An einem Spätsommerabend des Jahres 1929 wird der Schriftsteller und Jurist Jizchak Josef de Vriendt in Jerusalem erschossen. Ein Attentat aus dem Hinterhalt in einer spannungsgeladenen politischen Atmosphäre. Kommt der Mörder aus den zionistischen Kreisen, die in dem klugen, auf Ausgleich mit der arabischen Seite bedachten Politiker einen Verräter an der nationalen Sache sehen? Oder aus der Familie des jungen Arabers Saûd, der für de Vriendt mehr als ein Schüler war? Mr. Irmin, Chef des Geheimdienstes bei der britischen Verwaltung von Palästina, ein Freund de Vriendts und eingeweiht in dessen Freigeisterei, will den Mord rächen und den Täter stellen. Seine Fahndungen konfrontieren ihn mit der explosiven Situation im Lande, den rivalisierenden Bevölkerungsgruppen der Araber, Juden und Christen, mit einer überwältigenden Landschaft und einer historischen Tradition von mehr als dreitausend Jahren. Diese Ausgabe des letzten Romans von Arnold Zweig, der vor seiner Emigration aus Deutschland geschrieben und 1932 gedruckt wurde, bietet die vollständige Fassung der Erstausgabe. Im Anhang bündelt der Band wichtige Texte des Autors zu "De Vriendt", u. a. ein später entstandenes Kapitel. Der Kommentar rekonstruiert Entstehung und Wirkung des Romans zwischen 1933 und 1962 sowie, anhand des Briefnachlasses und neuer Quellen, die Eingriffe der DDR-Zensur in die bislang verbreiteten Ausgaben des Romans. Ein politischer Mord ist Drehpunkt dieses ersten historischen Romans über das Land Palästina/ Das Attentat auf den jüdischen Politiker de Vriendt vor einem explosiven politischen Hintergrund, der die Anfänge heutiger Konflikte im Nahen Osten aufzeigt. Das Modell der Hauptgestalt meines Buches war der unglückliche Dichter, unselige Politiker J. I. de Haan, der 1924 in Jerusalem ermordet wurde. Seit jenen Monaten, fast acht Jahre lang, beschäftigte diese Gestalt meine Phantasie, obwohl ich von ihr nur wußte, und zwar bis zum Betreten Palästinas in diesem Frühjahr, was in den Spalten dieser Zeitung über sie zu lesen gewesen. Er war die große Figur des Gegenspielers. Ich wußte, er würde mich in die Tiefe unserer Problematik hineintragen; nur dachte ich nicht, wie tief. Arnold Zweig 1932 in der "Jüdischen Rundschau"
German writer and anti-war, anti-fascist activist.
He is best known for his six-part cycle on World War I Der große Krieg der weißen Männer
In 1934 he settled in Mandatory Palestine where he wrote a novel based on the assassination of Jacob Israël de Haan.
In 1948 he settled in the Soviet occupation zone in East-Germany. From 1949 - 1967 he was a member of the parliament of the German Democratic Republic.
”Il modello per il protagonista del mio libro fu lo sventurato poeta e infelice uomo politico Jacob Israel de Haan, assassinato a Gerusalemme nel 1924. A partire da quei mesi, per quasi otto anni, la sua figura ha abitato la mia immaginazione, benché, fino al mio arrivo in Palestina nella primavera del 1932, non sapessi di lui altro se non ciò che se ne poteva leggere sulle colonne dei giornali sionisti.”, scrive Arnold Zweig nella nota di chiusura del testo. Jacob Israel de Haan era un insegnante, poeta, giornalista e omosessuale, che emigrò in Palestina inizialmente per la sua adesione al sionismo che, con il passare degli anni, si raffreddò sino a diventare anti-sionismo. Il personaggio di Isaak de Vriendt eredita tutti questi e diventa la figura centrale, paradigmatica, di un racconto che abbraccia un periodo storico più ampio, dalla dichiarazione di Balfour alle rivolte degli anni venti. Con la dichiarazione di Balfour del 1917 la Gran Bretagna si dichiarò favorevole a un insediamento ebraico nella Palestina, allora protettorato britannico, ma, come racconta Zweig, le ipotesi precedenti erano ben diverse, ”Se all’epoca avessimo accettato l’Uganda, oggi tra Sudan e Tanganika, ci sarebbero almeno cinque milioni di ebrei, e l’Africa sì che ne sentirebbe parlare. Sarebbe stato molto più semplice di questa maledetta Palestina, con le sue mille rogne tra arabi, chiese, grandi potenze e religioni, per non parlare poi delle nostre spaccature interne.” Nel 1902 il governo inglese aveva offerto per la colonizzazione ebraica l’Uganda. Il dottor Herzl, capo dei sionisti, al quale premeva trovare la soluzione più rapida per la questione ebraica, a causa del suo amore ferito per il germanesimo, si dimostrava disposto ad accettare. Il progetto era naufragato per la resistenza degli ebrei russi e il loro attaccamento a Sion. Avevano orecchie soltanto per la Palestina, la terra che, seguendo le preghiere di una tradizione millenaria, credevano fosse stata creata da Dio appositamente per gli ebrei.”
