Jump to ratings and reviews
Rate this book

I sette in fuga

Rate this book
Sette europei vengono espulsi dalla Cina degli anni '30 in seguito ai conflitti, nascenti e in corso, nel paese. Dunque sei uomini e una donna, di sette nazionalità diverse, che parlano lingue differenti, iniziano un viaggio che in breve li dividerà, conducendo ogni personaggio ad affrontare il proprio destino individuale.

405 pages, Paperback

First published January 1, 1937

5 people are currently reading
169 people want to read

About the author

Frederic Prokosch

46 books12 followers
Frederic Prokosch's novels The Asiatics and The Seven Who Fled received widespread attention in the 1930s.

Ratings & Reviews

What do you think?
Rate this book

Friends & Following

Create a free account to discover what your friends think of this book!

Community Reviews

5 stars
13 (26%)
4 stars
21 (42%)
3 stars
13 (26%)
2 stars
2 (4%)
1 star
0 (0%)
Displaying 1 - 9 of 9 reviews
Profile Image for George K..
2,759 reviews367 followers
September 26, 2021
"Οι φυγάδες", εκδόσεις Ροές.

Βαθμολογία: 9/10

Το συγκεκριμένο βιβλίο το πήρα πριν κάτι χρόνια από ένα παλαιοβιβλιοπωλείο, ουσιαστικά στην τύχη μιας και δεν ήξερα τον συγγραφέα, απλά και μόνο επειδή τείνω να αγοράζω και να διαβάζω μυθιστορήματα παλαιότερων δεκαετιών, και ειδικά αυτά που διαδραματίζονται σε εξωτικά μέρη, όπως το συγκεκριμένο. Βέβαια, υπήρχαν και κάποιες διάσπαρτες πολύ καλές κριτικές, καθώς και ένα θετικότατο σχόλιο από τον Χάρλαν Έλισον (που λέει ότι είναι από τα αγαπημένα του βιβλία), οπότε δεν πήρα και γουρούνι στο σακί. Λοιπόν, μην σας τα πρήζω, το βιβλίο πραγματικά με ξετρέλανε, σίγουρα είναι μια από τις πιο ευχάριστες εκπλήξεις αλλά και μια από τις πιο ξεχωριστές στιγμές της φετινής αναγνωστικής χρονιάς. Είναι ένα μυθιστόρημα ταξιδιάρικο, μυστικιστικό, μυστηριώδες, σκοτεινό, σε πολλά σημεία ωμό και σε άλλο πιο λυρικό, και στο σύνολό του φιλοσοφικό και με υπαρξιακές ανησυχίες. Είναι γεμάτο συγκλονιστικές σκηνές και όμορφες εικόνες από την Κίνα του παρελθόντος, με τις περιγραφές τοπίων και καταστάσεων να είναι γλαφυρές και να συνδυάζουν τον ωμό ρεαλισμό με τον λυρισμό. Οι επτά βασικοί χαρακτήρες του βιβλίου αποτελούν εργαλεία στα χέρια του συγγραφέα, για να θίξει διάφορα ζητήματα και ερωτήματα σχετικά με την ανθρώπινη φύση και τον κόσμο, με το πεπρωμένο, τη ζωή και τον θάνατο. Είναι τόσα πολλά τα συναισθήματα που κατάφερε να μου δημιουργήσει ο συγγραφέας, που φτάνουν για μια ολόκληρη χρονιά (που λέει ο λόγος). Και από τη μια χάρηκα πολύ που διάβασα ένα τέτοιο βιβλίο -αυτή τη χρονική στιγμή-, από την άλλη όμως στεναχωριέμαι που τελείωσε. Φυσικά, στο μέλλον θα το ξαναδιαβάσω, γιατί εκτός όλων των άλλων σε μια δεύτερη ανάγνωση ίσως να πιάσω περισσότερα από αυτά που ήθελε να θίξει ο συγγραφέας. Στα ελληνικά, μόνο άλλο ένα βιβλίο του Πρόκος κυκλοφορεί, το "Μπάυρον: Τα χειρόγραφα του Μεσολογγίου", το οποίο θα προμηθευτώ άμεσα, ενώ μακάρι να μεταφραζόταν στα ελληνικά το πιο γνωστό του μυθιστόρημα, με τον τίτλο "The Asiatics" (δεν το κόβω και πολύ πιθανό).
Profile Image for Brent Taylor.
2 reviews2 followers
November 1, 2015
This book picks up where The Asiatics left off thematically. The benign first person "hero" is gone. While this made it less entertaining for me,it is thematically appropriate. This novel epitomizes modernism - the epic is dead.

