„Šiuos kalnus pažįstame kaip niekas kitas, tyliai kužda Lučijos šypsena, kopėme ir leidomės jų įkalnėmis šimtus kartų. Prireikus gebėsime apsisaugoti. – Eisiu su tavim, – girdžiu savo balsą nuslystant lūpomis."
1915-aisiais, Austrijos-Vengrijos ir Italijos kovoms persikėlus į Alpių viršukalnes, italų valdžia neturi kito pasirinkimo kaip tik prašyti vietos žmonių pagalbos: aukštai kalnuose įkalintiems kariams trūksta ne tik amunicijos, bet ir menkiausio duonos kąsnio. Į šauksmą atsiliepia nemažai prieškalnių gyventojų, tarp jų ir penkios vieno kaimelio moterys: Lučija, Viola, Katerina, Marija ir Agata – nešėjos, ant gležnų pečių pintuose krepšiuose į priešakines fronto linijas gabensiančios visa, ką palieps karininkai.
Pirma tai tik šaudmenys, medikamentai ir skurdūs maisto daviniai, vėliau – motinų ir mylimųjų laiškai, pernakt plauti skalbiniai, galiausiai – žemyn neštuvais gabenami žuvusiųjų kūnai, kuriems ten aukštai nėra vietos būti priglaustiems po žeme. Tačiau šių penkių moterų ryžto palaužti negali niekas: nei širdį kaustantys karo vaizdai, nei aplink sproginėjančios bombos, nei paklydusių aukų tykantys austrų snaiperiai.
„Uolynų gėlė" – tikrais faktais paremtas poetiškas pasakojimas apie Pirmojo pasaulinio karo metu pasiaukojamai dirbusias, tačiau primirštas neapsakomos drąsos moteris, grąžinantis joms teisėtą vietą išblukusiuose istorijos puslapiuose.
Ilaria Tuti (gim. 1976) – garsi italų trilerių rašytoja. Nors universitete studijavo ekonomiką, ją visad traukė tapyba ir literatūra, laisvalaikiu vienai nedidelei leidyklai ji iliustruodavo knygas. „Uolynų gėlė" – pirmasis autorės žingsnis nauju, istorinių romanų, keliu, išsyk teigiamai įvertintas skaitytojų ir 2021-aisiais pelnęs „Premio Internazionale di letteratura città di Como" apdovanojimą.
Ilaria Tuti lives in Gemona del Friuli, in the province of Udine. She has a degree in economics, has always had a passion for painting, and freelances for a small independent publisher in her spare time. She won the 2014 Gran Giallo Città di Cattolica literary prize for her short story “The Pagan Child.” Flowers over the Inferno is her debut novel.
Molti elogi ha ricevuto questo romanzo che ha il merito di illuminare un aspetto centrale della storia della Grande Guerra: il ruolo delle donne. In particolare qui si raccontano le vicende di alcune Portatrici, ragazze friulane che percorrevano le montagne per rifornire di viveri e vettovaglie i soldati accampati nelle trincee. Protagonista assoluta Agata Primus che racconta in prima persona gli eventi e ci immette così nella situazione narrandola al tempo presente.
Non mi ha entusiasmato la lettura di questo libro e vorrei spiegarne il motivo.
Per quanto la scrittrice giustifichi la perizia linguistica della narratrice, che ha affinato il suo status culturale leggendo i molti libri lasciati in eredità dalla madre maestra, mi sembra assai improbabile che a vent’anni possa avere già sviluppato l’espressione complessa, sul piano sintattico e lessicale, che dimostra di possedere raccontando e descrivendo quel che vive, vede e sperimenta.
Ad esempio: “Le donne di Timau sono figure chine che setacciano la polvere, sfangano perimetri identici che si replicano fino all’orizzonte e preparano giacigli sui quali piangeranno lacrime al posto di madri e spose lontane, per quel sottile ma inalterabile filo di carne e amore che le unisce alla vita partorita.“ O anche: “Non c’è nulla di mesto nelle foglie che cadono d’autunno: gli alberi cedono alla terra il superfluo preparandosi al lungo sonno dell’inverno, ma prima si impreziosiscono del porpora e dell’oro d’un cardinale. È un saluto vivace che precede l’ultimo sbadiglio.”
Il linguaggio elaborato, ricco, spesso ridondante, che la ragazza esibisce con nonchalance, di fatto mi ha spesso distolto dal contatto intimo e profondo col contenuto, oggettivamente teso e toccante. La sensazione dell’artificio e il fastidio per l’eccesso di ricercatezza mi hanno accompagnato dall’inizio alla fine, anche se la seconda parte è senz’altro migliore, più asciutta, della prima.
La ricerca stilistica della scrittrice emerge con prepotenza su tutto, si sente e in qualche modo disturba, perché una scrittura complessa avvince e conquista quando chi legge la percepisce come naturale emanazione dello stile individuale e unico di chi scrive, come voce che è una cosa sola con le parole che intreccia.
E qui, per quanto la Tuti sia brava, questa maturità manca.
