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Un anno sull'altipiano

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Lussu narra um ano (1916-1917) da luta contra o exército austro-húngaro nas montanhas do norte da Itália, a partir de sua experiência como oficial do exército italiano.

Com um estilo direto e sucinto, mas nunca distante, o livro escancara a irracionalidade das decisões no front, e seu devastador impacto na vida dos combatentes. Não à toa a abordagem de Lussu centra-se no quotidiano dos soldados. Com sensibilidade e objetividade, o autor vai tecendo o drama e o destino de homens que, para seus superiores, pareciam descartáveis.

246 pages, Paperback

First published January 1, 1938

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About the author

Emilio Lussu

27 books19 followers
Avvocato, scrittore, leader politico e leggendario combattente; figura di grande rilievo della cultura sarda e italiana. Nacque ad Armungia nel 1890 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Gli fu impartita un'educazione di tipo tradizionale, fatto da lui sempre ricordato con commozione e orgoglio. Si laureò a Cagliari in giurisprudenza. Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale di complemento della Brigata "Sassari", distinguendosi per lo straordinario coraggio, l'umanità ed il grande carisma.
Rientrato in Sardegna, fu tra i protagonisti del movimento autonomista ex-combattentista, che mirava a riscattare la Sardegna dall'atavica sottomissione. Con importanti personaggi, quali Camillo Bellieni, Pietro Mastino e Paolo Pili, fu, tra il 1919 e il 1921, fondatore del Partito Sardo d'Azione.
Nel 1921 e 1924 fu deputato e si schierò apertamente contro il fascismo, del quale criticava l'atteggiamento repressivo verso le sinistre, l'uso della violenza nell'esercizio del potere, l'essere esso uno strumento del capitalismo settentrionale. Le reazioni squadriste non si fecero attendere, e lo stesso Lussu, nell'ottobre del 1926, fu vittima nella sua casa di Cagliari di una spedizione punitiva. Nel tentativo di sfuggirvi, colpì a morte uno degli assalitori. Processato e assolto per legittima difesa, fu, tuttavia, condannato al confino e trasferito nell'isola di Lipari nel novembre del 1927. Durante il confino, il Lussu ebbe modo di conoscere Fausto Nitti e Carlo Rosselli, con i quali organizzò un'avventurosa fuga nel 1929, prima in Tunisia, e poi a Parigi.
Gli anni parigini furono particolarmente importanti. Il Lussu entrò in contatto con molti intellettuali e politici italiani antifascisti, arricchendo il proprio bagaglio culturale e ideologico, e maturando la visione politica che l'avrebbe sorretto nell'accanita lotta contro il regime mussoliniano. Nel 1930, con Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini, diede vita al movimento Giustizia e Libertà, che divenne il perno della propaganda antifascista in Italia e all'estero. Nelle file del movimento, prese parte alla guerra di Spagna, abbracciando la causa antifranchista. Nel capoluogo francese incontrò Joyce Salvatori, donna colta e coraggiosa, che sposerà assumendo il nome di Joyce Lussu e che gli darà un figlio, Giovanni.
A questi anni risalgono le opere maggiori del Lussu: La catena, del 1929; Marcia su Roma e dintorni, del 1933, avvincente testimonianza autobiografica relativa alle vicende del decennio 1919-1929. Nel 1936, durante la convalescenza seguita ad un delicato intervento chirurgico ai polmoni, scrisse Teoria sull'insurrezione, teorizzazione delle caratteristiche della guerra partigiana. Nel 1936-1937 compose l'opera più famosa, Un anno sull'altipiano, profondo e ironico diario del secondo anno di trincea nella grande guerra.
Nel 1943 rientrò in Italia e prese parte alla resistenza nelle file del Partito d'Azione, di cui divenne segretario per l'Italia centro-meridionale. Finita la guerra, nel 1945, fu ministro del governo Parri e del primo governo De Gasperi. Nel 1946 fu deputato dell'assemblea costituente e confluì, con la corrente di sinistra del suo partito, nel Partito Socialista Italiano. Nel 1948 diede vita al Partito Sardo d'Azione Socialista e nel 1964 partecipò alla costituzione del Partito Socialista di Unità Proletaria. Si spense a Roma il 5 marzo del 1975.

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Profile Image for Laura V. لاورا.
543 reviews80 followers
January 27, 2018
Uno dei passi più significativi del libro, a mio parere, e su cui mi è piaciuto più volte soffermarmi:

“Ora erano là, gli austriaci: vicini, quasi a contatto, tranquilli, come i passanti su un marciapiede di città. Ne provai una sensazione strana. Stringevo forte il braccio del caporale che avevo alla mia destra, per comunicargli, senza voler parlare, la mia meraviglia. Anch'egli era attento e sorpreso, e io ne sentivo il tremito che gli dava il respiro lungamente trattenuto. Una vita sconosciuta si mostrava improvvisamente ai nostri occhi. Quelle trincee, che pure noi avevamo attaccato tante volte inutilmente, così viva ne era stata la resistenza, avevano poi finito con l'apparirci inanimate, come cose lugubri, inabitate da viventi, rifugio di fantasmi misteriosi e terribili. Ora si mostravano a noi, nella loro vera vita. Il nemico, il nemico, gli austriaci, gli austriaci!... Ecco il nemico ed ecco gli austriaci. Uomini e soldati come noi, fatti come noi, in uniforme come noi, che ora si muovevano, parlavano e prendevano il caffè, proprio come stavano facendo, dietro di noi, in quell'ora stessa, i nostri stessi compagni. Strana cosa.”
Profile Image for lorinbocol.
265 reviews434 followers
November 22, 2017
mettono le parole in trincea, i sardi. quando scrivono, sembra le espongano come il profilo brullo delle loro montagne, quelle su cui sono stati girati tanti western all'italiana. penso ad atzeni e lussu, ieri, a fois oggi.
le frasi di questo romanzo sono puntute come le baionette dei soldati che sull'altipiano di asiago cercano di contrastare l'offensiva austriaca. nude come le rocce del carso dove la brigata sassari ha combattuto finché non è stata trasferita in veneto, subito prima dell'estate del '16. guardinghe e disilluse, come i soldati semplici mandati a morire per l'ottusità di superiori colpevolmente orgogliosi, drammaticamente inesperti (caporetto sarà nell'autunno dell'anno successivo).
e se nel 1918 la retorica patriottica consegnerà alla storia strofe come il piave mormorò: non passa lo straniero, che negli anni '70 a me ancora insegnava a scuola la maestra di canto (e che peraltro mi piaceva moltissimo), nel 1916 in trincea serpeggiavano contro i vertici dell'esercito anche canzoni arrabbiate. o ironiche come il general cadorna ha scritto la sentenza / «prendetemi gorizia, vi manderò in licenza» (sapevo pure questa, non insegnata a scuola ovviamente, anche se la mia preferita in assoluto sta nel link laggiù in fondo).
sull'altipiano di lussu invece c'è solo una scrittura concreta, efficacissima: poche masserizie, e sentinelle piazzate lungo un percorso ragionato. che lascia perdere la ricostruzione cronologica e, ecco l'intuizione, gioca tutto su alcuni episodi soltanto. altro non serve.
così il capitano del 151° fanteria lussu emilio resta alla larga dalla retorica, e dimostra che puoi chiamarti bartleby o tenente santini, e opporre la tua lucida e ferma ipotesi di rifiuto. finché qualcuno più graduato di te non decide al posto tuo, e allora sei fottuto.