La comunità ebraica immigrata in Palestina e in via di espansione, nel suo farsi nazione scardina gli equilibri con la comunità araba, e il sionismo, spinto nelle sue manifestazioni più estreme, introduce anche la questione razziale come elemento politico, ””Noi, semplici intellettuali,” continuò sarcastico “proprio non riusciamo a capire come sia possibile propugnare una moralizzazione della vita pubblica e politica in Europa, mentre qui giochiamo il ruolo di oppressori in qualità di razza superiore.” “Oh, lei non capisce!” una voce spiritosa si levò alla sua sinistra; un uomo con un cappotto di pelliccia gli appoggiò una mano sulla spalla. “In Europa lottiamo contro l’oppressione in quanto cittadini, qui lottiamo per il nostro privilegio di semiti.”” […] “”La terra laggiù si chiama Transgiordania” disse Saamen con aria sognante, assorto nella vista dell’astro spento che gli suscitava sempre una profonda impressione. “La Transgiordania: una bella creazione! Se solo riuscissi a portare qui i tre milioni di ebrei che stanno gradualmente scomparendo in Russia e centomila fucili, glielo farei vedere io a questa gente se possono negarci l’accesso al territorio dev’è sepolto Mosè, la nostra guida, e dove si sono disperse nel deserto le ossa dei nostri antenati!” Heinrich Klopfer sorrise, profondamente divertito. Un inconcepibile divieto di immigrazione impediva agli ebrei di entrare in Transgiordania, e la linea di confine lungo il Giordano era del tutto arbitraria, come se in Europa tutti i territori sulla sponda sinistra del Reno fossero stati concessi ai francesi. Ma il gesto napoleonico dell’amico guerrafondaio andava troppo indietro nella Storia per lui. “Quando è accaduto?” Chiese gentilmente con la voce acuta. “Ai tempi del faraone Merenptah, all’incirca tremila e cinquecento anni fa? […] Mi sembra più probabile che abbiamo costruito noi le piramidi e che già allora io fossi ingegnere e fossi d’accordo che Mosè uccidesse l’egiziano. Un omicidio politico agli albori della nostra Storia!” Come Romolo e Remo, rabbrividì Heinrich Klopfer, Caino e Abele. Alle origini della fondazione di ogni Stato c’è sempre un fratricidio. […] “E sa perché accade ancora oggi? Perché stiamo per diventare una nazione, e questa ne è la conferma. Una nazione tratta i suoi singoli figli in maniera estremamente crudele, li fa uccidere in massa, deperire, morire di fame, basta guardare la recente storia del mondo. Se ciò viene commisurato al comportamento individuale, risulta assai più vile, diciamo anche più volgare, molto più selvaggio, intellettualmente inferiore, brutale, carico di istinti che si manifestano in forme dissolute. Ma sta soltanto a dimostrare che c’è sostanza, una sostanza rossa, pregna di pulsioni, e per civilizzarla occorrono innumerevoli sfide.” “Allora vale proprio la pena diventare una nazione…” osservò con amarezza Klopfer. “Suvvia” se la rise Saamen “voi ebrei tedeschi portate qui sentimenti che vi rendono incapaci di lottare. Chi chiede se vale la pena o no? Non abbiamo altra scelta, è questa la nostra giustificazione. Ci tocca formare da qualche parte una solida maggioranza con norme di vita peculiari, altrimenti scompariremo gradualmente e insieme a noi scomparirà uno specifico tipo umano, e sarebbe un gran peccato. Sa, se a qualcuno vivere piace tanto quanto a me, questo basta a confutare ogni antisemitismo e a fugare ogni scrupolo e ogni dubbio.””
