»Warum müssen wir etwas oder jemand werden? Sind wir das nicht schon? Warum müssen wir so schnell wie möglich einen Ort erreichen, von dem wir nicht einmal wissen, wo er liegt, und verpassen dabei die Aussicht, die wir bei jedem Schritt unseres holprigen Wegs genießen könnten?«Als wäre die Tatsache, dass er Jura studiert, obwohl ihn das Fach gar nicht interessiert, nicht schon schlimm genug, wird Fabio auch noch in den Zivildienst berufen. Dabei wollte er nach Sevilla und ein Mädchen kennenlernen. Stattdessen soll er als Erzieher in die Apuanischen Alpen. Schon kurz nach seiner Ankunft merkt Fabio jedoch, dass es in dem (fast) menschenleeren Kloster schon lange keine Schule mehr gibt, sondern nur einen eigenwilligen 80-jährigen Priester im Jogginganzug … Ein humorvoller und kluger Roman über eine ungewöhnliche Freundschaft, der Antworten auf die kleinen und großen Fragen des Lebens bereithält.
Born in 1974, Fabio Genovesi is the author of three novels and is a regular contributor to Vanity Fair and La Lettura, the literary supplement to the Italian newspaper Corriere della Sera. He also writes for film and has contributed articles to Rolling Stone. His second novel, Esche vive (Live Bait), was translated into ten languages.
Perché non mi sono mai appassionato alle gesta di Pantani? Eppure dal racconto che ne fa Genovesi sembra impossibile che chi lo ha visto correre non lo abbia ammirato. Gregario sconosciuto di Chiappucci a cuocere contro vento in fuga giù dal colle dell’Agnello, prima di attaccare il Lautaret; ma chi pensa di essere? Era un mio coevo che aveva il coraggio dei sognatori e degli incoscienti. Il riassunto di tutti i tiri mancini del destino nei suoi confronti lo avevo letto nel libro di Davide De Zan, vederli elencati cronologicamente faceva impressione. Fabio Genovesi li ripropone nel suo romanzo senza bisogno di romanzarli, tanto sono mancini e ingiusti. Quello che lo scrittore invece romanza è la storia di Fabio, studente di giurisprudenza che ha dimenticato di fare il rinvio militare e al quale è stata accolta la domanda di obiezione. Con una perentorietà un po’ sospetta, viene reclutato come educatore e immediatamente spedito in una scuola montana gestita dai preti. Fabio racconta la propria vita e la interfaccia con quella di Marco. C’è un tratto comune in molti romanzi di Genovesi, è quello che io definirei realismo infantile. Una parte di favolismo e di mentita ingenuità Genovesi la deve mettere in ogni romanzo e mi vien da pensare che sia ciò che gli piace davvero. Il suo favolismo è meno amaro di quello di Romain Gary, contiene un’ironia più grezza ma ugualmente funzionale al suo progetto di scrittura. Genovesi non favoleggia a casaccio, i suoi personaggi strambi sono l’analogia della storia più ampia che sta raccontando; lui connetterà in modo palese i differenti livelli della narrazione, farà in modo che l’analogia sia inequivocabile. In merito al favolismo isterico mi vien da dire che sarebbe stato opportuno scegliere due infermieri anziché due preti che tutto sembrano men che sacerdoti. Di un prete puoi farne un Don Abbondio un Don Buro, un Don Matteo, ma qui abbiamo un prete che da giovane era Beppe Maniglia e da vecchio è diventato Gianpiero Mughini. Va bene il realismo infantile, il Garysmo, il babbonatalismo, ma al prete fagli fare ANCHE il prete. Il finale è alla Gary, per quel che mi riguarda riscatta buona parte dell’infantilismo magico che faceva da contrappasso alla sfortuna patita del Pirata. Molto bella la spiegazione del titolo messa in calce, racchiude il libro come una cornice.
COLONNA SONORA: …eravamo entrati col sole e uscivamo da lì col temporale davanti, nero e furioso come solo i temporali di agosto, carichi della forza sciagurata dell’estate. Fulmini uno dopo l’altro, a volte anche due o tre insieme, e allora non c’è stato bisogno di dirci nulla: Don Basagni ha tolto la cassetta dal mangianastri e ne ha messa un’altra, ha cercato un po’, e finalmente è partita Riders on the Storm. Perché questo eravamo noi, cavalieri nella tempesta. E abbiamo cantato a squarciagola. E quand’è finita la canzone, l’abbiamo rimessa da capo, e ririmessa, e riririmessa. Noi due insieme a Jim Morrison, sempre più forte. https://www.youtube.com/watch?v=8Y6ru...
Bisogna che piova, ma deve essere notte, va ascoltata di notte, in auto, meglio se da soli, va canticchiata sopra la voce di Jimbo, non urlata a squarcia gola.. anche Jimbo cadde sognando di volare.
