Η Εξέγερση των Κρεμασμένων είναι το πέμπτο από τα έξι θρυλικά «Μυθιστορήματα της Ζούγκλας», που συνθέτουν ένα έπος για τη γέννηση της Μεξικάνικης Επανάστασης. Το έργο του Μπ. Τρέηβεν αποτελεί μια συγκλονιστική και ζοφερή ιστορία των απάνθρωπων συνθηκών εργασίας που υπέφεραν οι Ινδιάνοι στις φυτείες μαονιού του τροπικού Μεξικού το 1910, στις απαρχές του ξεσηκωμού ενάντια στην εξουσία του δικτάτορα Πορφύριο Ντίας. Η ιστορία κορυφώνεται σε μια εξέγερση των πολύπαθων εργατών ενάντια στους ιδιοκτήτες και τους επιστάτες των καταυλισμών ξυλείας, και σε μια δύσκολη πορεία μες στη ζούγκλα την εποχή των βροχών.
B. Traven was the pen name of a German novelist, whose real name, nationality, date and place of birth and details of biography are all subject to dispute. A rare certainty is that B. Traven lived much of his life in Mexico, where the majority of his fiction is also set—including his best-known work, The Treasure of the Sierra Madre (1927), which was adapted as the Academy Award nominated film of the same name in 1948. Virtually every detail of Traven's life has been disputed and hotly debated. There were many hypotheses on the true identity of B. Traven, some of them wildly fantastic. Most agree, that Traven was Ret Marut, a German stage actor and anarchist, who supposedly left Europe for Mexico around 1924. There are also reasons to believe that Marut/Traven's real name was Otto Feige and that he was born in Schwiebus in Brandenburg, modern day Świebodzin in Poland. B. Traven in Mexico is also connected with Berick Traven Torsvan and Hal Croves, both of whom appeared and acted in different periods of the writer's life. Both, however, denied being Traven and claimed that they were his literary agents only, representing him in contacts with his publishers. B. Traven is the author of twelve novels, one book of reportage and several short stories, in which the sensational and adventure subjects combine with a critical attitude towards capitalism, betraying the socialist and even anarchist sympathies of the writer. B. Traven's best known works include the novels The Death Ship from 1926 and The Treasure of the Sierra Madre from 1927, in 1948 filmed by John Huston, and the so-called Jungle Novels, also known as the Caoba cyclus (from the Spanish word caoba, meaning mahogany), a group of six novels (including The Carreta, Government), published in the years 1930-1939, set among Mexican Indians just before and during the Mexican Revolution in the early 20th century. B. Traven's novels and short stories became very popular as early as the interwar period and retained this popularity after the war; they were also translated into many languages. Most of B. Traven's books were published in German first and their English editions appeared later; nevertheless the author always claimed that the English versions were the original ones and that the German versions were only their translations. This claim is not taken seriously.
Vari misteriosi e affascinanti fili si intrecciano in queste pagine. Cominciando da quello che riguarda l’autore, B. Traven, pseudonimo, ma di chi? Tuttora, decenni dopo, non è chiaro. Tedesco che viveva in Messico. Come molti suoi compatrioti che furono tra i più crudeli e feroci saccheggiatori di quel paese. Ma non lui, non B.Traven, o come si chiamava veramente: lui era un autentico comunista, parente di Marx, Lenin, Trotsky, Mao, Fidel. Rivoluzione. Terra e libertà. O, forse più probabilmente, un anarchico.
Pancho Villa ed Emiliano Zapata (a dx).
Il romanzo uscì nel 1936. Scritto in tedesco, da qui tradotto in inglese, e dall’inglese tradotto in spagnolo. Il romanzo parla di una rivoluzione: il popolo degli abissi che si ribella. I peones – perlopiù indios maya tzotzil – schiavi del ventesimo secolo, vivi alla mattina ma senza certezza di arrivarci alla sera. Quando la misura si colma – quando il signore e padrone per punizione fa tagliare le orecchie al figlio di sei/sette anni di uno dei tanti personaggi – imbracciano il machete, si mettono in marcia… Non mancano donne stuprate, anche in pubblico, annegati, sgozzati, corpi dati o lasciati in pasto alle belve della giungla. La violenza dei padroni è cieca e senza regole, nega anche la minima dignità umana degli indios. Nega perfino quella di ogni essere vivente.
E quindi, si presume che l’epoca sia il secondo decennio del secolo scorso, gli anni di Pancho Villa e, ancor più, di Emiliano Zapata, che formò il suo esercito nel sud del paese, nel Chiapas, dove è proprio ambientato questo romanzo, che credo sarebbe (sia?) piaciuto al subcomandante Marcos. Gli appesi sono coloro – indios nel 99,99% dei casi – che per qualche mancanza - la più probabile quella di non aver raggiunto la quota di raccolto giornaliero imposta dal signore e padrone – venivano appesi agli alberi della giungla. Per le mani e per i polsi. Quando non per le dita delle mani e dei piedi, più facili a non reggere, ergo strapparsi. A volte, per divertimento o massima punizione, agli uomini si aggiungeva un’altra corda legata in zona inguinale. C’è da chiedersi la resistenza di questo quinto nodo. Naturalmente la fantasia padronale non si fermava qui: agli appesi venivano praticati tagli sulla pelle, poi cosparsi di sale o miele per attirare gli insetti (formiche rosse e zanzare, ragni e zecche), che procedevano a dilaniare la carne viva.
