Un vecchio criminale di guerra vive con sua figlia, divisa tra la repulsione e il dovere di accudire. Lui è convinto di avere per unico torto la sconfitta. Lei non vuole sapere i capi d'accusa perché il torto di suo padre non è per lei riducibile a circostanza, momento della storia. Insieme vanno a un appuntamento prescritto dalla kabbala ebraica, che fa coincidere la parola fine con la parola vendetta. Pretesto sono le pagine impugnate da uno sconosciuto in una locanda.
Upon completing high school in 1968 Erri De Luca joined the radical left-wing movement Lotta Continua. After the organization's disbandment he worked as a blue collar at the Fiat factory in Turin and at the Catania airport. He also was as a truck driver and a mason, working in job sites in Italy, France and Africa. He rode relief convoys in Yugoslavia during the war between 1993 and 1999.
He is self-taught in several languages including Ancient Hebrew and Yiddish.
De Luca is a passionate mountain climber. A reclusive character, he currently lives in a remote cottage in the countryside of Rome.
Although he never stopped writing since he was 20, his first book is published in 1989, Non ora, non qui (Not now, not here). Many more books followed, best sellers in Italy, France and Israel, his work being translated and published in Spain, Portugal, Germany, Holland, USA, Brazil, Poland, Norway, Danmark, Romania, Greece and Lithuania. He has himself translated several books of the Bible into Italian like Exodus, Jonah, Ecclesiastes, Ruth, and explored various aspects of Judaism, as a non-believer.
In France, he received the France Culture Prize in 1994 for Aceto, arcobaleno, the Laure Bataillon Award in 2002 for Tre cavalli and, also in 2002, the Fémina Étranger for Montedidio, translated in English as God's Mountain. He was a member of the jury at the Cannes Festival in 2003.
Erri De Luca writes regularly for various newspapers (La Repubblica, Il Manifesto, Corriere della Sera, Avvenire), and magazines.
certi scritti fanno bene, danno quel piacevole senso di soddisfazione che si prova assaporando un piatto semplice come un risotto al pomodoro datterino estivo! Buona lettura
Quattro stelle per tutta la prima parte del libro, scritta in prima persona, bella, interessante e ricca di riflessioni. Poi purtroppo c’è la seconda parte, scritta in prima persona femminile; che ho faticato a seguire e a capire. Piena di digressioni e assolutamente discontinua. Forse sarebbe meglio leggere solo la prima…
“Dell’infanzia ricordo libri e nessun giocattolo. C’erano di sicuro, ma si sono persi. Soldatini, trenini, bestie, case: i giochi sono miniature del mondo, utili a un bambino per sentirsi gigante. Aiutano a crescere sopportando l’inferiorità. Ho giocato poco, preferendo leggere. Dentro i libri non era possibile immaginarsi grandi. Le storie erano immense, la mia lettura piccola in confronto. Molte cose neanche le capivo. I libri mi ribadivano la mia taglia minuscola. Ma qualcosa all’interno s’ingrandiva. Il medico diceva che era il fegato, che allora si curava con l’olio di merluzzo. A me sembrava invece che aumentasse la capacità d’aria dei polmoni. La lettura di Stevenson mi ha gonfiato di aria di oceano. La poesia napoletana mi scioglieva la lingua. London mi ha insegnato la neve. Le storie delle stragi della guerra mi facevano rimbombare la vena della fronte. Le storie delle stragi della guerra mi facevano rimbombare la vena della fronte.”
Non scuso per le digressioni. Era partito bene. Fino a pag.35 mi sembrava di leggere un buon De Luca, come ai vecchi tempi. Poi ha cambiato registro e anche… sesso! Ha cominciato a scrivere in prima persona al femminile e ha perso spontaneità. La storia è diventata troppo ‘costruita’ e non mi ha più coinvolto. Non basta chiedere scusa delle digressioni, Erri!
Devo dire che le pagine piu' belle di questo libro sono nella parte maschile del libro: infatti la prima parte ha un uomo (forse lo stesso De Luca? O il suo alter ego) come voce narrante, la seconda parte ha invece la figlia del soldato in questione. Una scrittura leggera ma ricca, corposa, ed una storia semplice ma profonda. Primo libro del 2025 che mi ripaga dalla delusione dell'ultimo libro del 2024! Consigliatissimo
"...spetta agli scrittori restituire il nome alle cose"p. 16. ...per concidenza mentre leggevo queste pagine stavo anche leggendo un articolo sull'annoso dilemma della definizione di "escort".
