Avete mai sognato di partecipare al Campionato Mondiale di pallastrada, organizzato dal Grande Bastardo, protettore degli orfani di tutto il mondo? Memorino, Lucifero e Alì sì, molte volte, e per realizzare il loro sogno architettano una fuga dall'orfanotrofio dei Celestini.
Subito don Biffero, il priore Zopilote, don Bracco e il giornalista Fimicoli, in coppia con il fotografo Rosalino, si lanciano all'inseguimento. Tutto intorno, una folla di personaggi bizzarri, stravaganti e coloratissimi nella tradizione del miglior il fetente di Gladonia, i pittori pazzi Pelicorti, il professor Eraclitus e persino una coppia di gemelli magici campioni di pallastrada.
Ma su questa variegata compagine aleggia un'oscura e crudele profezia, che appare sui muri di un palazzo e che sembra destinata a spazzare via tutto e tutti. È impossibile prevedere cosa succederà.
Stefano Benni (Bologna, 1947 – Bologna, 2025) è stato uno scrittore, umorista, giornalista, sceneggiatore, poeta e drammaturgo italiano.
Stefano Benni (1947-2025) was an Italian satirical writer, poet and journalist. His books have been translated into around 20 foreign languages and scored notable commercial success. He sold 2,5 million copies of his books in Italy.
He has contributed to Panorama (Italian magazine), Linus (magazine), La Repubblica, il manifesto among others. In 1989 he directed the film Musica per vecchi animali.
Nella decadente e corrotta Gladonia si intrecciano le storie di alcuni orfanelli destinati ad un campionato di portata mondiale, giornalisti sadici, uomini potenti e sconsiderati, preti meschini e tutto ciò che un futuro anche prossimo potrebbe riservarci nel peggiore dei casi. Tutto cerca di impedire il raduno del campionato di pallastrada, nobile sport praticato dalle caverne ai ghetti alle città assediate, ma improbabili eroi faranno di tutto per salvarlo. Storie inquietanti, segni del passato che ritornano e segni di un futuro che dovrebbe essere cancellato si alternano nel bellissimo racconto di Stefano Benni, che ancora una volta ci mostra come potrebbe essere il nostro futuro se continuassimo a governarlo male. [g]
Mi dispiace “bocciare” Benni dopo due suoi meravigliosi romanzi letti (ovvero “Margherita Dolcevita” e “Saltatempo”) ma purtroppo qui siamo nel terreno del nulla. O meglio, di qualcosa che definirei tra il demenziale e tragi-comico tarocco, tarocco perché tenta di raccontare qualcosa strappando due risate ma poi esagera e sfora in una sorta di cartone animato allucinato, incomprensibile, completamente pazzo. Mi ha ricordato il famoso “Signor Malaussène” di Pennac, che non ho apprezzato per lo stesso motivo, per questa voglia di far ridere colorando troppo tutto, fatti, azioni, nomi (soprattutto nomi!) e la sensazione di sentirsi straniati, a contatto con qualcosa di slegato alla realtà, troppo fuori. Non ho trovato la delicatezza, la poesia, il tocco e la profondità tanto apprezzati nei romanzi già letti e devo dire che, di fatto, di tutto il romanzo, ho capito ben poco. Salvo le prime 70-80 pagine che mi hanno strappato un po’ di curiosità, poi appunto gradualmente e completamente sfumata. A questo punto mi chiedo se questo è uno scivolone dell’autore oppure se, molto semplicemente, non mi è piaciuto e basta.
Siamo nello stato di Gladonia. Un gruppo di orfanelli che vivono nell'orfanatrofio dei Celestini fugge per partecipare al campionato mondiale di pallastrada, uno sport segretissimo e clandestino che si gioca per le strade. Sono stati invitati a partecipare dal Grande Bastardo, "il protettore di tutti gli orfani del mondo". Durante la loro fuga dovranno affrontare molte avventure e avranno inseguitori e pericoli da evitare. Il solito Benni, pieno di fantasia e sarcasmo.Il solito linguaggio infarcito di invenzioni lessicali che subito ti fanno ridere, poi riflettere perchè contengono una forte critica alla nostra società. Gladonia è l'Italia, Mussolardi, "l'uomo più ricco e fetente di Gladonia" è Berlusconi, Rigolone Marina è Rimini, la Riviera Adrenalinica è la Riviera Adriatica, la Grande Meringa è il papa. Il libro è stato scritto nel 1992, ma potrebbe benissimo essere stato scritto oggi. Tra i libri di Benni che ho letto finora lo metterei tra i suoi migliori, ma i miei preferiti continuano ad essere sempre Elianto e Il bar sotto il mare.