Come accadde a de Haan, anche de Vriendt viene assassinato per mano di un ebreo, esempio di omicidio politico; entrambi si oppongono al sionismo e rappresentano forme scomode di dissoluzione morale per la loro omosessualità e la loro eliminazione viene ben presto messa da parte nel turbinio dei moti palestinesi scoppiati per la contesa scatenata per il controllo dell’accesso al Muro occidentale a Gerusalemme.
””Qui sta per scoppiare un bel trambusto, lo sai cos’è successo ieri, sai bene che a Tel Aviv seimila giovani hanno protestato contro le decisioni in prese riguardo alla piazza del Tempio. Oggi ci sarà la solita processione del 9 di Av diretta al Muro del pianto, alle cinque, proprio quando lo shuk arabo pullula di acquirenti e passanti. Andrà a finire male. Dovremo solo ringraziare Dio se non scorreranno fiumi di sangue.” […] Lo shuk era quella porzione di strade dei bazar fra la porta di Giaffa e la piazza del Tempio, il cui limite occidentale era il Muro del pianto. Se un corteo di manifestanti avesse attraversato quelle strette viuzze, chi non ne faceva parte sarebbe stato spinto sotto i portici, negli ingressi delle case, nei vicoli. Gli abitanti o della Città vecchia araba, già abbastanza fomentati, non lo avrebbero tollerato: coltelli sguainati, bastoni sibilanti… “Nessuno può fermare questa follia?” “Parlaci tu con Ludwig dei cavalieri con Marschalkowicz. Di sicuro ti risponderà che una razza superiore ha diritto di prendersi lo spazio che vuole, la plebaglia può andarsi a rintanare. I giovani vogliono trastullarsi e gli inglesi se ne terranno fuori.” […] Persone che fino a quel momento avevano vissuto in pace, adesso si ammazzano a vicenda: troppo è stato scritto, stampato e creduto: perché mai gli analfabeti si mettono a imparare l’arte della lettura…”
L’analisi di Zweig è estremamente lucida e anticipatoria di una crisi che si è incancrenita nel tempo fino ai risultati attuali e traspare dai dialoghi e dalle descrizioni; il racconto ha quasi la struttura di un giallo ed è costruito con brevi capitoli che, in modo più evidente nella parte iniziale, sembrano atti e scene di un’opera teatrale. È un testo importante per comprendere i meccanismi alla base della sciagura odierna. Il finale del libro, a mio avviso, diventa aleatorio e opinabile, ma riesce quasi a rimarcare la situazione di caos in continuo sviluppo.
Arnold Zweig lebte von 1887–1968. Er war Jude und Gegner des Nationalsozialismus und floh von 1933 bis 1948 ins Exil nach Palästina. Hier hat er das Wissen gewonnen, welches in dem Buch verarbeitet wurde.
Die Geschichte beruht auf Tatsachen. Arnold Zweig schreibt über den politischen Mord an dem niederländischen Schriftsteller Dr. Jacob Israel, der sich 1924 noch vor der Staatsgründung Israels in Jerusalem ereignete. Der Mörder wurde gestellt, aber nie verurteilt.
