Torino, 2011; ril., pp. 456, cm 15x22,5. (Supercoralli). Aristide Gambia ha 58 anni, molti dei quali spesi a pensare al sesso. Un giorno gli arriva una lettera da parte di una donna con cui ha avuto una rapida avventura in gioventù: da quel ricordo sfuocato nasce in entrambi una voglia di raccontare e raccontarsi che è un gioco impudico e molto serio, cercano parole per quei dettagli. A ogni appuntamento, le loro memorie debordano, il linguaggio si fa sempre più esplicito, anche osceno, anche grazie al dialetto. Sono due persone mature, che non provano niente l'una per l'altra, che si appassionano al puro e semplice progetto di restituirsi con le parole l'esperienza erotica di un'intera vita. Eros e un binomio impossibile, inaudito, elettrico. Dieci anni dopo Aristide si reca a Sorrento per un convegno. Colpito dalla bellezza di una giovane donna, posa su di lei uno sguardo ormai stanco, uno sguardo di pura contemplazione del desiderio. Nelle pause del convegno, Aristide scrive una sua autobiografia erotica dall'infanzia alla vecchiaia. Uno di quei quaderni cade nelle mani della giovane donna, che lo legge con crescente disagio...
Domenico Starnone (Saviano, 1943) è uno scrittore, sceneggiatore e giornalista italiano.
Ha collaborato e collabora a numerosi giornali (l'Unità, Il manifesto per cui è stato redattore delle pagine culturali) e riviste di satira (Cuore, Tango, Boxer), con temi generalmente improntati alla sua attività di insegnante di liceo.
Ha scritto con costanza su Linus, negli anni '70-'80.
Ha lavorato anche come sceneggiatore; film come La scuola di Daniele Luchetti, Denti di Gabriele Salvatores e Auguri professore di Riccardo Milani sono ispirati a suoi libri.
Il suo libro maggiormente apprezzato, Via Gemito, ha vinto il Premio Strega nel 2001.
Aristide Gambia, il protagonista del romanzo, una volta capito che le donne hanno tre buchi "utili", trascorre la sua esistenza cercando di riempire quelli di tutte le donne che incontra con il suo prezioso augello, in tutte le combinazioni possibili e con ogni possibile variazione sul tema. Ovviamente ogni variazione è accuratamente descritta da Starnone con linguaggio aulico (ossia da carrettiere del '700).
Forse l’idea di base poteva anche non essere male. Peccato che il romanzo è orientato alle iperboli e che le situazioni descritte, se verosimili in un film pornografico, sono di fatto ben lontane dalla realtà (sfido chiunque a dirmi che non è così).
Alla fine, che libro è? Non è pornografico, non è erotico; ma non è nemmeno elegante, né eccitante e tanto meno divertente. E’ un libro di una tristezza infinita, che genera malinconia per l’idea stessa che una vita possa essere ridotta a puro sesso da personaggi che hanno la consistenza delle carte da gioco (ossia intercambiabili). Era l'obiettivo di Starnone? Chissà, non l'ho capito.
A parte l'inizio abbastanza intrigante, ho trovato il libro terribilmente noioso. Che fatica, terminarlo!
La seconda stella la metto per le prime 100 pagine, che, nonostante tutto, mantengono un certo ritmo, e sono, in un qualche modo, divertenti. Poi veramente monotematico e ripetitivo. Le storie sembrano tutte uguali, tutte ugualmente inconsistenti. Noia allo stato solido.