Sì, tardiva. Scrivo questa recensione con un bel po' di ritardo. Ho finito di leggere questo libro a Gennaio, credo. All'inizio stentavo a leggerlo, ritenendolo una prosa bambinesca, puerile. Ho trovato invece lo stile di Stefano Benni apprezzabile, originale, a volte addirittura geniale. Inventa, modella, realizza una realtà nuova, con termini, luoghi e personaggi assolutamente fuori dal comune. La Pallastrada è uno sport estremo, impraticabile, ma che gli orfanelli non hanno difficoltà a praticare. Guidati dagli indizi del Grande Bastardo (personalità impalpabile e vagabonda) gli orfani di tutto il mondo si ritrovano a Gladonia per il torneo di Pallastrada. Qualcuno però vuole rendere questo evento un fenomeno mediatico... Il libro è pervaso dalle peripezie e dai problemi che gli orfanelli dovranno affrontare per non farsi scoprire mentre scappano dall'orfanotrofio o mentre cercano l'ultimo componente della squadra!
Tre stelle, ma quasi quattro. Alterna momenti di pura genialità ad altri di delirio (chissà, forse sono la stessa cosa). Si apprezza sicuramente di più se, come me, si è cresciuti nell’era berlusconiana e si possono dunque cogliere tutti i riferimenti e la profonda critica alla società consumistica e teledipendente.
"Le idee sono come le tette: se non sono abbastanza grandi si possono sempre gonfiare."
Geniale, fantasioso, irriverente e persino blasfemo: dalla risata sguaiata a quella amarissima, fino all'ultima lacrima (cit!).
La compagnia dei Celestini è esattamente un capolavoro dell'humour italiano di Stefano Benni: ad una fantasia variopinta, dispiegata nella creazione di nomi buffissimi e personaggi al limite del paranormale, si affianca una sotterranea satira che letteralmente fa a pezzi la nostra società contemporanea, senza rispiarmare alcuno: preti, politici, giornalisti, gente comune, fast-food, televisione - insomma, dentro questo romanzetto c'è davvero un intero mondo!
Ad un'occhiata superficiale La compagnia dei Celestini si presenta come la storia di un'avventura infantile: protagonisti un gruppo di ragazzini fuggiti da un orfanotrofio (rigorosamente ecclesiastico) per partecipare al leggendario campionato mondiale di pallastrada, che riunisce i ragazzini di tutto il mondo. Nel corso di questa avventura, tra profezie, colpi di scena plateali (alla Carramba che sorpresa), tradimenti e ricongiungumenti, viene lanciata sulla scena una galleria strepitosa di personaggi caricaturizzati al massimo.
In questo modo, appare visibile la profonda contrapposizione morale tra il mondo dei bambini, fantastico e "pulito" (anche se non necessariamente innocente), e quello degli adulti, ingannatori, corrotti, traditori.
Apprezzabilissima la scelta di un'ambientazione pseudofantastica: ma è chiaro sin dalle prime battute che dietro l'immaginaria nazione di Gladonia si nasconde la nostra triste Italia.
Insomma, sono risate amare quelle che Benni scatena, sempre di più, soprattutto ricordando che questo romanzo è stato scritto all'inizio degli anni Novanta: e la notevole capacità profetica di Benni non può che spaventare.
In realtà 3.5. Piacevole, originale, divertente, commovente ma soprattutto tristemente profetico se si considerano i suoi 20 anni compiuti. Uno spaccato di tutto il peggio del nostro "Bel Paese" in cui Benni non risparmia nessuno, sparando a zero su politici, giornalisti, preti, forze dell'ordine, adulti in generale e salvando solo i bambini con la loro innocenza e semplicità, simboleggiate dal meraviglioso gioco della pallastrada. Unica pecca, i nomi di luoghi e personaggi a volte esageratamente bizzarri confondono un po', almeno inizialmente. Nel complesso, bella lettura. Mi sa che di Benni cercherò altri titoli.