Pura meraviglia, di quelle che senza accorgertene ti fanno fare la bocca a "O". Letto trattenendo il fiato, sospendendone la magia solo per andar a recuperar dalla memoria di Youtube le imprese del Pirata e potermi commuovere, in piedi sui pedali, ancora una volta, forse l’ultima.
Ho letto un commento su questo libro che diceva così “Beato chi inizia ora questa avventura, con lo stupore, magari, di ritrovare qualcosa di sé che aspetta solo di essere ripescato, chissà dove, chissà quando” e credo che queste semplici parole siano il sunto più perfetto per descrivere Cadrò sognando di volare. Questo libro, infatti, fa l’effetto di un viaggio con la macchina del tempo, riportando ognuno di noi, figli degli anni 90 appunto, a quelle estati belle, spensierate, che d’inverno, sui banchi di scuola, sembravano non arrivare mai e poi, una volta giunte, svanivano sempre troppo in fretta, con il loro carico di ricordi, colonne sonore, nuove conoscenze, rimpianti e divertimenti sfrenati. Quante similitudini ho trovato in questo libro, in questa storia, che è la storia di Fabio Genovesi ma è anche la storia di Marco Pantani e infine è pure la storia di tutti noi. Perché c’è stata un’estate, quella del 98, in cui gli italiani si erano ritrovati uniti tutti sotto la stessa bandiera, quella del pirata. Non più come allo stadio, divisi in fazioni o per tifoserie. A proposito di calcio, la nazionale francese vinceva il suo primo mondiale della storia ma a noi non importava nulla. Per noi a Parigi c’era un solo ed unico re, ma il suo nome non era Zinedine Zidane, bensì Marco Pantani, lo scalatore che viene dal mare. E allora sì, grazie a lui fummo una cosa sola. Tutti parte della sua ciurma, anche chi non aveva mai guardato una corsa di biciclette in vita sua. Perché Marco regalava emozioni. Perché Marco rendeva possibile l’impossibile. Perché Marco era uno di noi. Uno normale, che però quando si alzava sui pedali diventava sovrumano. In realtà lui pedalava più forte per abbreviare l’agonia. Prova a dargli torto a così tanta saggezza.
Impossibile leggere questo libro senza emozionarsi e senza avvertire addosso un disperato sentimento di nostalgia per il passato, che a suo modo ti rode e ti mangia dentro, perché Marco se n’è andato e anni dopo anche Donato, mio padre, se n'è andato; lui che, tenendo fede al suo nome, mi ha donato l'amore per il ciclismo, latente per molto tempo, ma infine esploso in tutto il suo impeto infuocato. Cadrò sognando di volare è uno dei libri più belli e teneri ed emozionanti che io abbia mai letto nella mia vita.
Questo libro mi ha scatenato una tempesta di emozioni, perché ho rivissuto quell'estate del 1998, con un Pantani meraviglioso, prima al Giro d'Italia e poi al Tour de France, e anche perché questo romanzo di formazione di Fabio (non so quanto sia autobiografico) è davvero incredibile, e pieno di riflessioni profonde sulla vita e sul tempo.
"L’orologio. E prima la clessidra, la meridiana, tutte quelle cazzate lì. Ci siamo inventati la bugia che il tempo era quello che misuravano loro, e gli siamo andati dietro. E allora è chiaro che siamo fregati, perché si vive andando dietro a una cazzata. Come se i giorni fossero tutti uguali, e gli anni. Una fila precisa di secondi uno dopo l’altro. Eppure basterebbe alzare gli occhi da quelle lancette striminzite. Basterebbe pensare a quanto sono lenti e lunghi gli anni fino a quando ne fai venti, e poi dopo quanto corrono a razzo. E a forza di stare con gli occhi all’orologio, non esisti più nemmeno tu. Non sei più te stesso, sei un’età. Sei un bimbo di dieci anni, sei un ragazzo, sei un vecchio. Ma non è mica vero, Avvocato. Lo sai come stanno davvero le cose?" [...] Ha alzato il braccio, secco e scuro, si è sfilato l’orologio che teneva sempre al polso e me l’ha dato. Era vecchissimo e pesante, e solo ora mi accorgevo che era fermo. Anzi, proprio rotto, con un segno nel vetro. "Ecco, sai cos’è questo, Marino? È la nostra mappa. Noi nasciamo in questo mistero infinito che è il tempo, che ci prende e ci porta, ci lascia e ci travolge, e vogliamo per forza capirlo, vogliamo dominarlo,vivere secondo un ritmo nostro, un percorso preciso che ci disegniamo noi e... e insomma, inventiamo questa grande fandonia che è il tempo dell’orologio, e lo usiamo per misurare il tempo della vita. Ci avventuriamo nella foresta del destino con una mappa falsa in mano, e allora è chiaro che ci perdiamo, è chiaro. E a quel punto, guardiamo la mappa e diciamo: ‘Ma come, ho davvero quarant’anni? Cinquanta, sessanta, sono davvero un vecchio di ottant’anni?’. "E la risposta è no, Marino. La risposta è no. Quello è il tempo dell’orologio, che misura al massimo il nostro corpo che cambia, che si piega, che si rammollisce e muore. Ma nel nostro intimo siamo sempre e per sempre quel ragazzino che gli bruciavano le gambe e saltava dalla voglia di arrivare a vent’anni. Però l’orologio ci dice che gli anni passano, che abbiamo l’età che abbiamo, e tanta gente riesce a fare finta che sia così. Ma in realtà, dentro siamo sempre e per sempre quel ragazzo. È una grazia enorme che ci ha concesso il Signore, ma noi l’abbiamo trasformata in un problema. Ci siamo messi in gabbia da soli. Ci siamo invecchiati da soli."