Wichtiger politischer Hintergrund des Buches ist unter anderem die Balfour-Deklaration: „Die Balfour-Deklaration war ein Schreiben des britischen Außenministers Arthur James Balfour an den britischen Zionistenführer Lord Rothschild am 2. November 1917. Darin erklärte die britische Regierung ihre Unterstützung für die Errichtung einer „nationalen Heimstätte für das jüdische Volk“ in Palästina, das damals Teil des Osmanischen Reiches war.“ (ChatGPT) „Die Balfour-Deklaration war ein taktischer Schachzug Großbritanniens, um die Unterstützung der zionistischen Bewegung für die Kriegsanstrengungen der Alliierten im Ersten Weltkrieg zu sichern. Gleichzeitig war sie ein Schritt, um Großbritanniens Interessen in Palästina nach dem Krieg abzusichern.“ (ChatGPT)
Die Balfour Deklaration wurde zwischen den Briten und den Zionisten ausgehandelt, ohne arabische Interessen zu berücksichtigen. Das Land gehörte den Palästinensern.
Ab 1920 stand Palästina unter britischem Mandat. Vorher gehörte es zum Osmanischen Reich.
Auf Grund der immer schwieriger und lebensbedrohlichen Situation der Juden in Europa flohen viele nach Palästina. Von 1919 bis 1923 kamen über 35.000 Juden nach Palästina. Die Engländer beschränkten daraufhin die Aufnahme der Flüchtigen um die Konflikte im Land nicht ausufern zu lassen. Dennoch wurden die Konflikte im Land ab 1929 immer größer. Es gab Kämpfe, bewaffnete Aufstände. Zu erwähnen wären das Hebron Massaker und die Unruhen am Tempelberg. Ein einzelner Mord ging da leicht unter. Dies war auch der Grund, warum Arnold Zweig den Mord später als in Wirklichkeit geschehen geschehen ließ. Er wollte ihn näher an die Unruhen stellen. Statt 1924, wie geschehen, wurde der Mord an dem Journalisten De Vriendt im Buch 1929 begangen. Dies erklärt dann auch eher, warum der Mörder nie verurteilt wurde.
De Vriendt, der Protagonist war mit seinen politischen Artikeln provokant. Privat machte er sich angreifbar, weil er ein ‚Liebesverhältnis‘ mit einem arabischen Schüler hatte. Die Araber haben De Vriendt deswegen aber nicht umgebracht, obwohl sie davon wussten. ‚Liebesverhältnisse‘ dieser Art schienen öfter vorzukommen. Die Juden und Zionisten konnten und wollten den Arabern den Mord nicht in die Schuhe schieben, denn dann würde der Ruf von De Vriendt für immer geschädigt sein. Dies wäre auch für die jüdische Gemeinde rufschädigend gewesen.
Das De Vriendt im Verlauf der Geschichte getötet wird, ist kein Geheimnis, man erfährt es bereits aus dem Titel des Buches. Mit ‚De Vriendt kehrt heim‘ versteht man die Heimkehr zu Gott nach dem Tod.
Arnold Zweig wollte die unterschiedlichen Ideologien und Gruppen, die damals in Palästina für ihre Überzeugungen bereit waren zu kämpfen, aufzeigen. Die orthodoxen Juden hatten ganz andere Vorstellungen als die Zionisten. Es gab auch kommunistischen Gruppen, die Russland nahe stände. Die Arbeiter sahen sich durch andere Organisationen vertreten als die Bourgeoisie. Es gab Muslims, Juden, Katholiken und Atheisten im Land. Dazu kamen die Flüchtlinge aus allen möglichen Ländern dieser Welt. Der Journalist De Vriendt war ein politisches Opfer dieser Spannungen. Die politische und religiöse Situation im Land war unüberschaubar. Es ist Arnold Zweig gelungen, dies sichtbar zu machen. Allerdings wird das Buch nicht unbedingt lesbarer dadurch.