Emilio Fernández
E poi volendo calcare le tinte di fascino e mistero, il film tratto dal libro – uscito nel 1954 con lo stesso titolo – è diretto da Emilio Fernández, solitamente attore specializzato nei ruoli del militare o despota – spesso entrambe le cose insieme – del marrano crudelissimo rivestito da una divisa decorata. Proprio quel genere di bastardi umani che romanzo e film invitano a eliminare dalla faccia della terra. A undici anni Emilio Fernández uscì dal riformatorio e si unì alla rivoluzione zapatista. Catturato dai soldati, fu condannato a vent’anni di carcere. Ma riuscì a evadere e scappare negli Stati Uniti. Qui fu reclutato da Hollywood come comparsa in film anche celebri. Lo avevano soprannominato El Indio. E qui la leggenda si fa ghiotta – pare non sia neppure così tanto leggenda: si narra che Emilio Fernández sia stato il modello scelto da Cedric Gibbons per realizzare la statuetta di 34 centimetri che è diventata celeberrima come Oscar. Naturalmente l’Academy non ha mai ammesso di aver fatto posare nudo un modello soprannominato El Indio per realizzare la madre di tutti i premi cinematografici.
E non è finita qui. Tra i dodici romanzi di B.Traven ce n’è un altro diventato celebre grazie al film, Il tesoro della Sierra Madre, premiato per l’appunto con l’Oscar.
Ma tutte queste curiose spigolature non devono nascondere il fatto che il libro c’è, esiste, è ben scritto, ben costruito, divertente, interessante, emozionante. E che, forse, di libri ce ne sono addirittura due: oltre il romanzo, sparso tra le pagine, si potrebbe individuare un manuale di insurrezione armata.
Dio, che venne sulla terra duemila anni fa per salvare gli uomini, dimenticò senza dubbio gli indiani. Certo, a quei tempi la loro terra era ancora sconosciuta e, quando alla fine venne scoperta, la prima cosa che i conquistadores fecero fu piantare una croce sulla riva e celebrare una messa. Di quel solenne avvenimento gli indiani soffrono ancora oggi.
Emiliano Zapata fu assassinato il 10 aprile 1919, e la rivoluzione messicana destinata a restare inconclusa.
عرفت عن هذا الكتاب عندما كنت أقرأ رواية "طيران فوق عش الواقواق" حيث علمت أن رواية اسمها انتفاضة المشانق متوافرة ضمن سلسلة ذاكرة الشعوب بحثت عن الرواية فلم أجد لها نسخة ورقية أو الكترونية فقررت استعارتها من مكتبة الجامعة الأردنية وقرأتها الرواية ممتعة جدًا وذات أبعاد فلسفية عميقة ويكفي قراءة تحليل المحرر إلياس خوري لمعرفة مدى الإبداع فيها ولكن الشيء المحزن أن هذه الرواية هي الجزء الخامس من ستة أجزاء وهي الجزء الوحيد المترجم
"–Oigan bien, muchachos; aun cuando perdamos esta batalla, aun cuando hasta el último de nosotros caiga bajo las balas de los federales y los rurales, aun cuando ninguno de nosotros alcance tierra y libertad, habremos triunfado. Porque vivir libremente, aunque sólo sea durante unos cuantos meses, vale más que vivir cientos de años en esclavitud".