Come satira è scontata e quasi parodica nella sua esagerazione, come fantasy è, per quanto stravagante e allucinato, poco creativo, come romanzo d'avventura è poco coinvolgente, come YA è volgare e come romanzo per adulti è immaturo. Il tentativo finale di creare un climax in vorticosa ascesa verso lo psichedelico e il pirotecnico non fa altro che confermare l'impressione generale di una storia confusa e raffazzonata alla meglio.
Perde su tutti i fronti contro un'opera quale ad esempio, scusate la banalità, Harry Potter, che tratta tutte le questioni trovate in questo libretto con un tratto infinitamente più delicato - e mille volte più incisivo.
Credo che la pallastrada sia diventato il mio sport preferito ☺ Bambini orfani di tutto il mondo si incontrano nel centro di Gladonia, nell'anno 1990 e rotti, invitati dal Grande Bastardo (protettore di tutti gli orfani del mondo) per partecipare al campionato mondiale di pallastrada. I protagonisti fuggono dall'orfanotrofio inseguiti da don Biffero e don Bracco, un giornalista cinico e l'Egoarca Mussolardi alla ricerca della produzione televisiva del secolo.
In pieno stile Benni: l'autore rivede in chiave ironica, attraverso l'avventura di questi ragazzi le contraddizioni, le cattiverie e il desiderio di vincere sugli altri anche se questo vuol dire essere senza scrupoli in una terra ricca e corrotta "Era un popolo strano e sfortunato: il benessere gli aveva tolto tutto".
Bo... bah... io... bo... Non ho capito. Delirio, ancora delirio, satira, teatro dell'assurdo... Non era decisamente quello che mi aspettavo. Divertente, per la maggior parte del tempo, paraculo come pochi verso lo stato, la religione, la televisione e molto altro... ma davvero, davvero delirante. Verso la fine poi, il devasto. Fino a una buona metà stavo pensando di dargliene 3.5, ma la parte finale mi ha così sconvolta che anche 3 sono assai. Non fatelo leggere ai bambini, per l'amor del cielo. Piuttosto metteteli davanti al cartone animato, di cui conservo un rassicurante e tenero ricordo d'infanzia...
Ci ho messo un po' a finirlo, principalmente perché l'ho letto in un periodo in cui avevo zero tempo per leggere, poi anche perché con la stanchezza addosso certe volte ho fatto fatica a seguire periodi lunghissimi e infarciti di grecismi o citazioni colte, anche se altre parti mi hanno sinceramente divertita. Una lettura di cui comunque sono contenta (e un regalo che finalmente ho "smaltito"!).
Sarà che la leggendaria Luisona che giace minacciosa sul bancone del bar Sport ancora mi strappa un sorriso dopo anni; sarà che la notizia della morte di Stefano Benni, che mi aveva colto mentre passeggiavo per le vie di Tolosa, mi aveva dato veramente l'impeto di cominciare questo libro appena tornato (quantomeno in segno di rispetto); sarà che le recensioni che trovo sia qui che di là sono sempre lusinghiere: le aspettative che avevo su "la compagnia dei celestini" erano veramente alte.
Ferocemente deluse.
Comincio a pensare, purtroppo, che Stefano Benni rimarrà nella memoria dei lettori solo come un ottimo scrittore di racconti, non certo come un classico. Questo è un libro che è invecchiato (è del 1992) ed è invecchiato male. E' invecchiato male perchè si vede che è di quegli anni lì, gli anni in cui la satira si faceva alla maniera di Fantozzi, esagerando tutto, spingendo al massimo tutti i colori e tutti i suoni in un desiderio di distruzione che non risparmia nulla.
Troppo contrasto tra i bimbi che sono dei santi (l'infanzia rischia di essere l'età più crudele di tutte) contro gli adulti che sono tutti diavoli (un'ansia di smerdarew che appiattisce tutti i personaggi); tutto è distorto, tutto è a tinte forti tutto è esagerato in modo forzoso e per nulla naturale: il politico è per forza corrotto, l'imprenditore è per forza sfruttatore, il prete è per forza pedofilo.
