Deux enfants, Lem et Isaac, vivent dans un orphelinat cerné de murs montant jusqu'au ciel. Ils tentent d'apercevoir à travers un trou du mur la Grande Eau, symbole pour eux de toutes les libertés. Nous sommes au lendemain d'une guerre, dans un établissement régi par quelque dictateur, sans autre espace laissé à l'imaginaire que ce trou, qui canalise espoirs, paroles et prières.. Lem nous raconte ce cauchemar éveillé, frénétiquement, comme s'il n'y avait pas de lendemain, comme si les adultes ne pouvaient les croire, comme si tout était trop irréel pour être vrai. Les enfants rêvent que la Grande Eau se rapproche, absorbe les étoiles, qu'elle les embrasse et les enveloppe comme une mère en recouvrant tout sur son passage. Mais peu à peu, les murs se recouvrent de lettres rouges, le ciel devient de flammes, le vent rouge emporte les étoiles, et la sécheresse menace.. La prose répétitive et incantatoire de (...)ivko (...)ingo déchire la norme, perce le coeur, et transcende d'une manière hallucinée la malédiction de Lem et d'Isaac.. « Nos coeurs d'enfants étaient remplis de rêves, ils en explosaient. Mais où que le sommeil pût se trouver, le sonneur de cloches était là pour le poursuivre. Il le poursuivait comme son pire ennemi. » . « La nature est accentuée, hyperbolisée jusqu'à l'échelle biblique, elle est tissée de légendes, de croyances et de prédictions. Les vallées, les jardins, les arbres, l'alternance des saisons, le vent qui vient de l'ouest, l'arrivée du printemps et, avant tout, les orages transformant le pays en boue et enfeu acquièrent des significations particulières, surréalistes, sacrées. Tout d'un coup, l'homme devient plus petit, disparaît devant le torrent des grandes eaux. » Milan Djur(...)inov .
Živko Čingo (1935 – 1987) was a Macedonian writer, born in Velgosti, near Ohrid, Kingdom of Yugoslavia. He studied literature at the University of Sts Cyril and Methodius in Skopje and later worked as a journalist. He was part of the wave of new, non traditional writers to emerge on the Macedonian literary scene in the post-World War II period. ______ Раскажувач, романсиер, драмски писател. Роден е на 13 август 1935 година во с. Велгошти, Охридско. Почилнал на 11 август 1987 година. Завршил Филозофски факултет во Скопје. Извесно време работел како професор во гимназијата во Охрид, а по доаѓањето во Скопје во „Студентски збор“, „Млад борец, РТС, во Центарот за политички студии, Републичкиот комитет за култура како и советник во Министерството за култура во Скопје. Бил директор на Македонскиот народен театар во Скопје. Член на ДПМ од 1963 година.
Автор е на книгите: Пасквелија (раскази, 1961), Семејството Огулиновци (раскази, 1965), Нова Пасквелија (раскази, 1965), Сребрени снегови (роман за деца, 1966), Пожар (раскази, 1970), Големата вода (роман, 1971), Образов (драма, 1973), Ѕидот, водата (драма, 1976), Вљубениот дух (раскази, 1976), Кенгурски скок (драма, 1979), Макавејските празници (драма, 1982), Накусо (раскази, 1984), Гроб за душата (раскази, 1989), Бабаџин (роман, 1989), Бунило (раскази, 1989).
Добитник е на наградите: „Рациново признание“, „11 Октомври“, „1 Мај“ и „Стерино позорје“.
Колку прекрасна книга. Каков неверојатен роман, и најладнокрвниот човек би го погодил и трогнал. Толку неверојатно ја плете оваа приказна, а кулминацијата е крајот кој мислам дека нема да ме остави на мир уште многу долго време.
Grande Madre Acqua racconta diverse cose. Dei bambini dispersi, orfani e randagi del dopoguerra, si allontana per inquadrare la realtà, torna indietro per sfiorare il sogno. All'interno di un romanzo del genere non c'è altro posto se non quello per la storia. A noi lettori non rimane altro che venirne sommersi, restare sopraffatti dalla narrazione, dalle parole e dagli infiniti gesti e ricordi che ne scaturiscono.
