Treno di panna , il fortunato romanzo d'esordio di Andrea De Carlo, è la storia di una giovinezza fuori dal quella di Giovanni, un ragazzo italiano che sbarca a Los Angeles in cerca di fortuna. Solo, senza soldi, ma dotato di una sorprendente sensibilità, Giovanni si adatta ai mestieri più ragazzo sandwich, cameriere, insegnante d'italiano. Intanto osserva, osserva e coltiva i suoi sogni. E proprio nella scuola dove da poco lavora, l'icona dell'America tanto agognata si rivela ai suoi occhi nei panni di Marsha Mellows, famosa e bellisima attrice, che comincia a prendere lezioni da lui. Così, dopo aver soggiornato nei più improbabili alberghi ai lati di immense freeway inghirlandate di lampioni e insegne al neon, a Giovanni si sciudono d'improvviso le porte delle grandi ville hollywoodiane. Ed è in una sola sera, alla festa mondana a cui Marsha lo trascina, che si giocherà tutto il suo destino. Davanti alla distesa di luci di Los Angeles, che sembrano, per una volta, brillare in lontananza solo per lui...
(vedi la recensione a "Uccelli da gabbia e da voliera") Idea di fondo non originale (e per di più identica ad altre produzioni dell'autore), protagonista allucinato che si lascia trasportare dal corso degli eventi; da leggere come un viaggio, ammirando l'atmosfera stralunata ma senza particolari aspettative quanto a trama e personaggi.
Come fa un autore a far odiare il proprio protagonista? Forse l’intento di De Carlo era davvero questo (e ci è riuscito), sperando di risultare innovativo o non so cosa. Mi viene difficile giudicare in altro modo il libro, non capisco cosa mi abbia lasciato.
La penna che si fa occhio osservatore estremo. Una narrazione il cui protagonista e' assenza che si riempie dei detriti dell'osservato. Nulla accade, nulla cambia, nulla finisce perche' nulla inizia. Una realta' accecata, inerte, dissezionata da tutte le possibili angolature. Non e' incanto, non e' fascinazione, e' piuttosto registrazione priva di qualsiasi emotivita'. Le relazioni interpersonali non portano a vero conoscimento, scaturiscono e terminano con l'osservazione dell'esteriorita' che nulla tradisce di cio' che sta dentro, forse perche' il dentro non esiste. Superfici luccicanti al neon, losangeline, hollywoodiane, passate e ripassate su schermi che appiattiscono il tutto in una poltiglia di effimere percezioni subito perdute e obliate. E' la descrizione del nulla contemporaneo che non porta neanche alla morte, tanto e' asettico ed eterno, riptezione di banalita' ad nauseam che stordisce e travolge qualsiasi senso di se'. Perche' quello che non e' vivo non puo' neanche morire. Romanzo estremo, nichilista, precursore degli scrittori del Brat Pack.
Ho cominciato a leggere De Carlo dopo l'entusiasmo di Due Di Due. So di avere letto Treno di Panna qualche anno fa perchè ho ancora la copia ma non me lo ricordo affatto. Non mi ha lasciato nulla.
Su Andrea De Carlo, uno di quegli autori che o ami o non ami, viene operata una critica su tutte: di prendere gli stessi argomenti, gli intrecci simili, i medesimi fili di pensiero, e riciclarli in una sorta di copia-incolla infinito e profiquo. Onestamente, in effetti in alcuni dei suoi libri si nota una sorta di ripetizione, ma personalmente proprio quell'argomento l'ho sempre trovato talmente affascinante che aveva sempre qualcosa di nuovo da dirmi e da rivelarmi. Eppure, in Treno di Panna, è evidente o che De Carlo ha finito di dirmi quello che aveva da comunicarmi, o che ancora non era riuscito a calarsi profondamente in quello che voleva esprimere (o, semplicemente, ancora non aveva trovato il codice del successo). Questo libro non mi ha lasciato nulla. Assolutamente vuoto, almeno quanto la personalità di Giovanni, che sa che vuole sfondare ma non sa in che campo, e si aggira per Los Angeles tra amici che non sopporta, una relazione che non lo sfiora e lavori che non sopporta, in uno stato di apatia totale che lo rendono abbastanza noioso. Almeno lo stile di De Carlo era già quello suo definitivo, con le descrizioni intense di minuzie che nella vita reale raramente si notano realmente, eppure che improvvisamente sembrano ricoperte di un'intensità profonda e sfuggevole. Tutti gli sguardi, i movimenti, i toni, tutte le cose che fanno delle persone quello che sono veramente e che spesso vengono, sia nei libri che nella realtà, percepiti con estrema superficialità, senza che ci fermiamo a riflettere sul meccanismo di quella che è la gran parte della personalità delle persone, in De Carlo si acquistano di intensità, vigore e importanza, fino al punto che un libro intero sembra ruotare esclusivamente intorno a questi gesti, facendo meraitare ad un libro che altrimenti sarebbe passato totalmente inosservato almeno una stelletta in più.
Triste, apatico, a tratti fastidioso, scritto in prima persona ma è come se il protagonista non esistesse se non per dare giudizi su ciò che lo circonda. L'intento si chiarisce con la metafora finale ma comunque non posso dire sia stata una lettura piacevole.. Proverò a leggere altro di De Carlo.