Gli animali fanno quello che vogliono, e sanno cos’è. Nascono e già lo sanno. E vanno avanti senza passi falsi. Gli animali non si vestono eleganti, non si vestono proprio, gli animali non si laureano, non hanno l’orologio e quindi non sono mai in ritardo. Non ci pensano proprio, al tempo, e così il tempo non passa. Non hanno fretta, non sanno nemmeno che un giorno moriranno, e quindi fino a quel giorno gli animali sono immortali.
Quello che mi affascina grandemente di Genovesi è la sua capacità di raccontare storie, che pure ci riguardano, con genuinità, schiettezza, ironia e con una cura dei dettagli che non può che rendere felice il lettore. Attraverso il vissuto dei diversi personaggi, dalle sembianze estremamente umane, e gli accadimenti che ne minano il loro cammino, l'autore ci racconta cosa voglia dire credere in qualcosa. Cadrò, sognando di volare, diventa dunque un romanzo di formazione per Fabio che, prendendo coscienza di sé e del suo futuro arriverà a mettere in dubbio la solidità e l'affidabilità di un'esistenza già decisa sì, ma dagli altri; per Don Basagni che ha compiuto la scelta più spirituale del mondo per il motivo più terreno di tutti, la fame, e che nonostante sia un ottuagenario ha ancora molto da imparare; per Pantani stesso, folle ed audace, emblema di quella corsa sciagurata e portentosa che è la vita.
Per Fabio, ventiquattro anni obiettore di coscienza, il servizio civile prevede di fare l'educatore in un convento adibito a scuola, peccato che la scuola non c'è più e gli unici abitanti sono Don Mauro e Don Marino Basagni. Una cosa senza senso, averlo spedito a fare l'educatore di nessuno, da solo e rinchiuso nello stretto della guardiola ad accogliere il niente. Un altro problema è che Fabio ha scelto la facoltà di giurisprudenza per una storia particolare, ma in realtà non gli piace quello che studia ed ora deve fare i conti con questo errore. Nel 1998 è anche l'anno della gloria di Pantani, il ciclismo fa parte delle passioni di Fabio e le gesta sportive del campione lo accompagneranno lungo questo periodo. Si crea un rapporto particolare anche se surreale tra Don Basagni e Fabio, un ottantenne burbero e chiuso con un giovane stralunato. C'è un legame che nessuno dei due dichiara, ma che ogni giorno si fortifica grazie a dialoghi strampalati, a confronti sulla vita, alle cose sottintese ma non dette. Ci sono molte sfumature interessanti in questa storia, anche se non mi ha coinvolto particolarmente a causa delle situazioni assurde raccontate. Contiene comunque molti spunti di riflessione, come all'inizio quando si parla del fiume: "Il Mississippi per esempio, che è immenso, è undici volte l’Italia, il Mississippi. Undici Italie liquide che corrono nella stessa direzione, decidendo i confini di parecchi degli Stati Uniti lungo un corso scavato nella terra e nei millenni. Eppure a volte, per la furia delle piene, il Mississippi può cambiare strada. Magari in un punto dove faceva un giro largo, un giorno perde la pazienza e decide di tirare dritto, e quel pezzo di terra che prima stava da una parte si ritrova di colpo dall’altra. Insomma, uno va a letto col fiume che scorre a destra, e il mattino dopo ce l’ha a sinistra. Che magari sembra poca cosa, ma se succedeva negli anni giusti e sul confine giusto, e avevi la pelle nera, ti addormentavi da schiavo nel Missouri e ti risvegliavi nell’Illinois, nel tuo primo giorno da uomo libero. Proprio così, giuro. Succede ai fiumi, ai muri e anche ai monti. E pure ai confini più rigidi e tremendi di tutti: quelli che tracciamo dentro di noi. Tra bello e brutto, presto e tardi, giusto e sbagliato. E appunto il terribile confine tra il possibile e l’impossibile, tra quel che vorremmo fare e quel che si può. E ci fermiamo lì, bloccati da una riga." Il ciclismo e soprattutto la celebrazione del campione Marco Pantani sono il nervo scoperto della trama, che si svolge accompagnata dalle varie tappe della vita del pirata. Per un appassionato di ciclismo sarà sicuramente più coinvolgente leggere questo libro di Genovesi, ma anche per chi non ammira la fatica dei ciclisti resta qualcosa di buono. "Perché le cose davvero importanti della vita, quelle che arrivano per cambiare tutto, non prendono appuntamenti e non studiano percorsi, un giorno si svegliano e decidono che è il momento, scelgono la via più storta e sgangherata che ci sia e si tuffano a bomba su di te".