Ma già nel 1992 Fantozzi era sempre più stanco, sempre più patetico, sempre più finto, e don Biffero (bellissimo il nome!) con lui. Forse sono io che sono cambiato, ma questa satira urlata non mi fa più ridere. La compagnia dei Celestini sarà anche un cult, ma oggi mi è sembrata una giostra di urla e linguacce: tanto movimento, poca sostanza.
L'eccesso che negli anni novanta era ribellione, lo ripeto, oggi è solo stanchezza. Peccato.
Preparatevi ad affrontare un’avventura bizzarra, che segue in pieno lo stile particolare di Stefano Benni. Tra situazioni paradossali e personaggi fuori dal comune, ci ritroveremo a riflettere su cosa significhi essere bambini e innocenti e fino a che punto il potere è disposto a spingersi per avere ancora più successo.
Come guide all’interno di questa intricata vicenda troviamo tre ragazzini orfani, ognuno con delle qualità diverse e in grado di offrire un punto di vista particolare sulle situazioni che affronteranno. Si passa dall’incarnazione della speranza al razionalista coraggioso capace di rimanere calmo in mezza al pericolo fino ad arrivare allo spensierato e allegro, che assomiglia di più a come dovrebbero essere normalmente i bambini. Il sogno di tutti e tre, oltre a quello di essere adattati o ricongiunti alle loro famiglie, è quello di partecipare a un grande torneo, per sfuggire alla grigia vita dell’orfanotrofio.
Nella loro corsa verso la libertà metteranno in moto una serie di eventi che influenzeranno tutto lo stato di Gladonia. Il paese stesso è quasi un protagonista del libro, per la dovizia di particolari con cui è descritta la vita sociale e politica della gente. Per rendere più incisivi gli aspetti più particolari sono inseriti all’interno della trama vari personaggi che rappresentano il potere politico, ultra corrotto e senza morale, religioso, che appare più interessato al proprio tornaconto e alla propria immagine, e dell’informazione, con giornalisti sempre pronti a inseguire uno scoop o a ricrearlo a regola d’arte.
Per aggiungere un po’ di mistero all’intera vicenda, l’autore utilizza in primis una profezia mistica, che sembra dettare l’evolversi della vicenda e il destino dei ragazzi inconsapevoli. Inoltre all’inizio dei vari capitoli ci si trova immersi in una trama parallela che fornisce qualche inizio sul misterioso Grande Bastardo e su alcuni personaggi che invece incontreremo solo nel finale. Il tutto genera un mix accattivante per un’avventura molto divertente.
Ho acquistato questo libro perché da piccola adoravo l'omonimo cartone animato. Quando ho letto che era "liberamente tratto da" un libro di Benni, mi sono detta che dovevo assolutamente leggerlo. Che dire, quel "liberamente tratto da" mi ha giocato proprio un brutto tiro. Il cartone del libro conserva solo qualche nome e il mondiale di pallastrada. E per fortuna, perché il romanzo si può riassumere con violenza, sesso, degrado, inquinamento, volgarità e sarcasmo. Cercare di vedere l'opera come critica sociale mi ha aiutato a comprenderla meglio e me l'ha fatta apprezzare un po' di più, ma tra le mie aspettative (sbagliate) deluse, lo stile che non è nelle mie corde e la trama che non mi è proprio piaciuta, questo libro per me sarebbe stato meglio non leggerlo. Ho apprezzato comunque il modo originale attraverso cui l'autore fa emergere una critica sociale verso la città di Gladonia e i suoi abitanti.
Soffro nello scrivere questa recensione: Benni è uno dei miei scrittori preferiti e mai mi sarei immaginata di rimanere così delusa da un suo libro. Troppa ironia gratuita e non sapientemente dosata come in Pane e Tempesta o Achille Piè veloce. Le storie sono descritte in maniera confusionaria e non sono riuscita nemmeno a finire di leggerlo. Forse non era il momento giusto per lui, ma non ho mai faticato così tanto .