Ho ricevuto questo libro dall'editore in cambio di una recensione onesta. Non è mai semplice parlare e fare commenti su libri riguardanti questo genere, libri dove la realtà dei fatti viene raccontata in modo nudo e crudo. Grande Madre Acqua è un romanzo che non racconta semplicemente la storia di due bambini, è un misto di argomenti, avvenimenti ed emozioni che molto spesso si fa fatica a comprendere. I protagonisti della storia, Keiten e Lem, sono due orfani di guerra obbligati a vivere tra le quattro mura di un orfanotrofio in Macedonia (Jugoslavia). Alle mura di questo posto viene data un’importanza metaforica, oltre che fisica, portando il lettore a reputarle quasi le mura di una prigione che non permettono ai bambini di sognare o immaginare un futuro. Il romanzo, infatti, si basa proprio su questo contrasto: da una parte l’orfanotrofio in cui i bambini subiscono soprusi da parte degli adulti, posto tetro e cupo, e dall'altra la ricerca quasi cieca ma necessaria di questa “Grande Madre Acqua”, che altro non è che il rumore del lago più vicino capace di cullare i bambini e di instillare in loro un’enorme speranza di libertà. L’utilizzo della voce narrante di uno dei due protagonisti permette al lettore di entrare ancora di più in quella che è la storia raccontata; per il resto, lo stile di scrittura riesce a creare pause e dare i giusti accenti dove necessario. L’unica cosa che mi ha fatto storcere il naso è la massiva presenza dell’esclamazione "Che io sia maledetto!" all'interno del romanzo, perché a lungo andare, risulta quasi fuori luogo.
Romanzo molto duro, che non lascia assolutamente indifferenti. Čingo dipinge con maestria un affresco sociale desolante, dove la miseria, la fame e la violenza regnano sovrane. L'orfanotrofio, in cui vivono i due protagonisti Lem e Keiten, diventa la metafora della Macedonia oppressa dal regime comunista, un microcosmo di crudeltà e ingiustizia, dove i bambini sono privati della loro innocenza e costretti a sopravvivere in un clima di terrore, sopraffazione e alienazione. La sua prosa è nuda e tagliente come un coltello che penetra nelle profondità dell’animo umano. Ma in questo panorama così desolato, affiora, grazie ad una profonda vena poetica, un barlume di speranza. La "Grande Madre Acqua" è una figura simbolica e fantastica, che rappresenta la forza salvifica della natura che ti rende libero e ti redime. I due ragazzi, aggrappandosi a questo sogno, cercano di evadere dalla loro realtà opprimente, sperando in un futuro di libertà e luce, lontano dalla brutalità del presente. La loro amicizia, pura e profonda, rappresenta lo spirito umano che sa resistere alle brutture e anela al bene
Иронично е да се живее во дом наречен Светлост, кога секој ден поминат меѓу неговите ѕидови, се' повеќе те ослепува. Тука прежалените деца на војната се судираат со суровата реалност, вопитувани од железната рака на комунизмот. Од ден на ден се' повеќе огрубуваат, во сомнеж дека постои и друго место каде толку бргу умира детството. Тука, во овие ладни одаи времето се мери со векови, неуморно се трага по мајчината љубов и без престан се копнее по слободата. За овие сирачиња, кои спознале многу малку од светот, таа (слободата) е една и единствена олицетворена во Големата Вода - водната површина толку бесконечна, таинствена и неуморна како и ослободувањето по кое чежнеат невините осуденици на домот.
"Per un secolo non ci scambiammo nemmeno una parol.Restammo in silenzio, muti, trascinati dalla corrente della Madre Acqua che ci apparve di nuovo come un'eco lontana, prodigiosa come in un sogno. Che io sia maledetto, stava arrivando. Nel cuore di Keiten non era cambiato nulla, regnavano ancora l'amicizia, l'amore, la solidarietà e l'accoglienza, il sorriso, il suo sorriso, e il desiderio, la fede nella Madre Acqua, la verità sul Monte Senterlev. Che io sia maledetto, questo monte esisteva, un monte luminoso tra nebbie dorate ed eterne. Quel sogno meraviglioso ci riapparve, niente poteva distruggere il nostro desiderio di libertà. Amico mio, avevamo dentro un sentimento gigantesco, l'amore. La Madre Acqua era ovunque e lì dentro era la sola cosa che ci ricordasse la vita".
