Ubukata Keiko, trentacinquenne scrittrice di successo nota con lo pseudonimo di Koumi Narumi, e da qualche tempo in crisi di creatività, scompare lasciando un’unica traccia di sé: un manoscritto intitolato Una storia crudele. Atsurō, il marito avvezzo alle stranezze e alla volubilità della donna, lo trova in bella vista sulla sua scrivania con il seguente post-it appiccicato sopra: «Da spedire al Dott. Yahagi della Bunchosha». Editor della casa editrice di Koumi Narumi, Yahagi si getta subito a capo fitto nella lettura dell’opera, nella speranza di avere finalmente tra le mani il nuovo best seller dell’acclamata autrice. Piú si addentra nella lettura, tuttavia, piú rimane sconvolto e, leggendo l’annotazione finale dell’opera: «Ciò che è scritto in queste pagine corrisponde alla pura verità. Gli eventi di cui si parla sono accaduti realmente», non può fare a meno di avvertire un brivido corrergli lungo la schiena. Koumi Narumi narra, infatti, dell’infanzia di Keiko, vale a dire della propria fanciullezza. Descritta come una bambina di dieci anni triste e solitaria che patisce l’indifferenza e l’irascibilità della madre, Keiko è impaziente di ricevere amore e attenzione dal prossimo. Una sera, sperando forse di trovarvi il padre, si spinge fino a K, un quartiere ad alta concentrazione di bar e locali a luci rosse. Là si sente a un tratto picchiettare con delicatezza sulla spalla. Sorpresa, si volta di scatto e scorge un giovane uomo con in braccio un grosso gatto bianco. I capelli, aridi e spettinati, gli scendono a ciuffi sulla fronte. Le sopracciglia spioventi gli danno un’aria da ebete. L’uomo la fissa con i suoi occhi piccoli, lo sguardo affettuoso, le pupille che gli brillano. Frastornata, incuriosita, Keiko lo segue in un vicoletto buio, dove lo sconosciuto le infila un sacco nero sul capo e la rapisce. La bambina resta nelle mani di Kenji, il rapitore, per un anno intero stabilendo con lui un rapporto agghiacciante, ambivalente, la cui natura le risulta oscura. Quando infine viene ritrovata, non rivela niente di ciò che è accaduto, né alla polizia né agli psichiatri che vorrebbero aiutarla. Soltanto Miyasaka, un misterioso detective con un braccio solo, non si stanca d’indagare, forse innamorato della verità o forse di Keiko, oppure curioso di venire a capo di una vicenda che sembra nascondere dettagli morbosi. Da quando ha vissuto l’esperienza del rapimento infatti la capacità immaginifica di Keiko cresce a dismisura e, alimentando un innato talento, le permette di diventare a quindici anni acclamata autrice di uno scandaloso romanzo.
NATSUO KIRINO (桐野夏生), born in 1951 in Kanazawa (Ishikawa Prefecture) was an active and spirited child brought up between her two brothers, one being six years older and the other five years younger than her. Kirino's father, being an architect, took the family to many cities, and Kirino spent her youth in Sendai, Sapporo, and finally settled in Tokyo when she was fourteen, which is where she has been residing since. Kirino showed glimpses of her talent as a writer in her early stages—she was a child with great deal of curiosity, and also a child who could completely immerse herself in her own unique world of imagination.
After completing her law degree, Kirino worked in various fields before becoming a fictional writer; including scheduling and organizing films to be shown in a movie theater, and working as an editor and writer for a magazine publication. She got married to her present husband when she turned twenty-four, and began writing professionally, after giving birth to her daughter, at age thirty. However, it was not until Kirino was forty-one that she made her major debut. Since then, she has written thirteen full-length novels and three volumes of collective short stories, which are highly acclaimed for her intriguingly intelligent plot development and character portrayal, and her unique perspective of Japanese society after the collapse of the economic bubble.
Today, Kirino continues to enthusiastically write in a range of interesting genres. Her smash hit novel OUT (Kodansha, 1997) became the first work to be translated into English and other languages. OUT was also nominated for the 2004 MWA Edgar Allan Poe Award in the Best Novel Category, which made Kirino the first Japanese writer to be nominated for this major literary award. Her other works are now under way to be translated and published around the world.