Me digo: como ya hablé del autor en otra reseña, voy a ceñirme a la novela. Ya. Como si pudiera decirse algo de una novela como La rebelión de los colgados sin tener en cuenta quién era B. Traven, sin tener en cuenta que tan poco o tan nada o tan mucho pero tan teñido de leyenda sabemos sobre B. Traven, que es el nombre con el que firmaba alguien cuyo verdadero nombre pudo ser otro de sus alias, alguien que fue tan o más escurridizo que Thomas Pynchon y que, como Pynchon, también huyó a México, que es donde tiene lugar la acción de este libro. Sabemos, no obstante, que Bruno Traven vivió largamente en México, que fue amigo de Frida, de Diego, de Tina. Sabemos que se mantuvo fiel a su pasado revolucionario, de posible exiliado europeo, y que simpatizó con los pueblos oprimidos de Chiapas como lo hizo con cualquier otro oprimido del planeta. Vamos a La rebelión… Traven narra –y cómo– los preliminares y el inicio de una de las muchas rebeliones indígenas y campesinas contra la tiranía de Porfirio Díaz. Con una sobriedad rayana a lo glacial, expone las torturas y afrentas a los que tres caciques hermanos someten a sus trabajadores forzados en una explotación maderera de la selva, la toma de conciencia, la gota que colma el vaso y la posterior rebelión que da título a la novela. La rebelión de los colgados se lee en un santiamén, sin darse cuenta uno, y eso es algo que normalmente no me gusta, Nada. Sin embargo, la manera de narrar de Traven es tan áspera, tan crudamente realista, tan próxima y ligada a la historia que cuenta… ¿Puede uno, desde tal nivel de aparente tibieza, mojarse tanto desde la distancia emocional, tomar tanto partido sin tomarlo? Sí, y lo hace sin caer en maniqueísmos. Es el lector, y sólo al lector, al que le es dado juzgar. En esta aventura los malos son unos bárbaros desalmados, el más neutral es un miserable, y los buenos, las víctimas, no dejan de ser humanos: también cometen sus pecados. ¿Pero no les han quitado ya todo cuanto tenían, humanidad incluida? Sólo les queda el sueño, la solidaridad, el ideal, la esperanza que saben inalcanzable. Tierra y Libertad. En algún momento la novela recuerda a La guerra del fin del mundo de Vargas Llosa, sin tanta épica y parafernalia, pero con mucha más coherencia y compromiso. Echo en falta el humor de Traven (aparece apenas en la última frase del libro), ese humor del humillado de que tanta gala hacia el protagonista de El barco de la muerte. Aquí, como en El tesoro de Sierra Madre, es el pesimismo el que impera. El análisis de la condición humana, del alma humana, que sale bien mal parada. Esperanza, sí, pero bañada en pesimismo.
Since this book has a really high average rating, I feel like explaining, why it did not speak to me. I try to keep in mind that B. Traven of course is a child of his times and that my reading may be anachronistic... First of all, Traven is a terrible essentialist and almost a Darwinist: The Indians per se has all these features which make it really hard for them to ever change anything in their life and reach goals that are any more abstract than farming land and a little hut. He is patient, naturally slow and following "instincts" all through the book. Secondly, the powerful descriptions of the absolute abuse of human beings would not revolt me sufficiently because all the characters, not matter of which "class", whether good or evil, were just entirely stupid, cursing all the time, spitting, what have you. The system dehumanizes everybody? Ok, I understand that! But page-long descriptions of torture just make me flip through, giving me a feeling of nausea and confusion that I consider fairly apolitical. So "violence breeds more violence" is one of the main topics of the book? True, but just a few pages would have explained just as much. In the last chapters, Traven even skips to a semi-ethnographical, rather didactic prose when he makes the professor elaborate on details about revolutions in direct speech. To conclude: To me, this book was captivating only because of its cruelty. Like a splatter movie featuring a weird SM club by brutish capitalists in the jungle with a strong Eurocentric undertone.
Libro que inicia con Cándido, un indígena tzotzil que se ve obligado a trabajar dentro de la selva para un negocio de producción de caoba bajo una engañosa "ayuda genuina" puesto que se encontraba carente de dinero que requería ya que su esposa necesitaba de una intervención quirúrgica contra reloj, lo cual lo lleva a cerrar un trato a pesar de su firme postura de no trabajar para aquellos a los que sabía se valían de maltratos y actos deshumanizantes en general para hacer trabajar a indígenas que trabajaban bajo su yugo debido a deudas exageradas o inclusive inventadas. Se muestra el desarrollo que lleva a la revolución a partir del hartazgo e impulso de aquellos que llevan encendida la llama de la rebelión dentro de sí y que ha sido apaciguada por falta de compañeros que se alineen a sus ideologías. Denota la relación entre gobierno-poder-iglesia, en la que velan por sus propios intereses procurando su riqueza sin importar las vidas que eso conlleve. Se muestra como la misma iglesia llega a incitar a que se unan a ese tipo de trabajos, así como los que tienen "el poder" saben que la crueldad con la que actúan no debe sobrepasar límites que justamente lleven a un indígena a querer buscar su libertad sin importarle su propia muerte ya que llegan a un punto donde sienten más liberador la culminación de su vida que seguir trabajando perpetuamente con engaños de deudas saldadas y una espera incesante de regresar a sus hogares. Es una prosa amigable y que incita a continuar su lectura a pesar de ser tan explícito en la crueldad.
A friend of mine had gone on and one about this book for years, and so I was excited to read. Overall I really liked it, but wanted to like it more.
Race is discussed oddly in the book, and women aren't even appendages to men, they're more like their children. It was hard to get past that a lot of time, and made their early abuse harder to think back upon since women continue to be demeaned and don't seem to get their moment of revenge/ resistance.
Also, towards the end when they talk about killing the children of property owners and then do - that blew me away. In theory, I might be able to agree with this - was class so rigid that the children of the ruling class never ran away to do things of interest? Did they only ever just become future masters? If so that makes sense, but of course in practice/ reality it's non-sense.
All that aside, awesome righteous novel - could there be a cooler title?