Sono al terzo libro della Tuti (audio)letto di seguito uno all’altro. Trovo sia molto brava! Mi piace lo stile. Mi piace la ricercatezza del linguaggio. Mi piace il modo in cui tesse la trama. Mi piace! Una delle voci più interessanti del panorama letterario italiano.
"Ci siamo riunite con il buio, quando gli animali, i campi e gli anziani costretti a letto non avevano più necessità da soddisfare. Ho pensato che da sempre siamo abituate a essere definite attraverso il bisogno di qualcun altro. Anche adesso, siamo uscite dall'oblio solo perché servono le nostre gambe, le braccia, i dorsi irrobustiti dal lavoro."
Semplicemente perfetto: un racconto pieno di storia, guerra, sangue, paura, montagne. Soldati in prima linea, l'esercito regio che combatte in trincea una guerra crudele, la prima guerra mondiale nel 1915, e le donne della montagna: "portatrici" di generi alimentari, medicine e armi. Portatrici di conforto, coraggiose, fiere, forti e determinate con le loro gerle sulle spalle e dei calzari di feltro cucito che si consumano sulle pietraie dei sentieri ripidi.
Lo stile è quello pieno e delicato di Ilaria Tuti e la storia rende omaggio alle sue montagne e alle sue donne. Si legge d'un fiato, sperimentando direttamente la fatica della salita sulle cime, il vento e il freddo, la fame devastante, la speranza del cambiamento.
"È questo che siete. Fiori aggrappati con tenacia a questa montagna. Aggrappati al bisogno, sospetto, di tenerci in vita."
"Non conosco le rose. C'è invece un'espressione più felice che racconta la tenacia di questa stella alpina: noi la chiamiamo 'fiore di roccia'." Il capitano Colman annuisce. "È questo che siete. Fiori aggrappati con tenacia a questa montagna. Aggrappati al bisogno, sospetto, di tenerci in vita."
Ilaria Tuti narra una storia tanto importante quanto dimenticata, quelle delle Portatrici carniche. Attraverso la figura della protagonista Agata Primus, ispirata a Maria Plozner Mentil, ci racconta le vicende di queste donne, rimaste sole con i vecchi ed i bambini a curare casa, terra ed animali. Il parroco di Timau Don Nereo, durante l'omelia, fa pervenire una richiesta d'aiuto, alla chiamata rispondono alcune volontarie, tra cui Agata, Viola, Caterina, Maria e Lucia, che con gli scarpets sfidano la montagna e la guerra per portare rifornimenti e medicinali al Pal Piccolo. Il capitano Colman, responsabile del reggimento, prende Agata come riferimento e tra i due nascerà un rapporto di amicizia e reciproco rispetto. Le Portatrici sono tenute in grande considerazione dai soldati e trattate da loro pari. L'orrore e l'assurdità della guerra porteranno Agata ad interrogarsi sul senso della vita di fronte a tanto dolore.
Agata, con la sua forza e determinazione insieme alle sue insicurezze ed ai suoi dubbi, è una figura che mi è rimasta nel cuore. Insieme a lei, degna di nota è Lucia, simbolo di maternità e fermezza.
Non conoscevo la storia delle Portatrici carniche e trovo davvero assurdo che, dato il loro ruolo così importante, siano state dimenticate. Immagino che il fatto che siano donne abbia contribuito maggiormente all'oblio. Sono quindi molto grata all'autrice per aver portato alla luce le loro vicende. Da segnalare la ricca bibliografia a loro dedicata per chi vuole approfondire. Ho apprezzato molto anche la sua scrittura, così viva e piena di immagini.
"Ho scelto di essere libera. Libera da questa guerra, che altri hanno deciso per noi. Libera dalla gabbia di un confine, che non ho tracciato io. Libera da un odio che non mi appartiene e dalla palude del sospetto. Quando tutto intorno a me era morte, io ho scelto la speranza."
"La natura pulsa di vita, continua a germogliare e a gravidare grembi, mentre l’uomo soccombe a suo fratello. L'oggi sembra ignaro di se stesso". Teresa Battaglia, per una volta, ha lasciato il passo ad Agata Primus… eppure, nella seconda, c'è tanto della prima: coraggio, determinazione e forza di volontà per andare avanti pur tra mille problemi e difficoltà. "Fiore di roccia" è uno straordinario romanzo (a tratti anche commovente), scritto quasi tutto in prima persona, come se la stessa Agata stesse raccontando la sua personale odissea. Un romanzo, ma anche un pezzo di Storia (la nostra Storia… con la S maiuscola) che ci fa conoscere (letteralmente) le peripezie delle portatrici carniche durante gli anni bui della Prima guerra mondiale. C'è proprio bisogno di aggiungere altro…? [https://lastanzadiantonio.blogspot.co...]