Dissacrante, satirico e geniale. Mia regola preferita del Campionato Mondiale di Pallastrada: "Le porte sono delimitate da due sassi, o barattoli, o indumenti, e devono misurare 6 passi del portiere. È però ammesso che il portiere restringa la porta, se non si fa scoprire, e che parimenti l'attaccante avversario la allarghi di nascosto fino a un massimo di 20 metri. La traversa è immaginaria e corrisponde all'altezza a cui il portiere riesce a sputare."
Mi aspettavo molto di più. È una critica a qualsiasi cosa: società, clero, media...ma in modo estremamente grottesco. A volte può far ridere, ma altre è solo fastidioso e fa storcere il naso. I personaggi non hanno alcuno sviluppo. La mitica pallastrada si vede nelle ultime 50 pagine circa. I colpi di scena non sono costruiti, stupiscono perché sono inseriti all'improvviso senza criterio. È un libro abbastanza folle, ma non sempre in senso positivo.
Vero romanzo di formazione per eccellenza, l'autore segue le avventure di un gruppo di ragazzi che, con le loro esperienze, approdano ad una maggiore consapevolezza di loro stessi. Consiglito per chi cerca una lettura estiva intraprendente.
Un affascinante ghirigoro di frasi strampalate, personaggi assurdi e situazioni incredibili. In un equilibrio sottile tra geniale ed eccessivo, la compagnia dei celestini parla con satira pungente di un favoloso torneo di pallastrada giocato tra squadre di orfani, in una corrotta e senza speranza nazione, indifferente anche ai peggiori scempi. Il libro potrebbe sembrare frivolo e leggero fino alle ultime pagine, quando il finale a sorpresa colpisce e rende tutto improvvisamente amaramente reale.
Dal retro del libro: Un’oscura e crudele profezia che appare sui muri, scritta da una mano invisibile, incombe sulla ricca e corrotta terra di Gladonia. Anno 1990 e rotti: Memorino, Lucifero a Alì, gli spiriti più ribelli dell’orfanotrofio dei Celestini, fuggono per poter rappresentare Gladonia al Campionato Mondiale di Pallastrada, organizzato dal Grande Bastardo in persona, protettore degli orfani di tutto il mondo. Al loro inseguimento si lanciano Don Biffero, il priore Zopilote dal segreto diabolico, e Don Bracco, il segugio di orfani, nonché il celebre e cinico giornalista Fimicoli con il fedele scudiero-fotografo Rosalino. Nella fuga e nell’inseguimento si incontrano, si perdono e si ritrovano personaggi straordinari, i nove pittori pazzi Pelicorti, la bionda e misteriosa Celeste, i magici gemelli campioni da pallastrada, il re dei famburger Barbablù, il meccanico Finezza, il professor Eraclitus, l’Egoarca Mussolardi, l’uomo più ricco e fetente di Gladonia, e le numerose squadre di pallastrada provenienti da tutto il mondo, leoni africani, sciamani, pivetes e volpette lapponi. Ma dopo l’ultimo scontro tra Celesti e Diavoli la profezia del palazzo…
Questo è il secondo libro che leggo di Benni. Il primo, Terra!, mi era piaciuto da morire. La lettura della Compagnia dei Celestini, invece, non riusciva a decollare. Insistendo, ho capito perché. Ci vuole concentrazione per seguire la storia: il racconto è pieno zeppo di personaggi, nomi, storie e luoghi. Capita che si possa perdere il filo e quindi dover fare mente locale o tornare indietro di qualche pagina. Questo, però, non lo considero un difetto, anzi, per quanto mi riguarda, è stato come se Benni si fosse limitato a descrivere un mondo reale, alternativo al nostro, quindi con tante storie di tante persone diverse, tanti sogni, esperienze e tragedie. E a voler essere pignoli il mondo descritto da Benni esiste veramente: tutto il racconto è un’allegoria dell’Italia di qualche anno fa, anche se io continuo a trovarlo estremamente attuale (significherà forse che in Italia dai primi anni ‘90 ad oggi non è cambiato niente?). I personaggi negativi sono lo specchio di quello che era (ed è) il mondo politico e “culturale” del periodo (o attuale) e alcuni sono ricalcati da personaggi realmente esistenti… Non è difficile identificare il peggior fetente di Gladonia, Mussolardi, con Berlusconi, o il giornalista Giulio Fimicoli con uno qualsiasi dei nostri pseudo giornalisti televisivi, leccaculo e schietto, critico verso il sistema ma totalmente parte di esso, a caccia di audience ad ogni costo, cinico e scorretto.