Das Buch hat mir sehr gut gefallen: Die Figuren, die in dem Buch vorkamen, nicht nur die Protagonisten, sind spannend und außergewöhnlich. Auch die Geschichte, der politische Mord an einem orthodoxen Juden, der eine heimliche Affäre mit einem arabischen Schüler ist der Wirklichkeit entnommen, doch brillant erzählt. Die Wirklichkeit liefert oft den besten Stoff für Literatur. Wie wird der Mord aufgeklärt? Wird er überhaupt aufgeklärt? Man erfährt viel über die politischen Hintergründe der damaligen Zeit in Palästina. Was damals passierte ist der Anfang der Konflikte, die bis heute fortdauern. Insofern ist das Buch auch ein wichtiges Buch, wenn man verstehen will, was im Nahen Osten heute passiert. Die Begegnungen der Menschen sind in intensiven Szenen beschrieben. Sprachlich ist das Buch ein Genuss, wenn auch nicht immer einfach zu lesen. Für Arnold Zweig ist die Geschichte Anlass für diesen Roman. Auch wenn man die wahren Begebenheiten kennt, lohnt es sich das Buch zu lesen. Anschließend weiß man mehr. Das Buch inspiriert sich weiter mit der Geschichte der Region zu beschäftigen.
Zitate: De Vriendt kehrt heim von Stefan Zweig - Seite 21: Die Zeiten waren vielleicht schlecht, bestimmt aber die spannendsten, die ein Mann erleben konnte.
Ziemlich gut. Und traurig wie sich die Konflikte und Traumata i. hundert Jahren kaum verändert haben. Das Vorwort hätte ruhig ein Nachwort sein können, so wirkt es wie eine etwas aufdringliche Einordnung, die am besten überblättert gehört (um sie dann mit Interesse ganz am Ende zu lesen). Die verlagstypische aufwendige Aufmachung hätte ich gerne gegen einen günstigeren Kaufpreis getauscht.
Ook 'de andere' Zweig kon behoorlijk schrijven, getuige deze intelligente politieke thriller. Daarenboven interessant voor het geschetste tijdsbeeld, en de vaststelling dat in honderd jaar eigenlijk weinig veranderd is in het Midden-Oosten.
Eigenlijk zou je met nawoord van Julia Berhard moeten starten om te begrijpen in welke tijdsgeest het boek geschreven is (1932). Het boek is gebaseerd op het leven van Jacob Israël de Haan en geeft een krachtige kijk op de ontwikkeling van het zionisme en de eeuwigdurende strijd in het beloofde land.
The novel follows De Vriendt, a Jewish intellectual and politician in Mandatory Palestine, who is assassinated while trying to mediate between conflicting Jewish factions. His death triggers a series of reflections and political tensions within the community. Through this, Zweig explores Zionism, identity, and the fragile hopes of a Jewish homeland. The narrative shifts between personal stories and broader ideological conflicts, and paints a complex portrait of early 20th-century Palestine. The novel is loosely based on the real-life assassination of Jacob Israël de Haan, a Dutch-Jewish poet, journalist, and political activist who was murdered in Jerusalem in 1924 by members of the Haganah (a Jewish paramilitary organization). De Haan opposed mainstream Zionism and was working toward a political alliance between Orthodox Jews and Arab leaders—positions that made him a controversial figure. Arnold Zweig uses this historical backdrop to explore moral ambiguity, ideological conflict within the Jewish community, and the personal cost of political conviction. The characters are fictional, but their actions and dilemmas echo real political tensions in the early years of the British Mandate in Palestine. So, while not a historical account, the novel draws heavily on real events and figures. The writing was impressive—clear, thoughtful, and at times quite beautiful, adding real depth to the story. Much of the narrative was compelling, and although I occasionally lost the thread, I was usually able to find my way back. De Vriendt is an idealistic and cultured Jewish intellectual, driven by a belief in dialogue and reconciliation, yet ultimately undone by the very forces he is trying to bridge. Saud is a young, thoughtful Arab student whose quiet intelligence and emotional depth offer a powerful counterpoint to the political turmoil surrounding him. The relationship between de Vriendt and Saud stood out to me—it brought a human dimension to the political tensions and made the tragedy of the story hit harder. It wasn’t always an easy read, but it was a rewarding one, and offered a lot to reflect on both intellectually and emotionally. A book I can highly recommend.
Fand ich unangenehm zu lesen. Dass DeVriendt so eine problematische Beziehung zu einem Kind (!) führen darf und das dann entschuldigt wird damit, dass er selbst ‘wie ein Kind ist’ und ‘nicht in die Welt der Erwachsenen passt’ – hell no. Die politischen Hintergründe und Irmin sind gut gelungen, aber dass diese Beziehung schlicht nicht eingeordnet oder irgendwie kommentiert wird, finde ich schlimm. Kein Mitleid für pädophile Charaktere.