Bellissime riflessioni su linguaggio, traduzione, necessita' di memoria e "giustizia divina". Non basta cambiare nome per sfuggire ai propri errori. Non bastano neanche la chirurgia plastica e il trapianto dei capelli (sempre per parlare d'altro).
Incredibile come De Luca riesca a rendere senza peso, nel linguaggio, nelle immagini e nella trama argomenti cosi' tragici. Spero di non dimenticare di rileggerlo. In particolare mi e' rimasta una domanda: perche' la figlia sceglie di sopportare la menzogna e portare sulle spalle la colpa del padre fino alla fine. Era senz'altro narrativamente necessario, ma inquietante almeno dal mio punto di vista. Ma se non rimanessero domande non sarebbe un libro bellissimo.
Mah... Un racconto lungo che vivacchia su facili suggestioni, su temi di perpetua attualità e, per i cultori, sulla sempre fascinosa scrittura dell'autore. Poco, per dirmi soddisfatto. Poco, per non avere l'idea di un populismo ricercato che, giunto a notorietà, capitalizza assai bene il proprio spendersi.
Erri De Luca è un portatore sano di aforismi: tra le sue pagine esplodono motti fulminanti e verbi scolpiti; costruzioni desuete ed esegesi sorprendenti. Di quando in quando, attorno, sboccia un romanzo, ma è, come in questo caso, merce sempre più rara. Interessante il tema, discontinuo lo sviluppo. De Luca, per fortuna, è sempre De Luca.
Natale 2009. Strada di bassa montagna. Ricordo che eravamo chiuse in auto a proteggerci dal freddo invernale. Non nevicava ancora, ma aveva piovuto. Ci scambiammo i doni con vera emozione. Non sono mai stata così contenta di un regalo fatto. Avevamo trascorso dicembre impacchettando libri e riflettendo insieme sul senso di quel donare, a volte troppo frenetico. Fu il primo anno in cui Natale tornò magico come quando ero bambina. Incontrai Erri De Luca in quell’auto. La mia amica mi regalò Il peso della farfalla. Mi commossi prima di iniziare la lettura. Dopo la prima pagina mi innamorai. Sono certa che perdonerete questa digressione che, comunque, credo necessaria: temo che non riuscirò a essere del tutto imparziale. D’altra parte ogni volta che ritrovo de Luca, ho delle aspettative che mi rendono piuttosto esigente e critica, se mai dovessero essere deluse. Appena ho avuto notizia della nuova pubblicazione, ho gioito progettando di acquistare il libro poco prima di partire per le vacanze estive. Alla fine non ho resistito ed eccomi qui. La narrazione è affidata a due voci diverse, opposte e vicine: uno scrittore e una donna, entrambi protagonisti nella vita che incontra un’altra. Lo scrittore, nel quale non è difficile riconoscere lo stesso autore, non ha la pretesa di prendere per mano il lettore. Estraniato dalle prime parole, è il lettore a seguirlo nella ricerca della memoria affidata all’yiddish. I poeti, gli scrittori ebrei sono i semi delle piante in fiamme nel ghetto di Varsavia: a loro spettava la testimonianza. Lo scrittore si rifugia tra le montagne per tradurre i racconti di Israel Yehoshua Singer. E lì è toccato da un sorriso. Il sorriso di una donna che è questo prima di essere la figlia di un criminale di guerra, un ex-soldato tedesco. Cresciuta tra le menzogne, ma con delicatezza e il tocco di una poesia infinita, ha la forza di accettare il peso della verità. La sua unica pretesa è essere effetto senza causa. La storia non appartiene né allo scrittore-traduttore né alla donna e figlia, ma al soldato, al suo torto. Non c’è giudizio di condanna né compassione. No, quella mai. C’è un uomo che la vita ha reso folle. Il silenzio sulle sue colpe è terribile, pesante quanto l’incapacità di capire. Ho ritrovato con piacere l’intensità delle parole di De Luca, la sua sensibilità nello svelare il corpo di una donna. È nel corpo che la donna racchiude la sua magia, il sentire carnale, concreto. La profondità si nasconde alla superficie, leggera e invisibile sulla pelle.