The characters are indeed somewhat flat, but, as in The Asiatics, this is reflective of the emptiness of Western imperial culture. The people in these books should be read as extensions (inversions?) of the landscape. The beauty of the prose and its description of the stark terrain contrasts the characters' hollowness and the emptiness of their interactions with other people. They are all searching, but to no avail.

Personally, I love the hallucinatory surrealistic quality of the book when combined with the charged realistic descriptions of the world. Prokosch is a master of suggestion and mystery. His major strenth is the abilty to evoke mood like Frank Stanford or Tom Waits. His world is so singularly his own, I understand why many might not like it. It saddens me that it might be dismissed as anachronistic or even xenophobic just because these are intended thematic elements, included to comment on Prokosch's audience (westerners) not his subject (asiatics).
Author 10 books14 followers
September 22, 2011
Many years ago Harlan Ellison phoned my bookshop and the talk drifted to his favorite books. This was one and he was so enthusiastic about it that he grabbed his copy and started reading a passage. I later found a copy but was underwhelmed. Perhaps my expectations were too high. I've given this a provisional ** but am resolved to reread it someday. I must have missed something.
Profile Image for Vittorio Ducoli.
580 reviews83 followers
December 18, 2023
Sette personaggi in cerca dell’annullamento dell’Io

”In una notte settembrina, fonda e senza vento, ventidue uomini e una donna bellissima attraversarono il greto di un fiume in secca sulla pista che da Kashgar conduce a oriente, verso Aksu. Uno dietro l’altro, i quindici portatori procedevano faticosamente tra i massi, guidando i muli e i cammelli carichi di bauli imbrattati e logorati dalle intemperie.
Il letto del fiume era largo più di un chilometro e arido come un deserto: nuvolette di polvere si levavano a ogni passo. Il paesaggio, tuttavia, aveva un che di illusoriamente liquido e soffice. Entrambe le rive erano disseminate di piccoli ciottoli neri, schegge di basalto e ossidiana che al chiarore delle stelle sprigionavano lampi di colori diversi: verde scuro, viola, rame, grigio perla.
La terra, arida come un deserto, si sgretolava come cenere, altrettanto calda sebbene fosse da tempo trascorsa la mezzanotte, e altrettanto impalpabile. I passi si susseguivano in un silenzio perfetto. L’unico suono era il sussurro irregolare e incalzante dei loro respiri e il fruscio dei bauli ricoperti di paglia contro il dorso dei cammelli.”

