Mientras Ulises recorre el mundo y relata sus hazañas, Penélope permanece inmóvil, soporta la espera, teje y desteje su obra, permaneciendo de paso fiel a su cuando el hombre se va, la mujer espera su regreso. Y es que la historia clásica de los viajes y las exploraciones ha ignorado magistralmente esos trayectos y escritos femeninos. Cuando esta exclusión es sistemática, podemos hablar entonces de una verdadera intención de invisibilizar el viaje femenino. En el mejor de los casos, se las presenta como prostitutas o mentirosas; en el peor, han caído en el olvido. Lucie Azema, inspirándose en relatos reales de la literatura de viajes de mujeres, como los de Isabelle Eberhardt, Alexandra David-Néel, Ella Maillart, Annemarie Schwarzenbach, Nellie Bly, Anita Conti y otras, y en su experiencia personal, evoca territorios erotizados (como el harén), denuncia la visión masculina de la aventura y se interesa por la tensión entre viaje y maternidad. La consigna de la autora es que hay que ser libres de viajar y para viajar. Este libro está dedicado a aquellas mujeres que ya han partido de viaje o que aún no se atreven. «Históricamente, las mujeres son seres cautivos y, por eso, el viaje es uno de los medios más simbólicos y más fuertes para liberarse de esa condició viajar para una mujer constituye un acto fundador, es decir "voy donde quiero, solo me pertenezco a mí"». Lucie Azema
Commencé et fini dans un train, pour ne pas faire tâche.
N’étant pas du tout une grande voyageuse, ni dans l’âme ni dans les faits, j’avais peur de ne rien ressentir en lisant cet essai. Ça n’a pas réveillé en moi une vocation (je reste je crois une casanière qui peut se laisser convaincre) mais ça m’a aidée à creuser quelques galeries qui existaient déjà. Un ouvrage très riche, très documenté, et les débuts de chapitre pleins de la plume intime de l’autrice sont très beaux. Indéniablement un must-read pour les aventurières, et une belle porte ouverte pour celles qui n’osent peut-être pas encore.
Je ne savais pas que j'avais besoin de ce livre avant de l'avoir dans mes mains. En tant que femme voyageuse, j'ai intégré ces biais inconscients sans jamais vraiment les questionner. L'autrice déconstruit la figure de la femme voyageuse (réelle ou fantasmée) et de la femme dans le voyage en général (femme locale, femme exotique, etc.) d'une manière richement documentée et personnelle, sans tomber dans l'académique ou le jargon. Le style me rappelle Mona Chollet par sa capacité d'apprendre au lecteur.
Attendez-vous également à de sublimes descriptions de l'Iran, de la Turquie, et autres pays pays dans lesquels l'autrice a vécu, ainsi que de citations de récits de voyage du monde entier. Ce livre m'a permis d'ajouter de nombreux livres de femmes voyageuses à ma to read list!
Bandite per secoli dalla dimensione del viaggio, delle donne che sfidano le convenzioni e si imbarcano in spericolate e meravigliose avventure si sa molto poco, i loro nomi non sono stati ritenuti degni di un posto nei libri di storia, le loro vite – infine – cadute in un vergognoso oblio.
Contrapposta alla figura elegante e coraggiosa dell’avventuriero, l’avventuriera è una donna priva di morale, disinibita, perversa, sicuramente di facili costumi, che sceglie il viaggio non perché spinta dall’istinto della scoperta, dell’avventura, del nuovo da conoscere e in cui riconoscersi, bensì per il desiderio di soddisfare passioni sessuali impossibili da esprimere all’interno delle mura domestiche.
La casa, infatti, è riconosciuto da sempre come il territorio naturale della donna, nella quale quest’ultima può esprimersi al meglio, al sicuro dai pericoli della vita quotidiana, sotto l’ala protettrice del marito, dal quale dipende economicamente e per il quale è moglie, madre, amica, amante, domestica. Perchè tradire, dunque, una propensione naturale per scegliere una vita maschile, fatta di rischi, fatica e incognite? Qualunque donna decida di vivere una vita al di là degli stereotipi, delle convenzioni e delle aspettative della società, deve essere guardata con sospetto.