Agata, la narratrice, ma anche Lucia, Viola, Maria, e tante altre giovani donne sono le protagoniste di questo nuovo, splendido romanzo di Ilaria Tuti. Le cosiddette “portartici carniche”, ovvero le donne, principalmente contadine o di umile famiglia, che nel corso della prima guerra mondiale hanno operato lungo il fronte della Carnia, in Friuli, trasportando cibo, rifornimenti e armi ai soldati alpini, e talvolta combattendo e resistendo sul fronte insieme a loro. Donne forti, fortissime, coraggiose e dignitose, generalmente poco istruite e talvolta madri di famiglia, ma che hanno rappresentato, alla pari degli uomini impegnati concretamente nella guerra, un aiuto, materiale e psicologico, molto prezioso. La loro è una storia poco conosciuta, oserai dire quasi dimenticata, io stessa ne avevo sentito parlare ma non l’avevo mai approfondita, io e chissà quante altre persone. Ilaria Tuti ce la riporta alla memoria su queste pagine, che vedono in prima linea Agata, il suo sacrificio, il suo sforzo, la sua fierezza e la sua avventatezza quando salva, in segreto, Ismar, il "demone bianco", un soldato austriaco, il “nemico”, che poi si dimostrerà umano e bisognoso di amore esattamente come lei. Un romanzo che presuppone un lavoro non indifferente di documentazione e che segna un bel cambiamento rispetto alla produzione di genere thriller cui finora la Tuti si era dedicata, dimostrando così la sua versatilità come ottima narratrice di generi differenti. Onestamente mi sento di premiare più lo stile, vivido, poetico, intenso, che le vicende personali di Agata, le quali, verso la fine, perdono un po’ di credibilità (in fondo la base è storica ma parliamo pur sempre di un romanzo). Ma la Tuti è talmente brava che fra queste pagine si è davvero superata, regalandoci un romanzo superbo, pieno di emozione e di speranza. Cinque stelle al suo talento!
Non è vero che le donne non sono mai scese in battaglia. Semplicemente, l’uomo le ha dimenticate.
Spesso mi sono ritrovata con le lacrime agli occhi, tanto da dover sospendere la lettura.
S T U P E N D O
... i libri parlano dell’umanità e all’umanità, in essi uomo e Storia si riconoscono e rincorrono, e non importa quanto tempo addietro siano stati scritti. Sono immortali.
Ho pianto, come una bambina. Non ho parole per ringraziare l'autrice: con una storia così reale da fare male ha riportato alla luce con rispetto la storia delle portatrici, le donne che, con un coraggio da eroe greco, hanno aiutato i nostri alpini a difendere i confini dagli austriaci nella prima guerra mondiale. Un racconto crudo, tenero e che non risparmia nessun sentimento: non lascia feriti.
Pirmas pasaulinis karas, Italijos ir Austrijos pasienis, fronto linijos, įsikūrusios Alpėse ir šimtai moterų, kopiančių į viršų, padedančių vyrams išgyventi. Ant trapių motrų pečių gabenama amunicija, sprogmenys, vėliau – žemyn tempiami skalbiniai, aukštyn – maistas, po kurio laiko gabenami ir kūnai, kuriuos tikimasi slėnyje žmogiškai palaidoti. Italė Agata ir keturios jos draugės – nėra išimtis miestelyje. Moterys netrunka užsitarnauti karininkų pagarbą, o su laiku kopimas į kalnus tampa gerokai daugiau nei pareiga šaliai...
„Kaip sako senoliai, nėra akmens, kuris nenusiristų. Statyk pėdą po pėdos. Neatitrauk antrosios, kol pirmoji tvirtai neprilipo prie žemės. Kalnuose juda viskas. Viskas gali įgriūti ir nusitempti žemyn.“
Dabar rašydama apie šį romaną, o galiausiai, praėjus porai savaičių nuo tada, kai ją pabaigiau, drąsiai galiu teigti, jog tai viena geriausių knygų šiemet. Knygų apie karą – šimtai. Apie Aušvicą, apie bėgančius ir besislepiančius, apie bandančius išgyventi. O kiek tų knygų apie karą pasakoja mums apie herojus? Tiksliau, apie moteris, kurios pačios lenda į frontą ir rizikuoja absoliučiai viskuo? Slėnyje palieka vaikus, šeimas, ir daro tai, kam dieną iš dienos ryžosi šio romano veikėjos. Dėl moterų ir bijojau, ir negalėjau jomis nesižavėti.
„Čia, slėnyje, mes lopome ir kiek įmanydamos bandom išsaugoti gyvenimą vientisą, o ten, kalnuose, jie drasko jį į dalis. Mes daigstome tvirtais dygsniais, o jie praardo kūnus. Suadome kraštus, bet frontas ir vėl juos perplėšia.“
Vis tik romanas pasakoja ne tik apie kalnus ir fronto linijas. Siužete vis atsiranda Agatos pareigos šeimai ir širdį draskančios situacijos, kuomet moteris, jau ir taip įbauginta moteris privalo rinktis iš dalykų, nors nenori jų nė vieno. Tarsi karo būtų maža, atsiranda psichinių personažų, tokių stiprių antagonistų, jog norisi juos purtyti ir sakyti, kad palauk, palik ją ramybėje, dabar juk dangus griūna! Kita vertus, negi stebina, kad kažkas spardo gulintį?
„Šioje beribėje misterijoje žmogaus baimė tėra dulkelė, šokanti visatos tamsoje.“
Ir tikrai, kai pagalvoji, kas gi ta vieno žmogaus baimė prieš tuos, kurie guli apkasuose? Kurie turi šauti, gintis, saugotis ir apsaugoti kitus? Kaip gali būti savanaudis tada, kai visi aplink renkasi tokiais nebūti?