Credo di non aver mai iniziato il mio commento a un romanzo con il suo incipit; stavolta ho voluto fare un’eccezione, perché la prosa che Frederic Prokosch dispiega in questo I sette in fuga è talmente avvolgente, talmente capace di evocare atmosfere e sensazioni che mi è sembrato giusto offrirne ai pochi lettori di queste note un assaggio, tanto più che – essendo da anni il romanzo non più disponibile nelle librerie – ritengo che pochissimi avranno il piacere di gustarne le pagine.
Prokosch è infatti uno dei tanti autori ormai snobbati dalla nostra editoria; oggi si possono conoscere poche delle sue opere solo grazie ad Adelphi, che negli anni ‘80 propose due suoi romanzi: Gli asiatici, con cui nel 1935 Prokosch esordì con grande successo di critica, e Il manoscritto di Missolungi, fittizia autobiografia di Byron; nel 2017 l’editore pubblicò Voci, libro di memorie centrato sugli incontri dello scrittore con altri grandi della letteratura novecentesca.
Come spesso mi capita di constatare, ben diversa era la situazione nei primi decenni del dopoguerra, quando numerose opere di Prokosch erano pubblicate da grandi editori come Mondadori, Bompiani e Longanesi. Il progressivo abbandono editoriale di questo autore non può essere spiegato con la naturale distillazione che il tempo opera sulla produzione letteraria di un’epoca, perché – come cercherò di argomentare – Prokosch è a mio avviso autore importante e attuale, tassello se non imprescindibile almeno rilevante della letteratura occidentale della prima metà del ‘900. È quindi necessario tessere ancora una volta le lodi di Adelphi, che con tutti i suoi limiti rappresenta (o ha rappresentato per alcuni decenni?) la casa editrice di riferimento per i lettori che vanno alla ricerca di opere ed autori altrimenti negletti. Per la verità I sette in fuga, secondo romanzo di Prokosch, del 1937, è stato riproposto nel nostro paese - dopo la storica edizione Bompiani del 1949 - da Fazi nei primi anni 2000, ma si è trattato di un episodio isolato nel catalogo di questa casa editrice, ed oggi questa edizione è di difficile reperibilità anche sul mercato dell’usato.
Poco sopra mi sono riferito a Prokosch come ad un autore occidentale. È infatti difficile, a mio avviso, circoscrivere questo autore entro i confini di un’area geografica più definita.
Frederic Prokosch nacque nel 1908 nel Wisconsin da una famiglia di intellettuali austriaci immigrati: il padre insegnava germanistica a Yale e la madre era pianista. Studiò a Yale e a Cambridge, viaggiando molto attraverso l’Europa sin da giovane. Durante la guerra fu addetto all’ambasciata USA in Svezia, e nel dopoguerra si trasferì in una casa isolata presso Grasse, in Provenza, dove morì nel 1989. Tra il 1935 e il 1984 pubblicò quasi una ventina di romanzi e alcune raccolte di poesie. Fu in gioventù un ottimo giocatore di tennis e campione di squash e coltivò come Nabokov la passione per lo studio dei lepidotteri; a Grasse stampava da solo, in serie limitate, le poesie di autori che amava. Scrisse di sé: ”Ho trascorso la mia vita solo, completamente solo, e nessuna mia biografia potrebbe andare oltre lo scalfirne la superficie. [...] Nonostante tutta la sua superficiale ‘rispettabilità’ diplomatica, accademica e i suoi illustri contatti sociali, la mia vita reale è stata sovversiva, anarchica, viziosa, solitaria e capricciosa.”
Un autore anagraficamente statunitense, quindi, ma sicuramente impregnato della cultura e dell’ambiente europeo che costituirono lo sfondo di gran parte della sua vita, accomunato in questo ad altri grandi scrittori dell’inizio del XX secolo, come Henry James e Gertrude Stein, ma forse rispetto a loro ancora più europeo, sia per le sue origini, sia per le tematiche che tratta nelle sue opere sia infine per come le tratta.
Come detto, I sette in fuga è il secondo romanzo pubblicato da Prokosch, due anni dopo Gli asiatici, di cui costituisce una sorta di continuazione ideale. Il primo romanzo, infatti, racconta del lungo viaggio in Asia di un giovane statunitense, mentre ne I sette in fuga i viaggiatori sono (ovviamente) sette, europei di diversa origine. Una differenza profonda tra i due romanzi, tuttavia, che assume un rilievo non solo formale, è data dal fatto che Gli asiatici è narrato in prima persona dal protagonista, assumendo i connotati di un romanzo picaresco, mentre I sette in fuga è narrato in terza persona, non essendovi un protagonista assoluto. Non si tratta però di un narratore onnisciente: egli, in questo molto novecentesco, assume i pensieri e le sensazioni di ciascuno dei sette protagonisti, fungendo da mediatore tra questi e il lettore. La struttura stessa del romanzo, sulla quale tornerò, è adeguata mirabilmente dall’autore alla necessità di raccontare le vicende parallele di sette diversi personaggi.