Ma è proprio quando superiamo i confini di ciò che conosciamo che diventiamo noi stesse, che abbiamo la possibilità di passare dall’interno all’esterno in un continuo gioco di rimandi per il quale ciò che siamo diventa ciò che vediamo, ciò che viviamo si dispiega davanti ai nostri occhi per insegnarci ad ascoltare la nostra interiorità, per imparare a comprendere quale sia lo spazio giusto per la nostra crescita, per concederci la possibilità di essere libere, di dimenticare ciò che ci si aspetta da noi.
Lucie Azema è una giornalista, femminista e viaggiatrice. Ha vissuto in diversi Paesi, tra loro diversi per cultura, lingua e tradizioni, realizzando il sogno nutrito sin dall’infanzia di fare del viaggio l’esperienza fondante della sua vita. Ha dunque sperimentato sulla propria pelle il significato di vivere altrove rispetto al luogo nel quale si è nate.
Ha scoperto cosa significa e ha significato per migliaia di individui lasciare la propria casa per costruirne un’altra altrove. A partire dalla nozione di avventuriera, che nel tempo – soprattutto in passato – aveva certamente un significato diverso del suo omologo al maschile, Lucie Azema racconta le storie di viaggiatrici venute prima di lei, che assecondando il proprio desiderio di aprirsi al mondo e conoscere nuove prospettive, sono state in grado di superare i limiti imposti al loro sesso dalla società eteropatriarcale nella quale vivevano. Siamo soliti attribuire alla figura del viaggiatore, dell’esploratore fattezze maschili: di fatto, la sfera pubblica e dunque anche quella del viaggio, è stata legittimamente occupata e tarata per gli uomini.
A fare da contraltare al coraggioso e avventuroso Odisseo, la tradizione di ci restituisce la paziente – ed immobile – Penelope, che consuma i suoi anni tra le mura domestiche, impegnata a crescere il figlio, respingere altri avventurieri, i Proci, e a tessere e disfare pazientemente in attesa del ritorno del proprio marito. Per Penelope, e per altri milioni di donne, il luogo eletto per lo svolgimento della propria vita è l’ambiente domestico, e le ineluttabili ed inevitabili incombenze derivanti dal ruolo materno. Ennesima prigione fisica, invece che scelta. Varcare la soglia della propria casa, lasciare il ruolo di cura imposto dalla società, scegliere di vivere un’esistenza libera appare dunque come un atto di ribellione contro natura.
L’avventura, quand’anche contempli esperienze sessuali con diverse donne, per gli uomini non assume mai connotati negativi e disdicevoli. Nemmeno quando padre e marito. Tale diversità di significato e di consequenziale giudizio morale ha di fatto creato enormi difficoltà per le donne che intendevano accedere all’esperienza del viaggio, costrette a dover trovare non soltanto l’occasione per partire, ma anche a subire uno stigma probabilmente incancellabile.
Nel suo lavoro, Lucie Azema ripercorre gli stereotipi sessisti che ruotano attorno all’esperienza di viaggiatrici delle donne nel corso del tempo: archeologhe, cartografe, scienziate, ma anche semplici individui con il desiderio di vivere esperienze diverse da quelle domestiche.
Per ognuna di loro, avere accesso al viaggio ha significato rompere le catene dell’esperienza imposta dal loro sesso e aprirsi al mondo. Lucie Azema raffronta tra loro le esperienze maschili e femminili attraverso l’utilizzo dei diari di viaggio e della letteratura in generale sul tema. Dagli scritti maschili, ciò che emerge con forza è la trasposizione delle proprie esperienze attraverso la lente del fallocentrismo e dell’agire coloniale: le descrizioni dei luoghi e delle usanze ricalca la contrapposizione tra un Noi e un Altro che necessariamente viene percepito come territorio da conquistare.
