«Se facendo un passo indietro dovessimo spiegare il perché del tema, risponderemmo che la fine del mondo è un argomento vastissimo, dalle potenzialità drammaturgiche enormi. Che la chiusura definitiva del sipario costringe, in maniera ineluttabile, a confrontarsi non solo con il senso della fine, ma anche con ciò che la nostra vita ha significato davvero fino a quel punto. Che l’esito narrativo di una resa dei conti con se stessi rappresenta per noi motivo di profondo interesse. E risponderemmo anche che, sul versante metaforico, la fine del mondo è una raffigurazione ideale della condizione umana – rischiando però di incappare in parole e concetti oggi abusati come “precarietà”, “perdita dei valori” e “sradicamento”. Il paesaggio della nostra antologia è multiforme e imprevedibile. La visione generale non reca tracce di allarmismo, non sfiora i Maya e, addirittura, non è davvero disperata. Quasi tutti i personaggi affrontano la fine con una certa freddezza, chi con dignità chi con il gusto per la provocazione. La sensazione diffusa è di disorientamento, soprattutto quando ci si è aggrappati a ideali fasulli, come la fama, il successo, i soldi, l’ascesa sociale. Ma soprattutto, a nostro modo di vedere, tutti i racconti testimoniano che la narrativa italiana vive uno stato di buona salute e che la forma racconto, spesso bistrattata dal mercato editoriale italiano, è in grado di creare micro-mondi articolati e di affascinare i propri lettori». Rossano Astremo e Mauro Maraschi