutti i George Pig in ascolto, non serve aver letto la graphic novel del 2016. Whatsoever, se non lo avete fatto recuperatela ad ogni costo). Un'opera definita da Zerocalcare, con malcelata autoironia, graphic journalism, quasi a non voler istituzionalizzare e conferire spessore al "semplice fumetto". E nonostante la forza principale dell'autore romano risieda ancora una volta nell'apparente (lo sottolineo nuovamente: apparente) spensieratezza con cui vengono trattati temi come guerra, resistenza, oppressione e morte, No sleep till Shengal è l'ennesimo esempio di un'opera autorevole, impegnata, necessaria.
5 stelle meritatissime per Zerocalcare in questa graphic novel densa di tematiche importanti ma esposte con il suo classico stile ironico, capace di sdrammatizzare e alleggerire la lettura. Rispetto a Kobane Calling, la sensazione é che venga raccontato meno, ma credo che ciò dipenda da come i due viaggi si sono svolti e da quante informazioni si siano potute raccogliere in uno e nell'altro. Messaggio forte e chiaro e molto piacevole da leggere, consigliata!
Zerocalcare è una garanzia. Garantito allo stesso modo il magone che ti lascia ogni sua opera. Un magone che però ti è utile, soprattutto per informarti e agire per questioni come la causa curda e degli ezidi. Tutto è reso unico dallo spirito un po’ “caciarone” che lo permette di essere più umano e in un certo senso anche diretto. Che roba.