Oltre ai numerosissimo nomi e personaggi da tenere a mente, la lettura è resa un po' difficoltosa dallo stile di Benni, che personalmente mi ha mandato in estasi. ^^ I periodi sono contorti, ricchissimi di iperboli e metafore, giochi di parole e parole coniate per l’occasione. Il lessico quindi è molto vivace, a tratti forbito, a tratti visionario, ma è fantastico. La trama è un po’ confusa e non nascondo che ci sono delle cose che non ho capito, ma spero di rimediare con la seconda lettura. ^^
In definitiva un ottimo libro. Non lo consiglio alle persone prive di ironia e incapaci di capire la satira. :p
Ammetto che mi ha delusa, parecchio. Non a livello di lettura, affatto. E' stato parecchio piacevole mettersi a letto e leggere una parte a sera - quando avevo tempo - e sorridere della sottile ironia di Benni. Poi è successo qualcosa. Avevo iniziato a sospettare che ci fosse qualcosa che non andava quando Alì ha ritrovato il padre... Vabbè, mi dissi, fuori uno. Ma il culmine del banale è stato raggiunto nel momento dell'iscrizione della Compagnia dei Celestini al campionato. I gemelli vivi erano quattro, due buoni, due cattivi - okay, fattibile. Deodato, il bambino sfortunato il quinto gemello sfigato della famiglia Finezza? A quel punto ho sperato che alla fine si riprendesse, ma niente. La fine mi ha lasciata basita, del tutto! La morale no, però. Le tre stelline sono per la morale: una maledizione o un avvertimento? Io, sinceramente, voglio prenderlo come un avvertimento, in chiave positiva. Gladonia è l'Italia. Gladonia è corrotta come l'Italia e dei bambini innocenti si sono sacrificati per... Cosa? Attenti, forse Benni ha preso il ruolo della Siribilla, minore dei fratelli Pelicorti. Deludente, ma deve essere letto, secondo me.
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Devo ammetterlo, se da piccola non avessi guardato con piacere l'omonimo cartone animato, forse non sarei stata così propensa a sceglierlo come primo approccio alla scrittura di Benni. Ma per fortuna così è stato e non mi pento di queste apparentemente generose 5 stelle. C'è da dire però che al principio lo stile così peculiare de "La compagnia dei Celestini" mi aveva procurato un certo sgomento: nomi strambi e improbabili, descrizioni pungenti e piene zeppe di sottili (e a volte non così sottili) critiche, questa Gladonia imbruttita e demotivata, così tristemente simile a un paese a noi ben noto. Era da tanto tempo che un libro non mi faceva ridere di gusto per poi lasciarmi a bocca aperta subito dopo. Perché di fronte all'abilità con cui Benni tratteggia delle caricature umane che in fin dei conti non sono poi così lontane dalla realtà, vedendo come la sua penna affilata non risparmi nessuno, come si avventi senza pietà su politici, giornalisti, gerarchie ecclesiastiche, tutti tranne i bambini, unici meritevoli di fiducia e ultimi baluardi di speranza, non si può fare a meno di rimanere senza parole.
Primo libro di Benni che leggo. Lo immaginavo come il tipico scrittore che s'arruffiana scendilettamente certo pubblico "di sinistra". Cioè, in parte lo è, ma non del tutto. Per l'inventiva, la scorrevolezza e soprattutto la pirotecnicità dello stile (anche se non sempre allo stesso livello), di stelline se ne meriterebbe anche quattro. Però sottotraccia scorre spesso quel moralismo in cui l'anti-capitalismo bordeggia un po' troppo l'anti-edonismo, sfociando verso la fine nel doppio peccato del richiamo ai bei-tempi-quando-le-cose-erano-più-semplici + manicheismo con richiami quasi metafisici. E la satira sociale è lì lì che rischia di rovesciarsi in predicozzo. Quindi le stelline sono tre e mezzo.