„Netiesa, kad moterys niekada nesikovė mūšiuose. Paprasčiausiai vyrija jas pamiršo.“
Be galo daug šioje knygoje kalbama apie tai. Apie pagarbą moterims, kurios vienaip ar kitaip prisidėdavo prie fronto – ar tai būtų kalnais atbogintas dinamitas, ar išskalbta rūbų partija, ar tiesiog laiškas nuo artimo. Taip sakau ne todėl, kad esu moteris, bet dėl to, jog vertinu teisybę – jos nusipelnė tos pagarbos. Ne aukštinimo, ne garbinimo, o tiesiog, pripažinimo, kad yra naudingos, vertingos ir kad jų darbas palengvina kovą ar bent jau įkvepia motyvacijos.
„Mudu dalijomės duona, frontu ir baigties baime, bet tik dabar suvokiau nežinojusi jo vardo.“
Ir kas be – be moterų tvirtybės, šalto proto ir nenusakomos ištvermės, istorijoje visuomet turi atsirasti situacijos, kuomet tas moterų tvirtumas tampa išbandomas meile. Bet man tai netrukdė. Nepaprastai subtili knyga nepateikė jokių staigmenų, o rašytoja tikrai netėškė į veidą nei meilių, nei emocijų – jausmai, besiskleidę švelniai ir lėtai, taip pat buvo nešami per visą romaną.
Nepaprasto grožio knyga. Vertimas, tekstas, sakiniai. O kur dar dar veikėjų stiprybė tokių įvykių fone. Radau daug artimų minčių apie karą, apie žmonių pasirinkimus, apie manipuliacijas. Ir pasidarė eilinį kartą sunku širdyje – praėjo šimtas metų, o didelis ego vis dar aukščiau žmogiškumo.
“i libri parlano dell’umanità e all’umanità, in essi uomo e Storia si riconoscono e rincorrono, e non importa quanto tempo addietro siano stati scritti. Sono immortali.” Sulle Alpi Carniche, al confine con l’Austria, laddove si combatteva la prima Guerra mondiale, in un paese di nome Timau, vive Agata, che si trova a prendersi cura del padre ormai da lungo tempo malato. Questi sono tempi difficili. Gli uomini mancano dalle case, dai campi, dal quotidiano di ogni famiglia. Tutti impegnati al fronte. Nei paesi restano gli anziani, i bambini e le donne. E la fame che non molla mai la presa. Accompagnata da una paura costante. Ma quando si parla di portare aiuto agli uomini impegnati nello scontro, scalare montagne caricando sulle spalle gerle stracolme di cibo, armi e medicine, nessuna delle donne si tira indietro facendo la propria parte. Un romanzo bello, molto, che ho amato. Per la forza e la tenacia con cui si resta aggrappati ad un ideale, nel nome di un sacrificio necessario e dell’amore, non verso un singolo ma verso l’umanità. Una storia per non dimenticare quei passi a sprofondare nella neve, a tenersi in equilibrio tra le rocce. Le portatrici, che misero loro stesse al servizio degli altri. Il loro sguardo impaurito ma fiero. Agata un personaggio ispirato ad una donna realmente esistita. Protagonista luminosa tra queste pagine dove veder riconosciuto il proprio ruolo senza smettere di interrogarsi sul bene e sul male, su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sul valore della vita umana a dispetto di ogni appartenenza. “Andiamo” sussurra, altrimenti quei poveretti muoiono anche di fame.”
Che bello, un libro commovente e storico su delle figure femminili non valorizzate dalla Storia: le Portatrici. Una storia di coraggio, volontà, umanità ma anche di paura, fame, morte. Una lettura che mi ha commossa e che sottolinea la crudeltà e l'insensatezza della guerra, precisamente della Prima Guerra Mondiale. La storia è completa, carratterizzata e forte; l'unica pecca che ho trovato è stato il linguaggio a volte troppo lirico e poetico per una storia così cruda, che può portare a rallentare la lettura. Per il resto veramente potente.
Davvero bellissimo, pieno di forza e poesia. La storia è quella poco conosciuta delle Portatrici Carniche, donne che durante la guerra hanno scalato a piedi le montagne con gerle da 30-40kg sulle spalle per portare cibo e munizioni ai soldati in trincea. Ma questa non è solo una pagina di storia, è un libro sulla forza delle donne e sul potere femminile, sulla resilienza e sulla speranza. Scritto benissimo, vivido e scorrevole.
«Anin, senò chei biadaz ai murin encje di fan.» Andiamo, altrimenti quei poveretti muoiono anche di fame. Maria Plozner Mentil (1884-15 febbraio 1916)
Questa è la dedica in calce a Fiore di Roccia di Ilaria Tuti. Maria Plozner Mentil è stata una portatrice, una delle molte donne che vivevano sul confine della Carnia che hanno risposto all'appello fatto dell'esercito. Volontarie, non solo donne giovani e forti, ma anche bambine e anziane, che con profonda forza e dominando la paura, il feddo e il dolore hanno scalato le montagne per raggiungere i soldati sulle retrovie della prima linea al fine di portare loro viveri, medicinali, munizioni e tutto ciò di cui potevano avere bisogno. È come se la morte ci avesse chiamate alle armi per difendere la vita. Non possiamo attendere, né affidarci alla speranza. A volte penso che siamo noi la speranza. E siamo tante. Duemila donne, dicono. Un battaglione.