Good book, not a wonder as some others of De Luca, but excellent to get in touch with some interesting notions of Jewish Kabbalá and of ancient Hebrew's language. After this reading I bought De Luca's translation of the Esodo / Nomi (one of the Bible's Old Testament gospels), and got conquered by it.
Libro interessante ma non facile da seguire, specialmente se, come nel mio caso, interrompi tra un capitolo e l'altro per qualche giorno. La scrittora di EDL non è mai facile e richiede un po' di concentrazione, ma non delude per la profondita. Questo libro pero' mi ha colpito meno del solito.
La fortuna di essermi imbattuta per caso in questo romanzo breve di Erri de Luca, ha portato in me due nuove rivoluzioni, e anche ottimi propositi per un futuro molto prossimo:
1) Andare a scoprire tutta una letteratura che ancora non conosco, ovvero: quella dell’autore Israel Yehoshua Singer, fratello maggiore del premio Nobel Isaac Bashevis Singer, e ovviamente anche quella di suo fratello. Dunque, inoltrarmi poi nella letteratura yiddish ancora a me ulteriormente sconosciuta: procacciarmi gli scritti dell’ucraino Isaac Babel’. E a questo proposito voglio far parlare Erri De Luca:
«Tra quelle carte avevo già scelto un racconto perfetto, una storia ambientata tra il 1919 e il 1920. Si leggono le disavventure ferroviarie di un giovane ebreo polacco in mezzo alla Rivoluzione russa. Possono stare a fianco della più riuscita opera letteraria ambientata in quegli anni della rivoluzione: L'armata a cavallo di Isaac Babel'. Lo scrittore ebreo di Odessa partecipò con altro nome alle battaglie dei cosacchi schierati con i bolscevichi. Scrisse di quella esperienza le migliori pagine che conosco del 1900 russo. […] Lo hanno fucilato a Mosca il 27 gennaio del 1940, senza luogo di sepoltura. Aveva quarantacinque anni, quello che ha scritto a me basta per stimarlo il migliore tra i russi del 1900. Non sento la mancanza di quello che non ha potuto scrivere. Mi pesa invece la disperazione di un uomo che aveva un pozzo d'inchiostro da intingere e gli fu sigillato con un pezzo di piombo nel cervello. Non vado sulle tombe degli scrittori amati, ma batto il pugno sul tavolo del mio secolo che ha tolto a un passante una sosta davanti alla pietra di Isaac Babel’.»
2) Ho potuto conoscere sempre grazie a de Luca un pittore che ignoravo del tutto (e nonostante la mia laurea in storia dell’arte, sebbene io non sia una contemporaneista e mi sia laureata sul Rinascimento e Raffaello…) e che d’improvviso rientra tra i miei pittori preferiti in assoluto: l’austriaco Rudolf Wacker (andatelo a cercare su Google !), il quale «studiò a Vienna e nel ‘14 partì soldato per il fronte orientale. Tornò nel '20, dopo cinque anni di prigionia in Siberia, terminata con la Rivoluzione russa. […] Morì di crepacuore nel ‘39 dopo una serie di perquisizioni della Gestapo.»
Ecco. Questo è tanto altro in un piccolo ma importante, essenziale e necessario, poetico, lieve e doloroso racconto di Erri De Luca.
Allora. Premetto che prima di scrivere la recensione mi sono riservata il diritto di leggere qualche commento dell’autore su questo racconto breve, perché io, da sola, ci avevo capito poco o niente; non tanto del susseguirsi degli eventi, quanto delle motivazioni, del senso e della riflessione che l’opera voleva suscitare. Dopo aver chiarito un po’, allora ho collegato tanti puntini; tuttavia per me dover approfondire in questo modo è già di per sé un punto a sfavore, perché significa che il messaggio non è diretto. Per qualcuno invece potrebbe rappresentare un aspetto più affascinante. Di Erri De Luca, in altre come in quest’opera, apprezzo e ammiro molto lo stile, estremamente concettuale, ma non per questo meno evocativo; altrettanto diretto e “tagliente”, come l’hanno descritto anche altri anobiani. E questo sicuramente tiene incollati alle pagine rendendo la sua scrittura molto affascinante. In quest’opera invece, non ho apprezzato tanto la digressione: le storie sono 2, anzi probabilmente 3, la storia di un traduttore di yiddish (alter ego dell’autore), la storia di un criminale di guerra nazista, il cui unico pentimento si rivolge al fatto di aver perso la guerra, e la storia di sua figlia, che invece prova profonda vergogna e risponde a tale sentimento cercando di distaccarsi e di ignorare il più possibile il passato del padre. Bene, grande potenziale…! E invece il tutto si risolve in uno scorrere dispersivo di digressioni sull’infanzia della ragazza, poco o nulla legate alla storia del padre, e poco altro. Sì, indagando poi vari aspetti si possono ricollegare: l’importanza degli incontri, il valore del passato, il contrasto fra crimine e cultura… Ma non vorrei aver bisogno di farmeli spiegare. Promossa la scrittura, in questo caso la trama un po’ meno!
