Questo romanzo è il racconto di un’infanzia della fine degli anni Settanta, quando una piccola vettura gialla stracolma di bagagli poteva scivolare su e giú per la penisola, dalla Sicilia al Veneto, e, con aria di festa e trasgressione, trasportare sogni, speranze e memorie di un paese antico e moderno. Attraverso i ricordi della bambina di ieri, ricordi impressi nel corpo, nel suono, nel canto, Patrizia Laquidara appronta un mirabolante inventario di vite e persone, nomi e nomignoli, oggetti e dalla figura tenera e inquietante di un medium bizzarro a un pappagallo irriverente, dalle voci dei pescatori al mercato di Catania al fragore di una vecchia fornace a Murano, dove si forgia il vetro con il fuoco. Un universo magico, in cui si specchia l’incanto proprio di ogni infanzia, ma anche quello di un paese che, tra il mare di Catania e lo stretto di Messina, l’autostrada del Sole, i treni infiniti attraverso le gallerie dello stivale, le campagne e le colline dell’alto vicentino, approda alla modernità trasportando tutto il peso delle sue antiche radici e leggende. Piú di tutto colpisce, in quest’opera, lo stile in cui è scritta, che riproduce, in una prosa sobria e insieme sofisticata, il suono dei racconti orali appresi da bambina, assolvendo cosí il compito proprio della letteratura e del riproporre il miracolo della voce umana. «A me il terremoto non piace e lo dico per esperienza, non per sentito dire, perché è l’unica cosa che mette paura ai grandi. Ma stanotte è c’è la luna piena in cielo e siamo distesi vicini, parliamo sottovoce da un capo all’altro della fila. A tratti arriva l’odore della spazzatura marcescente e torna la paura di morire schiacciati, ma è poca cosa rispetto alle stelle che splendono sopra di noi, all’aria tiepida sulla pelle, al profumo intenso del gelsomino, che è il fiore piú bello di tutti perché nasce libero nei luoghi piú luminosi del mondo».
Ti ho vista ieri è un esatto libro di memorie. Non si trovano quindi i fatti incontrovertibili dell’infanzia di Patrizia Laquidara, nota cantautrice siculoveneta, che ci si aspetterebbe da una autobiografia. In questo libro esplode la bambina che è stata e che appare viva e presente ancora oggi. Un racconto personalissimo diviso tra un mondo sonoro, soprannaturale e deliziosamente grottesco, appartenente agli anni di residenza in Sicilia, regione originaria del padre, e quello più austero, ma non privo di emozioni in Veneto, luogo materno. La prosa restituisce il pensiero magico e poetico dell’infanzia di Patrizia assieme ad una certa musicalità propria del suo primo amore.
Bah. Tante aspettative per un intenso diario in filtro seppia con una copertina da incorniciare, e poi, in realtà, mi ha lasciata un po' così. A un certo punto mi sono persa tra le spire della noia, e non c'è stato più verso di venirne a capo.