Questo è un romanzo interessantissimo che ci trasporta nella Jugoslavia comunista di Tito, all'interno di un orfanotrofio circondato da un enorme muro che lo fa sembrare a tutti gli effetti una prigione. Questo muro altissimo e impenetrabile è un elemento centrale nel romanzo, rappresenta l'orizzonte chiuso e tetro oltre il quale i bambini non possono guardare, è ciò che toglie loro la possibilità di sognare una vita diversa. Lem e Keiten, i protagonisti della storia, riescono però ad ascoltare oltre il muro la voce di quella che presto cominciano a chiamare "Grande Madre Acqua", ossia il lago Ohrid e basta il dolce suono delle sue onde ad accendere nei loro cuori feriti l'immaginazione e la speranza della libertà. Da quel momento la presenza di questa voce melodiosa che sembra quasi cullarli come una madre amorevole, diventa per i due bambini l'unica consolazione in una vita durissima fatta di continui maltrattamenti e punizioni alle quali solo Keiten sembra non volersi piegare. Keiten è stato per me il personaggio più affascinante, la sua risata è un raggio di sole che tenta di penetrare l'oscurità dell'orfanotrofio, il suo coraggio sfrontato e la sua amicizia addolciranno i giorni vuoti e tristi di Lem. Fa veramente male pensare alle condizioni malsane in cui gli orfani di guerra erano costretti a vivere, all'esagerato rigore che la vita sotto un regime comunista richiedeva e questa scrittura così diretta è capace in pochissime righe di far venire i brividi. Questo piccolo passo che ho scelto di riportare credo sia indicativo dello stato d'animo e delle condizioni di vita di questi bambini:
"Non ho memoria di nessun altro luogo dove l'infanzia muoia così in fretta, dove la si sotterri tanto spietatamente. L'infanzia, il più bel fiore della vita, svaniva come un dente di leone appassito. Nessuno sapeva dove fossero sepolti i giorni dell'infanzia. Nei due, tre secoli trascorsi all'orfanotrofio ebbi la percezione di quanto stessimo invecchiando, mille anni o forse più".
Si tratta di una scrittura davvero particolare, in alcuni punti diventa onirica e si ha la sensazione di galleggiare tra sogno e realtà, una scrittura con la quale però soprattutto all'inizio ho faticato ad entrare in sintonia proprio perché mi ha colto di sorpresa e probabilmente anche per l'esclamazione "Che io sia maledetto!" che ricorre continuamente nel romanzo, anche più volte in una stessa pagine e che, francamente, risultava alla lunga piuttosto pesante e fastidiosa. Sento di poter affermare che si tratta di una storia più profonda e complessa di quanto immaginassi e ve la consiglio sicuramente anche per affrontare una penna originalissima, che sicuramente stimolerà la vostra lettura.
I read this in translation. I knew nothing about the Greek civil war, much less the blight of the 28,000 child refugees removed from Macedonia. Amazing presentation of an adult remembering being a child under those horrible conditions. The Tourette’s curse is the adult, the million of centuries that each small horror lasted is the child’s viewpoint, the two together is a nightmare. Yet, somehow, there is a small drop of hope: big water, a snow covered mountain, and a human heart.
Grande Madre Acqua di Živko Čingo (Casa Sirio sciamani) è un libro che mostra crudeltà, sofferenza. E' una storia di confini, di muri che sembrano invalicabili, un racconto di schiavitù, ma è anche un percorso di speranza.
Grande Madre Acqua tocca dei nervi scoperti, ci mostra qualcosa che non vorremmo vedere mai: la sofferenza dei bambini che vengono umiliati, imprigionati, costretti a subire le botte, il silenzio, i diktat di chi conosce una sola strada. Eppure ci mostra anche molto altro: i sogni dell'infanzia, la voglia di rialzarsi, la volontà di non arrendersi.