Nei diari di viaggio degli esploratori si ha un costante parallelismo tra i territori inesplorati e le donne, entrambi da conquistare, da consumare, anche attraverso l’uso della violenza, in un’ottica coloniale che di fatto è sopravvissuta anche alla caduta dei grandi imperi.
Il lavoro di Azema è particolarmente interessante, e fornisce ottimi spunti di riflessione su questioni già poste, in più e più occasioni, dal femminismo, ossia il rapporto tra il corpo femminile, lo spazio e la libertà di movimento. Le riflessioni femministe sulla questione si sono concentrate non soltanto sul viaggio, inteso quale superamento dei limiti del luogo natio, ma anche sul modo in cui vengono vissute le città, sul modo in cui queste sono strutturate, e su come – spesso – l’urbanistica sia stata pensata e disegnata da uomini per gli uomini. Sebbene non esistano, quanto meno nel mondo occidentale, limitazioni alla libertà di movimento delle donne o una netta separazione degli spazi tra pubblico e privato, è pur vero e incontrovertibile che ogni donna ha fatto esperienza di limiti ben diversi, derivanti dai pericoli – veri o soltanto temuti – imposti dalla società patriarcale. Il timore di essere aggredite, di subire molestie o ulteriori azioni criminali fa parte del bagaglio culturale di ognuna di noi. Invece di prevenire tali situazioni, rendendo più sicure le strade e i luoghi pubblici, si preferisce limitare la libertà di movimento nello spazio pubblico dei corpi femminili. Il paternalismo insito nel concetto di prudenza nasconde un avvertimento: violare la regole della prudenza, sfidare i limiti, esporsi ai pericoli finisce quasi sempre per giustificare odiose accuse di concorso di colpa della vittima.
All'inizio ho faticato ad entrare in sintonia con questo libro perché mi aspettavo qualcosa.di diverso: biografie di donne viaggiatrici. Invece è più un libro sul senso del viaggio se si è donne, su cosa comporti scegliere di partire, abbandonando i luoghi in cui veniamo confinate dal patriarcato.. E da lì me ne sono innamorata, ha parlato alla me viaggiatrice, alla bambina cui la nonna insegnava a tracciare itinerari sull'atlante.
"Liberi di cambiare, di deviare, di moltiplicare i colori della nostra vita. Liberi di andare in frantumi"
"Occupare il posto che avremmo preso facilmente se fossimo stati uomini: ecco l'obiettivo di un approccio femminista al viaggio"
Une lecture intéressante de par le sujet qu'elle aborde. Lucie Azema analyse tous les aspects de la littérature de voyage sous l'angle de la posture féminine. Elle relie à de nombreuses lectures et références ses propos (on regrette au passage qu'une bibliographie n'ait pas été ajoutée, il faudra piocher les références dans les notes), ce qui en fait un bon ouvrage complet. Le style pêche un peu lors des introductions de chapitre surtout au début du livre, mais Lucie Azema se livre de manière plus personnelle lorsqu'elle évoque son expérience.
C'est LE moment pour que je lise ce livre. Acheté durant mon premier voyage solo, directement dévoré. Il a résonné tellement avec mes ressentis de ces derniers jours...