Me recomendaron este libro para entender por qué la estación Tzendales de Natura estaba embrujada, y qué fuerte, si la mitad de los eventos son reales yo también diría que lo está :s qué buen narrador es B Traven, qué viva la revolución 😳😳😈😈
Hace muchos años leí Macario y me gustó. Me había quedado con ganas de leer éste y fue mucho mejor de lo que esperaba.
Da un gran panorama novelado sobre las condiciones infrahumanas en las que vivía el campesinado en tiempos del porfiriato, desde el punto de vista de un gran observador de la realidad social.
Creo que el mito alrededor de la figura de Traven añade todavía más interés a su obra. ¿Existió? ¿Era mexicano, alemán, de otro lado? ¿Por qué nadie lo veía, por qué casi no hay fotos? ¿Era el propio López Mateos quien escribía?
Me recordó por momentos ese gran prólogo de Sartre en Les Damnés de la Terre, de Fanon.
A Traven lo conocí de niño con La creación del sol y de la luna, una hermosa narración para niños sobre ese mito, Chicovaneg, Molevaneg, y Tul el conejo que acaba en la luna—por supuesto aún tengo mi copia.
Esto es algo completamente distinto, es una novela histórica que va de mano con las de Azuela, y hasta incluso con las de Rulfo—aunque eso es realismo mágico, claro.
Total, una novela aplastante y deprimente, que te llega hondo y te arranca lágrimas de impotencia—y a veces de alegría, hay que decirlo—y coraje; es un atisbo apenas pequeñito al México antiguo e inalcanzable de los esclavos, pues esto eran los indígenas, de los españoles y alemanes y cualquier otro extranjero que tuviera la fortuna de pisar nuestras tierras. Nos enseña el asco que somos como humanidad, la podredumbre en la que estábamos y estaremos sumidos gracias a que así evolucionamos.
Rebosa de aires de revolución (en esa época está situada) a pesar de suceder solo en las junglas de Tabasco y jamás salir de ahí, nunca vamos a ningún pueblo de mención, a ninguna ciudad, y sin embargo la revolución es omnipresente.
Me pareció realmente interesante justo eso, que ella no necesitaba líderes ni caudillos, simplemente rebeldes revolucionarios de verdad, o sea, gente aplastada e ignorante que al fin se hartó de su esclavitud, de su vida miserable.
Nos da una perspectiva muy distinta de nuestras vidas cómodas y modernas, llenas de lujos e internet para quejarnos.
Tarde me enteré es parte de una saga—las Novelas de la Jungla—pero bien puede ser leída como libro independiente sin ningún problema, pues no es como una saga moderna que requiere leer todos sus libros en orden.
En definitiva, algo que debe ser leído por todo mexicano, y realmente me sorprendió no haberla leído de joven, cuando leí por primera vez todo este tipo de literatura.
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I met Traven as a child with La creación del sol y de la luna, a beautiful narration for children about that myth, Chicovaneg, Molevaneg, and Tul, the rabbit that ended up in the moon—obviously I still have my copy.
Of course, this is something completely diferent, this is an historic novel that goes hand in hand with Azuela's, even with Rulfo's—though that's realismo mágico, of course.
Anyway, a crushing and depressing novel, that reaches deep and rips tears of impotence—and sometimes of happiness, it must be said—and rage; it is barely a glimpse to the old and unreachable Mexico of the slaves, and that's what the indigenous were, slaves of the Spaniards and Germans and whomever foreigner that had the fortune to step on our lands. It teaches us the disgust that we as humanity are, the rot in which we are and will be submerged thanks to our evolution.
It overflows with revolutionary climate (that's the time it's situated) despite happening only in the jungles of Tabasco and never leave them, we never go to any mention able town, to any city, and yet the revolution is omnipresent.
I found really interesting precisely that, that she didn't need leaders or caudillos, just true revolutionary rebels, which is to say, people crushed and ignorant who finally got enough of their slavery, of their miserable lives.
It gives us a completely different perspective from our comfortable and modern lives fill with luxury and internet to complain.
Too late I found it's part of a saga—the Jungle Novels—but it can be read as an independent book with no problem at all, this is not a modern saga that requires to read every book in order.
Definitely, a novel that must be read by every Mexican, and I was really surprised I haven't read it when young, back when I first read all this type of literature.
A terrific stroryteller and obvious sympathizer of the Mexican rebellion (who wouldn't be after reading this), the mysterious B Traven-- the author of the The Treasure of Sierra Madre, his only book that became well-known in the U.S., was an American born, German raised and long time resident of Mexico. He apparenetly wrote in German, but was an accomplished English speaker who was dissatisfied with translations of some of his books and so did ones himself. His depiction of the violence and cruelty in the lumber camps pre-revolution is shocking, as is the violence loosened on the former masters as the they are deposed. It rivals Cormac McCarthy. Little is known about Traven, even his real name, except for his books.
gotta love B. Traven. am rereading his series of novels that give background to the Mexican Revolution of 1910. this one is especially good...the fate of Mayan lumberjacks in the jungles (of Yucatan?) at the time that the revolution breaks out. Gives a good sense of life, not only as a lumberjack, but on coffee and rubber plantations that is so oppressive that it essentially forces workers to rebel or die...