Non so cosa della storia di Pantani mi sia entrata più dentro. So solo che fa sempre male. Grazie Fabio per avermi di nuovo ricordato quei momenti di quando ero bambina e per averlo fatto così.
Che dire, uno dei libri più belli che abbia letto, forse perché mi ha fatto emozionare, forse perché mi ha fatto tornare nel 1998, no, non è semplicemente un libro che racconta la storia di Marco, ma è un libro che racconta la vita
Piacevole, a tratti esilarante e a tratti commovente. Genovese racconta storie serie in modo scanzonato, e lo sa fare bene, benissimo, sempre. Chapeau.
"San Valentino è un giorno stupido. Se due si amano la loro festa è sempre, un giorno speciale non gli serve a nulla [...] Poi... ti fermi. Cominci a piangere. Perché davvero smette di essere San Valentino, e un giorno normale non lo sarà mai più: oggi è il 14 febbraio 2004, il giorno che è morto Marco Pantani." Inizio con una citazione dal finale, perché questo libro è soprattutto un atto d'amore. L'omaggio di Fabio Genovesi a quel campione immenso che fu Marco Pantani. Perché è vero: per molti di noi appassionati di ciclismo il 14 febbraio ha smesso di essere San Valentino ed è diventato il giorno in cui siamo diventati tutti più poveri di speranza che ci si possa sempre rialzare da una caduta.
Libro meraviglioso, bella la storia, di quelle normali, ma nemmeno tanto, che però ti allargano il cuore. I personaggi ti sembra di vederteli davanti. Bello anche il ricordo di Pantani. Da leggere assolutamente.
Letto in un pomeriggio, perché anche se il ciclismo non é mai stata una delle mie passioni, Pantani lo conoscevamo tutti in quegli anni, c'era solo lui. Un libro che é una lode allo sport, uno sport incarnato da un uomo, che con tutti i suoi difetti, era un eroe.
“Sí, tutto può tornare, perché niente se ne va davvero. Certe meraviglie, se ancora luccicano in fondo al ricordo, ancora sono vive. Il passato non esiste, è solo una parola, una scusa. Il passato non è passato se ancora è qua, a rubarci il respiro.” Cadrò, sognando di volare Fabio Genovesi Estratto Fabio ha 24 anni e sta per laurearsi in giurisprudenza quando riceve la cartolina che lo relega in un paesino isolato di montagna come educatore in risposta alla firma come obiettore di coscienza nei confronti del servizio militare. Questo posto sperduto è diventato un ricovero per preti in pensione o malati. L’assurdo è che qui vivono solo Don Mauro che è diventato un tuttofare e il direttore Don Basagni che se ne sta rinchiuso sempre al buio nella sua stanza. Ci sono poi la Flora, che si occupa delle pulizie, e la figlia Gina, che insieme vanno e vengono. È il 1998 e mentre Marco Pantani, il Pirata, affronta il giro d’Italia, Fabio si trova a vivere questa strana e nuova esperienza che gli dà modo e tempo di guardare al suo presente e al suo passato dove un tragico evento ha segnato i suoi giorni. All’inizio ho pensato che questo nuovo romanzo mi piacesse un po’ meno degli altri. Forse le parti legate alle gare ciclistiche, seppur raccontate con passione, non mi aiutavano molto. Poi, addentrandomi sempre più nella storia, la scrittura semplice dell’autore capace di parlarti direttamente e senza filtri, evocando emozioni e sensazioni quotidiane, ha finito per trascinarmi dentro come risucchiata da quelle onde, ognuna nata con la propria personalità. Un libro che scava nei percorsi personali, che si interroga su quanto la vita e ciò che ci accade influisca sulle nostre scelte indipendente da ciò che ci sta a cuore e che ci renderebbe felici. Un libro sulla passione che trascina in imprese audaci, vere capaci di dar fuoco agli animi. Sui sogni e sul loro valore. Sul coraggio che ci vuole per andare avanti e di quello, ancora più grande, che ci vuole per fuggire abbandonando tutto senza sapere dove andare. Di quanto sia bello e umano che la felicità altrui possa accrescere la nostra.
Pochi autori mi fanno piangere e ridere insieme come Fabio Genovesi. Anzi nessuno.
