Roberto Longhi (1890-1970) is regarded by Italians as their most important art critic, art historian, and prose stylist of this century, with unsurpassed powers of observation and description. This book is a new English version of the third edition (1963) of Longhi's seminal work on the Renaissance painter Piero della Francesca, with an introduction by Metropolitan Museum of Art curator Keith Christiansen. In the New York Review of Books, Francis Haskell wrote, Roberto Longhi is "the most brilliant Italian art historian of our century and a stylist of intoxicating powers . . . few of his very idiosyncratic works have been translated into English; but thanks to the enterprise of the Sheep Meadow Press, this situation is at last being remedied."
"With the exception of Walter Pater, it is difficult to think of a critic whose work is so close to the art it embraces that it becomes itself a kind of art. Yet Pater's criticism is always on the verge of metamorphosing into poetry. With Longhi, the scholar and the poet are seamlessly fused, resulting in prose that is palpable and radiant as the Renaissance paintings he describes so an object of rare beauty indeed."--John Ashbery
«Ecco un Masolino il quale nutriva in quei giorni la sua coltura di uomini di pasta tenera e melata, socievoli e accomodanti, sia allo stato di salvatica nudità che addobbati di straricco vestimento; nulla potendosi poi immaginare di più accogliente che i dintorni da lui destinati ad abitazione di codesti suoi figli: le lunghe tastiere dei porticati rosei della vecchia Roma imperiale, tramutatisi in logge conventuali, finiscono a un passo dalle prealpi lombarde dove un gruppo di fedeli, panneggiati come filosofi antichi rivissuti alla corte di san Luigi, seppelliscono, dopo una comoda ascensione, il corpo del Precursore. Un tiepido sgelo scioglie il ghiaccio del Giordano che scende dal nord come nascesse dal San Gottardo; e il Cristo, in quella prima mattina, è già roseo come un fiore di pesco; i neofiti all'intorno, scalzandosi per il battesimo, sono le più vergognose reclute di questo mondo.» (p. 26)
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«Entro una chiostra di colline nostrane, coperta di culture antiche e pressoché ridivenute orme spontanee di un'attività animale, in un mese senza guerre né fazioni, sicché il greto del fiume che scorre attraverso la contrada è senza macchie di sangue, tronconi di lance, piastre di usberghi, ma schietto e secco e con le sole stampiglie brune di qualche piantina effimera, scintilla la calce di una città lontana. Nell'ora senza vento l'acqua riflette cielo e colline con infallibile speculazione. Si taglia su quell'acqua la figura del Cristo, sospesa in atto di adorazione: alla sua destra solleva il braccio, a battezzare, il Battista, coperta la testa dal vello naturale dei capelli, il corpo indossato in una tunicella che par tagliata nella scorza caduta dell'albero vicino. Quasi una persona è anche, nella sua bella evidenza, quell'albero di candido fusto e di fronde ricche e ritmiche: lasciandosene alquanto addietro, e di fianco, un altro minore, d'altra forma e, direi, dalle fronde, d'altro temperamento. Stanno, fra quei due vegetali, tre adolescenti alati di quell'apparenza androgina che s'incontra talvolta nella gioventù contadina, parendo godere dell'avvenimento, come si osserva in quei ragazzoni, in quelle ragazzone candide quando assistono, tenendosi per mano, agli sposalizî di campagna.» (p. 36)
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«E se Masaccio ci diede il senso della forma primeva, quasi adamitica, e Piero il colore del mondo per la prima volta tinto all'arrivo del primo raggio di mero sole, quaggiù.» (p. 54)
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«Vien fatto di domandarsi se codesto misterioso compendio in Piero degli elementi basali dei più alti svolgimenti figurativi che siano a memoria d'uomo, non dimostri forse il punto dove convenga agli italiani riconoscere la propria più vera classicità.» (p. 64)
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«Additeremo, sul finire, la forma di quella barella affatto grezza, di quattro assi piallate e rusticamente commesse come in una povera zana o in una madia; rivelando pure quel mestiere stesso che stabilì le architetture del tempio e degli altri edificî dove la veduta essendo, crediamo «per maggior difficultà», presa d'angolo, ci dimostra come s'entri ancor oggi nelle vecchie città nostrane, dalle vie fosche col sole alle cantonate, le torri rosse quadre, e una gran cupola di marmi bianchi, che, vista di lontano, spinge a chiedere quale sia la strada per il Duomo.» (p. 71)
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«Pose la scena fra le quinte, appena accennate, di una preziosissima architettura di colonne corinzie; oltre le quali, ecco, sull'alveo teneramente bruno e maculato di una stagione di difficile trapasso, sorse il Cristo orrendamente silvano e bovino; come un torvo manente umbro ristette, rustico, a contemplare dalla proda del Sepolcro i suoi poderi di questo mondo.» (p. 86)
“Come Leonardo vedeva le figure nelle macchie dei muri, o, meglio, all’opposto di Leonardo, Piero le vedeva dapprima nelle gabbie mute dei teoremi euclidei”