Mehr gestolpert und gefunden als gesucht, ist mir dieser Erstling über Jahrzehnte in Erinnerung geblieben. Ein Buch von Andrea de Carlo braucht auch Zeit bis es wirkt, ist nichts für Schnellleser, eher Bardolino als Bourbon. Das Erzältempo fast schon so phlegmatisch wie seine Protagonisten, nicht einmal Getriebene, sondern Menschen, die kein richtiges Leben im falschen finden können, weil sie auch nicht suchen, die nebeneinander leben,in Paralellwelten, deren Desinteresse einander langsam zersetzt. Kettensätze, wie ein langer, heißer Nachmittag am Pool, übersichtlich aber auch ohne Überraschung. Irgendwie ist das Buch zu Ende und man weiß nicht wie, aber es stört auch nicht so wirklich, weil der Phlegmatismus auf den Leser überschwappt, also vielleicht der Tedesco unter den Italienern
De Carlo's ability in keeping the pace high is stunning. Giovanni never stops, never hesitates (maybe just for some moments) and never thinks to be inadequate for the situation, even when he thinks he is. To the point that meeting a famous actress became in the end the same of meeting Jill. Finding the American Dream is just a lie for the sake of narration: Giovanni never pays too much attention to the future. The truth is that Giovanni wants to feel alive, and LA is full of life. In the end he feels complete: he stands half-drunk on the top of Hollywood hill, thinking not to the famous people around him, but to himself being above all the city lights.
viele wörter, wenig plot. ich habe das gefühl es ist gar nichts passiert? wirklich wie ein creamtrain der sich durch eine triste gegend zieht. die figuren waren 2 dimenasionaler als das letzte haus vom nikolaus das ich gemalt habe.
Libro d'esordio di De Carlo. Meno male che non ho letto questo per primo, altrimenti avrei lasciato perdere non acquistando gli altri, che sono invece piacevoli.
Wenn auf ein Buch das Wort "cool" passt, dann auf dieses. Ein Debüt, kaum zu glauben. Perfekt. 1981 erschienen, und ich würde gern wissen, ob Ben Lerner es kannte, als er "Atocha Station" schrieb.
Ein Italiener versucht sich in Los Angeles. Erst als Kellner, dann als Sprachlehrer. Er trifft eine berühmte Schauspielerin. Offener Schluss. Nicht schlecht
Mi rendo conto di avere letto Treno di panna con grande ritardo. Era stato suggerito da Romolo Bugaro, ospite al corso di scrittura creativa che ho frequentato quattro anni fa. Avevamo affrontato il tema della verità di chi scrive. Raccontare ciò che si conosce di certo rende tutto più semplice. Ma non è la presenza del vissuto che di per sé rende credibile la narrazione. Ho constatato che gli scrittori al primo approccio, a cui ancora manca una visione chiara dei propri obiettivi, tendono a confondere con il racconto quello che può assomigliare piuttosto a un rendiconto del proprio vissuto. Stavo cercando proprio i miei appunti al riguardo, quando è riapparsa all’improvviso la nota sul romanzo di Andrea De Carlo. Perciò l’ho letto. Ebbene, quattro anni fa la sua scrittura d’esordio mi sarebbe sembrata proprio un rendiconto, un flusso di coscienza che sembra non portare da nessuna parte. Sono sincera, non avrei avuto neanche un grande interesse a scoprire la fine della storia di un milanese in cerca di fortuna a Los Angeles, almeno non la fine formale, perché una vera conclusione non c’è, così come non c’è un vero inizio. Tra l’altro somiglia troppo alla vita di De Carlo con l’amore-odio per Milano, la fotografia, i viaggi in giro per il mondo, perfino la permanenza a Los Angeles, dove insegna italiano e fa altri lavori per sostentarsi. Mi sembra un segmento di vita asportato dal suo supporto fluido e continuo, il tempo, e riposizionato sulle pagine di un libro. Si può interrompere la lettura e riprenderla in qualunque momento, non fa differenza. Giovanni Maimeri è un personaggio la cui indolenza indispone, si muove solo quando è attirato come una gazza dal luccichio della Hollywood anni ’80. È difficile intravedere un cambiamento interiore in lui, un’evoluzione. Nell’ultima pagina lui è la stessa persona dell’incipit, solo la realtà circostante è cambiata, diverse volte tra l’altro, nel corso della narrazione. Nel romanzo a Giovanni Maimeri non succede niente di davvero rilevante, neanche a livello emotivo, ma è dal suo modo di percepire la realtà circostante, frammentata in mille dettagli, che possiamo ricostruire aspettative e sogni appartenuti all’autore.
Purtroppo la lotta per il successo di Giovanni mi ha proprio un po' annoiata. Italo Calvino è riuscito a farmi ricredere sulla potenza fotografica delle descrizioni di Andrea De Carlo (ripenso a quando Giovanni cammina sulla freeway tornando dal ristorante in cui lavora, magistrale). Purtroppo però Giovanni è un giovane egoista che finisce a fare la brutta vita per cui lotta, senza creare veri rapporti, senza gentilezza, senza nessun tipo di spessore umano... In generale noioso. Peccato, perché ho letto il libro con aspettative piuttosto alte, Due di due dell'omonimo autore è un libro che porto nel cuore.❤️
Ho letto questo libro per l’università. È interessante, perché abbiamo visto un punto di visto neutrale dal protagonista nel suo nuovo mondo negli Stati Uniti. Ma, c’è un aspetto di pessimismo che non posso tollerare a volte.
Ein Buch in dem eigentlich nicht all zu viel passiert, trotzdem schafft es de Carlo durch seinen sehr eigenen, analytischen Schreibstil den Leser an die Geschichte zu fesseln.
A hilarious debut novel. The anti-hero stumbles through the wonderful world of La-La Land and finds no cliche wanting. Apart from the somewhat random end, great entertainment.