La voce protagonista è quella di Lem, ormai adulto, che ripercorre gli anni dell'infanzia vissuti in un orfanotrofio nella Jugoslavia di Tito, precisamente in Macedonia, un territorio che nella prefazione viene definito "senza fissa dimora", circondato da Paesi ingombranti che non hanno mai lasciato spazio. La recensione compleata su www.lalettricecontrocorrente.it
Si ja posakuvam sebesi Golemata voda... Iako nemam fizički zid, sekako imam mentalen koj me pritiska,mi se stesnuva na momenti, se izdiga, ne se dogleduva... Mi treba i Sentreloviot rid kako motivacija da se iskačam do svoite visini ne za da me vidat tie što se dole, tuku jas da ja vidam mojata Golema voda koja sum ja "preplivala" za da poglednam odozgora vo mojata vnatrešnost. Na site ni treba edna Golema voda i eden rid vo tekot na životot... Dodeka nas ni treba mentalno, na ovie deca vo romanov "vodata" im treba fizički. Za niv e taa mečta, cel, stremež.. Zidot kaj niv e vistinski, gi opkoluva od site strani vo dimot za deca bez roditeli Svetlina.. Kakvo ime za mestoto kade ima samo mrak, ponižuvanje i maltretiranje, svetlina ima samo vo nivnata fantazija, vo nivnite soništa.. No i tie im se zabraneti, pa sonuvaat skrišum preplašeni.. Za da se stigne do Sentreloviot zid treba da se ima ljubov i hrabrost, da se ima kopnež, son da se slušne i vidi vodata, taa da se prepliva... Deca siraci posle Vtorata svetska vojna sobrani, bukvalno loveni gi zgrizuvaat vo domot Svetlina. Skrišeni, tazni, bez nikogo, bez majka, ostaveni se na milost i nemilost na vospituvačite koi si mislat vojnata uste trae, pa treniraat strogost na ovie kutri deca.. Im odzemaat se i toa malku što go imaat dostoinstvoto, sonot, fantazijata, nadežta za sloboda, onaa što se prostira pozadi golemiot zid na Sentreloviot rid.
Golemata voda e simbol na sloboda, simbol na eden detski nevin son za sloboda. No dali e samo detski? Edno drvo neizdelkano... "Sakav da napravam majka" Deteto... Od drvo da napravi majka...
Proklet da bidam... Detstvo bez bezdetstvo, bez ljubov i toplina prokleto e... Bez majka... Proklet da bidam....
Ricevo dall'editore CasaSirio un romanzo che non conoscevo, nonostante legga un centinaio di libri l'anno, dieci più, dieci meno, che è la storia di un'amicizia infantile tra Lem e Keïten in costante ricerca di una MADRE e di un MONTE, nonostante una direzione sadica, tra le pareti, anzi, tra i muri, meglio ancora dentro ai muri di un oscuro orfanotrofio russo negli Anni Quaranta, rinfrescato da amenità del tipo: “In fondo però, chi non ha desiderato, almeno una volta nella vita, di buttarsi senza pensare?”, da altre come: “Che io sia maledetto, il talento è una grande magia. E una sofferenza.”, fino all'uso patafisico delle parole “secoli” e “migliaia d'anni” al posto di “poche ore”.
La prima cosa che mi colpisce di questo romanzo è l'interiezione: “Che io sia maledetto”. Al ritmo di due volte per pagina. Praticamente, un tormentone. Che però alla lunga accompagna come una sicurezza attraverso le brutture e incertezze descritte dall'autore dal nome impronunciabile. Anzi, pregherei i lettori di mandarmene un audio con la corretta pronuncia al mio indirizzo e-mail: pastoristefaniagloss@gmail.com.
Si può definire uno scritto ottimista, quando si arriva a leggere massime come questa: “È triste, amico mio, è triste essere vivi e accorgersi che tutti ti hanno già cancellato. In quel momento non c’è più vita, per un uomo, nessun compito da portare a termine, solo quello di morire.”. Ovviamente, sono ironica. Capisco rapidamente che orrore e tristezza e "rassegnazione mai" sono la cifra stilistica del Čingo.