This entire review has been hidden because of spoilers.
Wenn sich das Buch doch in die Länge zieht, teilweise einen Lesekampf erfordert, ist es eine clevere, subtile Abhandlung über die Verhältnisse in Palästina und Israel. Anhand der Hauptcharaktere, dem Mord und dessen Verfolgung bis zum Ende wird nicht nur eine Metapher für den Konflikt geschaffen, sondern auch ein Plädoyer für eine Lösung angedeutet.
Toller Roman, der in Palästina während des arabischen Aufstand 1929 spielt und einen Überblick über die verschiedenen politischen Lager der arabischen und jüdischen Bevölkerungsgruppen bietet.
Ein Roman, selbst historisch geworden, mit deutlichen Parallelen zur politischen Ermordung von Jacob-Israel de Haan im Jahr 1924 durch radikale Zionisten, da er sich für die friedliche Koexistenz eingesetzt hat. Parallelen sind sowohl die homosexuellen Beziehungen zu einem Araber, die politischen Kontakte zu diesem und die Gesprächsbereitschaft, sowie eine vormalige zionistische Vergangenheit - etwas das auch der Autor teilte, auch wenn in diesem Roman der Bruch noch nicht vollzogen ist. Die Einbettung de Vriendts in die orthodoxe, nicht-zionistische, Agudat, macht gerade in Hinblick auf seine Homosexualität die Spannung noch größer. Der politische Mord wird mit dem alternativen Motiv zum Kriminalfall, die Ermittlungen selbst, nicht unähnlich einem Kriminalroman, eingebettet in die historische, politische und kulturelle Umgebung eines Palästinas der Mandatszeit. Ein Teil dessen ist jenseits des jüdisch-arabischen Diskurses auch der zwischen orthodoxem Anti-Zionismus sowie den unterschiedlichen Strömungen des Zionismus untereinander. Schließlich entstammt der Mörder de Vriendts aus dem bürgerlichen, chauvinistischen Flügel, der sich zwar im gemeinsamen Projekt und gemeinsamen Gegnerschaften sowohl mit dem sozialistischen wie auch dem Kulturzionismus wiederfindet, aber in Methoden und Vorgehensweise und in der Dialogfähigkeit gravierend unterscheidet. Als allenfalls sinnvolle Form eines notwendigen Zionismus, über Feindseligkeiten und Lebensgesetze, Lebenswillen und Platz für die anderen klingt das dann so: Heinrich Klopfer fühlte sich sehr betroffen. Ihm machte es leider keinen Spaß, zu leben, in einer Welt, wie sie sich nach dem Kriege entwickelt hatte, ungeistig, gewalttäitig, starrend von Problemen, deren Lösung dem reifen Verstande leicht erschien, und die in der hartköpfigen Wirklichkeit nicht aufgehn wollten. (146) De Vriendt erscheint in der Wahrnehmung und den Diskussionen, in den Rechtfertigungen als Verräter, aber zugleich rastlos und nicht in der Lage Ruhe zu finden. Er erscheint als Fortschreibung eines getöteten Ahasver, des ewigen Juden aus dem christlichen antijüdischem Mythos, der im Sterben endlos wird und erst dann wirklich im Boden Ruhe findet. Und er, Jizchak, geopfert auf Moriah und nunmehr genesen, lag in der Sänfte im Schatten seiner Vorhänge und sah die steinernen Männer stehen, mit denen die Ackerbauern die Vögel des Himmels scheuchen. Hatte er seinem Vater verziehe, daß sein Blut geflossen war auf Moriah? War er nicht durch viele Verwandlungen gegangen, vom rundhörnigen Widder bis zu einem gewissen de Vriendt, dessen Name ihm aber nur noch wenig bedeutete? (122) Der Rückgriff au die biblische (Nicht-)Opferung Isaaks scheint mir hier regelrecht ein Heimkehrmotiv zu sein, eine endgültige Rückkehr, die doch nicht ein Wiederaufleben der antiken Volksvergangenheit impliziert. Und gerade damit in einem neuen Frieden auch brechen kann mit der aus der europäischen Diaspora eingeschleppten Gewalt und den mit eingeschleppten Pogromen. Dieser auf einem kulturellen Zionismus beruhender Roman lässt sich noch immer als Erzählung von notwendigen Brüchen mit bis in die Gegenwart fortgeführter zionistischer Politik lesen; Brüche die auch im Inneren Frieden und Erlösung von den Narrationen der Vergangenheit schaffen sollen.
