È il giugno del 1850, e Napoli è bella come non mai sulla spiaggia di Chiaia, con i pescatori stesi al sole insieme alle loro reti e le ragazze che ridono nell'acqua bassa. Elvira ha ventidue anni e potrebbe essere una di loro, e invece deve andare in sposa a Giuseppe Morelli, che conosce appena e sicuramente non ama. Ma la sua famiglia è caduta in disgrazia, e il matrimonio, per la società in cui vive, c'entra ben poco con l'amore e molto col sacrificio. Il primo giorno della nuova vita è però segnato da una scoperta nerissima, che sconvolge la bella villa fin nelle stanze della servitù - lo specchio e la lente di ingrandimento delle vite dei signori. Elvira si convince che una maledizione sia scesa sulla casa, e anno dopo anno ne vede ovunque la nelle scelte indigeste a cui il suo ruolo la consegna, nella solitudine grigia che pian piano la avviluppa, nel vicolo cieco dell'unica possibilità di un futuro diverso, suo e soltanto suo. E come una staffetta, la maledizione pare trasmettersi alla figlia Angela, bellissima ma altrettanto fragile, e a Giuseppina, adottata proprio nel tentativo di ripianare i debiti con il destino. Tre donne costrette a vivere per gli altri, a immolare i propri sogni, la propria libertà, la propria felicità "per il bene della famiglia", alla cui ombra si nascondono le più scure prepotenze. E mentre i Morelli cercano di farsi un nome nel mercato dei tessuti e della moda, il mondo intorno si trasforma, con Garibaldi e quella strana unità del Paese che pochi capiscono, il fiorire di nuovi quartieri e una nuova moneta, le grandi epidemie che non fanno differenza tra ricchi e poveri, e le ancora più terribili malattie che si accaniscono sulla villa dei Morelli. Fino a quando, proprio dove meno ce lo si aspetta, brillerà la scintilla dell'emancipazione, la forza di strappare il diritto a vivere non la vita che ci è stata data in sorte, ma quella che la nostra anima si merita.
Questo romanzo ha un'unica nota dolente - la tristezza, me ne ha messa addosso una incredibile. D'altro canto, è anche vero che, se è riuscito a far questo, "La casa delle sirene" ha perfettamente centrato il suo obiettivo principale, quello di far riflettere sulla drammatica condizione vissuta dalle donne ancora alle soglie del Novecento. Sole in mezzo agli altri, violentate nell'animo e talvolta anche nel fisico, fiaccate da un destino che le vuole mogli e madri: è questa la sorte che accomuna le tre protagoniste Elvira, Angela e Giuseppina, alle cui vicissitudini fa da sfondo la storia altrettanto tragica della cameriera Teresa. Prestate attenzione, perché quest'ultima è la vera chiave di volta dell'intera narrazione. Condotta con uno stile prezioso ed elegante, essa scorre fluida accumulando eventi su eventi che coinvolgono sempre di più il lettore, ma il suo vero punto di forza è proprio il colpo di scena che coinvolge Teresa e (mamma mia che sorpresa tremenda) A tal proposito, il legame empatico che s'instaura con le figure femminili del romanzo è direttamente proporzionale all'insofferenza e al vero e proprio disgusto che invece suscitano quelle maschili. Gli uomini, interessati unicamente al guadagno e alla rispettabilità sociale, completamente indifferenti ai sentimenti delle loro donne, le calpestano e le schiacciano fino a soffocarne qualsiasi volontà di ribellione. E nemmeno il finale (in cui, ) riesce a cancellare questa intensa sensazione di amarezza.
"Non si poteva per tutta la vita continuare a fare la vittima, ogni tanto bisognava scegliere, farsi forza, anche a costo di andare fuori dalla morale comune. Questi pensieri aprirono la strada ad altri, che avevano la voce di Elvira. Dopotutto, sposare un uomo senza amore era condizione normale tra le donne del suo rango sociale. Dove si sarebbe andati a finire, altrimenti, se ognuna avesse potuto decidere per sé? Vacillò per un istante, fulminata dal pensiero della libertà di scegliere, fare, dire. Non si poteva."
