Chiara d’Assisi, che fiancheggiò Francesco nel suo itinerario spirituale e ne fu l’erede più autentica, ci ha lasciato alcuni scritti fra i quali emerge un esile epistolario diretto ad Agnese di Praga. Figlia del re di Boemia, Agnese aveva rinunciato, per una vita consacrata, a una serie di nozze regali – e in particolare a quelle con l’imperatore Federico II. Attratta dalla fama di Chiara, scelse la nuova forma di vita istituita da Francesco, ispirata a una povertà radicale. Pur trattando delle concrete difficoltà che incontrava – anche presso l’autorità papale – l’impostazione francescana di rinuncia a ogni possesso, le lettere di Chiara si elevano al livello di sottili speculazioni contemplative. E ancora: pur obbedendo alle convenzioni del genere epistolare dettate dalla retorica di allora, brillano per l’originalità del loro stile, dove l’artificio non offusca la lucidità del pensiero e non spegne l’empito dei sentimenti. All’epistolario – una delle rare scritture femminili di quell’età, unico carteggio medioevale fra due donne – segue la Visione dello specchio, singolare racconto d’un sogno della santa, nel quale Francesco, in figura di madre, la nutre al proprio petto, che si trasforma in specchio: soggetto che ha sollevato ultimamente un grande interesse, e che qui viene per la prima volta illuminato nelle sue sottili componenti simboliche e nelle sue ascendenze mistiche e letterarie.
Leggere le parole di Santa Chiara (Chiara d’Assisi, Lettere ad Agnese. La visione dello specchio, Adelphi, 12 Euro ) oggi dà modo di conoscere la personalità della santa oltre la leggenda. Chiara ha scritto poco, pur avendo avuto una buona istruzione e una buona conoscenza del latino. Le quattro lettere ad Agnese, unici suoi scritti, presentano un ornato ben definito, simmetrie, chiasmi come se la forma scritta debba adeguarsi all’altezza del rango del personaggio a cui le lettere sono indirizzate. Agnese, figlia del re di Boemia e a sua volta religiosa, del monastero e dell'ospedale di San Francesco ed istitutrice dell'ordine dei Crocigeri della Stella Rossa. Evidente ed esplicita fin da subito, la volontà di Chiara di annullarsi nella sua interlocutrice, sminuire la propria statura per far sì che risalti quella della nobile di Boemia: «Chiara, indegna famiglia di Gesù Cristo e ancella inutile delle signore rinchiuse del monastero di San Damiano ad Assisi, sua suddita e ancella in tutto e per tutto». Il nucleo tematico della prima lettere è la Povertà, una povertà che rende ricchi, sposando la quale Agnese e quindi Chiara hanno barattato i legami terreni di spose e mogli, con legami del tutto uguali nella forma ma del tutto interiori e di grado infinitamente più alto; è questo che colpisce, il riferire quei legami, quegli stessi legami del tutto terreni ad una dimensione divina, trasfigurare quell’amore in una dimensione più grande: «sorella carissima, anzi signora degna d’ogni omaggio, perché siete sposa e madre e sorella del signore mio Gesù Cristo». Comunione nell’amore per Dio che porta ad un legame diretto con lui. Se i toni di Chiara non sono mistici, ci si avvicinano molto. Nelle altre tre epistole emerge sempre più limpida l’immagine dello specchio come metafora della vita religiosa; l’unico modo per condurla nella sua profondità è accogliere l’immagine di Cristo, imitarla, averla sempre davanti a sé, entro di essa la religiosa invita l’interlocutrice a vedere il proprio volto. Cristo va trovato nella propria anima, bisogna accoglierlo, sovrapporre la propria faccia ad un’anima che deve farsi grande per accoglierlo: «i cieli non possono contenere il creatore, mentre solo l’anima fedele è sua dimora e sede». Chiara nel suo specchio pone davanti a sé Francesco, è lui che vede riflesso, è da lui che viene allattata in quella stessa visione. Chiara come emanazione di Francesco, a sua volta mediatore tra la parola divina e la vita contemplativa sulla terra. Le parole di Chiara ancora oggi sanno infiammare, ad accomunarla ai grandi della Chiesa uno straordinario uso, quasi simbolico e poetico delle immagini tale da oltrepassare la parola scritta e colpire dritto al cuore.
«Correrò e non verrò meno fino a quando non mi introdurrai nella cella del vino, fino a quando la tua sinistra non posi sotto il mio capo e la tua destra non mi abbracci felicemente, fino a che non mi baci col felicissimo bacio della tua bocca.»