http://youtu.be/nVA_7IIoIZk
Profile Image for Rosanna .
486 reviews30 followers
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February 7, 2018
Ritrovo oggi degli appunti sperduti e provo a fare mente locale sul libro, sulla Storia che a fatica contine, mentre mi dico che varrebbe sì la pena rileggerlo, per la scrittura e per il contenuto, per comprendere ancora.
Riporto pari pari.
- Pensavo fosse noioso, conosco poco della prima Guerra, ma...è tutt'altro che noiso ed io sì che sono ignorante: c'è la guerra, ci sono i morti ma c'è molto di più: ci sono gli uomini.
E' un romanzo 'epico' come dice asor Rosa nella sua prefazione e me ne rendo conto solo quando Lussu e un suo compagno di università rievocano Ettore e Achille, prima che una pallottola colpisca l'amico a morte. Una morte da soldato: un sorso di cognac, la sigaretta in bocca, un camerata accanto. Perché, ho pensato, si è soldati anche nei momenti di pausa in trincea, anzi forse in quei momenti lo si è di più, abbassata la guardia e vulnerabili.
Vogliamo parlare dei fiumi di cognac di cui i soldati venivano inondati, scientemente? No, mi vengono in mente altri uomini, donne e bambini mandati a morire con cinture esplosive.
Noto che anche le singole morti, restituiteci dal ricordo e con gli occhi coinvolti di un soldato, sembrano inutili a chi legge: sono però morti inevitabili, anche se l'ordine poteva non essere dato e una baionetta poteva essere risparmiata, insensatezza che dall'interno era vissuta come 'senso del dovere'.
E lì l'autore scopre, ed io con lui, che il nemico non è altro che un uomo, come noi. E quanto commuove l'immagine di una madre che, di nascosto del figlio, accasciata sul pavimento di casa, piange la sua partenza per il fronte? La partenza di Lussu, ragazzo fortunato che si salva perché astemio. Lussu che nel 1921 sarà uno dei fondatori del Partito Sardo d'Azione e che ha un'altra fortuna, quella di pensare che l'eredità della guerra in campo politico siano state coesione e solidarietà umana.
O forse era un suo pio desiderio? Non è che traviso i miei stessi appunti, non è che unisco il mio desiderio al suo alle soglie di nuove elezioni, in piena guerra mediatica, io povera e confusa avente diritto al voto?!
Dovrei rileggere questo libro, dovrei davvero.
Profile Image for Albus Eugene Percival Wulfric Brian Dumbledore.
587 reviews96 followers
January 20, 2019
[May 25, 2015]
«... si sta come d’autunno sugli alberi le foglie ...»
Cento anni sono passati dalla Prima Grande Idiozia, ma nulla è cambiato. D’altronde, i secoli precedenti non autorizzavano ad essere granché ottimisti ...
Lussu ci narra di circa un anno di guerra - dal giugno 1916 al luglio 1917 - trascorso sull’altopiano di Asiago con la Brigata Sassari. Narra in maniera fedele, asciutta e senza orpelli, della follia collettiva e dei singoli che ha mandato al macello un’intera generazione. Sono morti circa 650.000 giovani, e circa un milione sono rimasti feriti e mutilati. Per dare un’idea, i caduti militari italiani nella seconda guerra mondiale sono stati circa 290.000. Che altro dire ...
Se avete amato Il sergente nella neve , questo libro troverà agevolmente posto nello scaffale accanto a quello e ... nel vostro cuore.
«- Tu, per la tua età, ogni tanto hai un modo di vedere le cose terribilmente pessimista.
- Pessiché?
- Pessimista. Significa tirar fuori e considerare soltanto il lato brutto delle cose.
Pessimista, ripeté lei tra sé e sé parecchie volte.
- Signor Uccello-giraviti? – disse poi alzando gli occhi e guardandomi fisso in viso – io ho solo sedici anni, e il mondo non lo conosco ancora bene, ma una cosa sola posso affermare con sicurezza: se io sono pessimista, un adulto che non lo sia, in questo mondo, è proprio un cretino. »

[Murakami Haruki – L’uccello che girava le viti del mondo]
Profile Image for zumurruddu.
139 reviews151 followers
August 10, 2017
Merito principale di questo libro di memorie è certamente quello di essere uno dei primi (se non il primo, almeno in Italia) a parlare della prima guerra mondiale per quello che realmente è stata, senza la retorica vuota di valori come “patria”, “vittoria”, “gloria”, “onore”, “eroismo”. Piuttosto si pone in aperta polemica con tale retorica, mostrandone non solo l’ipocrisia, ma anche la pericolosità. Tra gli episodi narrati infatti sono molti quelli in cui, con in bocca queste parole, diversi ufficiali finiscono per comportarsi in modo sconsiderato, privo del più comune buon senso, aumentando a dismisura le morti inutili e la follia della guerra.

Ma vorrei soffermarmi sugli aspetti che hanno colpito di più me, che per la prima volta leggevo un libro su questo argomento.

In primo luogo, la presenza massiccia dell’alcol, i fiumi di cognac che scorrono tra queste trincee, mi hanno letteralmente sconvolta. Il puzzo di alcol che arriva al momento dell’attacco nemico (“Dalla parte austriaca, vi veniva un odore di cognac, carico, condensato, come se si sprigionasse da cantine umide, rimaste chiuse per anni. Durante il canto e il grido dell’hurrà! sembrava che le cantine spalancassero le porte e c’inondassero di cognac. Quel cognac mi arrivava a ondate alle narici, mi si infiltrava nei polmoni e vi restava con un odore misto di catrame, benzina, resina e vino acido”), il movimento continuo delle borracce (“Dalla cintura alla bocca, dalla bocca alla cintura. Senza arresto, come le spolette d’un grande telaio, messo in movimento”), i rifornimenti delle razioni di cognac che arrivavano sempre il giorno prima di un assalto, come atroce presagio. Ufficiali che bevono, senza ritegno, come unico modo per non soccombere alla follia, al dolore, ai ricordi.
L’associazione alcol-guerra non mi era nuova per via di una scena che ricordavo da “Il buono, il brutto, il cattivo”*. Non avevo capito però quanto questa associazione fosse stretta e sistematica. E poi quella era la guerra di secessione americana, un mezzo secolo prima.

Da un lato è forse confortante pensare che la guerra (perlomeno una guerra di questo tipo) non sia possibile - che in qualche modo non sia nella natura umana, che per poter indurre degli esseri umani a sopportare tutto questo, sia necessario stordirli, drogarli, abbrutirli.
D’altro canto è agghiacciante pensare che ci fosse la volontà di abbrutire in massa tanti esseri umani per mandarli ad ammazzarsi l’un l’altro.

Un episodio a cui il mio pensiero continua a tornare è quello in cui due soldati, nei minuti che precedono l’attacco, si puntano il fucile alla gola e si ammazzano. Penso che un comportamento del genere riesca a dare un’idea di quanto siano stati insopportabili quei momenti.
In alcune altre sparse riflessioni Lussu torna a parlare dell’orrore degli assalti, confrontandolo con la morte o con la vita di trincea (che in contrasto sembra appunto pacifica, idilliaca):

“La vita di trincea, anche se dura, è un’inezia di fronte a un assalto. Il dramma della guerra è l’assalto. La morte è un avvenimento normale e si muore senza spavento. Ma la coscienza della morte, la certezza della morte inevitabile, rende tragiche le ore che la precedono. [...] Nella vita normale della trincea, nessuno prevede la morte o la crede inevitabile; ed essa arriva senza farsi annunciare, improvvisa e mite. [...] Lo stesso colera che è? Niente. Lo avemmo fra la 1° e la 2° armata, con molti morti, e i soldati ridevano del colera. Che cosa è il colera di fronte al fuoco d’infilata di una mitragliatrice?”
Ecco, come se la guerra fosse davvero più atroce della morte stessa; perché la morte, in fondo, fa parte della vita. La guerra no.

“Un giorno, ci fu annunziato l’assalto per l’indomani, ma fu rinviato. Si poteva quindi contare su un giorno di vita assicurata. Chi non ha fatto la guerra, nelle condizioni in cui noi la facevamo, non può rendersi un’idea di questo godimento. Anche un’ora sola, sicura, in quelle condizioni, era molto. Poter dire, verso l’alba, un’ora prima dell’assalto: “ecco, io dormo ancora mezz’ora, io posso ancora dormire mezz’ora, e poi mi sveglierò e mi fumerò una sigaretta, mi riscalderò una tazza di caffè, lo centellinerò sorso a sorso e poi mi fumerò ancora una sigaretta” appariva già come il programma gradito di tutta una vita.”

Queste riflessioni l’ho interpretate, l’ho percepite come un soffio di pacifismo che attraversa il libro: il considerare la guerra come qualcosa al di là del normale corso della vita, al di là della stessa natura umana.
[Qui ‘pacifismo’ è una parola e un concetto da prendere con le pinze e da tarare sull’epoca. Diciamo che la intendo come ‘rifiuto della guerra’. E anche vero comunque che Lussu non fa analisi, né si schiera apertamente. Il suo rimane un mero resoconto degli orrori della guerra.]