Bajo la llanura apreciamos un pozo de agua. Tiembla. Se reviste de miedo ante el individuo. Logra escapar de la superficie. Salpica. Los zapatos del extraño están terrosos. Mugre y sangre son partícipes de su soledad. En la inmensidad del silencio logramos capturar el sonido silencioso de llamar las cosas en yiddish. Once millones, en letras, porque los seres vivos necesitan estar representados de esa manera, saben el idioma yiddish que maneja el extraño pero no están con él. Nunca estuvieron. Trata de aproximarse a las heridas de la otredad que él dejó impune. Se ha vuelto su calvario.
El autor italiano Erri de Luca describe de manera excepcional en El crimen del soldado (1950) a un nazi arrepentido que, en el completo hermetismo, se vuelve un estudioso del judaísmo. Para sobrevivir a la cacería, cambia de nombre y apellidos, los documentos de identificación que porta tiene otro número, trata de inmiscuirse en la nueva sociedad posguerra como un cartero. Pasar inadvertido. Ahora es un autodidacta del idioma yiddish, dice que se parece al napolitano, lee a diario la dolencia de sus letras. Visita los campos de exterminio nazi. Siente arcadas. Aguanta miles de vómitos. Él era un simple soldado -se defiende- solo recibía órdenes. Evita hablar. Puede ser reconocido por su voz. Qué Dios lo ayude. Siente que es un Golem con la inscripción Emmet en la frente. Después desinfla su ímpetu y vuelve a ser el culpable temeroso del imperio de la justicia. Su hija, a pesar del abandono repentino de la madre, acompaña a su padre. Sabe quién es y lo que ha hecho. Lo defiende.
#literaturaitaliana #errideluca
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Non mi aspettavo di trovare tante emozioni così in un libro tanto piccolo, eppure è successo. Ho trovato questo libricino al mio bookcrossing di città e mi sono lasciata ispirare dalla sua lunghezza molto breve. Quando ho iniziato a leggerlo ho temuto che potesse essere troppo pesante, ma presto mi sono ricreduta, perchè le pagine scorrevano velocemente nonostante la tematica delicata. In questo piccolo racconto ci sono due storie che si intrecciano per pochi minuti, ma che permettono di vedere le due facce di una guerra che ha devastato il mondo e di cui ancora oggi - a mio parere - si parla troppo poco, dato il preoccupante ritorno di certe idee e azioni. Da un lato c'è la storia di un popolo che è stato perseguitato per anni. Dall'altra, la storia di un soldato che non sa darsi per vinto, che non accetta la sconfitta, che non ha rimorso di ciò che ha fatto, ciò che ha visto. Queste due storie vengono narrate da personaggi che sono arrivati al mondo a guerra finita, eppure ne vivono ancora il peso attraverso racconti e legami di sangue. Un libriccino piccino, ma intenso che consiglio di leggere a tutti
Parafrasando la famosa canzone dei Rolling Stones: sarà anche "solo" narrativa di intrattenimento (come direbbe qualcuno da spiaggia...) ma questo libro mi è proprio piaciuto. E' la prima volta che leggo qualcosa di King e sono rimasto favorevolmente colpito. La lettura è scorrevole, il racconto avvincente e con la giusta dose di suspense. La storia poi è orginale malgrado il tema dei viaggi nel tempo e degli "effetti collaterali" sul presente sia stato ampiamente esplorato sia dalla letteratura che dal cinema. Almeno 4 i filoni narrativi: il tema fantastico: il viaggio nel tempo e tutto quello che questo può comportare il tema storico: la ricostruzione della vita di Lee Oswald e dell'assasinio di Kennedy. il tema sociale: come si viveva a cavallo tra gli anni 50 e sessanta ? Il tema noir: qualche "fattaccio di sangue" qua e là non guasta mai :-) Altamente consigliato
Una novela escrita a dos voces. La primera, la de un cartero a punto de jubilarse que tiene una especie de obsesión con el yiddish; la segunda, la hija del cartero y quien nos cuenta la verdad sobre su padre: es un criminal de guerra. Para el padre "el crimen del soldado es la derrota" porque no hay diferencia de acciones entre vencedor y vencido, ambos lados cometen crímenes atroces en medio de una guerra, pero sólo se condena a los perdedores: para la hija "el crimen del soldado es la obediencia". El drama personal de cada uno de ellos se mezcla con el otro y sus destinos confluyen en un desenlace violento. De Luca analiza en la novela la guerra, el judaísmo, el nazismo, la paternidad, los conceptos de familia, pasado, culpa, arrepentimiento y muchos otros con una prosa sencilla, directa, poética, repleta de frases cortas.