The second to the last novel in B. Traven's epic telling of the Mexican Revolution from the point of view of those who made it. A monumental study in radical subjectivity.
La rebelión de los colgados publicada por B. Traven es una novela que relata los acontecimientos sufridos por indios tzotziles de Chiapas en los ingenios madereros del porfiriato y su subsecuente rebelión. Inicia centrándose en la historia de un hombre en específico, de nombre Cándido, quien, debido a una apendicitis sufrida por su esposa, es obligado a vender su libertad con la intención de salvarla.
El autor es un personaje enigmático del que poco se conoce y mucho se especula. Entonces, ¿qué sabemos de B. Traven? Sabemos que ese es un nombre de pluma, otro siendo Ret Marut, sabemos que era un anarquista alemán que paso muchos años de su vida aquí, echando raíces y haciendo familia, sabemos que tenía una fascinación por las culturas indígenas mexicanas y por la lucha social; todo esto se hace evidente en el texto.
Ahora, La rebelión de los colgados es un artefacto de su tiempo, las descripciones de los diferentes grupos mencionados son monolíticas y eurocéntricas en extremo. A pesar de que el autor se erige como un simpatizante de la causa obrera y campesina, su representación de los campesinos, en este caso particular, de los tzotziles chiapanecos raya en el infantilismo. Los “chamulitas” son presentados como niños dóciles e indefensos hasta que un día ya no lo son. Es fácil imaginar a un lector contemporáneo que simpatiza con las ideas del autor sintiéndose profundamente ofendido por las sensibilidades de este; en esto hay que tener cuidado, ya que el texto tiene que leerse como un objeto histórico. A pesar de los riesgos de la anacronía no creo que sea controversial que el ojo que mira, aun con piedad y simpatía, al indígena mexicano, es un ojo eurocéntrico. (No se que sea peor, el racismo desnudo del que considera a otro grupo inferior, o el de aquel que se presenta como su aliado y trata al otro como un eterno infante o como un discapacitado.)
Por otro lado, B.Traven me parece un escritor mediocre, sus diálogos son acartonados en el mejor de los casos y sus caracterizaciones son unidimensionales. Algunos pasajes se leen como el fantaseo inútil de un hombre que sueña con llevar la rebelión a la selva. Es aquí donde entra el personaje de Martin Trinidad o “el profesor”, que es como termina siendo llamado por los indígenas con los que se rebela. Me parece que el autor se inserta en el texto a través de este personaje, a quien le asigna una gran cantidad de monólogos penosos; mismos que se leen como los delirios de un fanático que escribe cuentos en los que se convierte en el héroe o heroína de la estrella pop a la que le ha dedicado todas sus obsesiones.
Ahora, no todo es malo de esta novela, tiene algunos fuertes, entre ellos la solidez de las convicciones del autor, consagradas en esta novela y algunos pasajes incendiarios que despiertan la imaginación de quien los lee. Dejo aquí una velada descripción, de lo que, a mi parecer, es la clase media mexicana según B. Traven:
“Despreciaban a los muchachos tanto o mas que los patrones y se consideraban “gente bien”. Hablaban el español mas o menos correctamente, tenían una capillita y sabían leer y escribir. No descendían hasta los muchachos, a menos que tuvieran algo que venderles o que vieran entre sus manos algún dinero que arrebatarles. Se enorgullecían de poder hablar con los patrones casi de igual a igual y estaban dispuestos a hacer cualquier cosa que estos les pidieran. Se consideraban casi aristócratas, y aunque a decir verdad su situación material era muy semejantes a la de los muchachos, ellos no deseaban reconocerlo. Aunque ganaran en ocasiones menos que algunos de los hacheros, se creían magníficamente pagados si el amo les hacia un pequeño gesto amistoso o los invitaba a tomar, de pie, una copa de vez en cuando.”
Traven comienza la Rebelión de los Colgados con este ejemplar, maravilloso anzuelo enganchándonos a la historia de cosmogonía Chiapaneca que nos permite acompañar en su travesía a Cándido, un indígena Chiapaneco cuya esposa se encuentra en un estado grave de salud y a falta de recursos se ve forzado a recurrir al"enganchador" Don Gabriel quien se dedica a reclutar jornaleros y transladarlos a "Las Monterías" en donde se escuchan rumores el trato y las condiciones son precarias para quienes trabajan en ellas. Cándido al no ver opción, termina firmando el contrato que lo llevará a él y a parte de su familia a un verdadero infierno dentro de la selva. En su muy maltratada vida en las monterías, conoce a Celso, quien levantará en muchos de ellos nuevas interrogantes y noción de injusticia.
El efímero valor que los capataces y jefes de las monterías y haciendas daban a sus obreros despierta rencores y mucho odio a la gente perteneciente a las etnias de las comunidades de Chiapas que en aquellos tiempos no tenían libertad de expresión, siendo permanentemente oprimidos.