Nella vita ci sono gli affetti, la famiglia, la donna amata. Nella vita ci sono le persone (ebbene si, anche i nemici sono persone, come si scopre a pensare una volta da un punto di osservazione in cui li vede che si svegliano nella trincea e bevono il caffè…), nella vita uccidere un uomo è un assassinio - e in guerra?
Molto struggenti anche le pagine in cui l’io narrante torna a casa dai genitori, o quando un tenente suo amico, sul punto di morire, gli affida le lettere dell’innamorata da restituire…

E infine in questo libro, anche se mitigata a volte dall’ironia, vi è tristezza. Ad esempio, la tristezza profonda di certi momenti in cui l’autore si rende conto di ciò che la guerra si è portata via, e di quanto sia faticoso sopravvivere e rimanere a testimoniare:
“Non è vero che l’istinto di conservazione sia una legge assoluta nella vita. Vi sono dei momenti, in cui la vita pesa più dell’attesa della morte.”

Un’ultima osservazione vorrei farla sullo stile di Lussu, asciutto, scarno, estremamente sobrio. Inizialmente mi ha messo un po’ in difficoltà; tenuto conto infatti che non avevo mai letto libri o visto film sulla guerra, avevo delle difficoltà a visualizzare in immagini le scene di cui leggevo. Forse era anche una difficoltà emotiva ad entrare in sintonia con l’autore, la cui presenza avvertivo sfuggente dietro questa scrittura fredda.
Alla fine si sono formate immagini stilizzate, in bianco e nero (in cui persino il rosso del sangue non compariva che sporadicamente). Probabilmente lo scenario più adatto agli episodi agghiaccianti che vengono raccontati.

*
http://www.youtube.com/watch?v=PqJ5Xi...
Profile Image for Ubik 2.0.
1,073 reviews294 followers
January 24, 2018
Uomini contro
Non sapevo o forse avevo dimenticato che il famoso film di Francesco Rosi “Uomini contro”, che tante polemiche suscitò nel 1970, fosse stato tratto (benché “liberamente”) da questo libro, ma dopo pochi capitoli il collegamento è emerso evidente anche a tanti anni di distanza.

Il romanzo di Lussu è certamente più sobrio, asciutto, essenziale e l’ispirazione antimilitarista si manifesta attraverso la semplice esposizione dei fatti, di per sé sufficientemente eloquenti, senza bisogno dell’enfasi e delle sottolineature che spesso le versioni cinematografiche comportano.

I fatti dunque sono l’elemento essenziale del libro; e Lussu precisa onestamente nella prefazione che Un anno sull’altipiano non va considerato né un romanzo né un libro di storia, ma solo una testimonianza di ricordi personali, cosa che ai miei occhi accresce l’interesse per il testo e la stima per la modestia dell’autore che, con una certa qual ritrosia (sarda?) che traspare dalle pagine, sembra voler sottrarre al ruolo del narratore testimone qualunque parvenza di eroismo.

Ma l’avere vissuto per un anno in quella situazione sembra oggi un prolungato esempio di eroismo, ben più del singolo atto impulsivo, un eroismo che accomuna il nostro “Virgilio” a tutti i disgraziati, appena citati e poco dopo ritrovati nell’elenco dei caduti, improvvisamente umanizzati come il giovanissimo ufficiale austriaco ignaro in trincea, lungamente inquadrato nel mirino del narratore in una delle più belle ed toccanti sequenze del libro.
La consapevolezza che poco a poco si fa strada nella mente del tenente Lussu in quei lunghi momenti è il paradigma del libro e genera nei confronti dell’insania della guerra un impatto superiore a qualunque pamphlet o manifesto antimilitarista.
Profile Image for Sandra.
964 reviews333 followers
August 2, 2015
E’ lo stesso scrittore a offrire al lettore, ancor prima che inizi, la chiave interpretativa dell’opera, avvertendolo che non vi troverà né il romanzo né la storia, ma solo ricordi personali, riordinati alla meglio e limitati ad un anno, dal giugno 1916 al luglio 1917. Nonostante l’avvertenza, nonostante il tono diaristico e la scrittura semplice, sintetica tanto da essere quasi telegrafica nel riassumere gli accadimenti delle giornate in trincea, la grandiosità dell’affresco tragico della guerra emerge da singoli episodi, da accadimenti quotidiani che diventano paradigmatici dell’assurdità e atrocità di una guerra, che se sempre sbagliata come ogni guerra, in questo caso lo è ancora di più a causa delle scelte scellerate dei comandanti e dei loro ordini che destinavano all’inutile macello tanti soldati.
Un libro fondamentale da leggere, perché, usando il linguaggio senza pietà di Celine nel Viaggio al termine della notte (romanzo che mi è venuto spontaneo accostare a questo per il medesimo tema trattato nella prima parte, anche se completamente diversi: Celine è feroce, mentre Lussu si mantiene moderato nella condanna di una guerra che lo vedeva impegnato in prima persona come ufficiale della Brigata Sassari ), “la grande sconfitta, in tutto, è dimenticare, e soprattutto quel che ti ha fatto crepare, e crepare senza capire mai fino a qual punto gli uomini sono carogne… bisognerà raccontare tutto senza cambiare una parola, di quel che si è visto di più schifoso negli uomini e poi tirar le cuoia e poi sprofondare.”
Profile Image for Viviana Rizzetto.
81 reviews53 followers
March 8, 2016
Gli austriaci agitavano i fucili e i berretti, verso di noi.
"Hurrà!"
Io non mi rendevo conto di quella festa. Essa era qualcosa di più che la gioia per una posizione conquistata, senza contrasto. Perché tanto entusiasmo?
Io mi voltai indietro e capii.
Di fronte, tutta illuminata dal sole, come un immenso manto ricoperto di perle scintillanti, si stendeva la pianura veneta. Sotto, Bassano e il Brenta; e poi, più in fondo, a destra, Verona, Vicenza, Treviso, Padova. In fondo, a sinistra, Venezia. Venezia!

Ufficiali e soldati cadevano con le braccia tese e, nella caduta, i fucili venivano proiettati innanzi, lontano. Sembrava che avanzasse un battaglione di morti. Il capitano Bravini non cessava di gridare:
"Savoia!"
Un tenente della 12a mi passò vicino. Era rosso in viso e impugnava un moschetto. Era un repubblicano e aveva in odio il grido d'assalto monarchico. Egli mi vide e gridò:
"Viva l'Italia!"
Io avevo in mano il bastone da montagna. Lo levai in alto per rispondergli, ma non potei pronunciare una parola.
Profile Image for S©aP.
407 reviews72 followers
October 11, 2012
E' un memoriale spietato. Narra la quotidianità in un anno di guerra al fronte, tra il 1916 e il 1917; le truppe italiane schierate sull'altopiano di Asiago. La cronaca è onesta al punto da diventare a tratti insopportabile. La lettura scorrevole lascia un senso di scoramento, alla fine, oltre al desiderio di saperne di più; di conoscere meglio un'Italia appena costituita e già impegnata in difesa di principi fittizi. Le varie anime del tessuto sociale italiano - un vero patchwork - sono ancora oggi impegnate in un infinito lavoro di amalgama. La coscienza di popolo, che altrove ha fatto passi sociali di illuminato progresso civile, da noi è, e resta, un'utopia. Questo libro, e la nostra storia di Nazione, sono uno dei modi per intuirlo.
Profile Image for Mec.
59 reviews17 followers
December 28, 2017
C'è poco da dire su un'opera così, solo che è una lettura amara e necessaria. Con uno stile asciutto ma non scevro di una certa ironia, Lussu descrive la vita di trincea, i legami camerateschi, l'amicizia e la morte, la paura ed il senso dell'onore, la totale inettitudine degli alti ufficiali. Sono partita piano nella lettura, facendomi prendere da qualche dubbio nelle prime pagine sull'opportunità di proseguire in un momento in cui mi sentivo piuttosto distratta. Dubbi presto dissolti, perché la narrazione mi ha preso in pugno e non mi ha mollata fino all'ultima parola. Lussu ha la capacità di farmi ridere, arrabbiare, sperare, commuovere senza soluzione di continuità. È un racconto sincero, che non fa uso di artifici letterari o di sensazionalismi lasciando che tutto filtri attraverso la memoria dei giorni passati sulle montagne a sparare ad un nemico a pochi metri di distanza eppure invisibile. La quotidianità nelle trincee, la vita vissuta a braccetto con la morte acuiscono lo straniamento di una guerra vissuta con la scansione di tempi dilatati e di furiose battaglie per conquistare pochi metri di terreno da abbandonare poco dopo. Tutto questo valeva il sangue di tanti italiani?
Profile Image for arcobaleno.
649 reviews163 followers
November 29, 2012
Il tenente Emilio Lussu racconta alcuni tra gli episodi più tragici della prima guerra mondiale, quelli sull’Altopiano di Asiago tra il 1916 e il 1917. Ce li racconta con pacatezza e obiettività, con parole semplici e sobrie, ma che restituiscono, con un’intensità incomparabile, l’immagine reale e assurda del dramma vissuto. Pagine sofferte, che ormai per i più risultano lontane nel tempo e rappresentano solo nomi sui libri di Storia. Lussu, con modestia e rigore, ce le fa rivivere permettendoci di conservarle nella memoria. Sono persone della dirittura e sensibilità del Tenente Lussu, o del Sergente Rigoni Stern a distanza di qualche decennio, che dobbiamo oggi ringraziare per le preziose testimonianze che ci hanno lasciato della ‘loro’ guerra, quella vera, coraggiosa, responsabile, combattuta spesso contro l’inettitudine, l’arroganza, l’esaltazione dei loro stessi comandanti.