Con questo romanzo Ilaria Tuti è riuscita pienamente nell'intento di raccontare e omaggiare la storia — non presente nei libri e spesso dimenticata se non addirittura sconosciuta — di queste donne umili ma forti e coraggiose che sono state una parte importante della Grande Guerra. Proprio come "Fiori di Roccia", aggrappati con tenacia a questa montagna, piegate ma non spezzate dal peso di una guerra che mai avrebbero voluto ma che hanno contribuito a combattere con eroismo. Lungo questi valloni non ha mai riecheggiato tanto rumore. Volti sconosciuti si aggirano da padroni dove prima c’erano fratelli e sorelle, padri e madri. Ordini che schioccano e mani che spingono impazienti hanno sostituito le lente trasformazioni della natura. Il mondo che conoscevo è cambiato fino a farmi sentire straniera. Il suo odore di metallo e paura mi fa stringere lo stomaco.
La scrittura di Ilaria Tuti è descrittiva, elegante ed evocativa, perfettamente in grado di immergere il lettore nel racconto e di trasportarlo in un'epoca passata facendogli vestire i panni di Agata, Maria, Lucia e le altre, del capitano Colman, del dottor Janes e anche di Ismar.
La storia di Agata e delle sue compagne raggiunge il cuore, emoziona e offre molto su cui riflettere. Riflettere su cosa potesse significare vivere a un passo dal fronte in quel periodo. Riflettere sul significato di umanità, solidarietà e appartenenza. Ultimo, ma non ultimo, riflettere sul (non)senso della guerra che rende nemici ma anche uguali... perché ogni soldato lotta per qualcosa in cui crede, ha una storia, una famiglia a prescindere dal lato del fronte in cui si trova. Il messaggio finale del libro nelle parole di Agata trascende ogni conflitto, confine ed epoca e arriva come un grido universale di rivalsa. «Ho scelto di essere libera.» Libera da questa guerra, che altri hanno deciso per noi. Libera dalla gabbia di un confine, che non ho tracciato io. Libera da un odio che non mi appartiene e dalla palude del sospetto. Quando tutto attorno a me era morte, io ho scelto la speranza.
Dare due stelle a una scrittrice di cui mi sono piaciuti gli altri libri, quelli dedicati a Teresa Battaglia, mi rammarica, ma questo libro per me non ha proprio funzionato. Infatti, pur avendo il grande merito di mettere in luce l'importanza di quelle donne incredibili che furono le Portatrici nella Grande Guerra, la storia fantastica che vi intreccia è poco originale e per questo un pò noiosa. I cliché che si ritrovano sono i classici della narrativa di guerra e se si tirasse a indovinare a copertina chiusa probabilmente li si azzeccherebbe tutti. Della scarsa freschezza della storia risente maggiormente la seconda parte, che risulta pure un pò affrettata, soprattutto nel finale, . Avrei potuto anche chiudere un occhio sulle vicende, nonostante io mi aspettassi di più da questa scrittrice, perché in fondo leggo spessissimo libretti senza arte né parte, solo per distrazione e rimanendone anche piacevolmente soddisfatta, quindi per me non è che sia "o alta letteratura, o morte". Ciò che però ha definitivamente impedito ogni apprezzamento seppur minimo del libro è lo stile: l'italiano qui è bellissimo, con arditezze di immagini, vocaboli ricercati, profusione di aggettivi, allitterazioni e tutto il repertorio, ma pesante, pesantissimo, una roccia da scalare per continuare la storia. A questo si aggiunge il fatto che crea un senso di estraneità con la voce narrante di Agata, una montanara mai andata a scuola, che, nonostante la mamma maestra di paese, non può secondo me pensare così. Tutte quelle arditezze verbali la rendono poco credibile e meno vicina al personaggio semplice ma estremamente profondo che vorrebbe essere, anche grazie al suo legame diretto con la montagna e la natura. Io avrei trovato più credibile e coerente un linguaggio aspro e scarno, ma bellissimo nella sua estrema pulizia e semplicità.
Prima guerra mondiale, alpi carniche. Ilaria Tuti ci racconta una pagina di storia sconosciuta a molti, mascherandola da romanzo.
La pagina della Portatrici Carniche. Donne che lottavano per la sopravvivenza in paesi già poveri e duri di loro, e adesso svuotati di uomini per via della guerra. Ma che, quando i soldati al fronte sui monti richiedono il loro aiuto per fargli arrivare munizioni e provviste, non si tirano indietro e affrontano i viaggi durissimi (tra tragitto e rischi di guerra) con le gerle cariche di pesantissimi rifornimenti. Diventano in breve gli angeli del fronte, si creano rapporti quasi platonici con i soldati, diventano un corpo ufficioso dell'esercito (di cui a guerra finita lo Stato sarà molto a rapido a dimenticarsi per moltissimo tempo).