La storia narrata è infatti quella di sette europei, tra i quali una donna, che sul finire dell’estate del 193... devono fuggire dalla città di Kasghar, nella Cina nord-occidentale (la regione è lo Xinjiang, teatro oggi delle asserite azioni di assimilazione forzata della minoranza Uiguri), espulsi dalle autorità locali nel contesto del clima da guerra civile e di scontri tra potenze straniere che all’epoca caratterizzava la regione e la Cina tutta. I sette protagonisti sono un esploratore inglese, un rifugiato russo, un letterato francese con la moglie spagnola, un poco di buono belga e due geologi, uno tedesco l’altro austriaco. Giunti a Kasghar avendo alle spalle storie e motivazioni diverse, devono lasciare insieme la città.
Come visto, i sette si aggregano ad una carovana che si dirige verso la città di Aksu, a nord-ovest, affittata da un erudito mercante cinese, il dottor Liu. Giunti ad Aksu subito dopo che in città si sono avuti gravi disordini, vengono confinati dalle locali autorità nel serai; alcuni giorni dopo i due geologi, Wildenbruch e Von Wald, vengono arrestati senza alcun motivo, mentre gli altri ottengono il permesso di proseguire, a patto che due di essi rimangano in città come ostaggi: il russo Seramifov e il belga Goupillière accettano di restare, ed è forzato a farlo anche il francese, De La Scaze, che nel frattempo si è ammalato. Così con la carovana del dottor Liu si incamminano verso sud-est, in direzione della Cina, solo l’esploratore inglese Layeville e Olivia, la moglie di De La Scaze, il quale dovrebbe raggiungerla non appena sta meglio. Dopo una sosta di un paio di settimane nel villaggio di Anxi e altri giorni di duro cammino, in un ambiente che si fa sempre più desertico, con l’autunno che inizia a farsi sentire e dopo la morte di alcuni cammelli, incontrano due altre carovane: la prima è diretta in Cina, ed a questa il dottor Liu decide di aggregarsi. Layville, inaspettatamente, preferisce seguire la seconda, che è diretta a sud, perché si sente da sempre attratto delle altissime e bianchissime montagne del Qaidam e del Tibet, che intravede all’orizzonte.
A questo punto il romanzo inizia a seguire uno dopo l’altro ciascuno dei sette personaggi, a partire proprio da Layeville, dedicando ad ognuno una specifica sezione e tornando poi all’inizio, al settembre precedente, per seguire il personaggio successivo. Il romanzo risulta così composto da un prologo, da sette sezioni ciascuna con il nome di uno dei personaggi e da un epilogo. Conferiscono una notevole vivacità alla sua struttura la suddivisione delle sezioni in capitoli e di questi ultimi in paragrafi, separati da stacchi tipografici, lunghi in genere poche pagine. In ciascuna delle sezioni, sotto forma di riflessioni e visioni più o meno consce, sono descritte le vicende precedenti dei personaggi, i fatti e le spinte interiori che li hanno portati in Asia.
Ciascuno dei sette ha quindi una sua storia individuale, molto diversa da quella degli altri, ma tutti sono accomunati da una necessità interiore: devono perdere loro stessi. La fuga dei sette non inizia da Kashgar: inizia molto prima, quando si sono resi conto della vacuità o del dolore che segnava loro vita europea, del loro fallimento esistenziale e sociale, di cui veniamo a conoscenza nei flashback individuali, esposti tutti tramite una prosa carica di un lirismo troppo standardizzato per non essere colmo di ironia. Naturalmente questo fallimento assume connotati diversificati a seconda dello status di ciascuno, dell’ambiente di provenienza e delle circostanze della loro vita, così come lo smarrimento finale assumerà forme peculiari per ognuno: tutti tuttavia in qualche modo si perderanno.
Così, se l’esploratore inglese Layville è cresciuto senza mai provare amore per gli altri, condizionato dal formalismo dei rapporti imperante nell’alta società britannica da cui proveniva, il russo Serafimov l’amore lo ha provato da ragazzo, ma per una ragazza di una diversa classe sociale, e da allora è vissuto nel ricordo di lei, abbrutendosi sempre più; se Goupillière, il belga, fugge da un delitto figlio del suo egocentrismo sfrenato, i coniugi De La Scaze si allontanano dalla loro vita in comune, segnata sin dall’inizio dal marchio inevitabile del fallimento. Forse meno chiari sono apparentemente i motivi di fuga e di necessario smarrimento dei due giovani geologi germanici, ma essi emergeranno chiari quando cercherò di attribuire a questi elementi del romanzo significati che vanno al di là delle vicende esistenziali dei singoli.
Questo inevitabile perdersi di ciascuno, questa constatazione che l’unico modo per ritrovare veramente il proprio essere è l’annullamento del proprio io, in molti casi è perseguibile solo attraverso la morte, avviene, in maniera altamente simbolica ed evocativa, in un mondo del tutto altro, opposto a quello che ha generato l’io che devono abbandonare.