Clairement un de mes livres féministes préférés. Complet, juste, informé. Il dézingue l'ensemble des soubassements virilistes et coloniaux qui entourent l'imaginaire du voyage en y mettant une dimension émotionnelle, limite poétique. Ce livre donne une force de malade et donne juste envie de foutre un gros coup de pied dans la fourmilière et de partir seule avec son baluchon (trop mimi comme mot !!) bref 10/10 amazing
Se ognuno di noi si ferma a pensare alle grandi scoperte dell'umanità non ci sovviene nemmeno un nome femminile: è mai possibile che il genere femminile sia stato così assente da questo campo tanto caro all’umanità? Secondo l'illuminante saggio "Donne in viaggio. Storie e itinerari di emancipazione" di Lucie Azema no, ma, anzi, ne sono state protagoniste tanto quanto gli uomini. L'autrice, che è essa stessa un'esperta viaggiatrice, ci racconta la storia di donne straordinarie che hanno dato un contributo fondamentale alla conoscenza del mondo, nonostante che, per lunghissimo tempo, fosse sconveniente per il genere femminile viaggiare. Partendo dalla connotazione originale di "avventuriera" e in un'ottica di decostruzione della Storia più nota, attraverseremo i secoli per scoprire alcune figure femminili che hanno contributo in modo indelebile alla nostra libertà.
Un essai que j’ai lu comme si j’avais lu un roman ; sans nécessairement prendre de notes ou en tirer tout son jus, j’ai pris de la pensée de Azema au gré de ce qui m’a marquée.
J’étais appréhensive de cette lecture en raison du titre à saveur différentialiste. Malgré le positionnement critique de la colonisation et de l’orientalisme, deux dimensions que j’avais peur de voir disparaître sous le fantasme du voyage bien qu’au caractère fondamental, Azema se base sur des pensées féministes très à la française. Ainsi, le propos est nécessairement traître d’une certaine classe (« le voyage, c’est la façon de m’émanciper »), mais ce serait mentir de dire que le livre ne donne pas un souffle d’envie d’aller voyager seule. Les multiples dimensions abordées (sexualité, maternité, toujours en rapport aux voyages des hommes) apportent une critique intéressante de la littérature de voyage et donne des pistes pour aller lire les femmes (des femmes blanches en majorité, par contre) qui ont été effacées sous les « exploits » masculins. En outre, une lecture agréable, bien documentée ; c’est un essai littéraire à bien des moments, avec un fond de théorie féministe à propos. Si mes craintes par rapport au titre ne se sont pas totalement révélées, il s’agit tout de même d’un livre traitant de voyage, ainsi donc impossible à détacher d’une certaine part « à la française » d’un féminisme accessible pour certaines plus précisément. À garder en tête : le livre reste utile, plaisant et fondateur d’une base sur laquelle on pourrait produire des critiques. J’ai le goût de partir de nouveau moi aussi!
Je suis enchantée d’avoir pu découvrir Annemarie Schwarzenbach avec Azema! Il m’en faut plus sur elle!!
Vraiment une très bonne surprise ! Je n'avais pas pris le temps de le lire jusqu'à présent, parce que j'avoue que le voyage n'est pas vraiment une thématique qui m'attire. Je suis profondément casanière, à la limite plus attirée par les coins perdus de France que par les bouts du monde. Mais malgré mon manque d'intérêt a priori pour le sujet, j'ai beaucoup apprécié ma lecture.
Les analyses de la première partie, autour notamment de la sexualisation des femmes étrangères et du colonialisme lié à l'aventure, sont particulièrement intéressantes. Je regrette un peu que la seconde partie tire vers une forme de développement personnel, alors qu'il y aurait encore tant à dire politiquement (au hasard, sur le fait que le voyage est quand même la plupart du temps une affaire réservée à la bourgeoisie privilégiée). Mais ce que l'autrice dit d'elle-même et de son rapport au voyage m'a touchée malgré ça.
Dans les passages qui m'ont passionnée comme dans ceux qui m'ont laissée de marbre, j'ai particulièrement apprécié l'écriture de Lucie Azema, une écriture consciente de son lectorat qui déroule avec simplicité une pensée complexe. C'était très agréable à lire !
L’essai est incroyable! J’ai découvert plein de voyageuses et exploratrices dont je ne soupçonnais pas l’existence auparavant. J’ai envie de partir loin seule, de flâner et de découvrir le monde.