E non si preoccupi, non c'è bisogno che mi perdoni,perché nemmeno io credo di poterla perdonare
Una lettera inaspettata. Una frase .E così riaffiora alla mente il ricordo vivido di una terribile esperienza vissuta 25 anni prima. Da un momento all'altro la mia sana quotidianità - mangiare,bere, dormire- è stata devastata e depredata da entità sconosciuta,rendendomi brutalmente conscia dell'esistenza di un'altra me e facendomi sprofondare in un terrore irrazionale. Si tratta di qualcosa che solo una vittima è in grado di discernere, attraverso la rievocazione della sua esperienza negativa. Per questo ho sempre preferito tenere la bocca chiusa: parlare non sarebbe servito a nulla, nessuno mi avrebbe capita. Forse era inevitabile che scegliessi di fare la scrittrice, una professione che impedisce agli altri di fare irruzione nella mia vita. Scrivere romanzi è come un'arma che permette di temprare la propria individualità e puntare dritto all'obiettivo, incidendolo in profondità, senza il bisogno di badare ad altro.
Una storia davvero crudele ,una vicenda dai dettagli morbosi che coinvolge una bambina di 10 anni La crudeltà della condotta di un individuo squilibrato e perfido la crudeltà dell'immaginazione delle altre persone... Infine attenzione al sottile gioco condotto da Natsuo Kirino, più diabolica della yakuza, con il lettore , lei ti fa intravedere brevi tracce, ti dà indizi minimi ,come piccoli semi ,che possono poi germogliare nella tua mente , e crescere per dare forma a molteplici interpretazioni e poi... ti lascia là , a sguazzare nel pantano dell'incertezza . Crudele.
Un'altra opera della Kirino molto bella. Ho comunque preferito "In", ma ciò non toglie che ho apprezzato tantissimo anche questa.
Natsuo Kirino riesce a descrivere i lati più oscuri della psiche umana, quelli che solitamente tendiamo a voler mantenere segreti, come pochi altri autori ho visto fare. Anzi, al momento la ritengo una delle migliori.
Una storia crudele, scritta con estrema nitidezza, che lascia l'amaro in bocca. Una storia di come viene percepita la realtà dopo un evento traumatico e come navigare nella normalità dopo non aver avuto la possibilità di viverla per diverso tempo.
Bellissima opera, sempre più convinta di voler recuperare tutto ciò che ha scritto.
Una storia crudele, nel vero senso della parola. Questo libro è piena di ansia, inquietudine e ambiguità. Mi è piaciuto proprio questo senso di incertezza che lascia pieni di dubbi su cosa sia accaduto realmente. Punti in più per il fatto che questa autrice sia totalmente diversa nello stile e nei temi dagli altri autori giapponesi che conosco (mi vengono in mente Murakami e Yoshimoto). Il suo modo di scrivere è distaccato e freddo, senza la minima traccia di quel mondo onirico che mi aspettavo. Approfondirò sicuramente le sue opere!
Ms. Kirino's works are always compelling, her ability to scout the human psyche and create distinctively perverted characters is astounding. I don't think "What Remains" is as good as her other books - Grothesque to name one - but it still is an interesting read. It's the story of Ubukata Keiko: an author writing a final memoir of her kidnapping and 1 year detention when she was 10 years old. We relive her experience through her eyes, but Ms. Kirino is so skillful that she has us question everything, until you don't know what is fiction and what is real. Other characters also directly give their point of view: the kidnapper is introduced through a letter, the husband also writes two letters that discredit the wife's recounting. His letters are the opening and the ending - just to say that what was in between might not be all reliable.
"What Remains" is about the interpretation of reality: how we recount and transpose it in our memories. There is no final truth because the human mind is flexible and can warp reality and fantasy in order to protect one's life. Our survival instinct filters how we perceive the world.
I found it to be interesting and page-turning. The writing, as always, is crystal clear and very intense.
Una storia che instilla nel lettore una curiosità morbosa di proseguire con la lettura, ma che sul finale non soddisfa nessuna aspettativa. Speravo in qualcosa di meglio a livello dei contenuti della storia. Come scrittura invece l'ho trovata abbastanza buona, ma non entusiasmante per quanto riguarda il feeling che si viene ad instaurare tra lettore e protagonista. Da quel punto di vista mi ha fatto rimanere tiepida. E' il primo libro di questa autrice che leggo e non posso dire di esserne rimasta entusiasta, perché effettivamente manca qualcosa per suscitare emozioni. E inoltre manca di un finale che si possa definire tale. Proverò con altri suoi romanzi.
