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POWER & CIVILITY THE CIVILIZING PROCESS II

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This is Volume 2 of Elias's The Civilizing Process. In it, Elias widens his scope to examine the social, economic, and political changes in European society from the time of Charlemagne to the twentieth century and constructs a highly original theory of the formation of the state and the growth of power. His explanation of the social process by which the private power monopoly of kings turned into the public power monopoly of the modern nation-state concludes with a stunning synopsis proposing the beginnings of a theory of the process of civilization.

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About the author

Norbert Elias

144 books185 followers
Norbert Elias was a German-Jewish sociologist who later became a British citizen, though he is often referred to as a Dutch thinker, and made his home in Amsterdam in his latter years.

Elias's theory focused on the relationship between power, behavior, emotion, and knowledge over time. He significantly shaped what is called process or figurational sociology. Due to historical circumstances, Elias had long remained a marginal author, until being rediscovered by a new generation of scholars in the 1970s, when he eventually became one of the most influential sociologists in the history of the field.

(Some text from Wikipedia licenced under the Creative Commons Attribution-ShareAlike License)

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Displaying 1 - 6 of 6 reviews
Profile Image for Yupa.
763 reviews128 followers
June 1, 2024
La Storia, come va raccontata (con un auspicio per il futuro)

Non ancora ho capito se la divisione in due volumi di Il processo di civilizzazione di Norbert Elias sia opera dell'editore italiano o già dell'edizione originale.
Comunque sia, qui, in questo Potere e civiltà, l'autore va ben più a fondo dello scenario tracciato nel precedente La civiltà delle buone maniere e passa dal mostrare cosa è succeso a chiedersi perché è successo, proponendo una sua ipotesi per spiegare la diffusione nelle società europee di una sempre maggior esigenza di controllo e soprattutto autocontrollo degli affetti e delle pulsioni negli individui, diffusione che principia col tramonto del Medioevo e l'ingresso nell'età moderna e arriva sino all'altro ieri.
Rispetto al primo volume la lettura si fa in salita, i capitoli prettamente teorici e quindi astratti sono numerosi, ma la lettura vale la pena. L'autore, poi, divaga molto illustrando il meccanismo di passaggio dal feudalesimo, col suo potere politico disperso e un'economia in cui la moneta ha scarso ruolo, all'assolutismo monarchico, con la sua tendenza a una crescente centralizzazione esito dell'avvento di un'economia monetaria e una fiscalità statale sempre più strutturata.
La ricostruzione è dettagliata ma chiarissima e riesce a rendere limpido il movimento della storia, quello che di solito non riesce invece a fare la tipica istruzione sterile e ottusa della scuola dell'obbligo: se quest'ultima si limita a giustapporre un evento dietro l'altro da studiare a memoria (è successo questo, poi questo, poi questo...), qui invece l'autore porta alla luce i nessi e le cause profonde degli eventi stessi, del loro sviluppo.
La sua ipotesi è che a creare l'esigenza dell'autocontrollo e della sottomissione delle pulsioni sia stata innanzi tutto la soppressione della possibilità dei signori locali di esercitare a loro arbitrio la violenza, che diventa monopolio della monarchia centrale, la formazione di una società fatta di lunghe catene integrate di persone che interagiscono tra loro con ruoli differenziati e interdipendenti tra loro. Si passa dal feudalismo, fatto da cavalieri e contadini semi-isolati, all'assolutismo, costituito da un potere centrale sempre più forte che va a controllare ampî territori e dall'ascesa dinamica dell'economia di mercato di cui è protagonista la borghesia, il cui habitus mentale è quello dell'efficienza e della prospettiva sul lungo periodo. È negli strati superiori, cioè nella nobiltà di corte riunita intorno al re, che vengono inventate le "buone maniere" e l'idea di "comportamento civile", cose che vanno poi a estendersi in tutta la società in un movimento dall'alto verso il basso e, infine, nei tempi più recenti, fuori dall'Europa, nei confronti dei popoli "selvaggi" e da "civilizzare".
Importa fino a un certo punto se l'ipotesi specifica dell'autore sia corretta o meno. Conta invece la correttezza del metodo, che individua prima la formazione delle strutture economiche e materiali (chi produce cosa e come) da cui vengono fatte discendere le strutture sociali (chi detiene il potere e quanto) e da cui a sua volta discende infine la mentalità degli individui (come si pensa e ci si comporta). Ed è poi la mentalità a giustificare le strutture di potere e quelle economiche. E quest'ultima cosa in maniera in larga parte inconsapevole, cosa su cui l'autore giustamente batte e ribatte: nonostante non si viva più nell'800, secolo che ha visto il culmine di questo processo, esigiamo ancora che gli altri siano educati e deprechiamo la maleducazione, anche se, interrogati, forse non sapremo spiegare questa esigenza, visto che il processo secolare è stato obliato e i suoi risultati vissuti come "naturali".
Negli ultimi paragrafi del capitolo conclusivo l'autore tira le fila e distingue tra, da una parte, regole del comportamento sociale necessarie a una convivenza pacifica tra individui (regole definibili come razionali) e, dall'altra, quelle regole frutto del processo di civilizzazione che eseguiamo e vogliamo che gli altri eseguano, ma di cui, come detto sopra, forse non sapremmo dare ragione (regole definibili come irrazionali). L'auspicio dell'autore è che, un giorno, l'umanità sappia liberarsi delle seconde, o almeno metterle in discussione, ma conservando le prime. Auspicio che condivido, osservando che spesso sono proprio gli individui mentalmente prigionieri del secondo tipo di regole quelli pronti, pur di imporle, a violare le prime: e da qui vengono le uccisioni o anche solo le persecuzioni contro chi non si veste nella maniera corretta, non mangia i cibi giusti, insulta determinati libri o idee astratte o prova desiderio per le categorie di persone sbagliate.
Profile Image for Kris.
177 reviews32 followers
January 7, 2018
"[S]chémata chování naší společnosti, která jsou jedinci odmalička vštěpována jako druhá přirozenost a udržována v něm při životě mocnou, zpočátku vždy striktně organizovanou společenskou kontrolou, je třeba chápat nejen v jejich lidských a mimohistorických významech, nýbrž jako cosi historicky vzniknuvšího, tedy z celkové souvislosti západní historie, ze specifických forem vztahů, které se vytvářejí v jejím průběhu, a z tlaků provázanosti, které se přetvářejí a rozvíjejí."


