I've been book crazy my entire life. When my mom would tell me to go to bed, I'd hide in the bathroom just so I could read a few more pages. In the afternoons, I'd play with my dog, Misty, in the backyard and tell her elaborate stories of princesses and Indians, dressing the dog up to play the part.
I grew up in Anaheim, California, home of Disneyland. When I was 12, I started my first novel, about a boy growing up with a race horse. I only managed to get about ten pages into it, but the seed of ambition was planted. I wrote short stories throughout junior high and high school, and entered college as a creative writing major. Unfortunately, the pressure of writing literary short stories weekly for a college course was far different than writing one story a semester in high school and that was the end of that.
Shortly after, now as a geology major, I read about category romance in a Sunday supplement and decided to give it a try. My first effort brought together an aviatrix and a cowboy and had a great scene in which the heroine airlifted a sick ranch owner in the midst of a thunderstorm. Unfortunately, it didn't have much else. A few years later, now as an engineering major, I decided to try again with a book about a lady architectural engineer and the gorgeous owner of a shipping company. This time, I had a cute meet and a great kiss scene, but still no real plot or conflict. I tossed it after three chapters.
The next year, this time as a physics major, I came up with a plot about a firefighter and an engineer. Things were looking good when I thought about plot points and conflict and actually developed a solid story line. A couple of chapters later, though, I moved away to attend grad school in Orlando, Florida, home of Disney World (are we seeing a pattern here?). The manuscript moldered in my closet.
After graduation, I worked in Connecticut on the mirrors for a NASA x-ray telescope now orbiting the Earth. Writing kept calling to me, though. I quit engineering and moved to New Hampshire to join the editorial staff of an engineering trade magazine. There, I met and fell in love with my husband, Stephen. Suddenly all those romance novels made a heck of a lot more sense.
Thus, plot possibilities followed me when I left the editing spot to join a business-to-business dot com (where we were paper millionaires for a heady 30 seconds). Around that time, a publisher tried to recruit me to launch a print magazine for an engineering society. Driven by the conviction that it was time to finally finish one of those danged books, I took the job and negotiated a four-day work week that would allow time to write.
This ambition coincided with the announcement of the Blaze line. Inspired by a presentation at a writers' conference, I plotted out a Blaze novel on the plane home and wrote the draft of Chapter One that night. Ten months later, I typed the words THE END and did victory laps around the living room. My Sexiest Mistake sold to Harlequin's Blaze line in September 2001 for publication in June 2002. My upcoming three book series will be released by Blaze in 2003.
I currently live in New Hampshire with Stephen (he's also a magazine editor), who is my critique partner, copy editor, web master, and master of my heart.
Third book in a week I've picked up with adversarial protagonists. The strained dialogue did this book in, which is a shame because I usually enjoy Kristin Hardy's books.
Main issues: heroine assumes she knows everything about the hero because he has a rep, and even as she gets to know him, continues to assume the worst. Hero is too proud to set her straight, and even though he doesn't want to be known as a player, he keeps making heavy-handed moves towards her instead of, oh I don't know, getting to know her? Courting her?
Questo secondo libro della serie mi ha dato molte più soddisfazioni dal punto di vista della trama, che intreccia il romanzo rosa allo sport. Tutta la serie, seppure scritta da autrici diverse, è incentrata sul gioco del baseball, ma qui l’autrice dimostra di conoscere il gioco e rimanda spesso, nei dialoghi tra i personaggi, a terminologie specifiche di questo sport rese comprensibili al pubblico grazie all’uso di semplici parole che le accompagnano. Si ha davvero l’impressione di vivere la vita degli atleti, poco più che diciottenni, negli spogliatoi, in campo, durante i loro allenamenti, sottoposti alla pressione di essere osservati dagli scout che devono rilevarne il potenziale per eventuali, futuri ingaggi nella Major League. Si assiste, mediante la lettura, ai loro confronti sulle caratteristiche dei giocatori della Major League, attuali o passati, analizzandone peculiarità e doti e innalzandoli a idoli da emulare. Da questi professionisti traggono ispirazione e la forza per affrontare ogni giorno i duri allenamenti necessari a migliorare e raggiungere la tanto sospirata prima squadra.
In mezzo a tutto questo tripudio di testosterone e ormoni ballerini, c’è lei, la nostra protagonista femminile, Becka Landon, fisioterapista della squadra. Rossa, bellissima, con gli occhi da gatta che si destreggia tra tutti quei ragazzi con la grazia e l’autorevolezza data da anni ed anni trascorsi accanto al padre, anch’esso allenatore ma di basket. Becka ha stabilito da subito una linea di azione, molto precisa, in cui alterna consigli materni ad imposizioni da vero comandante, particolare che le ha fatto guadagnare il nomignolo di Attila, quando è assente, contro un molto più delicato Florence Nightingale nei momenti in cui i giocatori e l’allenatore le si rivolgono direttamente. È una donna adulta, indipendente e una professionista. Vuole il meglio per “i suoi ragazzi” ma non si lascia coinvolgere in nulla che vada oltre l’aspetto legato alle sue specifiche mansioni nella squadra.