Questo libro, della stessa autrice della quale ho amato Le quattro casalinghe di Tokyo, è particolare e spiazzante. Una scrittrice sparisce misteriosamente lasciando il manoscritto del suo ultimo romanzo, autobiografico perché parla di un sequestro di cui è stata vittima da bambina. La prima metà sembra il tema abusato del sequestro di persona, che ho incontrato in decine di thriller. Solo, qui scritto molto meglio. La seconda metà vira verso il noir, con un piacevole e inatteso cambio di registro fino al finale, che rientra in una tipologia di finali che amo molto
Questo libro ha tutti gli elementi di un noir ben riuscito (violenza, atmosfere cupe e una buona dose di suspense), ma è anche molto di più. Abbiamo la vicenda drammatica di una bambina sequestrata e abusata sessualmente per un anno intero, che finalmente da adulta ripercorre quell' esperienza in un racconto: è un mistero tutto interiore, riuscire a scoprire cosa si cela nella mente dei protagonisti e quale sia la vera natura del rapporto tra la vittima e il suo sequestratore. L'autrice scava a fondo nella psicologia dei personaggi e ne mette a nudo gli aspetti più intimi con una freddezza quasi brutale, senza attenuanti per nessuno: è un mondo cinico, dove ognuno è chiuso nel suo guscio ed agisce spinto dal proprio interesse. La cosa più interessante e che a mio parere lo distingue dai soliti thriller è proprio la staticità; non c'è azione e anche le scene più terribili sono descritte con distacco. Questo porta ad un senso di straniamento nel lettore che almeno nel mio caso ha contribuito paradossalmente ad aumentare il coinvolgimento. Un romanzo disturbante raccontato da una prospettiva insolita, che non può lasciare indifferenti.
Ben lontano dalla scrittura impietosa e approfondita di Le quattro casalinghe di Tokyo e di Grotesque, questo romanzo, impreciso e di poco approfondimento psicologico mi ha lasciata molto delusa. Cerca di riscattarsi un po' nel finale, ma non � abbastanza. La storia poteva essere una ghiotta occasione per questa scrittrice, ma a mio parere ha unito in "poche" pagine un banale riassunto tra i fatti e la psicologia, lasciando troppo al lettore. Nella prima parte, quella del rapimento, salta completamente l'anno di clausura, probabilmente per riprenderlo dopo, ma senza troppo successo. Non � brillante, non entusiasma, non � un giallo, ma non ha le caratteristiche di quella psicologia densa che la Kirino ci aveva abituati nei due citati libri. Meno male � il suo terzo che leggo, se fosse stato il primo sicuramente gli altri due non li avrei presi e sarebbe stato un vero peccato. Complessivamente, un libro che non soddisfa.
Una storia crudele racconta dell'ultimo scritto lasciato da una famosa scrittrice prima di scomparire. In questo scritto troviamo la confessione intima della protagonista, la storia crudele che l'ha portata a diventare scrittrice, qualche indizio sul perché della sua scomparsa. Il libro è piuttosto scorrevole e intrigante dato l'andamento da thriller psicologico grazie al quale indaga traumi e perversioni che non è difficile ritrovare nel nostro mondo, un' indagine che ci porta tra le parti sommerse della società dove l'uomo ritorna animale preda degli istinti più primordiali, dove ognuno è a suo modo vittima più che artefice del proprio destino. Ma in questa Storia crudele quello che è a mio parere più interessante non è la "crudeltà", è la "storia". Perché questo romanzo è un romanzo di storie. Di storie scritte (La lettera del marito, lo scritto lasciato dalla protagonista che contiene anche la lettera di Kenji e una revisione del suo primo romanzo, le pagine del diario condiviso di Kenji e Keiko...) e di storie possibili, non scritte, immaginarie, che si creano e si ricompongono in modi sempre nuovi. L'importante pare volerci dire l'autrice non è che il racconto sia "vero" (nella sua ultima confessione come ci fa notare il marito ci sono diverse imprecisioni) ma che sia plausibile e coerente. Prendi un punto di partenza, prendi un punto di arrivo. E poi pensa, ragiona, inventa.... Come arrivare da A a B? Per certi versi mi fa venire in mente gli esperimenti di Raymond Roussel raccontai in Come ho scritto alcuni dei miei libri, un divertimento letterario, un ragionamento sulla scrittura, sul raccontare storie, e su come una stesa storia può raccontare tante cose diverse. Emblematica la frase che sfugge (per iscritto!) al marito che ci fa immediatamente creare un ponte con Abekawa, che ci apre uno spiraglio e ci invita, come ha fatto Keiko, come ha fatto Miyasaka, come fanno gli scrittori, ad immaginare la nostra soluzione, la nostra storia. Come prima lettura della Kirino non male, credo che leggerò altro. Voto: 7