Che nel titolo ci sia l’aggettivo “erotica” non vuol dire obbligatoriamente che Starnone abbia scritto un romanzo erotico, qui mi sembra utile sottolineare che il libro non abbia proprio niente a che spartire con la letteratura di genere e tanto meno con la pornografia. È semplicemente la storia raccontata molto schiettamente di un uomo (che può piacerci o no, come del resto molti protagonisti della letteratura) attraverso la sua vita sessuale. Può divertire, piacere e interessare il linguaggio forte adoperato in maniera così naturale, come può infastidire. A me non ha turbato proprio perché non c’è compiacimento e morbosità e tutto sommato, pur nella sua esagerazione, nella ricerca dell’eccesso, ho trovato molte cose raccontate della vita (sessuale e non) di Ari e certi passaggi del suo vissuto più autentici e condivisibili di quanto mi aspettassi. Senza contare una discreta dose di ironia, che non guasta. Non sarà il Roth de’ Il Lamento o de’ Il teatro di Sabbath (che palle, comincio a non poterne più del buon e sempre tanto osannato Philip) e nemmeno il tanto discusso Houellebecq de’ Le particelle o di Piattaforma e forse nemmeno il nostro Piccolo de’ La separazione del maschio (tutti libri che mi sono piaciuti), i cui romanzi hanno delle analogie con questo di Starnone, ma io ho trovato questo autore utile, interessante e onesto. Si dice spesso che a scrivere di sesso si finisca per essere ridicoli e imbarazzanti, non è questo il caso, visto che l’intento non è quello di coinvolgere emotivamente il lettore, ma semplicemente quello di raccontare degli avvenimenti che trattano di quell’argomento. E chi volesse farsi davvero due risate a proposito di sesso ridicolo e imbarazzante in un libro, può andarsi a leggere le pagine de’ Il giorno prima della felicità con cui Erri De Luca si è aggiudicato il premio internazionale “Bad sex in fiction award” nel 2016. Quelle sì che, a mio parere, sono morbose e false come le tette rifatte molto overvsize di certe soubrette.
This is a very interesting book by Domenico Starnone that deserves more attention from readers across the world, especially from those that enjoy Ferrante's body of work. It is a pity that apparently there are still no translations available to those that cannot read Italian.
The first 2/3s of the book are centered on Aristide Gambia, an old, melancholic and now impotent publisher in his 70s that, motivated by meeting one old forgotten acquaintance, decides to write down all his past memories related to his sexual encounters, including his childhood reminiscences, his first sexual experiences, and the myriad of partners (wifes, affairs, etc) that have populated his life and his evolving attitude towards sex and desire (and the changes in the sexual mores of post-war Italy). This part can feel repetitive and overly pornographic for some, as it consists of the endless stream of Aristide’s sexual encounters and partners, with very physical descriptions of the sexual act and the women involved, and adopting a limited male perspective on desire and sex. Having said that, I think Domenico manages to produce great writing, and I was fully engaged on how this character relates his past life in a self-deprecatory and mellow way - there is also a hint of mystery and interplay fun as he is writing all these sexual notes to that old acquaintance who is supposed to be a very famous female Italian writer who herself writes under a mysterious pseudonym.
For those that love reading Ferrante (as it is my case, I have to say), this part will also spark some interest as Aristide’s life is filled with some similarities with the life of the characters in Ferrante’s most famous books (the first volume of the Neapolitan novels was published in the same year as Autobiografia Erotica di Aristide Gambìa), e.g., - Childhood in a rione in Naples, and being the first of the family/neighborhood to have higher education and use it to advance socially and economically (eventually moving out from Naples) - Working as writer/publisher/academic, and showing some of the personal dynamics between the people in the field - Getting involved between left-wing and fascist militants - Writing as a tool to understand past and present, to avoid the disintegration of the self or to recapture what was lost
The final chapter of the book now has Domenico (or a fictional version of the author) relating his creative process (the book was apparently written between the early 2000s and 2011), how it was sparked by meeting a mysterious woman writer (who handled him a description of an already forgotten past sexual encounter between them), and how the final version of the book is the result of merging two different books and of many years of frustrating and failed attempts to write women characters with more depth.
Domenico also mentions the controversy between his name and Ferrante (Italian journalists had just published an article raising the hypothesis that Ferrante is Domenico, based on the similarities between Domenico’s Via Gemito, published in 2000, and Ferrante’s L’Amore Molesto from 1992), and how this actually caused trouble for him (his family/friends were shocked, there was no interview or event in which people did not raise the subject with him), and how fascinated he is with Ferrante’s depth in writing (“ you get to know her true self through her writing”) and how preposterous the idea of him being Ferrante is (as he miserably failed to write women characters, as can be seen in the first 2/3s of the book). Domenico closes the book assuming that he has lost interest in writing about sex and old male characters, and that he would like to write better female characters, even considering potential collaborations with female writers to do so. While assertively denying that he is related to Ferrante’s writing, Domenico seems to be playing with the reader, and suggesting that matters are more complicated than they seem to be.