(Leggerlo in una vecchia edizione del 1966, pensando a quanti altri già l’abbiano sfogliato e ‘vissuto’, mi ha dato un’emozione in più. Grazie a Isairon per il prestito).

Ora anche nella mia libreria: Un anno sull'altipiano
Profile Image for flaminia.
452 reviews129 followers
May 22, 2018
l'ho letto con molta calma rispetto ai miei soliti standard, poche pagine per volta; non per il gusto di centellinarlo, ma perché di fronte all'insensatezza e all'arroganza di quei generali cornuti e tromboni che mandavano a morire i loro uomini non ce la potevo fare. e a ogni morto, a ogni insensatezza, a ogni sorso di cognac descritto da lussu in modo sempre così asciutto e scabro, senza fronzoli, era come se mi si piantasse una baionetta nella carne.
Profile Image for Alfonso D'agostino.
930 reviews73 followers
April 9, 2022
Sono cresciuto sul Carso, inforcando la bicicletta e raggiungendo spazi in cui bastava scavare due centimetri di terra per trovare delle schegge di bomba: ci si portava una calamita per distinguerle dai sassi, e si tornava a casa con un sacchetto pieno (chissà dove son finite, poi). Una volta trovammo un bossolo, un’altra volta un grilletto.

Sono cresciuto a pochi chilometri da Redipuglia. Anche lì ci si andava in bici, la si lasciava appoggiata al muro del bar ristorante, si attraversava la strada e si poteva scegliere: un giro nelle trincee fingendo di respingere l’assalto di invisibili nemici dal cappello a punta, o salita sulle gradinate del Sacrario scorrendone i nomi, quando ancora “centomila caduti” era un numero che impressionava ma non coglievo nella sua enorme tragicità.

Emilio Lussu, in questo libro meraviglioso censurato nell’Italia del Ventennio (e non si fatica a capire perché) ha mostrato ai suoi lettori e al mondo che cosa sia la guerra di trincea. Di più: ha mostrato che cosa sia la Guerra in generale, le sue infinite assurdità, le idiozie decisionali che provocano tragedia, tutto il corredo di devastante stupidità e orrore di cui ci siamo ricordati all’improvviso solo adesso che i suoi artigli lambiscono l’Europa Occidentale.

Un anno sull’altipiano è una lettura infinitamente preziosa, persino difficile da sopportare in alcuni punti pur non indulgendo mai sul particolare macabro o disturbante: è un lungo e tortuoso percorso nell’animo umano, un viaggio nella storia dei nostri luoghi e della nostra memoria, un monito per il presente e il futuro. Senza temere il paragone con il più celebre Remarque, che si sa che le cose di casa nostra le guardiamo sempre con un po’ più di sospetto.
Profile Image for arcobaleno.
649 reviews163 followers
June 10, 2017
description *

Avevo letto Un anno sull’altipiano in una copia in prestito.
Ma certi libri si ha necessità di possederli, perché sono capisaldi, rappresentano tracce della nostra Storia; sono libri da tenere a portata di mano, da rileggere; sono libri da tramandare, affinché continui il ricordo, anche dopo di noi.
Per questo ho appena acquistato questa copia: da tenere a disposizione, per me e per chi vorrà.
(Settembre 2012)

Commento nell'altra edizione

___
*Emilio Lussu in un murale di Armungia (CA), suo paese natale
(foto scattata il 22 maggio 2017)
Profile Image for Francyy.
677 reviews72 followers
November 5, 2017
Un libro che tutti dovrebbero leggere per ripudiare la guerra, un libro che descrive la tragedia della guerra di trincea, fatta di errori, di eroi, di follie, di umanità e di disumanità, ma un libro che è un inno alla pace. Si sente che è scritto quasi un secolo fa, ma sono fatti senza tempo, oggi più attuali che mai. Belle le discussioni fra soldati, fra ufficiali, fra commilitoni. Non avevo letto niente di Emilio Lussu, pur conoscendone idee e vita, leggerò sicuramente gli altri due della pseudo trilogia.
Profile Image for Roberto.
627 reviews1 follower
May 8, 2017

I comandanti non si sbagliano mai e non commettono errori

Sono rimasto ammirato da questo libro di Lussu sulla prima guerra mondiale.

Mi aspettavo qualcosa di "già visto". Le solite scene in trincea, le condizioni igieniche scarse, il freddo, i morti etc. Cose terribili, ma sicuramente ormai espresse in abbondanza in molti libri sulla guerra.

Mi sono stupito invece perché ho trovato qualcosa di diverso.

Innanzitutto lo stile. Secco, asciutto, efficace. Descrizioni al minimo. Relativamente poche azioni di guerra, l'accento sulle interazioni tra persone, tra soldati, tra ufficiali, tra esseri umani.

Poi i tempi. La consequenzialità è ininfluente. E' una serie continua di scene, di ricordi, di immagini, di fatti, l'insieme dei quali va a comporre il quadro complessivo. Il focus non è sulle azioni di guerra, ma sull'assurdità della guerra stessa.

Poi l'alcool. A fiumi. Un carburante necessario per accettare l'assurdo che veniva distribuito con i viveri. Un carburante utilizzato da entrambi gli schieramenti. Cognac come anestetico alla tragedia, come droga per poter affrontare la morte, come eccitante per poter uscire dalla trincea quando le mitragliatrici nemiche falciano il terreno.

Le persone. Tante immagini di singoli uomini, ciascuno con il proprio trascorso, ciascuno con il proprio carattere, con le proprie paure, con le proprie idee e motivazioni.

La morte in guerra. Assurda. Sempre senza significato. Senza ragione. E ancora peggio, l'attesa della morte, che può diventare peggiore della morte stessa.

E infine i comandanti italiani. Tutti, inevitabilmente, inetti, defilati, incapaci, promossi a incarichi di potere per conoscenze, per nobiltà, per parentela, per capacità oratoria, per raccomandazione. Nessuno promosso per meriti. Nessuno che avesse competenze di comando e di guerra, tutti aventi come mira solamente il potere personale.

L'ultimo punto mi ha fatto molto riflettere, perché ancora attualissimo. Fino a quando in Italia i posti di responsabilità verranno assegnati in questo modo (nell'industria, nell'università, nella politica, nella scuola) il nostro futuro non potrà che essere minato. Senza una giusta premiazione del merito, dove potremo mai arrivare? Come riuscire a cambiare questa terribile limitazione del nostro paese?
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December 7, 2022
A common topic of discussion among harried, overworked junior officers is wondering why so many of the career officers are so screwed up. Not all of them; one of my commanding officers was the finest ship’s CO I ever met – if we went to war, this was the man I wanted to serve with. And most of them, of course, are just average men and women (alas, aren’t we all?), but the military does seem to attract and keep more than its share of defective personalities. I had an executive officer who was a smiling, loving father whenever his three little girls came onboard, but otherwise could not hold a conversation without shouting, cursing, and poking people in the chest. There was a CO who thought he was a hotshot ship handler but ran into things so often we were a laughing stock up and down the D&S piers in Norfolk. And there was a squadron commander who was such a notorious skirt chaser that no one’s wife was safe around him.