In questo libro cambiano i nomi e ovviamente gli eventi che riguardano la protagonista, ma lo sfondo sul quale si muovono i personaggi è quello della Storia.
Abbiamo una ragazza di vent'anni che cura il padre ormai moribondo, abbandonata dai fratelli fuggiti dall'Italia, in lotta costante per avere qualcosa da mangiare. Ma non si tira indietro quando arriva la richiesta di aiuto dai soldati, è tra le prime portatrici, una delle portavoci. Sarà lei a interagire col comandante e con gli ufficiali, coi quali si svilupperà uno stretto legame di amicizia e forse d'altro. Mentre intorno a lei c'è morte e miseria, lei e le sue amiche portano luce e speranza nelle vite dei soldati intrappolati sulle alpi, assediati dagli austriaci.
Il suo mondo però si incrina quando una sera si ritrova davanti un cecchino austriaco, un nemico finito dietro le linee, e spara...
Abbastanza prevedibile la sua storia, ma il dipinto che risulta dall'intreccio con la Storia è molto bello, il libro scorre via a meraviglia.
I"Fiori di roccia" erano le portatrici carniche della Prima Guerra Mondiale che tra le aspre montagne del Friuli, con le loro gerle cariche di viveri, munizioni e medicinali, affrontavano quotidianamente fatiche, pericoli ed il freddo per rifornire i soldati al fronte sulle alte vette. Romanzo che parla di coraggio e solidarietà, dignità umana, l'assurdità del conflitto e la capacità di trovare speranza anche nell'orrore. Ho molto apprezzato la prosa della Tuti, anche se il finale forse è un pò troppo roseo, ma ci può stare per mostrare un pò di luce in fondo al tunnel.
C'è un'espressione felice che racconta la tenacia di questa stella alpina: noi la chiamiamo 'fiore di roccia'. È questo che siete. Fiori aggrappati con tenacia a questa montagna. Aggrappati al bisogno di tenerci in vita.
Ci sono fiori che spuntano fuori dall'asfalto o dalla roccia, perché non sanno che è impossibile farlo. Sono i fiori che amo di più: inaspettati e rari, delicati e determinati. Sono quelli che hanno sfidato e vinto le avversità, che sorridono alla vita. Che dimostrano che la vita vince sempre.
A volte la decisione di un'intera vita non si riassume in con chi andare, o per chi farlo, ma in chi lasciare.
Lettura molto piacevole, soprattutto per la volontà da parte dell’autrice di gettare luce su uno spaccato di Storia poco conosciuto se analizzato dal punto di vista prettamente femminile: dare voce alle “portatrici carniche” durante la Grande Guerra e al loro profondo valore mi ha fatto apprezzare molto la lettura, sempre coinvolgente e appassionante, anche grazie al ricorso di una prosa scorrevole, diretta ed evocativa. Tuttavia, a volte ho riscontrato una sorta di “forzatura”, ho avuto l’impressione di una costante ricerca di un linguaggio a tratti aulico, lirico, il quale se da una parte riesce a donare forza, enfasi e profondità alla materia trattata, dall’altra forse rischia di rallentarne un po’ la lettura..
Davvero bello, non mi aspettavo una scrittura così complessa e articolata ma non mi ha dato poi molto fastidio. Una storia da leggere anche per capire l'importanza delle donne nelle società sia moderna che di un tempo.
Comprato in ebook appena uscito, non so perché ho aspettato così tanto a leggere questo libro. Forse aspettava solo il suo momento.
Non conoscevo la storia delle portatrici carniche, donne che durante la prima guerra mondiale salivano la montagna per portare armi, viveri, lettere e tutto il necessario agli uomini sul fronte. Tra l'altro alla fine del libro l'autrice inserisce un'interessante bibliografia per approfondire l'argomento. Sono contenta che Ilaria Tuti abbia dato voce a queste donne straordinarie, perché molte più persone dovrebbero venire a conoscenza della loro esistenza.
Come al solito Tuti (anzi, forse più del solito) è eccezionale nel restituire il panorama aspro del Friuli, precisamente della Carnia. E nel dare voce a queste donne, che hanno giocato un ruolo di primo piano nella prima guerra mondiale, e nonostante questo sono praticamente state dimenticate dalla maggior parte delle persone.
All'interno di una cornice storica assai realistica, Tuti inventa anche una storia che ha per protagonista una di queste portatrici, Agata Primus, che è anche la narratrice del romanzo.
Questo libro mi è piaciuto davvero tantissimo e lo consiglio a tutti, nessuno escluso.
Quante donne avrebbero meritato un posto nella Storia umana e sono sparite da essa perché un mondo di maschi ha deciso di non concedere loro pari dignità? (cit. Donato Carrisi).
Ho amato questo libro che ho trovato amaro e dolce.
Amaro perché parla di una guerra terribile e La guerra è sempre e soltanto disgrazia.
Amaro perché le storie delle Portatrici carniche sono nel cuore dei friulani, ma al di là dei confini che le hanno viste nascere e diventare protagoniste di eventi a volte più grandi dell’essere umano pochi le conoscono.