Abbandonato a meta` - stiamo parlando della cifra consistente di oltre duecento pagine - e francamente andrei anche ringraziato dall'autore, per la mia cieca ostinazione nell'attesa d'imbattermi in una pagina interessante.
Starnone si chiede se è possibile scrivere “un libro che dica la potenza, la legittimità del desiderio sessuale, e documenti i registri, il lessico, la sintassi con cui il desiderio si è espresso e si esprime”; un libro in cui la vita del suo protagonista, Aristide Gambía*, sia “narrata di proposito tutta dal versante del sesso”. La risposta è sì, è possibile: il libro lo ha fatto, e anche piuttosto bene, pur avendolo gestito faticosamente - come spiega nel finale -, soprattutto per la scelta di essere schietto ma non volgare (direi che ci è riuscito, ma qualcuno non sarà d’accordo), e per la difficoltà di rendere credibili - lui, maschio - i personaggi femminili del romanzo, colti nelle loro intimità. Gambía gli è venuto - si direbbe - “facile”: è “un omino piccoloborghese che partecipa, pieno di remore, alla liberazione sessuale degli anni Sessanta”; liberazione che vuol dire da un lato appagamento del desiderio, con sempre maggiore spregiudicatezza, ma dall’altro lato, più penoso, anche “fuga continua per non sentire la realtà” (che è fatta anche di responsabilità) “e il tempo”. Gambía finisce per avere molte donne nella sua vita, ben diverse tra loro; e finisce per conoscerne ognuna superficialmente, perlopiù, nonostante la “diligente applicazione”: giusto - ammette - “la pelle sotto le vesti, la reattività involontaria al contatto con la tua; ma di ciò che lei vuole davvero, nel bene e nel male, che ne so”... Poi Gambía invecchia, e lo fa accettando il declino del corpo, il che non è da tutti (qui c’è un capitolo sul Berlusca che s’aiuta con la chimica e la meccanica...); rievocando la sua vita sessuale, raccontandola nella sua autobiografia, non è neanche detto che riporti esattamente quanto vissuto: “Forse il sesso è come i sogni: possiamo parlarne dettagliatamente solo inventando; di ciò che è veramente accaduto o restano poche tracce genuine o non ci ricordiamo niente”.
P.S. *Perché Gambía, con l’accento acuto, nel titolo, e Gambia, senza accento, nella narrazione? ... e Gambìa, accento grave, nella scheda Goodreads?
Molto tempo fa avevo letto un quadrifoglio di romanzi erotici, quattro bei libri scritti da Una Chi, ovvero la germanista Bruna Bianchi, che poi ebbi anche occasione di conoscere personalmente. In essi, e in quattro differenti io narranti femminili che non coincidevano con l’autrice, ma ai quali lei prestava evidentemente molta della propria identità e personalità, veniva tracciato un percorso esistenziale che partiva dal femminismo politico per approdare, dopo varie vicissitudini, soprattutto erotiche, alla menopausa. Quattro libri eccellenti, per qualità di scrittura, per cose da dire e capacità di dirle, per temperatura erotica decisamente torrida (uno di essi, “Il sesso degli angeli”, lo cominciai a leggere la sera e riuscii a mollarlo solo al mattino). Mi aveva colpito il fatto che quella che era indubbiamente una delle migliori scrittrici italiane degli ultimi tempi, per essere stata (o essersi) ingabbiata nell’etichetta di genere (e che genere) avesse ottenuto molto meno prestigio e valorizzazione di quello che avrebbe meritato. Va da sé che la riflessione esistenziale di Una Chi era estremamente malinconica e pessimistica; da una parte il riconoscimento, quasi la disillusione dell’ex-femminista, che le donne non hanno una propria sessualità ma che, per divertirsi e godere (e gratificare l’uomo), non possono che modellarsi su quella maschile, accogliendone gusti e perversioni peraltro alieni alla propria fantasia (il rapporto “vaniglione” va forse bene come presupposto per famiglia e figlii ma non permette di sguazzare nel godimento più reale e profondo); dall’altra l’arrendersi