De pronto, no voy a mentir, Traven confunde al lector debido a la inconsistencia del protagonismo de su personaje principal pero se hace necesario por conocer a los futuros líderes del movimiento, sin embargo a mitad del libro comienzo a sentir su ausencia en este aspecto, también el final, ya pasando la página 280 y darte cuenta que en tan pocas páginas seguramente no habrá un final definitivo que muy a favor de las editoriales te invita a continuar adquiriendo el resto de volúmenes para seguir acompañando a Celso, Modesta, Trinidad, Andrés, etc en su lucha por alcanzar la libertad.
De los pocos títulos que he tenido oportunidad de leer de este autor ha sido el único en el que he visto le da algo más de importancia al género femenino como con su personaje "Modesta" en esta trama, es de entenderse por la época en la que fueron escritos estos libros, no obstante, siempre está presente la importancia del vínculo familiar.
El drama que siempre nos muestra en sus textos nos invita también al reconocimiento de la justicia y el valor para enfrentar las adversidades, con una crítica social y política que Traven observó en su época.
Reseña por: Ambar Nepomuceno para Club de Lectura Hypatia's Dream
Primera novela bilingüe que se publicó al mismo tiempo en inglés. :0
Esta historia era una obligatoria de parte de mi escuela. Yo la verdad casi no tomo lecturas acerca de lo mexicano, no porque no quiera, sino porque nunca me han dado curiosidad o los mencionan.
Siempre nos hablan de la historia muy formal, muy tierna vaya, no nos muestran esta parte cruda de lo que sucedía a las personas, en especial de los indígenas. Es muy triste que no conociera esta obra antes de tiempo, pero me alegro de haberla leído en estos días.
Leer por obligación no me gusta, pero cuando la lectura es sencilla, empatizas con los personajes y ves la historia de otra manera, te das cuenta como esa historia que piensas que será pesada por sus 300 páginas, se vuelven fugaces y te dejan con la boca abierta al terminarla.
Nos muestran un México, una sociedad donde al tener deudas necesitas pagarla por medio de monterías, o al menos a eso le tocó a nuestro protagonista Cándido, una vez que muere su esposa, le debe a Don García, solo por haber tomado los 50 que le dio de anticipación para darle algo de beber a las personas que lo trasladaron hacia el pueblo.
Es triste como era utilizado el indígena en esos tiempos, una persona, bueno ni siquiera lo trataban como una, era una cosa menospreciable, una persona que no podía leer o escribir, que solo por tomar la palabra a otra persona "superior" a él hacía lo que le mandaban. No podía retractarse, porque ese no era su lugar.
Empatizas con los personajes, conoces el dolor, el sufrimiento de cada uno de ellos, debo decir que también puede ser muy cruda en ciertas escenas, pero es una manera de ver como eran los castigos para esas personas que no cumplían sus trabajos, como era realmente.
Esta historia es un recordatorio de como trates a las personas, al final habrá un punto que todo lo que hagas, regresa a ti, pero también que si tú no eres capaz de hacer ese cambio, nadie lo hará por ti.
Espero que puedan darle una oportunidad al libro si lo ven por ahí. Buenas lecturas les deseo. :)
"Nuestro grito de guerra será: ¡Tierra y Libertad!"
En "La rebelión de los colgados" conocemos a Cándido, un hombre indígena de las sierras de Chiapas que vive con su mujer y sus dos hijos, con quiénes lleva una vida dura y austera cultivando de sus tierras eriales y sobreviviendo de ellas. Todo marcha conforme a su destino, hasta que un mal día por distintas eventualidades se ve en la necesidad de entregar su libertad a cambio de unos pesos. Así es como es despojado de su tierra y termina en las Monterías: áreas de trabajo aisladas en las selvas del sur de México, en las que hombres indígenas viven en calidad de peones, siendo explotados, violentados y sufriendo todo tipo de barbaries si no cumplen con talar las cuatro toneladas diarias que se les exigen. De ese modo, Cándido, junto con sus compañeros deciden tomar medidas y levantarse en contra de sus patrones. Armarse de valor y liderar una rebelión que aunque podría costarles lo último que les queda, saben que vale más morir de pie y luchando que vivir años estando de rodillas. Está fue una lectura que disfrute muchísimo. Tengo entendido que el autor no es mexicano, sin embargo su pluma goza de una esencia mexicanísima y que está tan bien plasmada que no se nota que lo escribió un europeo. Otro punto que disfrute mucho es las altas referencias que contiene al contexto histórico en el que se ambienta; este México cansado de los abusos y con una llama revolucionaria que toma cada vez más fuerza, y que es precisamente una víspera de este período conocido como La Revolución. Los personajes cumplen bastante y aunque la novela no se enfoca solo en uno de ellos sino que se siente más como una narración coral de los hechos, logras identificar a cada uno pues todos tienen mucha fuerza. Sentí de todo con este libro: desde coraje y repulsión hasta tensión y tristeza, e incluso satisfacción. Creo que su tema central es algo que de cierta forma sigue reclamando su lugar en el imaginario actual, que aunque esta lucha no es igual y evolucionó, sigue viva y sigue siendo necesario voltear a mirar las marginalidades y abusos de los que fueron víctimas estas comunidades y como aún hoy las raíces de estos perjuicios siguen vigentes. El único pero que le pongo es que en el último tercio del libro decae un poco y se hace algo lenta la lectura, no obstante fue un libro bastante entretenido y que recomiendo ampliamente.