Tutto prosegue senza intoppi sino a quando, in quella piccola provincia del Massachusetts non arriva Mace Duvall, ex giocatore di prima categoria, per ben tre volte di seguito vincitore dell’ambito premio guanto d’oro e quindi idolo indiscusso degli appassionati così come dei ragazzi della squadra. Affascinante e noto rubacuori è giunto lì a causa di una scommessa persa e per nulla intenzionato a restare.
Tra Becka e Mace scatta subito la scintilla della passione, un’attrazione reciproca che inizialmente, i due personaggi non riescono a gestire e combattono strenuamente attraverso l’ironia. Mace, approccia Becka anche attraverso avance esplicite che però non risultano credibili e ottengono esattamente l’effetto opposto su questa rossa tutto pepe. Decisa a rendergli pan per focaccia, Becka gli tende un tranello. Una sera mentre sono in hotel con tutta la squadra che è in trasferta per una partita, Becka decide di fingere di cedere, di lasciarsi sedurre: ha in mente un piano diabolico nella sua semplicità ma, complice un cestello di ghiaccio e uno zapping in tv molto audace… entrambi i nostri protagonisti si ritrovano avvolti dalla passione e incapaci di resistere l’uno all’altra.
Becka però è tosta e non si fida di Mace soprattutto a fronte dei numerosi pettegolezzi e scandali sui tabloid legati al periodo in cui lui era un giocatore famoso. Lo giudica attraverso queste informazioni e nega ad entrambi l’opportunità di conoscersi. Decisa a non accontentarsi di nulla di meno del meglio per lei, si concede il gusto di prendersi una bella rivincita sul rubacuori con cui ha trascorso una notte di passione travolgente.
Mace Duvall dal canto suo, non è certo il tipo che si da per vinto, è abituato a non demordere e comunque ritiene che per Becka valga la pena lottare. Non ha ancora deciso come affrontare le emozioni che lei gli suscita ma istintivamente sa di provare per lei un sentimento confuso a cui rifiuta di dare un nome, un’attrazione che lo porta a gridare, nella sua mente, una sola parola quando si tratta di lei: MIA.
«Non esiste un noi due.» Lui la guardò. Becka si rifiutò di abbassare gli occhi, tuttavia si rese conto di essere avvampata in viso.
«Allora che cos’è che ti secca veramente? Che sia riuscito a convincerti a venire a letto con me o che sia riuscito a fartelo piacere?»
«Non mi hai convinto tu, Duvall, l’ho fatto perché mi andava di farlo»
Mi è piaciuto molto, da appassionata di baseball, ritrovare in questo libro un connubio così ben calibrato tra due passioni che sono il fulcro della narrazione, lo sport e il legame che nasce tra Becka e Mace.
Scopriremo leggendo, che Mace non è certo l’uomo descritto nei tabloid, anzi. La sua vita non è stata semplice ed ha dovuto compiere delle scelte, più o meno condivisibili, ma necessarie per il benessere della sua famiglia; un terribile incidente in cui si è salvato per un soffio, gli ha infine tolto l’unica cosa per cui valesse la pena lottare ed alzarsi ogni giorno: il baseball, il suo sport, la sua vita, lasciandogli una voragine da riempire e tanta confusione in testa.
In questo libro la Hardy, con una scrittura fluida e l’uso di terminologie tecniche ma comprensibili a tutti, è riuscita a creare un mondo immenso. Amore, sport, passione, scelte difficili e la graduale presa di coscienza da parte dei personaggi principali di alcuni aspetti che li renderanno entrambi più maturi e consapevoli. Mace più di tutti beneficerà di questo cambiamento, trovando finalmente nuovi stimoli personali per il suo futuro.
Questa coppia mi è piaciuta moltissimo, adoro quando le donne nei libri sono personaggi concreti e autonomi. Mi piace seguire tutto il percorso di fusione tra due persone con caratteri forti, adulti consapevoli che vivono l’amore con slancio ma senza quel sottile filo di tragedia adolescenziale.
Meraviglioso il personaggio di Stan, un amico con la A maiuscola che, come un vero cupido molto saggio, accompagnerà entrambi i protagonisti verso l’inevitabile realtà.
«Oh, piantala, Duvall. Hai imparato ad autocompiangerti quando eri in ospedale, vero?»
«Risparmiami la tua psicologia da quattro soldi.»
«E tu risparmiami l’autocommiserazione» replicò Stan. «Ricordo quando giocavamo insieme e tu non ti arrendevi mai, nemmeno quando la nostra sconfitta sembrava inevitabile.»
«Qui non si tratta di baseball.»
«Fesserie» tuonò Stan, battendo la mano sul tavolo. «Il baseball non è solo uno sport, è quello che hai dentro, quello che tu dai alla partita. Lo stesso vale per la vita. Non dirmi che non sai quali sono i tuoi sentimenti per quella donna, lo sai benissimo. E se la vuoi, allora devi batterti per averla. Convincila.”
Una lettura assolutamente piacevole adatta a tutti, un finale che non delude e che è la perfetta conclusione di una trama ben costruita e solida. Complimenti.