Ho scoperto per caso questa scrittrice giapponese grazie a recensioni di titoli imponenti (inteso come numero di pagine) come Grotesque e Le quattro casalinghe di Tokyo. Volendo conoscerla ho pensato di iniziare da questo, che è un libro di dimensioni più modeste. Libro catalogato come Mystery, Thriller, Noir... Sul retro copertina leggo "regina del delitto", "dark lady"... Peccato che in questo libro non ci ho trovato nulla che soddisfacesse le mie aspettative. Il racconto, costruito come romanzo dentro al romanzo, è tutto incentrato sul rapimento di una bambina di 10 anni da parte di uno psicopatico. Il rapimento occupa le prime 80 pagine del libro, il resto potremmo definirlo come una sorta di elaborazione del trauma. Un romanzo psicologico, ma di certo non thriller psicologico, dato che non c'è nessuna suspense, nessun colpo di scena degno di questo nome, solo la morbosa rivisitazione di quanto accaduto, il tentativo di entrare nella mente del rapitore, il tentativo di immaginare come potesse essere stata la vita del rapitore (e del suo presunto complice), le circonvoluzioni mentali della ragazzina e le conseguenze che questo evento ha portato nella sua vita. Uno strano "gioco" in cui non conta la verità ma soltanto le "fantasie che si scatenano nel tentativo di raggiungere la verità... Immaginare, congetturare, fare ipotesi... Ovvero tutto ciò che alimenta l'immaginazione e vi appartiene."
Sicuramente proverò a leggere qualcun altro dei libri di Kirino, penso si meriti un'altra possibilità, ma questo non mi sento davvero di consigliarlo.
"A 10 year old girl is kidnapped on her way home from ballet class. Her abductor makes no ransom demand; instead he keeps her prisoner above the factory where he works. Keiko Kitamura endures degradation and squalor but never gives up hope, and a year passes before the factory owner's wife discovers and frees her. Twenty-five years later Keiko, now a famous novelist, leaves her husband without word except for a post-it note on the manuscript for her latest work, called "What Remains". Alongside the novel is letter from her abductor, Kenji, who has recently been released from prison. What Remains chronicles Keiko's time in captivity and subsequent release. Through the resulting criminal investigation into her abduction, Keiko's relationship with Kenji comes under close scrutiny. Though not complicit, Keiko appears reluctant to divulge elements of her incarceration. In adjusting to life threatening circumstances, Keiko's altered state of mind may have blurred the reality of events. The imagination gives rise to ones fears and also the power to endure them - but to what cost? In her latest novel translated from the Japanese, Kirino delivers a taut psychological study of a young mind subjected to extreme fear, and the price of surviving such an ordeal. What Remains twists the conscience, gripping as it is terrifying, to the very end."
If anyone knows how I may be able to get hold of a copy, please contact me.
Una sindrome di Stoccolma. Difficile immaginare che la protagonista sia una bambina di soli dieci anni, si fatica a pensare che possa essere così matura e scaltra da raggirare la polizia occultando prove senza mai tradirsi. È forse l'unico limite della storia. Dimenticato questo, in un solo romanzo, abbiamo la stessa storia analizzata da più punti di vista. C'è il romanzo che la vittima, una volta adulta, scrive. C'è la lettera del marito inviata all'editore. C'è poi la verità raccontata da Keiko, e c'è in fine la nostra verità alla quale giungiamo alla fine del libro. Durante la lettura si attraversano diverse fasi emozionali dovute al sequestro, alla reclusione, agli abusi, e poi al sospetto di una sorta di compiacenza da parte della vittima. Una vera storia cudele, dove nessuno ne esce pulito, tutti sono invischiati in torbide fantasie e hanno peccati da occultare, persino la bambina rapita a dieci anni sembra non godere dell'innocenza che la giovane età le dovrebbe garantire.