So the topic of conversation was: what is wrong with these guys?, and there were two schools of thought. Some held that everyone has quirks, and that the stresses of military life amplify them until they become dominant personality traits. Others believed that these people stayed in the military because they knew it was the only place they would be tolerated, since no company in civilian life would put up with that kind of behavior. The military cares only about success, and if you can do it and be a nice guy, fine, but you could be the world’s biggest asshole and that is fine too so long as you get the job done.

Sardinian Brigade is filled with senior officers who are only slight exaggerations of the type I used to know. Some of them bluster and preen because they have been promoted far beyond their level of competence and are trying, unsuccessfully, not to appear hopelessly out of their depth. Others see themselves as gods of war, whose soldiers are nothing but cannon fodder to be thrown away in one impossible attack after another. None of them knows how to win the war, so they just follow orders and get their men killed. The book comes close to being satire at times, and there are some Monty Pythonesque moments, but Emilio Lussu also captures important truths about the Italian army in World War I.

Mark Thompson’s White War is an excellent history of the Austro-Italian front and explains some of the unique pressures that Italian officers were under. The Army commander, until he was sacked at British and French insistence after the disaster at Caporetto, was Field Marshal Luigi Cadorna. He was a mediocre strategist who never got over his pre-war fixation with what the French called offense à outrance, all-out attack regardless of terrain, conditions, or enemy defenses. He shared this trait with many other generals, but what he is remembered for today is not his military strategy but his cruelty toward his own soldiers. The Italian army routinely punished failure with decimation, executing randomly selected men, and Cadorna blamed those failures not on his own plans, but on the men who were unable to execute them. He also covered his ineptitude by sacking officers who failed to show unflinching devotion. As Thompson writes,

What he did do was start a rolling purge of the officer corps that continued throughout his tenure; by October 1917, Cadorna had dismissed 217 generals, 255 colonels and 355 battalion commanders. This ungentlemanly harshness shocked the career officers, who became more frightened of being ‘torpedoed’ than of carrying out absurd orders or sacrificing their men’s lives pointlessly.

And so the colonels and generals in Sardinian Brigade were not always the idiots they seemed to be; they understood that they had to carry out orders regardless of the circumstances, if only to save their own hides. Some were self-serving careerists who did not care about the lives of their soldiers, but others seemed like decent men driven almost to madness by the situation they found themselves in: knowing that following orders meant useless slaughter for no gain, but also knowing that failure to attack would only result in their being replaced by someone who would not hesitate to carry out the orders.

This book, which was also published under the title A Soldier on the Southern Front, is the only well known account of the war to come out of Italy. Lussu served as a junior officer in the Sassari Infantry Brigade, and the book is a fictionalized account of one year of his service, in the same way that Siegfried Sassoon’s Memoirs of an Infantry Officer fictionalized his experiences, allowing him to write things that would have got him in trouble if he had used real names. The style of Sardinian Brigade is different from the classic British memoirs of the war, being more concerned with the personalities of the officers and soldiers than the day to day business of fighting. In the book Lussu eventually rises to command a company, and, for a time, two greatly depleted battalions. He serves honorably and tries to be a conscientious officer, but makes it clear that his promotions are not due to any special ability on his part, but only because he manages to survive as, one by one, the other officers are killed.

Generals and regimental commanders come and go, each with fantastical plans that have no chance of success. For most of the year the Italians have almost no artillery to cut the enemy wire, so the only way they could attack would be to crawl to within yards of the enemy trenches and use wire cutters to get through. They try this, and the working party is slaughtered to a man. They try using armor like medieval knights, but it doesn’t stop bullets, and again everyone dies. They are ordered to attack in snow so deep it would take them an hour to reach trenches a hundred yards away, and under continuous fire. The only time they can make an advance is when the Austrians pull back to shorten their line.

Some of the soldiers dream about killing their officers, and when one saves a particularly bloodthirsty general from falling to his death he is beaten by the other members of his unit. Another time they lure the general into looking out a loophole in the sandbags which they know the enemy has a fixed gun aimed at. When not fighting they drink, more or less continuously, officers and men alike, because being drunk is the only way to confront madness without going mad oneself.

Seasons change, the battalion rotates in and out of the line. Insane plans are hatched, sometimes attempted, sometimes canceled. And men die, a steady drip of casualties and replacements. The officers debate what honor means in an honorless conflict, and wonder why the soldiers of both armies don’t just throw their rifles away and go home.

For those with an interest in the First World War, this book provides a point of view that you won’t find elsewhere. Lussu tries to write dispassionately, but sometimes you can feel the rage rising within him as he recalls incidents of useless slaughter. If you have an interest in first person accounts of the war, this book is worth searching out.
Profile Image for David Allen Hines.
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September 23, 2019
I've read many, many books on World War I, but never a single one on the Italian front, so I was very interested to see this book, written by a regular Italian soldier, a lower level officer, on the Italian front against Austria-Hungary from the beginning of the war on. The writer has changed some names, but otherwise the account is a spell-binding tale of his experiences on a front unknown to most American students of the war. Lussu does not attempt a day to day story, nor does he talk about the overall war or political theory. What he does present is his intimate experiences of a single year of the war in a way no historian ever could. What comes most through his story though is the same story you will read in English, American, even German accounts of the war--its madness and futility. Once the armies were trenched in, the technology of the time, until late in the war, produced only stalemate and inconceivable numbers of deaths and woundings. I did not realize until I read this book, Italy lost as many solidiers as England! And you see here the same sad tales--generals--educated before trenches, poison gas and machine guns-- would insist on direct infantry attacks that time and time again, only resulted in death and never any sustained gain. For the student of World War One, this is an important account of a front too often overlooked.
Profile Image for Louise.
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October 16, 2014
Emilio Lussu captures his experience of trench warfare in WWI in the “Southern Front” (northern Italy). The book anticipates “true life fiction” before Capote and Mailer made the genre mainstream. In the Afterward, British historian Mark Thompson describes the small instances of poetic license (i.e. the actual names of the characters, the actual times and locations of the events).

The reportorial style of these short vignettes can mask the author’s deeper message. This is the newly united Italy, with nobles in leadership positions are fighting for the House of Savory. The men who do the actual dying are fighting for Italy. The leadership is best represented by General Leone who is shown to be out of touch with the men and quite casual with their lives. The dynamic is best articulated by Lieutenant Ottolenghi who comes to see the leadership as the enemy.

If this weren’t so sad, I can see some episodes as SNL comedy sketches.

The book is too short. It can be read in a day.

The info on the author in the Afterward and on the book jacket make him an intriguing personality.
Profile Image for Sergio.
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July 20, 2023
La I guerra mondiale italiana raccontata senza nascondere le difficoltà dei fanti mandati a morire come carne da macello e le pochezze e la presunzione ostinata di chi comandava dalle retrovie: un libro che regala verità e amarezza
Profile Image for Malacorda.
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August 9, 2017
Quest'anno in cui ne ricorre l'anniversario, troppe stupidate sono state dette e scritte sulla Grande Guerra. Provo già fastidio scriverla così, con le maiuscole come se uno le riconoscesse una certa dignità mentre la guerra non è mai degna di niente, e con quell'aggettivo 'grande' che nel parlare comune ha un significato tutto sommato positivo, e allora bisognerebbe usare ben altro aggettivo quando si dice "grande guerra" per menzionare una disastrosa e immane tragedia, o anche quando si dice "i grandi della terra" semplicemente per menzionare una ipocrita riunione di politicanti o una accolita di avidi fannulloni.
Nelle parole di Lussu, invece, la semplicità dello stile e dei concetti si contrappone nettamente ai paroloni e ai parolai della retorica del patriottismo. Certamente 5/5 al valore della testimonianza; 4/5 alla scrittura e alla struttura del racconto, senza voler nulla togliere al valore intrinseco dell'opera.
Lo stile franco, asciutto e pacato lo accomuna molto a Rigoni Stern (oltre, ovviamente, al fatto di trattare lo stesso genere di evento). C'è una certa somiglianza anche con 'L'armata a cavallo' di Babel': vengono narrati gli episodi di guerra in ordine cronologico, vissuti dall'autore sull'altipiano di Asiago dal Maggio 1916 al Luglio 1917: gli assalti, i momenti di riposo, alcuni dialoghi con questo o quell'ufficiale, le morti dei vecchi commilitoni e le conoscenze dei nuovi. Pur non essendovi un vero e proprio intreccio, nell'arco temporale di un anno - e di duecento pagine scarse - si fa comunque in tempo ad assistere all'apertura e chiusura di un ciclo, con alcuni protagonisti che ritornano, alcune situazioni che maturano e altre che rimangono immutate.