L'ho trovato un po' troppo prolisso, ad essere sincera. Credo che si sarebbe potuto limare qualcosa. Nel complesso un bel libro, anche se non ho trovato dei picchi nel leggerlo, per me si è sempre mantenuto quieto. Ho apprezzato molto la cinicità di Elvira, l'ho trovata realistica. mi ha preso molto la parte di Giuseppina perchè anche io sto ricostruendo il mio albero genealogico e mi sono molto rivista in lei, nell'andare a ricercare documenti ed informazioni sui miei antenati (lei lo faceva sui suoi genitori, ma il senso di ricostruire la tua famiglia è lo stesso). aggiungo una piccola nota: avrei preferito, in chiusura, un ritorno al punto di vista di elvira per ascoltare i suoi pensieri nel momento finale.
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La prima metà del libro era da 5 stelle! Poi da quando Alfonzo (con la z!) ha sposato Giuseppina è andato calando. Avrei dato 4 stelle ma il finale non mi è proprio piaciuto.
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Una saga familiare, femminile, molto bella. Le storie di Elvira, Angela e infine Giuseppina sono terribilmente verosimili alle vite, vicissitudini delle donne di quel tempo. Tre destini, legati tra loro, uguali eppure diversi. Per i primi due terzi del libro ho pensato di leggere un 5 stelle, poi però quando la scrittrice ha provato a virare sul paranormale ha cominciato a convincermi meno. Per fortuna, alla fine, il racconto è ritornato sui binari giusti. 4 stelle mi sembra un voto più adeguato.
Di questo libro ho amato tutto, anche se a tratti non è stata una lettura facile. Ho amato Napoli, presente, viva, mutevole, in continua evoluzione; lo sfondo delle vicende di questa famiglia, delle sue cadute e dei suoi tentativi di tornare ai fasti di un tempo, degli amori, delle gioie, dei dolori; delle nascite e delle morti — Napoli che si amplia, che si fa portatrice del progresso che i Morelli provano a cavalcare, cui provano a opporsi, che provano a capire. Ho amato gli uomini: ruvidi, sgarbati, sgradevoli, patetici, potenti del loro ruolo, disattenti nel loro spadroneggiare, piccoli, tutti quanti, codardi e ciechi e prevaricatori e violenti, che negli anni si vedono rimbalzare colpe in un gioco di scambi e malintesi che a loro non dice nulla — persi dietro al futuro e alle loro ossessioni: i soldi, la famiglia, i figli maschi, gli affari —, ma che è il filo conduttore del racconto anche quando il lettore sembra dimenticarsene. Ho amato le donne: imperfette, scostanti, litigiose, sgarbate, specchi rotti le une delle altre, tormentate da passioni e livori che non si possono — e non si sanno — dire. Ho amato Giuseppina, la più altra, la più estranea, marchiata a vita dalla verità delle sue origini, la linea sottile che cammina sempre tra realtà e follia e che lascia — o almeno ha lasciato me — con il dubbio irrisolto che un po' strega, forse, lo sia. Non tanto per le profezie alle cameriere e la voce che le sussurra nella testa, quanto per la sensibilità e l'empatia, il vedere tutto anche senza riuscire a comprenderlo. Ho amato Elvira, anche quando l'ho odiata, quando ero talmente irritata da dover chiudere il libro. L'ho amata nella sua umanità, nel pragmatismo e nella mente acuta, nel bisogno di avere e di tenere, negli amori tormentati che, come profetizzato, hanno segnato la sua vita e sono sfioriti tutti davanti a quello più importante — perchè alla fine è al benessere, alla sicurezza economica e a se stessa che Elvira si è votata, a ciò che non le permetterà mai di rivivere la miseria da cui il matrimonio l'ha tolta. E, più di tutti, ho amato Angela: litigiosa, viziata, bizzosa, volubile, smaniosa, innamorata — di se stessa, un poco, dell'unica adorata figlia femmina, dell'amore sbaagliato che non ha saputo riconoscere abbastanza presto e, soprattutto, della vita. Angela che perde tutto il perdibile a un passo dalla felicità. Angela che resta, però, come resta Teresa, che impregna ogni pagina con la maledizione della sua tragedia, con il gioco di colpe che si lanciano addosso agli uomini, ignari, come una partita di palla avvelenata. Il rebus degli anelli che fa da filo conduttore attraverso cinquant'anni di storia e di Storia, e che all'ultimo, quando sembra aver perso importanza, quando tutti quelli a cui poteva interessare non possono più farsene nulla, esplode — una bomba a mano, una caduta dalle scale — attizzato dal movemente più patetico e penoso e giusto: perchè anche la devozione più longeva, quando si scopre calpestata senza riguardo, chiede un prezzo.