Dolce, quasi ammaliante, è, invece, il racconto di Ilaria Tuti che ci parla di sentimenti, di coraggio, di altruismo e di amicizia, con uno stile curato, senza orpelli o vuota retorica.
Un racconto che è figlio di una accurata ricerca storica che non inaridisce affatto la scrittura, impreziosendone le parti necessariamente romanzate.
Si parla anche di libri, nonostante tutto:
Mia madre aveva ragione, i libri parlano dell’umanità e all’umanità, in essi uomo e Storia si riconoscono e rincorrono, e non importa quanto tempo addietro siano stati scritti. Sono immortali.
Una storia di donne, quasi tutta al femminile, che si sovrappone alla brutalità della guerra ed a quelle dei soldati che si affrontano per difendere le loro postazioni, nude rocce e trincee intrise di sangue.
Ho sentito il freddo della montagna, il batticuore e la paura della morte, ma anche la speranza di superare quei momenti terribili: una lettura coinvolgente che vorrei quasi ricominciare. Dopo un lungo respiro.
Anche questo libro l'ho ascoltato durante le mie passeggiate mattutine e, contrariamente a Dio odia le donne l'ascolto mi prendeva talmente tanto che a volte continuavo a camminare senza sosta, oltre l'ora che mi ero imposta. Come si legge nella trama, il libro parla delle Portatrici carniche, donne friulane che, durante la Prima Guerra Mondiale, portavano viveri, munizioni e sostentamenti vari ai soldati al fronte, rischiando esse stesse la vita. Fortunatamente le mie camminate sono solitarie perché più di una volta mi sono trovata a singhiozzare commossa dagli eventi. Ilaria Tuti è una scrittrice eccezionale dal linguaggio caldo, preciso ed avvolgente. Essendo il libro scritto in prima persona, altri recensori si sono lamentati del linguaggio troppo colto per una contadina dei primi del '900. Altri ancora hanno criticato la conclusione troppo sbrigativa. Io l'ho trovato perfetto così. La storia importante è quella che si svolge durante il periodo bellico, non dopo, quindi è quella ad essere stata più approfondita. Una contadina dei primi del 900 non avrebbe parlato così? Ci sono troppo pochi dialettismi? Poco importa, il libro arriva dritto dritto al cuore ed emoziona come pochi.
Bello, struggente e commovente. Un libro quasi poetico, lento nel racconto con capitoli molto corti, ma crea tensione e attesa. E' un racconto dove le donne sono protagoniste assolute, dove mostrano tutta la loro generosità e dove la guerra mostra invece tutta la sua inutilità. I protagonisti sono bellissimi e - sia i buoni che i cattivi - caratterizzati molto bene, ognuno nella sua parte. Mi è piaciuto molto!
"Per la prima volta nella storia del nostro popolo, le gerle che per secoli abbiamo usato per portare i nostri infanti, i corredi delle spose, il cibo che dà sostentamento, la legna che scalda corpi e cuore accolgono strumenti di morte: granate, munizioni, armi."
Ilaria Tuti abbandona il genere thriller a cui ci ha abituati per esordire con un romanzo storico travolgente, intenso e coinvolgente su un aspetto realmente accaduto e poco noto della Storia, o comunque da tempo dimenticato. Le protagoniste sono le Portatrici Carniche, donne di differenti età che hanno avuto il coraggio e la tenacia di aiutare i soldati che hanno combattuto al fronte alpino durante la Grande Guerra. Il loro compito è stato quello di trasportare tutto il necessario per l'esercito nelle loro gerle che diventano il simbolo di questa perseveranza, contando solo sulle loro forze e gambe, giorno dopo giorno, andata e ritorno, dalla valle al fronte. Hanno avuto tenacia e coraggio, così come le stelle alpine, che crescono soltanto in alta quota. Ho trovato uno stile asciutto, senza fronzoli ma non per questo meno d'impatto o mancante di descrizioni di luoghi e sentimenti tumultuosi. La penna di Tuti è graffiante, va dritta al cuore delle cose, alle paure di queste donne, ai pericoli a cui sono state esposte a cominciare dal fuoco nemico (Maria Ploznel è caduta nel 1915 ed è diventata il simbolo di questo momento storico), la difficoltà di vivere in tempo di guerra col poco di cui si dispone. È impossibile non entrare in empatia con la narratrice della storia, che ritorna da anziana al suo paesino d'origine, Timau, da cui è nato tutto, e ci racconta a ritroso questa storia toccante di anime audaci che hanno macinato chilometri fin al Pal Piccolo. È uno dei libri più belli che ho letto quest'anno, ho pianto come una fontana, lo consiglio!