Il mio primo approccio a Natsuo Kirino è stato interessante ma sono certa abbia scritto di meglio. Keiko subisce un trauma nella sua infanzia a causa di un rapimento di cui non farà mai parola con nessuno per non sentirsi bersaglio dell’immaginazione altrui. Convinta che nessuno potrà mai capirla, convive con la ferita psicologica da cui prenderà vita la sua vena di scrittrice. Libro molto introspettivo, porta a riflettere sulle conseguenze dei traumi non curati.
Posso essere onesta in maniera brutale? Non l'ho capito, e non mi è piaciuto 🤷 Ci sono delle scene molto forti e disturbanti, per cui se dovete iniziare a leggere questo libro fate attenzione, ma per il resto ho capito poco e niente. Quello che mi dispiace è che questo è il primo libro della Kirino che leggo, e dubito che ne leggerò altri suoi. Sul genere giallo/thriller preferisco di gran lunga Keigo Higashino.
Una storia crudele non parla (solo) del rapimento di una bambina. Racconta di come un trauma possa far nascere nella vittima un mondo interiore così complesso e articolato da non riuscire mai a fissarne i confini. La vittima diventa scrittrice perché non riesce a non diventarlo, ossessionata dalle sue fantasie, dal bisogno incessante di dar forma a quel torbido che le è nato dentro, estremamente contraddittorio e in continua espansione. E più la propria interpretazione dei fatti è nebulosa e incerta, più il piacere di immaginare la rende schiava. Libro moooolto interessante.
Il titolo di questo romanzo in inglese è “what remains”, “cosa resta” e trovo che sia ancora più adatto di quello italiano. Cosa resta alla vittima di un evento tanto agghiacciante?Cosa resta nella mente di una bambina e quanto di ciò che resta è inventato, frutto di un’immaginazione necessaria alla sopravvivenza? L’immaginazione è il vero tema di questo noir psicologico: un’immaginazione che diventa al contempo mezzo per venire a patti con una realtà impossibile da capire ma anche fonte di paura e odio poiché è lo stesso strumento usato dagli altri per riempire gli spazi vuoti, le vicende mai denunciate. Nel pieno stile Kirino è un romanzo dove l’apparenza inganna perché la verità è ancora più terribile e crudele.
Intrigante ed interessante come thriller psicologico, con una scrittura elegante e veramente scorrevole. Un racconto dove il Male viene tramandato di generazione in generazione, come un veleno dal quale è impossibile liberarsi completamente. Criptico ed enigmatico, personalmente l’ho molto apprezzato nonostante la poca chiarezza in alcuni punti. Un’autrice che però sicuramente tornerò a leggere!
Una storia realmente crudele dove si alternano in continuazione realtà e fantasia affrontando un tema davvero molto delicato, ovvero quello di una bambina
Un libro che indaga a fondo l'animo e le inquietudini di una bambina, ragazza e donna, che costretta a vivere con il suo rapitore, instaura con lui un rapporto ambiguo e perverso che evolve nel tempo. Ho apprezzato molto l'analisi psicologica dei personaggi e la loro caratterizzazione.
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La storia prende in analisi la vicenda vissuta da Ubukata Keiko, una bambina di quarta elementare, che una sera dopo essere uscita dalla scuola di danza a cui è iscritta, mentre vaga per la città vicina alla sua per andare a prendere il padre al lavoro, viene rapita di un uomo di circa venticinque anni, Kenji che la terrà con sé, prigioniera per un intero anno, all'interno del suo appartamento sopra la fabbrica dove lavora. L'intero racconto, che potremmo definire un libro all'interno del libro, viene raccontato da Keiko in persona ora adulta (sono passato venticinque anni dall'epoca del sequestro) e famosa scrittrice. Un libro davvero ben scritto, il cui contenuto trasmette (nonostante non sia il racconto di una storia vera, ma un racconto fittizio) un senso di ansia e d'inquietudine che ti fanno compagnia per l'intero romanzo, portando il lettore a vivere, anche se solo col pensiero, ed a provare tutte le emozioni che la piccola Keiko di dieci anni visse in quell'anno maledetto dove fu prigioniera di Kenji di cui divenne anche amica. Una storia divisa in sei parti ben collegate fra di loro: una prima parte in cui viene narrato il periodo del sequestro con descrizioni davvero dettagliate di quello che Keiko ha provato sia fisicamente che psicologicamente fino a quando non viene trovata e liberata; una seconda, terza, quarta e quinta parte in cui viene raccontato per filo e per segno c'ho che lei stessa ha vissuto dal momento della liberazione (compresa la via che ha preso la sua vita dopo la separazione dei genitori) fino ad ora con anche una breve parte di un libro che aveva scritto in passato dove racconta, secondo lei, chi poteva essere Kenji e perchè si comportava così; ed infine una sesta e breve parte dove si torna indietro nel tempo al momento in cui una Keiko ormai liceale decide finalmente, dopo anni di silenzio, di rivelare tutta la verità a colui che l'ha seguita per tutto il tempo: il procuratore Miyasaka. Un libro davvero consigliato, una lettura a carattere forte che fa davvero riflettere su molti temi, ma scorrevole e che tiene incollato il lettore fino alla fine.