Quando sto per immergermi in una delle sue storie so fin dall'inizio che mi affezionerò ai suoi personaggi, che sono sempre diversi, ma anche sempre un po' uguali. C'è quello burbero ma sotto sotto tenero come il tonno che si taglia con un grissino, c'è lo sfigatello che, poi, in fondo, tanto sfigatello non è, perché alla fine il coraggio per saltare dall'altra parte della linea immaginaria del proprio limite, lo trova eccome. Ci sono i folli, i pazzi del paese di provincia, la normalità straordinaria della famiglia media italiana, l'amore e l'affetto, la paura e la noia, la passione e la grandezza della normalità.
Perché Fabio Genovesi è così. Potrebbe scrivere la storia del nonno che va a fare la spesa all'Esselunga il sabato pomeriggio e farla diventare un'epopea di passione, divertimento e nostalgia.
Genovesi scrive in modo, a mio parere, fantastico. La lettura scorre veloce, ritmica, quasi ipnotica. A volte ho la sensazione di leggere così velocemente da non riuscire a godermi fino in fondo la sua bravura, ma è difficile fermarsi per osservare meglio. É come sulle montagne russe, non puoi fermare il trenino per goderti la sensazione del vuoto.
Questo libro, oltre a tutto ciò che caratterizza Genovesi come autore, ha un pregio ancora maggiore.
Credo che ogni buon libro racconti due storie: quella del libro e quella del lettore, che nel libro ci si riconosce.
Cadrò sognando di volare, di storie, ne racconta tre, che si rincorrono, si legano, si intrecciano suscitando emozioni intense e profonde. Non so se questo, in me, sia dovuto al fatto che ho assistito alle imprese di Pantani in diretta televisiva, come il protagonista del libro. Non so se le emozioni suscitate dal libro siano state così intense perché hanno richiamato in me quelle, ancora più intense, fatte esplodere dal campione di ciclismo (sport che io, per altro, non ho mai seguito, né prima, né dopo Pantani).
La maestria di Genovesi, però, sta nel toccare corde che, forse, nemmeno sappiamo di avere. E la fa vibrare, eccome se le fa vibrare.
𝕀𝕟𝕙𝕒𝕝𝕥: Fabio studiert Jura, obwohl ihn das Fach gar nicht interessiert. Und jetzt muss er auch noch seine Zivildienst als Erzieher in den Apuanischen Alpen ableisten. Aber schon bei seiner Ankunft merkt Fabio, dass in dem alten Konvent keine Schüler mehr zu finden sind. Stattdessen ist der Konvent eine Art Hospiz für alte Priester geworden und auch von diesen sind nicht mehr viele übrig. Fabio bleibt also nicht viel zu tun, außer Radrennen im Fernseher zu verfolgen... oder?
𝕄𝕖𝕚𝕟𝕖 𝕄𝕖𝕚𝕟𝕦𝕟𝕘: Absolut nicht das, was ich erwartet habe. 😅 Ganz viel in dem Buch dreht sich um Radrennen, was im Klappentext nicht erwähnt wird. Die ersten 150 Seiten habe ich mich deshalb gefragt, wo das alles hin führen soll. Außerdem dachte ich, dass das mit mir und dem Buch nichts mehr wird. 🫣 Aber dann hat die Geschichte einen ungewöhnlichen Sog auf mich ausgeübt und ich wollte plötzlich wissen, wie es weiter geht. Und tatsächlich auch, was in dem Radrennen passiert. 😂 Auf einmal waren da ganz viele Sätze, die zum Nachdenken angeregt haben und die dazu geführt haben, dass ich die Charaktere besser verstanden habe und besser mit ihnen mitfühlen konnte. Auf den letzten Metern konnte es mich dann sogar noch berühren. 😊
𝕃𝕖𝕤𝕖𝕖𝕞𝕡𝕗𝕖𝕙𝕝𝕦𝕟𝕘? Hier tue ich mir schwer bei dem Buch. Eben wegen des Einstiegs kann ich mich absolut nicht festlegen.
Questa è la storia di tutti noi che si intreccia con quella di Fabio, Don Basagni e di un mito che ci insegna come rialzarci ad ogni caduta , il mitico Marco Pantani. La vita di Fabio é tutta una falsa. Studente di giurisprudenza un po costretto dalla vita, viene chiamato a svolgere il servizio civile in uno spizio di preti che cambierà le dinamiche del suo futuro. Fondamentale é lo strano rapporto che costruisce con Don Basagni direttore dall aria burbera, ma come Fabio spinto dalle vicende bislacche della vita ad essere un prete missonario. Ad unirli la grande passione per il ciclismo, il giro d' Italia e il tour the France fanno da sfondo a questo bellissimo racconto. La figura di Pantani é la chiave del racconto ci insegna che ognuno di noi nasce con un talento e solo se si é in grado di fare enormi sacrifici per alimentarlo si possono fare grandi cose e neanche la sfiga può farci pensare di smettere. Non esistono limiti. Solo dedizione, passione e sacrificio. Personaggio emblematico é la Gina, figli della Flora che si crede una gallina e lei ne é felicissima. Un libro che ti prende, ti travolge e ti stravolge. Fabio Genovesi vi farà amare e vivere con trepidante emozione tutte le gioe e i dolori che la vita ci offre. Marco c'é. Si è preso tutto quello che la sfiga o semplicemente il destino per molti anni gli aveva negato. Marco é stanco ma felice. Poi il buio. Fabio vive una rinascita e con lui Don Basagni. Ha perso del tempo per capire chi voleva essere. Ma non é mai troppo tardi e quell'orologio rotto ne è la conferma.