all’evidenza che il corpo femminile decade, perde desiderabilità, e gli uomini, magari proprio quei coetanei che hanno condiviso un non piccolo pezzo di vita con te, guardano altrove, cercano donne più giovani per concretizzare i propri desideri, e non per egoismo o disinteresse, ma per pura e semplice natura. Il libro di Starnone, che mi è stato consigliato da molti, potrebbe essere visto come la controparte maschile ai quattro di Una Chi; il protagonista Aristide Gambia, ormai anziano, ripercorre la propria vita sessuale, dalle stentate origini di un’infanzia napoletana piena di morali contraddittorie e pregiudizi, passando attraverso la cosiddetta rivoluzione sessuale per arrivare infine ad un passato prossimo costretto a confrontarsi con un desiderio che continua a focalizzarsi su ragazze più giovani ma deve anche fare i conti con un corpo che non risponde più come lui vorrebbe. Il tutto interrogandosi sul perché del desiderio e delle proprie passioni, sul piacere vissuto ed il dolore prodotto a sé e ad altri, sulle proprie scelte o non-scelte. Proprio come nei libri di Una Chi, è presente la percezione e l’immanenza della fine, se non della propria vita biologica almeno di quella sessualmente attiva; se la scrittrice milanese trovava una risposta e un sollievo ritirandosi monacalmente in campagna, in una specie di rinuncia volontaria alla vita sessuale nella consapevolezza che il suo tempo era finito, Gambia guarda con curiosa comprensione - che conosco bene perché l’ho provata anch’io, per quanto mi ripugni - al nostro amato ex-premier, che, al di là di tutti i danni e i guasti, non solo politici, che ha combinato, ha pure avuto il ruolo, non so quanto ricercato, di rappresentare l’uomo capace di qualsiasi cosa gli permettessero i suoi soldi pur di non separarsi da quel desiderio di giovinezza scanzonata e passionale nonostante l’improvvida bestemmia del tempo che passa. Un personaggetto che ispira tanta pena e compassione, ma anche - ahimè - comprensione. Il libro di Starnone - che conoscevo solo per le sue memorie scolastiche di un sacco di anni fa, e pensavo fosse ancora su quel livello tematico e narrativo - è scritto benissimo, con una serie di piani narrativi annidati l’uno dentro l’altro, grande capacità di raccontare storie, erotiche o meno, e di coinvolgere il lettore nel profondo, di tanto in tanto anche riservandogli sorprese spiazzanti. Sicuramente una delle cose migliori che siano state scritte in Italia negli ultimi anni. Ultima annotazione: lo spazio riservato nel libro all’infanzia napoletana, con il suo gergo, i modi culturali ed il dialetto, ha sciolto un mistero di decenni: quello portato da una canzone di Elio e le Storie Tese, la sarcastica e atrocemente veridica “Servi della gleba”. “Come tanti simbolici Big Jimme / schiacci il tasto ed esce lo sfaccimme”. Cosa diavolo fosse lo sfaccimme non l’ho mai capito, né hanno potuto aiutarmi amici addentro alla cultura napoletana - ma non in maniera abbastanza approfondita, evidentemente. Credevo fosse un insulto, o uno sfottimento; invece, più concretamente, grazie al libro di Starnone ho scoperto che si tratta di niente di più (o di meno) dello sperma.
Opera complessa, irrisolta e a tratti prolissa, ma ho trovato interessanti sia i materiali utilizzati che il trattamento, e sul finale la riflessione sul mestiere di scrivere.
A volte mi capita, come in questo caso, di fare fatica a continuare a leggere un libro dopo un centinaio di pagine. Ma molto spesso la mia cocciutaggine mi porta a continuare: e spesso la ringrazio. Non è un libro semplice, il sesso è sempre un po’ un tabù che, quando letto, ci scandalizza un po’. Ma Aristide Gambia si fa voler bene: potrebbe passare per uno sciupafemmine incallito, invece ti fa simpatia pure quando tradisce. A me è piaciuto, ad un certo punto l’ho trovato spiazzante. Penso che leggerò qualche altro libro di Starnone.