«La guerra, Kommandant, da questa parte del fronte è combattuta da chi ha qualcosa di caro da difendere» rispondo. «Voi potete dire lo stesso?» Questo romanzo ci racconta una interessante pagina della Prima Guerra Mondiale, di cui si è persa traccia nei libri di storia. E' la storia delle Portatrici carniche, donne valorose che hanno aiutato gli alpini al fronte, rifornendoli di cibo, medicine, armi. «Agata... qualsiasi cosa accada, comunque vada a finire, il rispetto che vi siete guadagnate sarà perpetuo.» E' un romanzo scritto magistralmente, che esalta il valore delle donne, diventate sempre più indipendenti e indispensabili, guadagnando, con il loro coraggio ed intraprendenza, maggiore rispetto da parte degli uomini. E' la protagonista Agata a raccontarci la storia in prima persona ed insieme a lei ci commuoviamo, ci arrabbiamo, soffriamo, ci stanchiamo, ma soprattutto speriamo in un mondo senza guerra. «Ho scelto di essere libera.» Libera da questa guerra, che altri hanno deciso per noi. Libera dalla gabbia di un confine, che non ho tracciato io. Libera da un odio che non mi appartiene e dalla palude del sospetto. Quando tutto attorno a me era morte, io ho scelto la speranza. Le impeccabili e dettagliate descrizioni dei personaggi e delle affascinanti montagne friulane, e lo stile della Tuti, fluido, poetico, appassionante, rendono la lettura invitante, è stato veramente difficile staccarsi dalle pagine. Se vi interessano queste perle storiche sconosciute, consiglio anche la lettura de Le assaggiatrici di Rosella Postorino, romanzo ambientato durante la dittatura hitleriana.
Romanzo dolorosamente bello e commovente. Romanzo che è stato capace di catapultarmi lassù, fra le trincee e il dolore dei soldati, fra gli stenti e la fame della gente, squassata dal dolore ma capace di atti coraggiosi. L’autrice ha saputo magistralmente dare voce ad un fatto di storia, quello delle portatrici carniche che aiutarono con la loro eroica e tenace impresa i soldati bloccati nelle trincee, privi di armi e sostentamento, che non si trova nei libri. Lo ha fatto attraverso gli occhi, i pensieri e i sentimenti di una di loro, Agata, personaggio di fantasia, ma che incarna quello che veramente è stato. Molti altri personaggi sono invece sono realmente esistiti, così come le vicende riportate e i luoghi descritti…Concordo pienamente con l’autrice quando nella postfazione scrive che “ricordare è un nostro dovere e responsabilità” e la ringrazio vivamente per averci regalato questo spaccato di storia dimenticata da quella ufficiale, quella cioè con la S maiuscola. Credo sia importantissimo soprattutto per i più giovani conoscere anche questa fetta di verità, che debbo dire non conoscevo nemmeno io! Sicuramente approfitterò della bibliografia indicata dall’autrice per approfondire l’argomento e farlo conoscere anche ai miei studenti (quasi esclusivamente maschi), non solo perché imparino a “ricordare” conoscendo, ma anche per far capire loro appieno il valore delle donne, perché attraverso la conoscenza passa anche il rispetto…
Bel libro, scritto con molta partecipazione dall'autrice. Il racconto è sentito, e si avverte chiaramente l'intento di far conoscere quanto fatto dalle Portatrici Carniche, che qui in Friuli sono molto amate, ma che al di fuori ben pochi conoscono. Non riesco a dare cinque stelline per il finale, che avrei preferito diverso e avverto come un po' forzato, e per la lingua utilizzata. Mi spiego meglio: il libro è in prima persona, ambientato in un piccolo paesino della Carnia durante la Prima Guerra Mondiale, la protagonista, pur se figlia di una maestra, secondo me ben difficilmente avrebbe potuto parlare come nel libro, o almeno lo credo io. In ogni caso, molto consigliato.
“Non è vero che le donne non sono mai scese in battaglia. Semplicemente, l���uomo le ha dimenticate.
La Grande Guerra Nel piccolo villaggio di montagna di Timau dove regnano povertà e fame, un piccolo gruppo di giovani donne, è chiamato ad aiutare i soldati di stanza vicino ai crinali sopra il paese. Alcune di loro sono ancora bambine, altre madri , altre ancora anziane, ma insieme, ogni mattina, corrono ai magazzini militari a valle, riempiendo le gerle di viveri, medicinali, munizioni; e poi a piedi per ore, per piccoli sentieri, con la neve che arriva fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte, mentre il nemico le tiene sotto tiro.
È la storia delle Portatrici, le donne della Carnia, che aiutarono le divisioni italiane nel Friuli settentrionale al confine con l'Austria C'è l'esuberante Viola che, per amore di un artigliere alpino, porta sulla schiena proiettili da quarantadue chili, Lucia, madre di quattro figli, il punto di riferimento per tutti gli altri , Caterina, Maria, ma soprattutto Agata, silenziosa e volitiva, che conquista con la sua caparbietà, le debolezze, i dubbi e l’amore per il padre malato
"Questa è la mia terra, vi sono sepolti i miei avi. Laggiù c’è la mia casa, mio padre mi attende. E io, finalmente, so di che cosa sono capace.”
Fiore di roccia celebra l'umiltà, l'amore e la volontà e le scelte . Un romanzo scritto con amore ed energia, in cui riecheggiano la fatica e la speranza di una pagina di storia importante e dimenticata di donne indimenticabili
Bellissima la voce narrante di Angela Ricciardi nella versione Audible!