Nel riportare le sue citazioni, stavolta lascio appositamente il corsivo dove lui scrive in corsivo, e l'italico dove l'talico, perché l'autore alterna pagine riempite di considerazioni filosofiche in corsivo ad altre circa i fatti scritte in normale italico, identificando nei due diversi stili di carattere le relative differenziazioni semantiche. Qui, una delle sentenze, estrapolata dai corsivi, che identificano le sue riflessioni: “ciò che doni agli altri ti appartiene, ecco il senso di ogni cosa.” (vedi il formato originale sul blog https://leggolibrifacciocose.blogspot... qui non sono così tecnica da capire come fare).
“Rapidamente, all’interno dell’orfanotrofio, bambini e oggetti cominciarono a confondersi fino a divenire indistinguibili.”: qui invece una perfetta descrizione di alienazione fattuale affidata all'italico.
Descrizioni fulminanti per grigiore e sintesi: “Il mattino incombeva dolorosamente, spossato come l’albero dell’orfanotrofio, lacerato per metà.”, “Il Campanaro sgranò gli occhi a tal punto che, per poco, non gli cascarono in terra come bottoni scuciti.”, “Non si era mai visto uno spettacolo simile nel cortile dell’orfanotrofio. Magri, denutriti, i corpi ancora bambini, giravamo intorno alla nostra piccola ombra malconcia come folli. Non sapevamo che fare della nostra testa mutilata, delle nostre braccia rotte, di noi stessi.” e ancora: “Non mi lascio aprire bocca e mi getto a terra con la grossa mano da macellaio, tra le ceneri della primavera che sorgeva come una fiamma.”, “se si vuole punire qualcuno per tutta la vita, bisogna separarlo da ciò che ama di più al mondo.” o "trovate" come quella del "lisciare i capelli" per ore con le mani impastate di saliva, addormentarsi la notte con un fazzoletto in testa, per poi svegliarsi la mattina così: “peccato che al risveglio i capelli fossero divenuti colla, una vera e propria matassa da sbrogliare. Forza, provate a sbrogliarli, provate a pettinare quei capelli! Il prezzo sono lacrime e sangue. La forza del talento era tutta qui: poveri bambini, tutto ricominciava da capo, e dovevano di nuovo sopportare stoicamente le peggiori sofferenze.”
Un talento a me sconosciuto, questo Čingo. Ne ricopio ampi brani per impararne lo stile e farlo mio.
“Che io sia maledetto, erano scorci stregati. All’improvviso vedi uno spiraglio che scintilla, poi un altro, e un altro ancora. Era il più stupefacente e magico dei labirinti. Provate a individuare il punto esatto in cui lo sguardo di un bambino ha bucato il muro. La Direzione esaminava il muro ogni giorno, le punizioni erano severe e i buchi venivano tappati. Ciechi. A cosa poteva servire il cemento se, trascorso un solo istante, migliaia di buchi identici apparivano di nuovo?”
“Tutto l’orfanotrofio era immerso nella solita immobilità, la stessa calma glaciale che spesso regna nei cimiteri. Di tanto in tanto, capitava che uno di noi cercasse qualcun altro in sogno, allora i bambini mormoravano, parlavano da soli.” E poi nel bel mezzo della narrazione di una marachella tra ragazzini, una perla speculativa: “Bisognava invecchiare secoli per conservare intatta l’innocenza.”
“Oh madre mia, oh amico mio, oh la vita, oh gli uccelli, oh l’acqua, oh la casa...” era come una pugnalata al cuore. Evidentemente, quando si è cosiì tristi, cantare o gridare non serve. - Calmati, Lem! Calmati, bambino - diceva Trifoun Trifounoski, spaventato e inquieto. Ma quale cuore sarebbe riuscito a placarsi, a fermare quel vento nefasto e distruttore? “Oh, divento cieco” diceva il mio testo e io, idiota, avevo gli occhi rovesciati, col bianco che riempiva del tutto le orbite, e il povero Trifoun Trifounoski pensò fosse la fine per la mia vista. - Povero bambino – disse.”