Ci ho messo un po' a finire questo romanzo che dovrebbe essere un romanzo di formazione e invece si trasforma in becera pornografia. Ho contato circa 500 volte parole oscene nel romanzo (non sono una puritana per carità però dopo un po' che due maroni), parole che l'autore ha veramente sprecato. Libro inutile,
Non il migliore Starnone. Troppo ripetitivo,troppo manieristicamente volgare. Non il migliore ma pur sempre un romanzo di uno dei grandi della letteratura italiana del primo XXI secolo,paragonabile a Svevo cent'anni prima.
Devo dire che l’incipit del libro non mi ha incuriosita, e se non lo avessi dovuto leggere per un club del libro, probabilmente non lo avrei notato, figuriamoci sceglierlo. Però devo dire anche che, in una maniera che non saprei descrivere, ho sentito una naturale spinta a continuare a leggere, forse un’inerzia lenta ma costante e piacevole. Il primo capitolo, o la storia di Aristide e Mariella, probabilmente è la mia parte preferita del libro; non conosco ancora Aristide ma percepisco la sua necessità di avere conferme da donne, di sentirsi desiderato
Ho trovato particolarmente interessante questo libro sotto due aspetti: uno, la contrapposizione tra la prospettiva femminile e maschile.
Nonostante sia una storia narrata da una voce maschile, il fulcro del romanzo é femminile, o meglio, racconta lo sguardo di un uomo (diciamo un uomo comune, il cliché dell’uomo italiano della scorsa generazione) verso una donna, quindi in ultima istanza si rivolge alle donne, da una prospettiva forse inedita nel modo crudo e senza filtri che racconta l’autore. Starnone, infatti, come dirà poi nell’epilogo, si é limitato a descrivere una prospettiva maschile, che di fatto é quella di prima mano, limitandosi nella descrizione ed impersonazione delle figure femminili. In genere, a parte qualche parentesi (come il non accontentarsi mai di Mariella delle risposte di Aristide; oltre a sembrarmi poco realistica, sembrava quasi più incerta lei nel proseguire la conversazione nel trovare un valido controbattito alle risposte di Aristide che una autentica delusione o disapprovazione delle risposte) Ma dicevo, a parte alcune parentesi, non mi turbano le sperimentazioni letterarie che ci sono sempre state (sia uomini che impersonano donne che viceversa) che aiutano anche a “mettersi nei panni” dell’altro sesso e forse servono proprio a capirlo di più, sono anzi quasi necessarie. E di fatto questa reticenza di dare voce ai caratteri femminili mi sorprende, mi restituisce una immagine di starnone molto tenera, in contrasto con l’uomo che invece ha descritto nella sua opera.
Il secondo punto o tema riguarda, ovviamente, il sesso. Il libro inizia “in quinta” e all’inizio il linguaggio osceno, le immagini crude e si sommano e suscitano sicuramente una sensazione di scomodità. Ma mano a mano che le pagine avanzano, non saprei dire esattamente se la quantità delle oscenità diminuisce o se ci fai l’abitudine, e quindi come si chiede starnone stesso: il linguaggio osceno quando deve raccontare un fatto di vita quotidiana può essere non più considerato osceno, tipo linguaggio del dentista? Io così su due piedi dopo aver letto questo libro direi di sì, e mi piace pensarlo, mi piace lo sdoganamento dei termini. Secondo me l’autore voleva divertirsi in un esercizio letterario che, giunto a dimensioni cospicue, è sfociato in un romanzo. Penso sia stato onestamente divertente per lui pensare a questo libro e immaginarti un’odissea tutta volta al sesso.
Tutto sommato, mi é piaciuta la storia di Aristide. Non so se lo rileggerei, ma di sicuro non andrà via dalla mia memoria presto :)
Una inmensa paja mental en el buen sentido. Aunque probablemente le sobren páginas (de Ari, porque de la amiga de Ferrara me he quedado queriendo saber más) y el resultado final es un poco deslavazado, es el libro de Starnone que más me ha gustado hasta el momento, el más metanarrativo y el que pone la guinda sobre el enigma Ferrante, que después de esta historia para mí es un poco menos enigmático.
Da molto tempo non abbandonavo un libro dopo duecento pagine, ma questo è una perdita di tempo che si può impiegare in romanzi migliori. Davvero pessimo nella scrittura, argomento erotismo trattato nella peggior maniera possibile in letteratura.