È un saggio breve e molto leggero che si inserisce nella tradizione femminista e osserva come storicamente e nella contemporaneità gli stereotipi di genere e l'essere considerate l'Altro o il Secondo sesso (citando Simone de Beauvoir, che torna spesso nominata nelle pagine di Azema) abbia limitato e limiti le donne, le loro ambizioni, la loro libertà... e i loro viaggi, in questo caso.
Il saggio disamina anche la letteratura di viaggio, un genere prettamente maschile, eterosessuale e bianco, dove il 90-95% dei testi sono appunto opere scritte da uomini occidentali con uno sguardo quasi sempre molto imperialista, che scolpisce negli stereotipi di genere, sociali e culturali tutto ciò che non percepisce come suo pari.
Partendo dalle storie di viaggiatrici famose, come Nellie Bly e il suo giro del mondo in (meno di) 80 giorni, Alexandra David-Néel (prima donna occidentale in assoluto e prima viaggiatrice occidentale da tanto tempo a entrare in Tibet nel 1924) e molte altre, l'autrice ricostruisce gli stereotipi e le limitazioni imposti alle donne che desideravano viaggiare, le rinunce o le scelte, e le loro vite fuori dai canoni.
Il viaggio si contrappone all'esperienza considerata canonica per una donna, perché è un valore prettamente maschile. Partendo da Ulisse e Penelope, la donna resta a casa, si occupa dei figli, dimostra una certa arguzia nel mantenere le cose mentre il marito non c'è (ma solo finché non c'è, poi torna a dipendere da lui). Le donne che viaggiano sole in particolari sono disturbanti perché obbligano a vederle come individui, ad accettare che occupino uno spazio fisico e sociale in quanto persone, e non in funzione a un ruolo sociale (figlia, moglie, madre ecc).
Molto interessante anche il capitolo sull'importanza di "decolonizzare" la letteratura di viaggio, recuperando o dando spazio ai racconti di viaggiatori non occidentali, che non corrispondono appunto al modello dominante.
Oggi tuttora per molti vedere una donna che viaggia da sola è strano e spaventoso. E non solo uomini. Diverse mie amiche quando dico che prendo l'aereo da sola rabbrividiscono... anche per tratte brevi. L'ultima volta mi è capitato quando sono andata a Bruxelles (non nella foresta amazzonica eh, in una delle principali capitali europee, sede delle istituzioni dell'UE) a fine 2021. Tra l'altro fare un viaggio o una vacanza da sole è un'esperienza forte, anche di pochi giorni, che consiglio a chiunque.
3,5 Certains passages du livre ont résonné en moi, répondant à l’appel qui m’a fait sortir le livre de son étagère, après mes propres réflexions sur le voyage liées à mon expérience. J’ai adoré les passages contés sur d’autres aventurières/exploratrices, et j’ai aimé la démystification de certains grands voyages masculins rentrés dans l’histoire. Je n’ai en revanche pas trouvé grand intérêt aux théorisations variées, je les ai trouvées assez simples, sans apport, et parfois basées sur quelques exemples non-généralisables. L’autrice cite de nombreux autres auteurs/autrices, mais si rapidement qu’il est parfois difficile de s’y retrouver et de comprendre l’apport de chaque ouvrage/récit. J’aimerais maintenant explorer les récits de voyages dont elle fait part, qui ont l’air très variés, et qui m’ont convaincue de toujours ré-apprendre à explorer !
El verano es un buen momento para fijarse en este libro, pero en realidad va más allá de viajes de verano. En este libro se persigue el viaje como lugar de libertad, el viaje como expresión de vida, el viaje como conquista de ser. Subyace la división, el cisma, entre aventureras y aventureros, entre viajeras y viajeros, entre hombres y mujeres frente al siguiente paso en un lugar que no es conocido. Por otro lado ese lugar desconocido no deja de ser el siguiente minuto de todas nuestras vidas. Es un ensayo interesante, con mucha información, con mucho detalle. Una buena guía para interesarse por muchas mujeres que cortaron amarras y se lanzaron a conocer y a conocerse. Se lee muy fácil, quizás falta más reflexión y sobra mucha cita, pero es un ensayo asequible y disfrutable.