Ciò di cui il lettore sente il bisogno dopo questa lettura è ovviamente porsi delle domande: perché è accaduto tutto questo? Nelle parole di Lussu si fanno accenni generici ai perché e ai percome, nelle parole degli ufficiali si rincorrono discorsi di estrema attualità: i sacrifici da fare in nome della difesa della democrazia e della libertà, ecc. ecc.; a parte questo, l'anno scorso avevo letto 'Le quattro ragazze Wieselberger' della Cialente che dal suo punto di vista triestino offre un ottimo quadro generale dell'Italia e dell'Europa dell'epoca.
Fedeltà e semplicità sono tra i principali pregi del resoconto ma sono anche il suo punto debole dal momento in cui lo appesantiscono di una certa ripetitività: plotoni, battaglioni, cannoni, granate, mitragliatrici e maggiori capitani colonnelli comandanti caporali dopo un po' ho iniziato a confonderli. Il fraseggio molto spezzettato e con tante virgole non è molto di mio gusto, mi ha tolto scorrevolezza alla lettura.

E' un quadro dipinto a tinte molto vive ma con estrema compostezza. I principali protagonisti sono il cognac e la follia - non tanto la follia della guerra quanto la pazzia delle persone che vi hanno preso parte. Non si sente forte l'odore della paura, si vedono poco sangue e poche ferite, i morti sono solo soldati che semplicemente si accasciano su sé stessi, i feriti sono comparse un po' sfuocate ma solo in rari momenti arrivano ad ingombrare gli spazi angusti delle trincee. L'autore ironizza in modo squisito sull'assurdità della guerra, di certe situazioni e di certi comandi, trasmette perfettamente le sue difficoltà e anche il suo impegno a mantenere fermezza e freddezza durante quella terribile esperienza; tutto questo senza farsi travolgere da paure ed emotività, e non indugia nemmeno più di tanto sui disagi materiali e concreti della vita di trincea, si accenna appena al freddo e al colera, i pidocchi nemmeno vengono nominati con il loro nome. Esprime le sue considerazioni sui turni di trincea in modo assolutamente razionale: "Malgrado tutto, non erano peggiori della vita che, ogni giorno e in tempi normali, conducono milioni di minatori nei grandi bacini minerari d'Europa". Il discorso non fa una grinza, eppure io resto convinta che non siano stati solo gli assalti a fare impazzire tanti soldati, ma anche il vedersi a trascorrere le ore - e poi i giorni e i mesi e infine gli anni - stesi in un fosso.
Le fugaci immagini della montagna, del bosco e della natura (ad esempio la scena dei due scoiattoli che si rincorrono sul tronco di un abete) anticipano quello che in maniera un po' più pomposa si ritroverà nella Némirovsky: l'immagine della natura che continua a fare il suo corso, con la sua flora e la sua fauna e le sue stagioni, impassibile e indifferente alla carneficina degli uomini.
Mi è piaciuto perché, come dicevo all'inizio, in tempi di paroloni si sente proprio il bisogno di un racconto asciutto e anti-retorico; non arrivo a dare le cinque stelle piene perché è talmente asciutto da risultare talvolta asettico. La compostezza e la pacatezza delle parole e dei gesti che questo racconto descrive non possono essere del tutto realistiche, penso siano più che altro frutto del sedimentarsi dei ricordi nel corso degli anni. I momenti di emotività ci sono, ma sono così rari e composti che bisogna proprio cercarli ed estrapolarli, sottolinearli e rileggerli. Forse è grazie a questa loro rarità che assumono un valore anche maggiore.

"Il capitano stette sull'attenti finché il generale non scomparve. Rimasto solo con noi, si sedette e pianse tutta la notte, senza riuscire a pronunziare una parola."

"Impiegammo tutta la notte per ritirare i feriti e i morti, e quando, finito l'appello dei presenti, Santini ed io ci scambiammo qualche parola, facemmo entrambi uno sforzo per non buttarci uno nelle braccia dell'altro." Non è una lettura per ragazzi e non è una lettura leggera, richiede una elevata concentrazione e riflessione per percepire la forza di queste scene, la drammaticità di un pianto silenzioso che dura tutta una notte in luogo di un grido sguaiato, l'emotività nel desiderio trattenuto di un abbraccio fraterno al posto della fratellanza esageratamente esibita che siamo abituati a vedere nei film, o ancora un corpo che semplicemente si ripiega su sé stesso al posto di una tonnellata di sangue e budella.

A fianco del tema della follia, non mancano le riflessioni sugli episodi di ammutinamento e di diserzione; e soprattutto una splendida epifania nel momento in cui si scopre essere il nemico un essere umano esattamente come l'amico: grazie ad un insperato posto di osservazione, l'autore riesce per la prima volta a sbirciare dentro le trincee nemiche e gli pare di scoprire un mondo sconosciuto, vede i soldati al momento della distribuzione del caffè del mattino e si rende finalmente conto che gli austriaci sono uomini proprio come lui e i suoi compagni, ed inizia così la sua riflessione su quel processo psicologico che porta un soldato o ufficiale che sia, a praticare una distinzione tra il fare la guerra e l'assassinare un uomo: sono due cose distinte o non sono piuttosto la stessa cosa?

E' significativo il passaggio della prefazione in cui Lussu sottolinea come di libri su questa guerra non ce ne siano affatto, e come questo rappresenti un'eccezione perché è nato in primo luogo grazie ad un periodo di immobilità forzata: sembra come voler ribadire un sentimento che è facile da intuire quando si parla di guerra, sopravvissuti, superstiti, reduci: chi c'era, subito dopo non ha avuto una gran voglia di raccontare. E dunque ben venga questa importante testimonianza, anche se influenzata dall'effetto del trascorrere degli anni. Non solo da leggere ma soprattutto da rileggere.
Profile Image for Dafne.
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August 25, 2013
♫ Aioh! Dimonios! Avanti forza paris! ♪

Ho aspettato un po' di tempo prima di decidere se scrivere qualcosa su questo libro, volevo scrivere le mie sensazioni “a caldo”, invece ho aspettato e riflettuto, perché è un libro che fa riflettere (molto) sull'assurdità di qualunque guerra.
Il libro narra alcuni episodi accaduti tra il giugno 1916 e luglio 1917 sull'altipiano di Asiago alla Brigata Sassari, formata interamente da contadini, pastori e operai sardi (una tra le più temute del fronte alpino tanto da meritarsi l'appellativo di Diavoli rossi, Dimonios in sardo) di cui l'autore faceva parte.
Una testimonianza e uno spaccato sulla vita in trincea durante la Grande Guerra. Tra il fango, i parassiti, il tanfo del sangue e l'odore del cognac che invade le trincee, trangugiato come se fosse acqua per trovare il coraggio durante gli assalti alla trincea nemica, assalti alle trincee protette dal filo spinato, le ritirate, i comportamenti insensati degli alti ufficiali incompetenti che miravano più al proprio onore e al regolamento militare che alla salvezza dei soldati.
Scritto in modo semplice, scorrevole, con uno stile asciutto, senza rettorica e falsi patriottismi, e in certi passaggi con molta ironia; il nemico austriaco, viene descritto da Lussu, come una persona al pari di tutte le altre, con mogli, madri, figli che lo aspettano a casa.
Il libro trasmette paure, emozioni travolgenti durante gli assalti, la grande sofferenza patita per un conflitto assurdo e spaventoso annunciatore di morte, la situazione dei nostri soldati, la loro umanità e dignità, la stanchezza, i sentimenti e le sensazioni di chi trascorre tanto tempo in trincea sempre in bilico tra la vita e la morte, che può arrivare da un momento all'altro.
Un libro amaro, limpido e reale, che fa riflettere e provare un profondo sentimento di compassione per tutte le giovani vite stroncate in un inutile massacro dimenticato.
Un libro che non dovrebbe mancare in ogni libreria e che tutti dovrebbero leggere.