" La ruota girava in continuazione: uno credeva di stare su, ma si ritrovava di nuovo subito giù, e non c’era modo di fermarla, girava, girava e girava.[…] La ruota gira, pensò, non si ferma mai per nessuno, e per questo la vita andava vissuta, sempre, e senza rimorsi, ogni istante. "
🔖Una bellissima saga ispirata dalla vera storia della famiglia dell' autrice, il racconto di tre donne che vedono la loro vita infrangersi contro il muro di omertà e patriarcato di uomini potenti convinti di poter comprare tutto con il denaro; l'amore, la famiglia, una moglie e i figli perché quando si è sole, disperate e affamate ci si abbassa a tutto pur di sopravvivere.
La trama è articolata, i temi toccanti; la violenza domestica, il sopruso sui deboli, l'omosessualità censurata, l' infedeltà coniugale e la diversità di ceto sono il fulcro del racconto. Sullo sfondo una Napoli di fine 800' che avanza caparbiamente nella storia, con i suoi cambiamenti socio politici culturali che vedono stravolgere l' economia della nazione intera. La Rivoluzione Industriale porterà infatti alla nascita di nuove industrie manifatturiere con a capo una nuova borghesia a farne da padrone.
Un romanzo storico ben scritto, incalzante, dai colori satinati e polverosi dell' epoca che pagina dopo pagina coinvolge il lettore in una piacevole lettura.
- La casa delle sirene. I Morelli, una famiglia napoletana - 📘 Valeria Galante Mondadori
“Il tempo appanna ogni cosa, cambia i ricordi, gli affetti. Distrugge tutto, pure il rancore”
La casa delle sirene è un romanzo che ripercorre la Storia della seconda metà del XIX secolo a Napoli attraverso gli occhi di tre donne: Elvira, sua figlia Angela e la sorellina adottiva Giuseppina. È un libro a tratti davvero crudo, che non edulcora la difficile situazione delle donne di allora - anche e forse soprattutto di quelle appartenenti ai ceti medio alti, che non erano padrone delle loro vite né del loro corpo. È stata una lettura che sono certa resterà nella mia memoria a lungo, per quanto non nego che a tratti sia risultata lenta - ma questa lentezza sembrava andare di pari passo con le vite delle protagoniste, i cui giorni si trascinano uno dopo l’altro, sempre uguali e senza scopo apparente. È un romanzo che mi ha fatto emozionare ed arrabbiare, nel quale vicende storiche importanti - l’Unita’ d’Italia, le epidemie di colera, i nuovi piani di sviluppo urbano della città - si intrecciano alle vicissitudini di una famiglia, i Morelli, che risale e discende più volte la ruota della fortuna, potendo però contare su tre figure femminili portanti e uniche a modo loro, figure non idealizzate e anzi spesso respingenti. Da leggere se apprezzate il romanzo storico e il romanzo famigliare.