Dos voces, dos perspectivas y dos diferentes encuadres de una misma historia. El autor se explaya en la voz masculina en lo que sabe hacer: prosa poética. Para la parte femenina deja un poco de lado lo suave y dulce de su manejo del lenguaje para darle una aspereza extraña. Me interesé por el Yiddish. La cábala me decepcionó un tris. Podría ser aséptico y ponderar lo del lenguaje al servicio de la trama pero eso sinceramente es lo que menos me gusta. Me parece que sabe hacer digresiones y lo anuncia sin pudor de la misma manera que alguien que es consciente que está armado y sabe disparar y tiene el arma cargada. Apunta bien para lograr un acabado elaborado y fino en la estructura.
Une sensibilité qui m'a fait penser à W.G. Sebald - Les Anneaux de Saturne. Le mystère d'un goy qui fait du travail de mémoire sur l'holocauste un sacerdoce. Je suis admirative de cette passion là.
La deuxième partie du livre... je n'ai pas su quoi en penser. J'y reviendrai. L'enfant d'un criminel de guerre parle : elle a survécu au suicide de son père.
Tout ce thème de l'interprétation, des signes... La mention d'Ischia & de Procida a eu l'effet d'une formule magique.
Pour moi qui aime les langues, cet hommage à la langue et culture yiddish est tout simplement merveilleux.
Un écrivain qui traduit des textes yiddish et qui voit des lettres autour de lui juxtaposé au soldat qui, malgré sa haine de tout ce qui est juif, devient obséder par la culture yiddish afin de trouver des réponses à sa vie démontre l'intelligence de l'écriture de De Luca.
Bon livre qui se lit rapidement, mais fait réfléchir à ce qu'est la culture et se qui fait sa force.
Hace tiempo tenía pendiente el encuentro con Erri de Luca y me ha encantado. El libro está compuesto de dos partes muy distintas y resulta desconcertante no sólo por el cambio de tema sino también por el tipo de escritura. Si bien es la segunda parte la que le da el título al libro, la narración no es tan potente, pero todo ello está plenamente justificado dentro de la totalidad.
Dice De Luca que el crimen del soldado es la derrota. Sus libros son poéticos, tenues y sutiles. A veces, en exceso. No sé qué pensar de esta historia de criminal nazi oculto bajo una falsa identidad. Una historia sin culpables que me incomoda.
Erri De Luca è un maestro della dolcezza narrativa. È un racconto che va letto tutto d’un fiato. È vero, la storia è eccessivamente simmetrica in alcuni punti, ma il valore emotivo non ne risente.
Spunto interessante sviluppato però in maniera un po' confusa. Non si apprezza al massimo la scrittura solitamente molto lucida e tagliente dell'autore.
De Luca mi incanta con le sue parole, ci vedo mondi. La prima parte è principalmente poesia, la seconda è prosa. Scalatori di montagne, criminali di guerra e figlie.
Un récit court mais dense et profond. J'aime beaucoup cet auteur. Cependant ma méconnaissance de la culture hébraïque et de la "Kabbale " m'a sûrement fait passer à côté de certaines explications.