Ancora una volta, rimanevo solo io. Tutti se n'erano andati, ancora una volta. E ora dovevo cercare delle lettere, raccontare, spiegare. Non è vero che l'istinto di conservazione sia una legge assoluta della vita. Vi sono dei momenti, in cui la vita pesa più dell'attesa della morte.
Profile Image for Gaetano Laureanti.
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May 1, 2019
Basta semplicemente raccontare i fatti, spesso testimoni della testarda follia umana, per denunciare, se ce ne fosse ancora bisogno, l’assurdità della guerra.

E la paura costante della morte, specie se certa quanto inutile:

La vita di trincea, anche se dura, è un’inezia di fronte a un assalto. Il dramma della guerra è l’assalto. La morte è un avvenimento normale e si muore senza spavento. Ma la coscienza della morte, la certezza della morte inevitabile, rende tragiche le ore che la precedono.

Il libro di Emilio Lassu, scritto poco prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale, ci narra un anno (1916-1917) trascorso dall’autore, ufficiale della Brigata Sassari, sull’altopiano di Asiago.

Lo stile semplice ed asciutto rende ancor più efficaci le denunce taglienti dell’ottusità dei vertici militari (i caduti italiani della prima guerra mondiale furono infatti più di quelli della seconda: 1,2 milioni contro poco meno di 500.000, civili inclusi), ma, al tempo stesso, consente di delineare dei personaggi che restano vividamente presenti nella mente di chi legge.

Ovviamente un libro così, scritto da un fuoriuscito evaso dal confino, e in quel tempo, era il 1936, non poteva essere pubblicato in Italia; uscì a Parigi nel 1938 presso le Edizioni Italiane di Cultura. Furono in pochi a leggerlo. Giulio Einaudi lo fece conoscere dopo la liberazione di Roma, quando la sua casa editrice riprese vita. Ma anche allora non furono in molti a leggerlo; in quel 1945 altri grandi eventi correvano per l’Italia e Lussu stava partecipando attivamente alla Resistenza. Venne ristampato a Torino nel 1960 e, finalmente, critici, storici e lettori se ne accorsero. (Mario Rigoni Stern).

Un libro che rimane un caposaldo nel genere e da cui Francesco Rosi ha preso ispirazione per il film del 1970 Uomini contro, con un memorabile Gian Maria Volonté nella parte del tenente Ottolenghi.

Per questo film Rosi fu denunciato (e poi assolto) per vilipendio dell’esercito, e non eravamo più nel ventennio.
Profile Image for Ottavia.
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July 14, 2019
"La vita di trincea, anche se dura, è un'inezia di fronte a un assalto. Il dramma della guerra è l'assalto. La morte è un avvenimento normale e si muore senza spavento. Ma la coscienza della morte, la certezza della morte inevitabile, rende tragiche le ore che la precedono."

Mi è venuta voglia di recuperare tutti quei libri che al liceo, vergognosamente, non ho letto. Si sa, i libri che ci consigliano i professori diventano all'istante poco interessati, e si sceglie di leggere solo quelli che "tanto l'avrei letto in ogni caso". O almeno, questo è sempre stato il mio modo di vederla. Il primo, di molti, si spera, su cui ho indirizzato la mia curiosità è questo di Lussu. E posso subito dire che forse, alla fine, è meglio che io l'abbia letto adesso, quando il liceo l'ho finito ormai da due anni, perché non sono sicura che mi sarebbe piaciuto così tanto o che l'avrei compreso pienamente, leggendoci dentro "l'imposizione" del professore. Che poi è anche stato il miglior professore che abbia avuto, almeno fino ad ora, ma tant'è.

È un libro tremendo, che si legge tutto d'un fiato, complice anche il numero di pagine. Ancora più tremendo nella sua crudeltà perché questo non è un romanzo ma un insieme di ricordi personali, riordinati alla meglio e limitati ad un anno che Lussu ha messo insieme magistralmente. È la sua esperienza della Grande Guerra, gli episodi che ricorda meglio, i personaggi che più ha odiato o a cui più si è sentito vicino. Ciò che ne traspare è l'insensatezza non tanto della guerra in sé ma della sua gestione quotidiana, cosa comune a tutte le guerre.

Per Mario Rigoni Stern questo era il miglior libro sulla Prima Guerra Mondiale. Ancora non ne ho letti abbastanza per affermare che avesse ragione ma come punto d'inizio non potevo chiedere di meglio.
Profile Image for ⚔️Kelanth⚔️.
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August 21, 2012
"Non è vero che l'istinto di conservazione sia una legge assoluta della vita. Vi sono momenti, in cui la vita pesa più dell'attesa della morte".

Un anno sull'Altipiano, è un libro di memorie. Ambientato sull'altopiano di Asiago, fu scritto tra il 1936 ed il 1937 e pubblicato nel 1938 a Parigi mentre l'autore era in esilio e convalescente presso una clinica svizzera. Tutti i fatti descritti riguardano il periodo della Grande Guerra sull'Altipiano di Asiago dal giugno 1916 al luglio del 1917.

L'autore, sebbene all'università fu un acceso interventista e si batté con grande coraggio durante tutta la guerra, assunse poi un atteggiamento fortemente critico nei confronti dei comandi militari dell'epoca e questo libro ne è più volte testimonianza. La guerra venne condotta male da generali impreparati e presuntuosi, incapaci di rendersi conto dei propri errori, e decisi spietatamente a sacrificare migliaia di vite umane pur di conquistare pochi palmi di terreno. Alcuni episodi qui descritti sono testimonianza tragica della follia di questi piccoli uomini che si credevano novelli Napoleoni. Nella prima guerra mondiale l'Italia perse mezzo milione di combattenti, più che nella seconda guerra mondiale.

L'atmosfera che Lussu comunica nelle sue pagine rispecchia fedelmente una guerra che l'esercito italiano combatté ottusamente sempre all'offensiva fino al 1917, logorandosi fin quasi all'esaurimento. Nel libro compaiono alcuni personaggi memorabili: il ribelle Ottolenghi, l'astuto sempliciotto soldato Marrasi Giuseppe, il folle generale Leone, il fedele amico Avellini, l'umile "zio Francesco": tutti destinati ad una fine tragica.

Rispetto per esempio ad un altro bellissimo libro sulla prima guerra mondiale ("Niente di nuovo sul fronte occidentale") questo testo viene scritto da un "graduato", un ufficiale, che sebbene avvolto dalla feroce guerra, non convive con le truppe, con i soldati semplici, quei poveri diavoli che pagano le spese di scelte politiche e militari irresponsabili; e nel racconto traspare questa differenza.

Un'altra testimonianza sulla vita in trincea durante la Grande Guerra, questi libri dovrebbero essere a corredo ad ogni studente per capire la tragicità della guerra. Nel fango, nella neve, tra i perenni parassiti, il tanfo del sangue e l'odore del cognac che veniva offerto in grandissimi dosi e trangugiato come se fosse acqua per trovare il coraggio durante gli assalti alle trincee nemiche (Non è la guerra di fanterie contro fanterie, di artiglierie contro artiglierie.E' la guerra di cantine contro cantine, barili contro barili, bottiglie contro bottiglie.).