V druhém díle Elias zasazuje proces civilizace do politického a hospodářského kontextu. Jeho argumentem je, že civilizace, jakožto zjemňování chování, je úzce spojena se zvyšováním provázanosti a vzájemné závislosti jednotlivých skupin ve společnosti a jejích vrstev, které se objevuje při rozpadání feudálního systému a sílí při vytváření daňového a mocenského monopolu. V poslední pod kapitole výklad vztahuje k moderním dějinám a 20. století.

Vzhledem k tomu, že se mi zdá, že společnost zrovna prochází proměnou vztahů a vnímání toho, co je a co není normální, a zároveň s různými novými nebo obnovenými tendencemi v demokracii, považuji Eliasův výklad za nejen zajímavý a hodnotný, ale také stále současný.

Četla jsem i první díl, který se sice týká spíš individuálního a jazykového vlivu a projevu procesu civilizace, ale i tak se ke konci už začal text opakovat. Druhý díl oproti prvnímu také obsahuje podstatně více dat a událostí z historie, podstatně méně ukázek dobových textů.

Pro rychlý náhled do celého výkladu podle mě stačí kapitola SHRNUTÍ: NÁSTIN TEORIE CIVILIZACE.
Profile Image for Funda Guzer.
251 reviews
August 29, 2024
Kitabı çok zor okudum. Bütünleştirmede , fikirler de sonuca ulaşmada zor bir kitap olduğunu düşünüyorum. Ama yazarı çok sevdiğim ve düşüncelerine önem verdiğim için sonuna kadar direndim.
Profile Image for Marcos Vieira.
73 reviews
August 30, 2022
O Processo Civilizador • Volume 2: Formação do Estado e Civilização.

Acredito no potencial dos clássicos, e fico feliz pela experiência de leitura nos dois volumes de “Processo Civilizador”, publicados pela Editora Zahar. Posso assegurar aos admiradores de humanas, é muito satisfatório ler os trabalhos de Norbert Elias. Nesta postagem, sigo tratando do “material” que teve sua publicação original em 1939, uma verdadeira obra prima, digna em ocupar “lugar” ao lado de tantos outros trabalhos realizados pelos “imortais” da sociologia.

No segundo livro de “O Processo Civilizador – Formação do Estado e Civilização”; obtive uma experiência literária densa, foi necessário recorrer ao material de apoio. Não é o tipo de obra sociológica que exige uma breve leitura, o livro contém bastante notas de rodapé, possivelmente farei uma releitura.

O autor organizou uma pesquisa “milimetricamente” nas questões socioeconômicas e seus desencadeamentos nos aspectos socioculturais; deixando evidente no “recorte histórico” uma mudança comportamental mediante poderes territoriais, influências, disputas nas sucessões dos controles em diversas casas de guerreiros localizados na região franca do ocidente e desintegração dos vínculos feudais.

Deixando também evidente distinções nas representações do feudalismo senhorial pós-carolíngio e o principesco, realizou importantes apontamentos na transição histórica, na busca incessante do poder entre “diversas casas”, onde teriam como objetivo o monopólio do vencedor. Mesmo através das fortes influências dos descendentes dos Capeto, não ocorreu uma concentração definitiva nas regiões “monopolizadas”, sendo determinando apenas como um “próximo passo” (ainda existindo, mesmo de forma reduzida, articulações conspiratórias, consequências de competições) ao caminho de uma monarquia absoluta.

Em todo momento, Norbert Elias utiliza uma linha de pesquisa comparativa entre Alemanha, Inglaterra e França. O leitor perceberá que mesmo no “pós-transição” feudal, o autor menciona magistralmente, ainda em sua composição sociológica os efeitos nas correlações de poderes nas mãos dos burgueses e absorção cultura herdados da sociedade de corte. Recorrendo aos recursos na autonomia da violência e transformação social na formação do Estado-Nação.

Fechando minhas conclusões sobre o livro, vejo que tenho vontade em realizar uma releitura e aprofundamento em outras fontes fontes que trabalham sobre o tema. Não posso dizer que o livro contém um entendimento inalcançável, isso fica de acordo com cada leitor e sua “bagagem de conhecimento”. Tenho vontade de fazer ainda aquisições de três outras obras de Norbert Elias; A Sociedade de Corte, A Sociedade dos Indivíduos e Os Alemães.
43 reviews2 followers
June 2, 2019
Elias shows us the journey to a state in the second book. I should say I really like his all-including approach. He sees the psychological side of changes in everyday life and the sociological change in relationships and the macro changes like the migration period in Europe, the rise of Islam etc.
I can't do it justice in 2 words, but what it comes to is the monopoly of violence and means 0f taxation in the hands of a growing central power. French state is the main subject but the process seems to not vary too much accross Western Europe. The sustainability of a state depends on the superego of its citizens and the sustainability of a strong superego depends on a power that provides physical security before anything. Manners, relations, specializations and dependencies... A really good book to cite back upon.
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