"Si mi vida nada vale y vivo peor que animal, nada pierdo con matar al que me tiene colgado..."
Η γραφή του Τρέηβεν είναι λιτή και απλή αλλά η δύναμη της συγκλονιστική. Η εξέγερση των κρεμασμένων λειτουργεί σαν μανιφέστο για το πως θα πρέπει να είναι μια επανάσταση, στην πράξη, όχι στα λόγια, στην δράση, όχι στα κενά συνθήματα. Ο συγγραφέας μας εφιστά την προσοχή: η ελευθερία δεν είναι μόνιμη κατάσταση, το σύστημα έχει τρόπους και μεθόδους να μας κρατά σε μια νεφελώδη κατάσταση, οπού η ανεξαρτησία και αξιοπρέπεια μας δοκιμάζονται κάθε μέρα. Να ξεκαθαρίσω ότι ο Τρέηβεν δεν έχει γράψει ένα καταγγελτικό βιβλίο, όσα θέλει να πει τα λέει μέσα από την ιστορία του, θέλω να πω ότι σε αντίθεση με άλλους συγγραφείς που χρησιμοποιούν τους ήρωές τους ως όχημα για να περάσουν τα δικά τους μηνύματα, ο Τρέηβεν έχει φτιάξει μια συγκροτημένη ιστορία, η οποία στην ουσία δεν είναι κάποιου είδους μύθευμα αλλά πραγματικότητα, όπου οι χαρακτήρες αποδίδουν πιστά την αλήθεια όσων αντιπροσωπεύουν. Κλείνοντας, κρατάω μια αλήθεια, η οποία αν και μοιάζει αυτονόητη πρέπει να την λέμε και να την ξανά λέμε: καμία επανάσταση και κατ΄επέκταση καμία αλλαγή δεν πρόκειται να συμβεί αν αυτά που αγωνιζόμαστε αφορούν μόνο εμάς και τον κύκλο μας. Σε ό,τι κάνουμε θα πρέπει να σκεφτόμαστε τους περισσότερους γιατί η διάρκεια είναι το μέτρο που καθορίζει τις ενέργειες μας. Όσο μικρός είναι ο κύκλος της αλλαγής, τόσο πιο γρήγορα αυτή η αλλαγή θα σβήσει.
A somewhat derivative, feeling inauthentic Latin America revolt against the cruel company and their managers. The usual degradation of the peons and Indians swindled into servitude, ground down by work and punishment is depicted well but somehow the story lacked sentiment and indeed given the basic adventure/action style little finale.
The true history of the events I don't know but several times I kept thinking that's no plausible e.g. guys on horseback in the jungle, heading off people travelling down the river in a canoe, guys unblocking a log jam whilst on the logs and ultimately..
Perhaps my middling opinion comes from what really, really annoyed me throughout the book, and that was the perpetual reference to "tigers". "Nooo tigers" in the Americas I kept saying to my self.
Also, I know this is being picky but 'Hanged' given this is actually referring to the punishment of suspending the worker to be exposed to ants/heat/mosquitoes etc and not actually killing them, the translator should have used 'Rebellion of the Hung".
A quote: "the first thing the Conquistadores did was to plant a cross on the beach and say mass. It is for that ceremony that the Indians still suffer"
Ogni Rivoluzione ha un suo inizio. Un inizio piccolo, spesso umile. Un sassolino smosso da una brezza leggera - che arriva a dare vita ad una valanga travolgente. Impossibile da fermare. E La rivolta degli appesi, non fa eccezione. . L'abisso dell'inferno, così è soprannominata la monteria Armonia. E a ben donde. In un Messico sulla soglia dell'ondata rivoluzionaria, per gli indios taglialegna e bovari de La Armonia la vita è ben più che infernale. Patrones crudeli e sopra ogni legge, fruste che sibilano impietose, torture al limite di qualsiasi immaginazione: una schiavitù senza scampo, né speranza. . Almeno così pensa Candido, strappato dalla sua terra per un debito assurdo, e trascinato nell'incubo della monteria. Ma lo spirito rivoluzionario che agita l'intero paese è pronto a smuovere anche gli animi dei muchachos schiavizzati. E non ci sarà più catena che tenga. . Sanguigna come la storia che narra, dal sapore di ferro e pioggia, fangosa come la terra su cui lavorano i rivoluzionari, pregna di ribellione e senso di rivalsa, "La rivolta degli appesi" è una lettura terrigna, vendicativa e sì, diciamolo, decisamente emozionante. . È un canto di rivolta, dalle note proibite e urlate a squarciagola . È una storia di rebeldes, di sfruttati e sfruttatori, di dimenticati e di combattenti. Un'epopea eroica e senza eroismi, nata nel fango e nel sangue. . Orrorifica, sottilmente ironica, splatter e sempre in bilico tra il non prendersi mai sul serio e il ribadirsi con forza, la scrittura del fantomatico B. Traven è una delizia per gli occhi e per l'anima, capace di commuovere, incantare, terrorizzare e indignare. E smuovere la parte ribelle di ogni lettore, per quanto nascosta.