Il Piccolo Male, il Male Sacro dell'epilessia sembra attraversare le pagine del piccolo protagonista, come farebbe uno sciamano. Forse si spiega così l'inserimento a catalogo CasaSirio nella collana SCIAMANI.
“- Mi vergogno - dissi, e scoppiai a piangere. Gli confessai che non avevo alcun talento, che detestavo le poesie, i romanzi e tutto il resto; gli confessai che si trattava di un istante di follia, d’incoscienza, di dolore, un dolore egoista e insignificante, e tutto per un uomo, quanta importanza per un solo uomo. Che io sia maledetto, proprio così, per un solo uomo.”
“Nel cuore di Keïten non era cambiato nulla, regnavano ancora l’amicizia e l’amore, la solidarietà e l’accoglienza, il sorriso, il suo sorriso, e il desiderio, la fede nella Madre Acqua, la verità sul Monte Senterlev. Che io sia maledetto, questo monte esisteva, un monte luminoso tra nebbie dorate ed eterne. Quel sogno meraviglioso ci riapparve, niente poteva distruggere il nostro desiderio di libertà. Amico mio, avevamo dentro un sentimento gigantesco, l’amore. La Madre Acqua era ovunque, e lì dentro era la sola cosa che ci ricordasse la vita. Cosa potevamo volere di più?”
“Ancora adesso non riesco a capire quale verme abbia potuto rosicchiare a tal punto i nostri cuori – la fame, la paura, le punizioni, le umiliazioni quotidiane, il freddo, la nota sul dossier, forse le file e quel maledetto muro, o forse tutto insieme – ma una cosa era chiara come il giorno: lo spionaggio, la viltà e la cattiveria spuntavano nell’orfanotrofio come patate novelle. Tutti diffidavano di tutti, si nascondevano dagli altri e si chiudevano in loro stessi.”
“...avrei compreso che esistevano molte cose di cui non cogliamo immediatamente il senso, cose che non si lasciano vedere a occhio nudo, meraviglie che si nascondono negli oggetti, che ci aspettano pazienti mentre noi, spietati e ciechi, le calpestiamo distruggendole in maniera irrevocabile.”
Eppure, celata dietro tutta questa negatività, ci sta la speranza. Proprio il più malmesso, ovvero Keïten, che fu affidato alle cure di Lem perché ritenuto responsabile, perché “con dossier aggiornato”, perché più savio, compie la sua rivoluzione silenziosa, il miracolo, di cambiare se stesso e il malefico direttore in buoni personaggi. Come? Ve lo lascio disseppellire con l'archetipo più antico del mondo.
Due parole, come mia consuetudine, sulla copertina. Nell'esplorare il catalogo di CasaSirio, un'editrice non a pagamento, (finalmente, leggi qui le mie valutazioni a riguardo https://ilpiacerediscrivere.it/interv...), noto con piacere* l'unità grafica che ne caratterizza i libri. Eccellente coesione visuale, caratterizzata da armonia dell'impaginazione, dagli equilibri degli elementi visivi, alla euritmia dei cromatismi. Va necessariamente il mio plauso all'editrice.
Consigliato a chi riconosce nel potere dell'acqua l'eterno femminino e in quello della montagna discoprire il maschile, a chi abbia vissuto un periodo della propria vita in luoghi oscuri e opprimenti per trovarvi comunque una ragione di speranza, a chi crede nella capacità di salvezza nell'essere empatici prima di tutto.
Si tratta di un romanzo edito @casasirio ambientato in un orfanotrofio dell'ex Jugoslavia. Qui, tra mille altri bambini, Lem e Keiten cercano di sopravvivere ai soprusi ed alla mancanza grazie alla loro amicizia, unica del suo genere, ma anche grazie alla natura che li circonda. Oltre le mura dell'orfanotrofio, infatti, la Grande Madre Acqua li osserva, li protegge e dà loro speranza. Una storia dolorosa in cui la guerra è solo un'eco lontana e dove ci si focalizza più che altro sulla sofferenza dei singoli individui. Quando il dolore circola, esso non risparmia nessuno, pur assumendo forme diverse.