Due ragazzi, un velocista e un "aspirante" avvocato, solo una cosa li lega oltre all'amore per il ciclismo, la passione e il coraggio di far la scelta giusta nonostante questa possa essere totalmente avventata e apparentemente senza senso e fino a poco prima impensabile, quasi impossibile.
« ...un uomo solo e secco che gli mostra, per un attimo e per sempre, che tra il possibile e l’impossibile c’è un confine sottile e finto, tracciato da noi stessi come quelli tra i paesi, righe sulla terra e nella testa che diventano sbarre della prigione dove ci chiudiamo da soli... // ... Tra il possibile e l’impossibile c’è un confine che fa paura, ma per superarlo basta che qualcuno faccia un passo, uno solo più in là, ed ecco che quel confine si sposta, per lui e per tutti. »
A volte per essere felici bisogna infatti semplicemente buttarsi, non pensando al tempo perso o a quello che verrà.
« Il tempo è una bugia, il tempo non riesce a contare nei momenti che contano davvero. »
« Cadi, e non sai quanto male ti farai. Però se sopravvivi, se domani il sole ti troverà di nuovo in piedi a disegnare un po’ di ombra su questo mondo matto, sai che sarai pronto a cadere ancora, ancora e ancora. Per un tempo che è di secondi e insieme anni, è una vita e tante vite tutte insieme, che per caso si incontrano, si intrecciano, si mescolano in una sola. Non sai quanto durerà né dove ti porterà. Sai solo che sarà così, che per mille volte sciagurate e favolose ancora tu cadrai, e io cadrò. Sognando di volare. »
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Devo recuperare gli altri libri di questo autore che dopo due libri che ho letto è entrare direttamente nella mia top ten degli autori del mio cuore. Fabio Genovesi ha una scrittura evocativa, ti sembra ti ascoltare le sue parole, ti immergi nelle sue storie delicate, che ti fanno riflettere, che caso strano parlano anche di te, tu che leggi ti senti coinvolta perché le sue parole, sono anche per te. Io che non seguo il ciclismo, mi ha fatto venire voglia di andare a rivedere le tappe di quel famoso giro d’Italia, vinto da Pantani, di vedere il pirata nella sua gloria e nella sua caduta. La storia di un uomo che credeva in un sogno ed è la storia di Fabio, un giovane a cui è stata decisa la sua strada, la vita ma che non è la sua, lui non ha mai deciso nulla, ma in quel meraviglioso anno della doppietta, Giro e Tour de France come Pantani onora i suoi sogni, la vita di Fabio cambierà, perché non è mai tardi per credere a babbo natale ad un sogno. Perchè Fabio futuro avvocato, si ritrova a fare il servizio civile in un convento quasi abbandonato con due preti anziani e molto particolari e una bimba che si crede una gallina. Don Basagni mi ha fatto arrabbiare, sorridere e piangere forse è il personaggio che ho amato di più, nel suo essere rude, ma passionale… Fabio è disarmante ma il suo sogno forse riuscirà a realizzarlo, perché il peggior nemico per i nostri sogni, è uno, lo sa Pantani, lo conosce Don Basagni e lo scoprirà anche Fabio e finalmente sarà libero. Libero di cadere e sognando di volare.
Si nasce e si comincia a cadere, o forse no, è l'inizio di un volo. Ad un certo punto, dopo un certo numero di anni, la caduta accelera: i giorni, le settimane, i mesi, gli anni 'volano'. Forse, invece, si sta volando più in alto. Volare in alto permette di vedere meglio qualsiasi cosa hai vicino, il panorama si amplia, se quello che hai accanto sembra enorme e orribile, dall'alto lo vedi nell'insieme, con tutto ciò che c'è intorno e sembra che tutto abbia un posto. Se quelle che ho appena scritto ti sembrano stronzate, vuol dire che sei 'normale'. Se, invece, ti sembrano cose ovvie allora non hai bisogno di leggere questo libro a meno che non ti piaccia il ciclismo. A me il ciclismo non piace ma questo libro mi è piaciuto, molto.