C'est un livre nécessaire et important. On parle très peu de femmes et de féminisme dans le voyage. Ce livre remet ces femmes sur le devant de la scène ainsi que leur vision du voyage, fondamentalement différente. Elles sont inspirantes et personnellement ce livre m'a fait comprendre que les barrières que je me mettais ou que mon entourage m'imposait pour pas que je parte n'avait pas de sens et qu'il était temps de passer outre. Merci à Lucie Azéma pour être si inspirante et pour avoir écrit ce livre qui fait autant écho en moi. Je conseille ce livre à toutes les femmes, les filles qui rêvent d'aventures sans jamais oser sauté le pas !
J'ai appris plein de trucs en lisant ce livre (que je suis en train de terminer mais je peux d'emblée dire que j'adore). Les extraits cités des voyageuses au long cours sont géniales, j'adore entrer dans l'intimité de ces femmes qui ont franchi des pas que je ne sais pas franchir personnellement. Les analyses sont très justes, c'est une lecture émancipatrice mais pas seulement, il y a aussi des confessions, des récits intimes, c'est un essai finalement très éclectique avec énormément de charme et de belles qualités littéraires !
Je reprends tout simplement une phrase qui m’a touchée : « En ce sens, le voyage est aussi une expérience de l’humilité : refuser d’être dominée, c’est refuser de dominer. C’est instaurer un rapport d’être égal à égal avec le monde, une harmonie partagée, un équilibre entre l’être humain et la nature, entre l’être humain et le reste du vivant, dans une logique de co-habitation, de co-évolution. » Il ne reste plus qu’à faire son sac et partir.
"Voyager pour une femme, c'est une mise à feu de toutes les interdictions, de toutes les injonctions. C'est dire: je veux aller là-bas, et vouloir me suffit, personne ne m'en empêchera. La liberté ne se demande pas poliment. Elle se prend."
Un bel essai féministe sur le voyage avec une approche décoloniale. La littérature de voyage et ses représentations sociales y sont déconstruires. Des pionnières, aventurières et grandes voyageuses sont citées et réhabilitées. Tous les grands questionnements féministes sont développés dans le cadre du voyage (liberté de mouvement, sexualisation, harcèlement, maternité, indépendance, préjugés etc.) Coup de cœur pour l'ode à l'amour de la solitude comme émancipation à la fin du livre.
Il m'a fait d'autant plus prendre conscience de ce privilège contemporain en tant que femme de pouvoir circuler librement, mais aussi pourquoi il est encore si difficile de partir en tant que femme avec une telle mémoire. Je ne le savais pas, mais j'ai attendu toute ma vie de lire ce livre.
Je suis passée par énormément d'émotions en lisant ce livre, qui fait énormément écho à mon chemin de vie actuel (les dernières phrases m'ont mis les larmes tellement elles sont puissantes et vraies). Deux rages ont continué de grandir à travers cette lecture, tant celle envers les hommes que celle de continuer sur cette voie de choix, uniquement par et pour moi. Et maintenant des dizaines de lectures sur le sujet m'attendent grâce à toutes les autrices citées, j'ai hâte.