Keiko è stata rapita all'età di dieci anni il suo rapitore, un uomo con seri problemi mentali, l'ha tenuta con se per un anno in questo tempo la mente di Keiko ha subito una trasformazione e la sua vita intera ne ha risentito ora Keiko ha trentacinque anni è una scrittrice affermata e vive nell'ombra nessun intervista e nulla che faccia riferimento alla sua esperienza del passato finchè il suo rapitore non esce di prigione e le invia una lettera...
Keiko è una persona disturbata quasi quanto il suo rapitore l'esperienza ne ha fatto una scrittrice famosa e un'emarginata sociale ma in Giappone, si sa, chiunque si distingue dalla massa diventa un emarginato... Natsuo Kirino si dedica ancora una volta a raccontare una deriva morale, ma questa volta, a differenza del passato, la sua protagonista non convince e non avvince è scialba, odiosa nella sua chiusura mentale, prima ancora che emotiva, e nel complesso poco credibile la storia è raccontata in prima persona, ma si compone esclusivamente di fantasie, e possiamo immaginare quanto sia duro avere fantasie in assenza totale di sentimenti i pochi sentimenti emersi sono distorti e inutilmente enfatizzati l'irritazione è invece il risultato che il lettore si trova a fronteggiare riassumendo abbiamo: un racconto morboso ma irrisolto una protagonista ferma all'età mentale di dieci anni uno psicopatico che si crede una donna un guardone che istiga al reato un pubblico ministero avvinto dalla morbosità della storia e un lettore annoiato basta perchè se ne prenda in considerazione la lettura? a me pare di no
Natsuo Kirino non è la solita autrice giapponese che arriva in Occidente come potrebbero essere Mishima,Yoshimoto o Murakami: La sua letteratura è sporca, piena di marcio al contrario della "canonica" letteratura nipponica a cui siamo abituati. "Una storia crudele" racconta nient'altro che una storia davvero crudele, la storia raccontata dalla vittima stessa di un sequestro effettuato ai danni di una bambina di dieci anni da parte di un personaggio sfaccettato. Il libro però è più profondo, è un pozzo profondo nella mente di vittima e carnefice, un insieme di realtà e sogni lucidi in un groviglio che non viene sciolto. Non è un libro che tutti possono leggere, perché è davvero una storia crudele ma è un libro che insegna tanto sull'animo umano e paradossalmente è una velata critica anche allo stesso lettore, intendo spiegarmi meglio pero è necessario che chi vuole leggere il libro si fermi qui con la lettura per poi magari tornare a leggere a lettura conclusa. *SPOILER*
Come dicevo in precedenza il libro è un misto tra realtà e fantasia della vittima che edulcora, nasconde e confonde ciò che gli è successo. In fondo però la Kirino, anche attraverso uno scambio di battute all'interno del libro, non da peso alla verità ma da più importanza al processo speculativo e di ipotesi che il lettore e gli stessi protagonisti fanno al fine di raccontarsi delle storie per il puro fine di rispondere alle domande. Senza una risposta precisa alle domande però cosa rimane in mano al lettore? Un avvenimento che ha turbato profondamente la vita di una bambina, della famiglia e di tutte le persone che ne hanno avuto a che fare, sia questo effettuato per un motivo o per pura crudeltà.