"Esiste un modo semplice per capire se ti piace la tua vita, un test rapido e chiaro che ti dà la misura di quanto sei felice di quel che fai: basta che aspetti la domenica sera, e guardi come ti senti. Tutto qua, non serve altro. Perché il fine settimana puoi passarlo a riposare o a divertirti, ma il sabato passa e passa la domenica mattina, con la colazione tranquilla e magari un pranzo fuori. Poi il sole cala e gli fai una bella foto col telefono per fermarlo sullo schermo, ma il tempo non lo fermi, il tempo porta il buio e la domenica sera, e davanti a te si scoperchia il panorama del lunedì e di un’intera settimana uguale al solito. E da qui, da come ti senti davanti a questo panorama, capisci quanto ti piace la tua vita."
Io li leggo tutti i libri di Fabio Genovesi. Sarà che è versiliese "docche" e nonostante tutto non riesco a resistere al richiamo strapaesano. Sarà quel che sarà, ma quando li leggo penso sempre che siano tutti uguali. I protagonisti sono sempre gli stessi - cioè lui -. Ragazzi di famiglia modesta, sfigati, daltonici, con passioni variabili tra funghi/ciclismo/pesca e la musica rock. Eppure Eppure Genovesi non lo so, anche se è la decima volta che leggi lo stesso incipit ti piglia, ti piglia e vuoi andare avanti perché nonostante sia leggerissimo (o forse proprio per questo) ti tiene attaccato alle pagine perché è come se la stessi vivendo te la storia di Fabio, Don Basagni, ma anche di Pantani. Mi sono sinceramente emozionata al capitolo del Giro, una sequenza così sul ciclismo ti fa pensare che tutte le volte che ti addormentavi mentre il nonno lo guardava alla TV eri proprio una scema, come ti puoi perdere uno sport così avvincente?? (in realtà continua ad annoiarmi ma mi sono vista una cosa come 10 volte la vittoria su Tonkov). Questa volta il pianino regolare - perché essendo tutti uguali tutte le volte lo so che c'è un momento in cui piango- l'ho fatto alla fine, perché si è veramente conclusa un avventura, lasciandoti quel sapore agrodolce che ti fa rivivere quanto letto fin'ora.
Per me Genovesi è una piacevolissima conferma: dopo le cinque, inaspettate stelle assegnate per "Il mare dove non si tocca", altrettante ne assegno a questo bellissimo romanzo di formazione. Un romanzo di formazione, forse, un po' anomalo giacché si accompagna a un emozionante e commovente ricordo della figura eroica di Marco Pantani (che forse potrebbe non essere così accattivante per qualche donzella mia pari età, ma che per i maschietti è fantastico). Anomalo anche perché, alla fin fine, la formazione del protagonista si realizza, accelerata, in pochi mesi di servizio civile. Dal punto di vista stilistico, non manca la vena ironica che personalmente apprezzo tantissimo, mentre l'io narrante in prima persona ha una voce perfetta. Leggendo, infatti, si percepisce l'immaturità del protagonista nell'affrontare la vita, ma il colpo di scena ne chiarisce (almeno per me) il senso. Si parla di vita, di morte, di sogni infranti e di sogni da realizzare, di libertà e di catene invisibili, cos'altro si vuole? Lettura leggera, se si vuole, profonda se si decide di interrogarsi sui quesiti che si leggono tra le righe, e gli scrittori in grado di realizzare racconti con più piani di lettura hanno tutta la mia stima.
Ho comprato questo romanzo catturata dal titolo, quello che per me era il senso del titolo, possiamo cadere ma dobbiamo “osare” se vogliamo vivere e tentare di raggiungere i nostri sogni. La storia è molto intensa, interessante il parallelismo tra la vicenda ciclistica di Pantani e la vita dei due protagonisti appassionati di ciclismo e del sogno che il campione ha incarnato. Fabio ha ventiquattro anni e studia giurisprudenza, la materia non lo entusiasma per niente, ma una serie di circostanze lo ha condotto lì, e lui non ha avuto la forza di opporsi. Mentre è in procinto di raggiungere i suoi amici a Siviglia gli arriva la cartolina del distretto militare che poi è in realtà il servizio civile in un convento sui monti. In questo convento sperduto il direttore Don Basagni è un uomo ruvido e scorbutico che non gli interessa più nulla tranne che il ciclismo, così iniziano a guardare insieme il giro d’Italia e, mentre lentamente si conoscono e raccontano pezzi della loro vita, si infiammano nel sogno incarnato da Pantani che sfida il suo destino per vincere il giro. Grazie a questo anche i due protagonisti trovano il coraggio di cambiare qualcosa nella loro vita, andando oltre la tranquilla solidità che ormai erano abituati a sopportare.