Dans un orphelinat en URSS, peu de temps après la Guerre. Des enfants, garçons et filles, sont soumis aux règles arbitraires d'adultes cruels et veules. Leur seul espoir réside en des lieux de légende. La Grande Eau, et le mont Senterlev. Lem, le narrateur, et Isaac, fils de Keïten, résistent comme ils peuvent, à travers les mots, les symboles, et en portant sur les traitements qu'ils subissent un regard à la fois intègre et ironique. Le texte est court, énervé, et violent. Et si le propos s'effrite parfois un peu trop dans le symbole, il se dégage du récit de Lem quelque chose d'à la fois sombre, absurde et optimiste, l'espoir dont ne sont capables que les enfants.
Delicato, lirico, onirico. È un romanzo che ti scava dentro e ti fa commuovere, che ti fa immaginare il Muro e gli sguardi vacui dei bambini. Descrive perfettamente l'atmosfera che doveva essere comune negli orfanotrofi di quel tempo e quel luogo (la Jugoslavia di Tito), e lo fa con una scrittura magnifica. Ogni pagina sarebbe da sottolineare.
Non sono 5 stelle solo per mio gusto personale, perché preferisco narrazioni più "complete", mentre qui ho spesso rischiato di perdere l'orientamento temporale.
Sono fermamente convinta che questo genere di romanzi debba aprire la strada a tutti coloro che hanno il coraggio di affrontare una verità scomoda e dolorosa, che ferisce nel profondo dello spirito.
Lo stile di Živko Čingo è unico, evocativo e in un certo modo, crudo, mantenendo però quel pizzico di fantasia che spinge il mito e la natura a scontrarsi con la crudeltà umana, che fin dagli albori della nostra specie ci ha contraddistinti da tutti gli altri esseri viventi.
Книга која зборува за болка, празнина и студ, но и за надеж дека нешто ќе биде подобро, дека ќе ја видиме 'Големата вода'. Што е потажно на светов од дете без родителска љубов? Помислата дека од денот кога си се родил, живееш и растеш без мајчинска љубов, ми ја растажува душата. Тажна, трогателна приказна, но вистинита и реална за многу деца во светот.
Од кога ја прочитав оваа книга прв пат, од тогаш не сум престанал да мислам на неа. Времето неможе да ги залечи книжевните рани и празнини што ми ги отвори. Без разлика колку пати ја имам прочитано, никогаш не е доволно, проклет да бидам, никогаш!
Nonostante ne comprenda la potenza, l'asprezza e il coraggio, questa storia, o perlomeno la sua traduzione, mi lascia perplessa in quanto a stile e linguistica. 'Grande Madre Acqua' racconta di due orfani, Lem e Keiten, e della loro crescita tra ostilità e angherie. Il narratore è in prima persona, quindi le sue espressioni, i suoi pensieri, sono quelli di un bambino pieno di sogni e speranza. Il suo racconto è innocente e ingenuo, e sono proprio queste due caratteristiche a rinforzare la crudeltà degli eventi ai nostri occhi adulti. Eppure, lo stile è a tratti infantile, tale da risultare fastidioso, ridondante. Per esempio, gli innumerevoli 'lo giuro' e 'sia maledetto,' usati come intercalare, seppur in un primo momento sintomi di risentimento e insicurezza presumibilmente caratteristici di un orfano, alla lunga diventano pesanti e perdono di significato. Purtroppo lo stile narrativo, lontano dal mio gusto personale, ha diminuito, ai miei occhi, la carica drammatica della storia, che si potrebbe altrimenti definire evocativa, melanconica e toccante.
- what lies on the first page of my old, dusty, brownish-stained trapped years tome of Zhivko and I can, in a heartbeat, tell that it’s the beautiful handwriting of my late uncle.
The mere thought and grasp of the fact that I was probably holding a dear book of his made me want to read it but only until the familiar state of melancholia passed. The kind who’s been lingering after his loss, knocking on the door from time to time, in the moments like this — when I roam around my book shelves.
The book itself is just as beautiful; with the fragments of war seen in the point of view of a child. A child or children who have no idea what war is. Truly a heartbreaking and eye opening perspective wrapped tightly in young innocence which we seem to lose as we grow older.