Per quanto i personaggi siano vividi e realistici, ho trovato insopportabili l'egoismo, l'anaffettività e l'avidità di Elvira. È vero che i figli dei borghesi erano cresciuti dalle balie, ma come si fa a non amarli ? Anche Angela non ne esce molto bene: non avida, ma anche lei anaffettiva verso i figli e il marito (quello posso capirlo) e molto maligna con Giuseppina, un'orfanella che i Morelli adottano a 1 anno. Giuseppina è il personaggio più dolce, affettuoso, generoso, bisognoso di attenzione e amore della saga. La bimba che giocava a nascondino e nessuno cercava, la ragazza che ama i figli della sorella come se fossero propri, la ragazza che sopporta il bullismo della maggiore. La giovane che ama la sorella, nonostante la sua malignità. Tutte donne che si sono dovute sacrificare per avidità e per la famiglia. Non un solo accenno a un istitutore/istitutrice che insegni alle donne o alle figlie a leggere bene, scrivere, parlare in francese ecc (e siamo quasi alla fine del 1800, in una città ricca di commerci e nobili. C'erano già le università ed erano aperte anche alle donne). Le donne dei Morelli erano solo delle fattrici e dovevano soffocare la loro voglia di indipendenza. A essere sincera, non mi ha fatto proprio impazzire come trama.
Nel 1850, a Napoli, Elvira è costretta a sposare Giuseppe Morelli, uomo molto più vecchio di lei che non ama, ma che le potrà garantire una vita agiata senza preoccupazioni. Lo stesso giorno, però, nella casa in cui andrà ad abitare, si suiciderà una giovanissima ragazza e Elvira percepirà una sorta di maledizione scendere su di lei e la sua famiglia. La dannazione perseguiterà lei, la figlia Angela e Giuseppina, una bambina adottata in orfanotrofio per chiedere la grazia. Una saga familiare incentrata sulle tre figure femminili protagoniste, Elvira, Angela e Giuseppina, che si snoda fra il 1850 e il 1900. Elvira è una donna fredda e calcolatrice, anafettiva nei confronti delle figlie; Angela cresce fragile e insicura, perfida nei confronti della sorella Giuseppina che, invece, da adulta riuscirà a costruirsi una vita autonoma e serena. Un racconto coinvolgente e appassionante, inserito in modo brillante nel contesto storico napoletano durante il passaggio da Regno delle due Sicilie a Italia unita, con digressioni sull’epidemia di colera, la crescita urbana e i cambiamenti sociali e politici che incidono sulla città e sulla famiglia Morelli. La condizione della donna è l’argomento principale del romanzo, il trattamento di sottomissione da parte degli uomini, le violenze domestiche, le numerose infedeltà da sopportare e da non vedere. L’autrice ha affermato di aver ricavato la storia dai racconti orali della sua famiglia e ciò è un valore aggiunto al romanzo che merita la lettura da parte degli amanti delle saghe familiari.
Questo libro più che un romanzo mi è parso una lunga lista di matrimoni, nascite e morti. Molto ripetitivo, interessante solo la prima parte. Nella sinossi avevo letto di donne oppresse e sofferenti. Ho trovato Elvira e Angela anafettive, avide e cattive. L'unica donna del libro che si salva è l' orfana Giuseppina, dolce ed empatica che cresce senza amore. Ho dato 3 stelle solo per il suo personaggio.
Scritto bene, intenso e coinvolgente, racconta una Napoli sensibile agli stimoli che vengono dall'estero, ma non abbastanza per cambiare approccio e cultura. Proprio come oggi. Unico neo, a tratti morboso
Un libro molto particolare, tre personaggi femminili, specchi del loro tempo. La prima parte un pò difficile per me, anche a causa del carattere di Elvira e Angela, abbastanza insopportabili. La parte finale mi è piaciuta moltissimo.
Not my style of romance but is interesting to know by the author how women were supposed to live in families around 1800-1900 in cities like Naples…a complete different conception of family-life and priorities compared to now
Veramente molto bello purtroppo non avendo capito che fossero più libri ho letto il secondo prima ma comunque anche se ho fatto questo piccolo errore non mi ha deluso, veramente ben scritto e coinvolgente ho riso anche verso la fine. Spero vivamente che ci sarà un terzo libro.