Due voci narranti per una sola storia. Due punti di vista: le vittime e i carnefici. Da una parte c’è il tentativo di dare voce alle vittime dello sterminio più atroce che la storia conosca, attraverso il recupero di una lingua che ormai in pochi tengono viva, ma necessaria per poter raccontare e testimoniare, per salvare dall’oblìo. “Lo yiddish assomiglia al mio napoletano, entrambe lingua di molta folla in spazi stretti, adatte a farsi largo tra le grida”. Così ne parla lo sconosciuto protagonista della prima parte del libro e insieme artefice ignaro dell’epilogo della storia principale.
Storia narrata da un’altra voce, quella di una donna che si scopre figlia di un criminale di guerra quando ormai non riesce a fare altro che accettarlo, portare avanti la finzione di un nome con cui è cresciuta. E’ lei a raccontare la seconda vita di quell’uomo che è suo padre solo per un “malinteso”, un uomo che nella prima parte della sua vita è stato un nazista autore di atroci crimini, ma che si sente un soldato e in quanto tale con l’unico torto di essere stato sconfitto. Perché “la vittoria giustifica tutto”, la sconfitta ti condanna ad una vita nascosta sotto falso nome e con in testa la persecuzione di essere scoperto e la necessità di doversi nascondere perfino a una figlia.
Un uomo che arrivato alla pensione dopo aver fatto il postino avendo così potuto ancora una volta indossare una divisa in cui identificarsi, trova il senso dei suoi giorni nello studio della kabala, i cui numeri e significati spiegherebbero i motivi del fallimento del nazismo che si sarebbe potuto evitare se si fosse stati più attenti a leggere i segni di quel sistema profetico, invece che concentrarsi sullo sterminio della razza ebrea.
Svelato il mistero della kabala, convinto del suo valore premonitore, attende il giorno prestabilito per la sua cattura.
Fin quando le tre vite si incrociano perché si compia l’atteso destino. Il soldato impegnato ogni giorno a rimandarlo, lo sconosciuto ignaro antagonista, la donna che finalmente può ritrovare in quest’ultimo le uniche emozioni provate finora e ferme a quando era bambina, e nel padre che va incontro al suo destino fatale, la liberazione dalla farsa vissuta fino ad allora.
Quanto allo stile, nella prima parte troviamo a pieno la figura di Erri De Luca che invece sa poi magistralmente celarsi dietro le sembianze della protagonista del resto del libro, come in un racconto a due voci.
Tre stelle, poiché non è secondo me tra le migliori cose scritte da Erri De Luca.
Il tema è stato abbondantemente usato e riusato da molti scrittori: il nazista senza nome che fugge dopo la seconda guerra mondiale. A me, però, piacciono le variazioni sul tema, anche perché se così non fosse dovrei rinunciare a gran parte dei classici della letteratura occidentale.
In più, tale tema viene portato avanti attraverso una struttura interessante. Partiamo da un presupposto: non è un romanzo per gli amanti dell'intreccio. Non c'è una storia sugosa, c'è un solo colpo di scena e per giunta nel finale. E' un romanzo di aforismi, d'altronde la stessa struttura a paragrafi ricorda i testi di Nietzsche (anche se oltre la struttura, Nietzsche e De Luca hanno ben poco in comune).
De Luca è uno studioso della Bibbia e della cultura ebraica, perciò inevitabilmente è stato influenzato da quello stile sapienziale e simbolico tipico di tali letture. I suoi testi sono riflessioni esistenziali, etiche e anche estetiche disseminate all'interno di una cornice narrativa. A volte può risultare melenso, ma non l'ho trovato particolarmente stucchevole.
Notevole, invece,la capacità di trasformare aneddoti (che lui chiama 'digressioni', delle quali si scusa, per giunta) in simboli, in gesti o eventi che racchiudono un significato che va ben oltre alla mera azione, al mero raccontare.
E' un romanzo nato dal grande tema del Novecento: il genocidio degli ebrei. Ed è anche un romanzo catartico, perché cerca di mostrare che la vera giustizia ognuno di noi la porta al suo interno. E di conseguenza, anche la propria punizione. De Luca cerca di farlo intuire, a volte mostrandolo come un principio metafisico, in altri casi come psicologico. D'accordo o meno, è un punto di vista affascinante.
Mi piace anche la prima parte del libro, preludio al testo, che ci mostra come la fantasia di un autore sia capace di costruire su esperienze vissute una vita completamente diversa, ma con forti rimandi alla propria.
Un altro pregio è la sua brevità: più lungo sarebbe risultato pesante e forse anche pedante.