Un romanzo che ci parla del coraggio, soprattutto di quello che ci manca quando siamo paralizzati dentro vite dal ritmo sempre uguali. Nel racconto Genovesi ci narra le imprese di Fabio, ventiquattrenne laureando che sceglie di fare l’obiettore di coscienza e viene spedito in un convento a fare l’educatore, peccato che non ci siano bambini da educare ma un vecchio prete burbero che non esce mai dalla sua stanza e tratta male tutti. Una sola passione in comune il ciclismo e il destino vuole che quelli siano gli anni del pirata, Marco Pantani. Il sogno di Pantani, eroe sportivo dal percorso doloroso e tormentato, diventa quello di Fabio, di don Basagni e dei tanti che come loro vedendolo gareggiare impareranno a guardare sempre più in là, se ci crediamo tutti possiamo essere pirati delle nostre vite. Cit: “ L’orologio, con questo ci siamo inventati la bugia che il tempo era quello che misuravano gli altri, e gli siamo andati dietro. Eppure basterebbe alzare gli occhi da quelle lancette striminzite, basterebbe pensare a quanto sono lunghi gli anni fino a quando non ne hai venti e dopo quanto corrono a razzo e, a forza di stare con gli occhi sopra quell’orologio, non esisti più.”
Qualsiasi sintesi non rende la potenza di questo libro, che intreccia l’estate di un ventiquattrenne in servizio civile con le imprese eroiche di Marco Pantani. Quindi ecco: saltate recensioni, sintesi, e grandi metafore, in caso recuperateli dopo.
Leggetelo a scatola chiusa, e possibilmente tutto in un colpo, come fosse una strada in salita. Leggetelo se amate il ciclismo e se per voi San Valentino significa avere nostalgia di un pirata. Ma funzionerà anche se non ne avete mai capito nulla di ciclismo, nè vi siete interessati, ma avete avuto qualcuno tra gli amici o in famiglia che un giorno ha provato a convincervi di quanto sia bello (per me quella persona è Federico Petroni).
Leggetelo se amate la solitudine, i rapporti particolari e la meraviglia di imprese singole che diventano collettive. Ma non collettive tipo quando vince la Nazionale ai Mondiali e tutti si abbracciano, ma collettive nel senso che «da un’impresa ne nascono altre mille» come un esplosione, dove per un istante, e per sempre quello, il pensiero magico diventà realtà.
Ed eccolo qua, il secondo libro iniziato in volo in questo strano 2020. Devo dire che se non mi fosse stato consigliato non lo avrei letto, apprezzo Genovesi come persona ma i suoi due libri precedenti che ho letto non mi hanno convinto tanto. Avrei sbagliato. Cadrò sognando di volare è un libro bello, leggero ma profondo nella sua leggerezza. La trama quasi non c'è, ma i personaggi e le loro storie ci sono eccome. Il protagonista, penso ci sia molto di personale di Genovesi, è come conoscerlo, i luoghi, le atmosfere sono resi benissimo. Magari non sempre sono descritti nei dettagli ma secondo me, ed è qui il bello, ne viene colta l'essenza. E poi il ciclismo, se ti appassiona come sta capitando a me da alcuni anni, certe cose le capisci meglio, certe sensazioni soprattutto. Ha il merito di romanzare Pantani e di farlo in modo leggero, cosa non facile visto come è andata. Mi ha fatto dire quelle salite avrei potuto vederle e invece non lo ho fatto, chissà perché, chissà cosa facevo e lì è inevitabile un po' di rimpianto. Un libro che probabilmente, io che odio rileggere, rileggerò.
Come nei vizi, in Fabio Genovesi ci ricasco, ormai per la terza volta. E questo vorrà pur dire qualcosa. Inizio a conoscerlo e, come sempre succede con l’esperienza e l’abitudine, ad affezionarmi anche ai suoi vizi, fino a provarne tenerezza. Innanzi tutto l’eccesso di retorica edificante: un’infilata di frasi sentenziose da incartamento dei Baci Perugina, che lette su Kindle sono fitte di sottolineature altrui. Sembrano sempre illuminanti perché sono buoniste, ovvero buone per tutte le occasioni. Poi, l’ingenuità ridanciana, tipicamente toscana, incentrata su personaggi buffi e tipizzati a cui è impossibile non affezionarsi (come ai peluche con gli occhi giganti). Tuttavia, sotto queste paillettes in plastica luccicosa, c’è anche un’autentica qualità, per lo meno in questo romanzo (tra quelli che ho letto, il più riuscito): un ritmo intenso, costruito con sapienza, a tratti epico, soprattutto nelle pagine dedicate a Pantani, sinceramente ispirate.
Romanzo di formazione atipico e molto bello. A unire Fabio e don Basagni il ciclismo come metafora della vita, ma più di tutto un uomo che ha interpretato il ciclismo in modo eroico: Marco Pantani. E seguendo quel fantastico 1998, con Pantani vittorioso al Giro ed al Tour che Fabio e don Basagni troveranno la loro strada. Leggerlo dopo aver seguito il Giro atipico del 2020, con i commenti di Fabio Genovesi, ha fatto si che questo libro l'ho sentito nella mia testa con la voce dell'autore... come se me lo leggesse lui. Molto bello.