L’Asia centrale di Prokosch, che egli non ha mai peraltro visitato, è quindi innanzitutto un luogo dell’anima, a dispetto della precisione delle descrizioni topografiche, grazie alle quali è possibile ancora oggi seguire i viaggi dei singoli personaggi. È un mondo rovesciato, sia dal punto di vista ambientale sia da quello sociale, rispetto all’Europa in cui i personaggi del romanzo sono cresciuti: paesaggi di una bellezza e di una crudeltà scintillanti, che si animano per mezzo dei sensi dei personaggi, attraverso il cui filtro ci vengono presentati, resi dall’autore con una prosa sontuosa, che altri hanno definito quasi barocca ma che a mio avviso è un riuscitissimo mix di tardo-impressionismo e soggettivismo espressionista, ai cui orizzonti si stagliano figure mitiche, pastori, cavalieri e tagliagole, discendenti dei tartari e di altri antichi popoli, tratteggiati con poche, nette pennellate di colore; città e villaggi sudici oltre ogni dire ma carichi di fascino, abitati da persone deformi, spesso malate e intrise di rapporti sociali primordiali e brutali ma proprio per questo veri. È solo in questo mondo, nella sua forza primigenia che l’occidentale addomesticato può liberarsi della falsa corazza sociale, l’io che si è stato cucito addosso e ritrovare il proprio es, anche se ciò significa inevitabilmente andare incontro alla morte, vera o simbolica che sia.
Diviene così a mio avviso lampante che il destino dei sette (numero simbolico per eccellenza) è la grande metafora del destino dell’occidente in quei primi anni ‘30 del secolo scorso: il disagio esistenziale che esprimono è, ancora una volta, quello dell’uomo del ‘900 di fronte alla grande crisi. Prokosch continua quindi in questo romanzo, in forme leggermente diverse, il discorso che aveva aperto con Gli asiatici: se lì era l’uomo americano a fare i conti con sé stesso e con la società in cui viveva, qui il discorso si amplia alla complessità delle culture europee, attraverso personaggi paradigmatici anche socialmente (il rampollo inglese, gli scienziati, il letterato, il delinquente), ma il senso di una necessaria rottura della gabbia sociale e della inevitabile fine di un occidente ormai esausto (nel quale Prokosch include anche la prospettiva marxista, sia pure nella sua variante russa) è lo stesso.
Il romanzo, pur nella sua drammaticità, è anche infarcito di ironia, come già evidenziato nel caso del tono assunto dai ricordi dei protagonisti; Prokosch ne riserva in misura particolare al tedesco Wildenbruch, latore di una rigidità militarista nettamente al passo con i tempi, che dopo aver trovato, insieme al più scanzonato Von Wald, una sorta di idillio à la Thoreau contrae la più romantica delle malattie, la tisi.
Il lettore attento potrà facilmente trovare anche molte citazioni e rimandi ad autori ed opere amati da Prokosch: su tutte merita di essere citato l’episodio del colera ad Aksu, forse un omaggio a Mann, di cui l’autore era amico, ed al contempo annuncio de La peste di Camus, non a caso grande ammiratore del nostro.
Una delle chicche di questa edizione è che, oltre ad un saggio introduttivo di Gore Vidal, riporta una breve introduzione che l’autore scrisse nel 1984, nella quale Prokosch, magistralmente, finge di negare risolutamente qualsiasi significato simbolico al suo romanzo, al solo scopo di indurre il lettore a cercare più attentamente. A mio avviso già queste due paginette possono dare il senso della grandezza del personaggio.
Come tanti altri grandi classici I sette in fuga non è (speriamo solo temporaneamente) oggi disponibile in libreria: consiglio comunque chi fosse interessato di acquistarlo sul mercato dell’usato, perché è a mio avviso un libro importante. Alternative non ve ne sono: per principio non presto mai i miei libri!
Profile Image for Mark.
1,177 reviews167 followers
Read
December 6, 2009
Sorry, Frederick, maybe another time ... but I wanted to learn about your main characters, not your opinion of the mystical state of the desert and mankind ...
Profile Image for AB.
220 reviews5 followers
August 1, 2025
Both amazing and slightly tedious. 7 Europeans come together before separating (for the most part). Each individual is given a separate section, often feeling like its own short story, that follows a similar trend: Character and the world around them > recalling of past experiences > conclusion.

I often found myself not interested in the characters themselves, if anything they appear to just be stand ins for some European sensibility or deadly sin. They often felt like the vehicle for discussing the foreignness of the environment and its inhabitants.
Author 1 book6 followers
Read
April 3, 2022
I read it because Harlan Ellison had said it was an amazing novel, but it turned into a painful reminder of de gustibus non est disputandum.
Profile Image for Carly Really Very Normal.
460 reviews7 followers
dnf-pick-up-again-later
February 15, 2024
So, it is lyrical, and pretty intense, but I just am not getting into it (been reading it for 5 days an only on page 32) so I'm going to put it down and try again another time.
Profile Image for Justin Howe.
Author 18 books37 followers
Read
February 1, 2017
I'm approaching this like a short story collection with each section being a new story.
Displaying 1 - 9 of 9 reviews

Can't find what you're looking for?

Get help and learn more about the design.