Magnífica obra que lleva a las postrimerías del Porfiriato y albores de la Revolución. La historia transcurre en la selva -quizá Chiapas y Tabasco- en plena virginidad de maderas preciosas que terratenientes, en contubernio con autoridades, explotaban con las manos y vidas de los indígenas chamulas. La tremenda crueldad con la que son tratados y la más absoluta desconsideración hacia sus personas logran que estos, azuzados, bien por amor, por venganza y hasta por ideales se rebelen contra sus tiranos y den inicio a una rebelión con el reclamo de "tierra y libertad", en lo que pudo haber sido uno de los focos revolucionarios en aquél México de injusticia social de inicios del siglo XX. El trato a las poblaciones indígenas es bien representado en este novela, lo que nos dibuje quizás una idea de la deuda histórica que México tiene con sus poblaciones más vulnerables y lastimadas.
As the title suggests, this fifth book in Traven's "Jungle" series is the one in which the monteria workers finally rebel. As usual with Traven, there's a lot of vivid detail and some very exciting sequences. However, in this case, there are also more flaws than usual. For instance, the moral view has become a little too black and white - every overseer is a brutal sadist, while every worker is an innocent victim. When talk of revolution begins, the dialogue becomes unconvincing and, after the much-anticipated rebellion has finally occurred, much of the tension disappears from the narrative. Let's see if Traven can finish the series with 'General from the Jungle' as well as he started it with 'Government'.
No hace falta voltear a ver los hechos crueles que sucedieron en otros países como la segunda guerra mundial o incluso el holocausto para entender que en nuestro propio país ocurrían cosas similares o peores, ya que la muerte parece mucho mejor que la tortura que vivieron estos hombres en las monterías de Chiapas
Realmente un libro muy conmovedor y mi total admiración para este autor que siendo extranjero, se atrevió a escribir sobre el trato a los indígenas tzotziles en la época de la Revolución, escritor que tuvo la capacidad de penetrar en la piel mexicana para describir todos estos hechos inhumanos
Me hubiese gustado saber si al final lograron enfrentarse a los federales Definitivamente leería algo más de Bruno Traven
"-Los revolucionarios que necesitan les expliquen los motivos por los que han de rebelarse son todo menos revolucionarios. La verdadera revolución, la que es capaz de cambiar los sistemas, se encuentra en el corazón de los verdaderos revolucionarios. El revolucionario sincero nunca piensa en el beneficio personal que la rebelión le reportará. Él sólo quiere derribar el sistema social bajo el que sufre y ve sufrir a los demás. Y por destruirlo y ver realizadas las ideas que considera justas se sacrifica y muere."
La historia en el desarrollo es increíble, te deja con ganas de leer más y en serio te metes en el trasfondo de la rebelión que esta a punto de suceder. Lamentablemente la historia antes de que tomen armas es más entretenida que cuando se revelan. Los últimos capítulos son algo decepcionantes y lentos, incluso tediosos de leer. Lo cual me sorprendió teniendo en cuenta que páginas antes, estaba más que pegada a cada palabra que leía. No esperen un final cerrado o victorioso, pues nunca se llega a concluir nada en este libro.
Ha sido una lectura rápida y que desde las primeras páginas resulta imprescindible seguir leyendo. Traven narra de una forma cruda (supongo que no hay otra manera) muchas de las torturas a las que fueron sometidos pueblos indígenas y cómo es que se llegó a la gota que colmó el vaso. Narra una de las rebeliones iniciadas contra el dictador de Porfirio Díaz, llevada a cabo por hombres que, ya desprendidos de toda humanidad, ya sin nada que perder, luchan por su libertad, auténticos revolucionarios luchando por un bienestar mayor. Sin duda alguna una excelente lectura.
Amazing book! I couldn't put it down once I'd started. A fictional and brutal story of class-conflict expressed through clashes of race in colonial Mexico between the Spanish (ruling/governing), Mestizo (artisans) and the indigenous populations (proletariats/slaves). Taking place during the end of Spanish control of the Americas this story acts as a prologue to the Mexican Revolution. Would recommend and read again!
Interesting book, as it has been left around by my father. Too bad there isn‚t written with strong characters, for us to get more sense of troubles my this muchachos. There is funny thing about translation, because there is mentioning of tigers in the jungle of America. The translator obviously didn‚t know of that fact as this copy is from time very close to ending of WWII in socialistic Yugoslavia and it was important to show other freedom fighters.