Jacques Verdier, il protagonista di questo romanzo, è un antieroe del male. Dopo un secolo di figure luciferine, che cercavano testardamente il male, Vallotton ha creato un personaggio che è accompagnato dal male come da un’ombra, o un aroma, ma certamente non lo vuole. Anzi, Verdier in generale vuole poco. È un giovane di provincia calato a Parigi, che si scopre quasi per caso una vocazione di storico dell’arte. La sua esistenza si svolge su scenari prevedibili della metropoli, fra bordelli, salotti, caffè e redazioni. Ma Verdier sa di celare un grave segreto: il male è suo ospite perenne, e dalle sue mani si trasmette alle più varie creature che gli vengono incontro. Un’ironia sinistra avvolge tutte le sue vicende, avvicinando amore e assassinio sino a farli diventare dei «quasi sinonimi». Si direbbe che in Verdier il volto assassino della natura si sia scelto un rappresentante, e si compiaccia beffardamente del suo aspetto poco vistoso e innocuo. Ma è davvero innocente Verdier? Quanto più lo proclama, tanto più insospettisce. E esiste davvero Verdier? Vista dall’esterno, la sua storia è quella di un giovane e promettente studioso d’arte. Vista dall’interno, è una vita che obbedisce a un «codice di carneficina e di sangue», mentre un «cappio di fatalità» lentamente la strozza. Ma, e questo è il paradosso del romanzo, che Vallotton fa giocare magistralmente, la vita nefasta di Verdier non è percepibile da nessuno salvo da Verdier stesso e dal lettore che ascolta le sue confessioni. E questo crea un divario fra esterno e interno che conferisce al racconto una vibrazione di cupa ilarità. Come nella sua opera di pittore, Vallotton mostra in questo romanzo di essere attratto dall’oltraggioso e dall’urtante. E applica d’istinto quella esautorazione del soggetto che rivendicavano i cavalieri della décadence, da Nietzsche a Rémy de Gourmont. Così si precisa davanti ai nostri occhi, con lo stesso tratto che ci era noto dai disegni di Vallotton, il profilo di una storia sottilmente ossessiva: la cronaca di un «insabbiamento in un orrore molle». La vita assassina, scritto nel 1907-1908, fu pubblicato, postumo, nel 1930.
Swiss painter of portraits, nudes, interiors and landscapes, wood-engraver, lithographer, sculptor and writer. Born in Lausanne. Went to Paris in 1882 and studied at the Académie Julian under J. Lefebvre. Repaired and copied Old Master paintings; admired Holbein, Poussin and Ingres. Concentrated mainly on wood-engraving 1891-7, primarily portraits and scenes from everyday life treated with sardonic humour. Made illustrations for the Revue Blanche, Cris de Paris, etc. and for various books, including Jules Renard's La Maitresse 1896 and Remy de Gourmont's Le Livre des Masques 1896. Friendship with Vuillard, Bonnard, Roussel and exhibited several times with the Nabi group. Married Gabrielle Rodrigues-Henriques of the Bernheim family of art dealers in 1899, and took French nationality in 1900. First one-man exhibition with Vuillard at the Galerie Bernheim-Jeune, Paris, 1903. Worked much at Honfleur and from 1920 in the South of France, especially at Cagnes. Died in Paris. His novel La Vie meurtrière was published posthumously.
Può un essere umano avere un destino già segnato, portatore involontario di sventure e morte? Nel caso di Jacques Verdier questo è possibile. E la sofferenza che ne deriva dalla presa di coscienza della sua condizione è il filo del romanzo. Una sofferenza che matura nel tempo. E che può portare ad una unica e sola conclusione. Vallotton è un pittore, racconta attraverso Verdier di una Parigi luminosa e bagnata, dei suoi giardini luminescenti, delle giornate di sole radiose e trasferisce sul protagonista l’amore per l’arte e le belle arti in genere. La prova di scrittura è ben riuscita, la solitudine della vita di Verdier diventa schiacciante per il lettore e prende respiro nei pochi momenti di felicità dello stesso. La tensione si accumula con l’assottigliarsi delle pagine. La fine forse un po’ frettolosa. Serviva più pathos per completarne il quadro.
‘Een ongewoon, beklemmend boek’, zo staat het beschreven op de achterflap. Ik ben het daar zeker mee eens. Ik kwam het boek tegen in een kringloopwinkel en nam het gedachteloos mee, ervan uitgaande met een biografie over de schilder Félix Vallotton van doen te hebben. Maar het bleek een roman te zijn! Het is een zeer apart verhaal, met allerlei elementen uit het naturalisme en romantiek. Zeker de moeite waard, al was Vallotton niet de grootste stylist.
Je connaissais la peinture et la gravure de Félix Vallotton mais pas du tout ses écrits. Je pense maintenant que c'est un génie. J'ai adoré sa plume incisive et cynique. Ce roman loufoque et plein d'humour noir, emporte dès le début. Une plongée géniale dans le 19ème siècle! Le personnage principal est attachant, les intrigues amoureuses passionnantes. Texte accompagné de gravures de l'artiste.