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478 pages, Paperback
First published January 1, 2005



'En in de lente van 1979 besloot ik in al die drukte in de wereld te verdwijnen, nummer twee te worden, iemand die nuttig wilde zijn in plaats van op te vallen, die deed wat hem gevraagd werd. Maar dat is uiteraard een gedachte achteraf, dat het toen begon, een poging het beginpunt van een leven vast te pinnen. Alleen in de fictie, in films en romans kun je het exacte tijdstip van een verandering vaststellen. In de werkelijkheid komt de keuze geleidelijk, de gedachte ontwikkelt zich stukje bij beetje en misschien was het pas ergens in de brugklas dat ik actief besloot om onzichtbaar te zijn.'
Quasi non ci speravo più, questo 2020 a livello di letture si è mantenuto “nel mezzo” … Solo pochissimi titoli sono riusciti a restarmi davvero impressi e questo è uno di quelli che porterò nel cuore.
In Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?, edito Iperborea, seguiamo il viaggio di Mattias, dalla Norvegia alla natura incontaminata delle isole Fær Øer, un’ambientazione per certi versi inconsueta, ma che si presta bene a far da sfondo al percorso di crescita del nostro improbabile protagonista. Questo giovane uomo sente di voler fare qualcosa per il mondo, ma senza clamore e decide di prendere a modello Edwin Buzz Aldrin, il secondo uomo a sbarcare sulla luna di cui si ricordano in pochi dato che Neil Armstrong gli ha “rubato” la scena. Un romanzo di formazione che parte in sordina e affronta un tema che non ricordo di aver mai trovato altrove: essere uno dei tanti ingranaggi del mondo e non il suo cuore pulsante.
Certe persone non vogliono il mondo intero, anche se potrebbero averlo. Certe persone non vogliono un paese tutto per loro. […] Certi vogliono solo essere una parte del tutto. Utile, anche se modesta. Non tutti hanno bisogno del mondo intero.
Io volevo solo stare in pace.
Con questo romanzo l’autore vuol evidenziare il concetto del “non fare rumore”, del ritagliarsi i propri spazi, donandoci così una nuova chiave di lettura sul senso dell’identità. Potremmo definirlo l’antitesi del noto aforisma “[…] ti insegnano a non splendere. E tu splendi, invece.” poiché in una società come la nostra, dove si cerca di abbagliare il prossimo e di emergere ad ogni costo, dovremmo comprendere, invece, che il bene autentico è quello disinteressato mentre il talento migliore – quando non è innato – è frutto di sacrifici e traversie.
L’autore è stato ingegnoso nell’introdurre, in maniera lieve, senza troppi stravolgimenti, un altro tema davvero complesso quello che abbraccia la sfera delle patologie mentali, dei burn-out, della depressione. Malattie che coinvolgono in prima persona non solo il protagonista, ma anche il corollario delle sue amicizie, è tangibile l’inadeguatezza dei genitori di fronte a un “nemico” più grande di loro. Il narrare di questi drammi esistenziali, delle fragilità che ognuno fronteggia come meglio può, la molteplice natura dei rapporti sociali e delle relazioni interpersonali conferiscono alla vicenda un carattere decisamente introspettivo.
Una storia sul presente che rimette in discussione quel filo sottilissimo tra il voler fortemente essere amati e, allo stesso tempo, nascondersi agli occhi della gente e non dover per forza “stare in prima linea”.
Un libro tragico, onesto, indimenticabile che, nella sua apparente semplicità, dà vita a una profonda riflessione.