Il miglior commento che si possa lasciare è proprio quello di M.R.Stern che nella prefazione del libro scrive: "Ora, i giovani di oggi, per i quali la Grande Guerra è più lontana della luna, in questo libro trovano quello che i testi scolstici non dicono, quello che i professori non insegnano, quello che la televisione non propone. E nemmeno il cinema."
Profile Image for Martinocorre.
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January 3, 2019
Eccezionale testimonianza

"Un anno sull'altipiano" è lo scritto-testimonianza di Emilio Lussu, ufficiale dell'esercito italiano durante la prima guerra mondiale; è un anno della sua vita tra il 1916 ed il 1917, è un anno di operazioni della brigata Sassari sull'altopiano di Asiago.
E' una fortuna che un libro così sia stato scritto, per raccontarci che cosa successe veramente in quella sciagurata guerra, strappando il velo della retorica. Vista l'obbiettività del racconto, il valore anti-militarista ne consegue naturalmente, tanto brutale e feroce fu quel tragico conflitto su ogni suo fronte; è ironico pensare che Lussu fosse un interventista mentre frequentava l'università, mi sorgono spontanee un po' di domande: il tritacarne del fronte della Somme era in funzione già da quasi un anno, possibile che un giovane studente italiano non si rendesse conto dell'inutile strage? I giornali travisavano completamente la realtà oppure siamo di fronte ad un tragico errore di valutazione? Dopo il suo arrivo al fronte, quanto tempo occorse a Lussu per ricredersi? Io mi auguro che proprio libri come questo impediscano in futuro ad un giovane di commettere lo stesso errore e ringrazio Emilio Lussu per la sua coraggiosa testimonianza.
Voglio fare anche un confronto con il lavoro di Remarque, "Niente di nuovo sul fronte occidentale", vi ho trovato delle grosse differenze, mentre in quest'ultimo è l'innocenza di un giovane ad essere tradita dal "Sistema", nell'opera di Lussu è la stupidità e l'impreparazione degli ufficiali superiori italiani a tradire la buona fede dei soldati, gente semplice, contadini e pastori nella vita civile. La sensazione è che Remarque sottolinei di più la dimensione dell'uomo in guerra come semplice "carne da cannone", ingranaggio spersonalizzato macinato in un enorme meccanismo che procede in avanti per inerzia, senza alcuno scopo che far funzionare il meccanismo stesso. Soprattutto mi interessa di più in Remarque il concetto di morte della natura umana, ovvero: si può anche sopravvivere fisicamente fino alla fine della guerra, ma la nostra natura umana ne uscirà sempre rotta, compromessa, morta.
Profile Image for Sotiris Karaiskos.
1,223 reviews123 followers
November 5, 2018
The Italian Storm of Steel! A book that may not have the intensity and the shocking descriptions of the German one, but it surely puts us in a very good way in the conditions prevailing in the southern front. Their common feature is that both writers present the events without cutting anything, showing all the brutality of the war, but doing so by keeping some distance, avoiding any sentimentality. Thus they bring us the atmosphere of war in the most raw and meaningful way. Of course, because we are talking about an Italian version, quite a few things are different. There is much more humor, and much of the book talks about the incompetence of the senior officers of the Italian army and about how ordinary soldiers were trying to cope with it to reduce the terrible losses. The bad thing is that the author only refers to the first year of the war, with the narrative stopping long before the most important events of this war. It remains, however, a very important and enlightening book for the First World War.

Το ιταλικό Storm of Steel! Ένα βιβλίο που μπορεί να μην έχει την ένταση και τις σοκαριστικές περιγραφές του αντίστοιχου Γερμανικού αλλά σίγουρα μας βάζει με πολύ καλό τρόπο στις συνθήκες που επικρατούσαν στο νότιο μέτωπο. Κοινό τους στοιχείο είναι το ότι και οι δύο συγγραφείς παρουσιάζουν τα γεγονότα χωρίς να περικόψουν τίποτα, δείχνοντας όλη τη βιαιότητα του πολέμου, το κάνουν, όμως, κρατώντας μία απόσταση, αποφεύγοντας οποιονδήποτε συναισθηματισμό. Έτσι μας μεταφέρουν την ατμόσφαιρα του πολέμου με τον πιο ωμό και ουσιαστικό τρόπο. Βέβαια, επειδή μιλάμε για μία ιταλική εκδοχή αρκετά πράγματα είναι διαφορετικά. Υπάρχει πολύ περισσότερο χιούμορ ενώ μεγάλο μέρος του βιβλίου μιλάει για την ανικανότητα των ανώτερων αξιωματικών του ιταλικού στρατού και για τον τρόπο που οι απλοί στρατιώτες προσπαθούσαν να την αντιμετωπίσουν, για να μειώσουν τις τρομακτικές απώλειες. Το κακό είναι ότι ο συγγραφέας αναφέρεται μόνο στον πρώτο χρόνο του πολέμου, με την αφήγηση να σταματάει πολύ πριν γίνουν τα πιο σημαντικά γεγονότα αυτού του πολέμου. Παραμένει, όμως, ένα πολύ σημαντικό και διαφωτιστικό βιβλίο για τον πρώτο Παγκόσμιο Πόλεμο.
Profile Image for Paola.
145 reviews41 followers
October 6, 2013
This is a rare pearl of a book, a great war memoir of a year of front line experience of an Italian officer endowed with a gread deal of emotional intelligence.
He captures his experiences of a year of war on the Asiago highland: the setting is the trenc warfare in the mountains on the Austrian front.
The main picture draws the terrifying contours of the utter military incompetence of generals (put in their place by birth rather than merit?) that all too aften send their own soldiers to their death on a whim, simply to test a theory born out of stupidity, or the fear of the first encounter with real battle, or the headiness of exercising power.
Lussu's writing style is reserved and almost dry, and reminded me of
Primo Levi - he lets the facts speak for themselves, and they shout so loudly that there is little need for added emphasis.
I wrote this review in English as this is one of the very few WWI memoirs that exists in English translation (the only one I could find actually). This on its own should be enough to put it on the TBR list of anyone with an interest in the great war - but this memoir is much more than "just" that.
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166 reviews
March 27, 2021
Opera famosissima e imperdibile sulla Prima Guerra Mondiale, la cui peculiarità è quella di raccontare la guerra dal punto di vista dei soldati che la combatterono.

Più che un romanzo si tratta infatti di un resoconto dei più importanti avvenimenti che capitarono all’autore, ufficiale di fanteria nella Brigata Sassari impegnata sull’altipiano di Asiago, con il compito di sbarrare la strada alle truppe austriache per evitare che si riversassero sulla pianura veneta a Verona e Vicenza e da qui a Venezia.

Per inciso Emilio Lussu non è stato solo l’autore di questa preziosa testimonianza, ma anche il fondatore del Partito Sardo d’Azione, nonché deputato antifascista. Deportato a Lipari riuscì a fuggire ed in Francia fondò il movimento Giustizia e Libertà. Nel secondo dopoguerra fu inoltre senatore nelle prime legislature.

Nonostante l’autore fosse un interventista, favorevole all’entrata in guerra dell’Italia, questo libro va contro tutta la retorica sulla guerra e, attraverso una serie di personaggi memorabili, ci mostra da vicino come i militari vivevano il conflitto.

Le lunghe giornate e nottate nelle trincee e soprattutto i momenti terribili che precedevano l’assalto alle linee nemiche, quando i soldati dovevano uscire allo scoperto consapevoli che la loro vita sarebbe stata appesa ad un filo.

Ma anche l’insipienza dei nostri ufficiali, che sovente impartivano ordini folli mandando al massacro i nostri soldati, per non parlare degli errori della nostra artiglieria che sparava sulle nostre linee (il cosiddetto fuoco amico).

Ce n’è abbastanza per impazzire, e per questo nelle trincee l’odore che più si sente è quello del cognac, fornito in abbondanza ai nostri militari per anestetizzare la coscienza ed i sentimenti.

Un libro che nella sua relativa brevità (circa 200 pagine) mette con efficacia a nudo l’insensatezza di ogni guerra.
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695 reviews107 followers
March 9, 2025
Teniamoci per mano e diciamo insieme delle parole forti contro la guerra: guerra brutto! guerra brutto! guerra brutto!

Questo libro è stato davvero un’esperienza, perché nonostante l’inizio mi sia pesato molto e mi sia annoiata parecchio a sentire parlare di trincee e spostamenti da un campo all’altro e saluti militari, presto il vero messaggio si è fatto sentire, aumentando in forza e volume più il tempo scorreva. In questo memoir, se così si può chiamarlo (la sua veridicità sembra essere fonte di discussione), Lussu racconta un anno della sua vita sull’altopiano di Asiago, dove ha fatto una parte della sua carriera militare. Scritto molti anni dopo la fine della prima guerra mondiale, sottolinea la sua inutilità con ironia, soffermandosi molto anche sui conflitti di gerarchia e sui soprusi dei superiori.

L’audiolibro è fantastico, accompagnato da musica e con un cast di oltre sessanta lettori, dà un’ottima visione della multiculturalità dell’Italia a quei tempi (l’unica pecca è che non abbiano scelto un lettore con un accento sardo per Lussu, e questo viene relegato solo ad alcune comparsate di altri soldati della Brigata Sassari).
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