Der Mann de Vriendt aber unter seinem Hügel in der Erde: ihm geht es besser denn je. Er liegt gelöst da, im wahren Sinne des Wortes, aufgelöst in seine Bestandtteile, und schickt seine Substanz, die Moleküle und Zellen, die ihn bauten, aufwärts, in die Wurzeln und Würzelchen der Pflanzen, die sich trotz allem und allem zu ihm heruntergetastet haben, und die nur auf den Gruß von obe warten, um zu wachsen, zu blühen, Samen auszustreuen. Sein Gehirn ist nicht mehr in seinem Schädel, die Individualität, das einmalige Wesen, in das er so zwanghaft und sich selbst fremd hineingewachsen, die Hemmungen, die ihn hielten, die Triebkräfte, die íhn bewegten - alles wird Fruchtbarkeit, es hilft das Land bauen, es will wieder unter den blauen Himmel und mit den Anemonen um die Wette neue Tänze von Atomen wirbeln lassen, aufs Neue kreisen, sich verflechten, sich zerstreuen. (241)
Spannend boek dat tevens een beeld geeft over het ontstaan van de Joods - Palestijnse problematiek. Leert ook de complexe problematiek daar op heden beter te begrijpen.
A genuine political thriller. While visiting Palestine in 1932 Arnold Zweig became fascinated by the story of a murder which took place 8 years earlier. Back in Germany he wrote this book which appeared in the same year. Shortly afterwards Hitler came to power and many books, including this one, were banned and burned. I’m happy the copy I read survived!
While the story Zweig wrote is clearly fictional, the true murder story is highly recognizable: Zweig protagonist Jizchak Josef de Vriendt is definitely Jacob Israël de Haan, a Dutch Jewish queer lawyer, poet, writer and journalists, who was murdered in Jerusalem on June 30th, 1924. Zweig’s hero even looks like him. De Haan was a controversial man with many faces. Immigrating to Palestine in 1919 as an enthusiastic Zionist, teaching at a law school and writing articles for the Dutch paper ‘Algemeen Handelsblad’, De Haan ended his life 5 years later as an anti-Zionist orthodox Jew fascinated by making love to young Arab men.
De Haan dressed as an Arab in Palestine
Zweig’s book takes you from the moment an informant of the Secret Service (At the time still designated by the acronym S.S.!) hears two Arabs talking about murdering De Vriendt because of his relationship with a young Arab boy. After the actual murder (Which I am not going to tell you by whom!) it ends with the wide political implications. The murder is a vehicle for a fascinating portrait of the social and political complexity of Palestine at that time. 100 years later many things have happened, but at the end not much has changed: A man like De Haan / De Vriendt at such a place would be nowadays not less, maybe even more, controversial than in 1924.
Returning to De Haan: His murder is seen as the first political murder committed by Zionists. It took a few decades before the mystery of his murder was completely solved. A few days ago, on June 26th, 2024, the Israeli newspaper Haaretz wrote: ‘The consequences of the first political murder in the Land of Israel are felt even after a century. The assassination of the poet and journalist Jacob Israel de Haan in 1924 was intended to discourage anyone who dared to deviate from the camp's ranks. This intimidation continues to this day.’
I finished reading this book on June 30th, 2024, exactly 100 years after Jacob Israël de Haan was murdered. It’s time for better understanding of the complexity of that region and time to rediscover De Haan’s literary work, as well as the work of Arnold Zweig.
How come no one has ever adapted this book to film? I wonder!