“la liberté ne se demande pas poliement, elle se prend.”
j’ai lu la majorité du livre dans le train, ça aurait pu être très on brand mais malheureusement c’était pour aller/revenir de cours.
c’est mon premier essai féministe et je pense que j’ai bien choisi! l’autrice prend le temps de déconstruire les tous mythes du voyage avec sa perspective de voyageuse, et franchement, c’est super inspirant (hâte d’en lire pleins d’autres et de devenir insupportable)
(ça me donne envie de prendre un sac à dos et d’entrer dans ma lou! t.8 era)
J'ai vraiment beaucoup apprécié la bibliographie qui me donne envie de découvrir de nombreuses nouvelles autrices et aventurières ou qui me rappelle que je n'ai toujours rien lu d'Alexandra David Neel. J'ai eu du mal à me concentrer sur le livre, cependant. Pourtant, l'écriture est fluide, les citations s'insèrent sans peine dans le récit, il y a un patchwork récit de voyage de l'autrice / exemples agaçants (quand il s'agit d'hommes) ou inspirants / éléments plus conceptuels qui devrait m'empêcher de fatiguer. Je n'ai pas été toujours convaincue par le ton adopté, parfois péremptoire. Et j'ai eu l'impression que les citations se substituaient parfois à la réflexion de l'autrice (après, pourquoi reformuler ce qui a déjà été bien dit ?).
Certains des points traités ici le sont par Mona Chollet dans Réinventer l'amour (elle est d'ailleurs citée, comme Chollet cita Azéma). Je pense à la figure du voyageur qui voyage en Orient pour profiter de ce qu'offrent des cultures plus patriarcales et la pauvreté : jeunes filles, jeunes garçons. Que dire à la place de "touriste sexuel", qui semble effectivement euphémique (P 135) ? Une raison de plus pour ne plus lire Pierre Loti. J'ai aimé la page de remerciements : au café turc, au thé iranien (entre autres).
Je vais peut-être réévaluer le livre, tiens : je n'en dis pas beaucoup de mal pour du **.
Quelle lecture laborieuse-la table des matières donnait envie, mais c'est en fait une succession de citations d'ouvrages plus fouillés (le seul bon point donc, la bibliographie), et quand l'autrice écrit elle-même, c'est pour des envolées lyriques qui enfoncent un peu le clou de la littérature de voyage stéréotypée qu'elle dénonce. Si elle aborde vite fait l'aspect de domination dans l'idée du voyage, elle n'aborde absolument jamais la notion de classe, ou le fait que ses envies de voyage découlent d'un passé colonial et orientaliste (Liban, Inde, Iran) ce qui m'a paru assez hallucinant. Ça, et le fait qu'il n'y ait pas une seule mention de Rebecca West: on a cette énervante impression que l'autrice a lu plein d'ouvrages pour son blog de courrier international (dont elle reprend des passages entiers ici) mais qu'en dehors des femmes citées dans ces ouvrages, ou des noms archi connus comme Néel (dont elle ne remet jamais en question l'attitude très dominante), elle ne s'est pas intéressée aux femmes qui faisaient des voyages moins spectaculaires ou exotiques. C'est au final une compilation d'écrits qui reste en surface, se contredit souvent, et perpétue une idée du voyage comme quelque chose qui doit être spirituel, loin de l'occident mais tout en cherchant cet idéal prône par l'orientalisme. Bref, une lecture profondément frustrante en ce qui me concerne.
Re-découvrir le concept du voyage dans une perspective féministe. Passionnant ! Quel plaisir de lire pour la première fois les histoires de toutes ces aventurières invisibilisées. De procéder à une réévaluation de l'histoire qu'on nous a apprise à l'école concernant "les grands aventuriers". De remettre en question encore une fois cette soi-disant neutralité du regard masculin de l'aventurier qui occulte toute une partie de la réalité. De comprendre la nécessité de décoloniser le voyage. Enfin, j'ai beaucoup aimé la dernière partie dans laquelle l'autrice aborde le voyage en solitaire pour les femmes. J'ai dévoré ce livre et il m'a donné envie de retourner voyager très vite et de "flâner dans les villes" comme le dit Lucie Azema.
Un livre EXCELLENT sur la liberté de mouvement des femmes, et par conséquent sur leur liberté d'être elles-mêmes. Un livre à conseiller vivement aux femmes qui se sentent en cage, à celles qui courent libres, aux hommes qui les soutiennent et à ceux qui n'y connaissent rien.