Quando Colombe Schneck aspetta il suo primo bambino, la madre Hélène le chiede di chiamarlo Salomé, in ricordo di sua cugina morta durante l'Olocausto. Colombe non sa nulla di questa bambina, il cui nome non è mai stato evocato prima di allora. Ma il figlio che nasce è un maschio, e la questione viene dimenticata. Quando qualche anno piú tardi Colombe è di nuovo incinta, un'amica le suggerisce il nome di Salomé e in quel momento le torna alla memoria la strana richiesta di sua madre, che nel frattempo è morta. Inizia cosí una ricerca delle proprie origini che porterà l'autrice dalla Francia in Lituania, negli Stati Uniti e in Israele, e un'inchiesta attraverso segreti e dolorosi non detti famigliari. Mary, la bisnonna dell'autrice, aveva quattro figli: Ginda, Raya, Masa e Nahum. La famiglia era originaria di un piccolo borgo lituano, Panevezys. Quando Mary e tre dei suoi figli vengono deportati nel ghetto di Kaunas, Ginda, la nonna di Colombe Scneck, si salva perché negli anni Venti aveva deciso di emigrare in Francia. Il fratello e le sorelle di Ginda sopravvivono alla selezione e alla deportazione mentre Mary, i cognati e i loro figli muoiono. Raya e Masa dopo la guerra si risposeranno con altri sopravvissuti all'Olocausto, che avevano a propria volta perso le mogli e i figli. E altri bambini nasceranno. La domanda che nessuno osa porsi è questa: com'è possibile che Salomé, la figlia di sette anni di Raya, e Kalman, il bambino di soli tre anni figlio di Masa, siano morti e le loro madri no? Quando è noto che nelle file per la selezione le madri con figli piccoli venivano automaticamente giudicate inadatte al lavoro e quindi mandate a destra, verso le camere a gas? Ma mentre sono numerose le notizie sulla vita piena e agiata che le prozie Raya e Masa hanno condotto dopo la guerra, niente si sa e si dice della loro vita di prima. E in famiglia, nonostante l'affetto, c'è una profonda separazione fra i sopravvissuti alla deportazione, animati da un insaziabile desiderio di vivere e di essere felici, e chi come Ginda, sopravvissuta senza essere deportata, ha scelto il silenzio e l'isolamento. Un abisso sembra cioè dividere per sempre chi si assume il compito di rendere la sua seconda possibilità una vita veramente degna di essere vissuta, e chi porta su di sé il peso di sapere senza poter condividere.
Colombe Schneck is documentary film director, a journalist, and the author of twelve books of fiction and nonfiction. She has received prizes from the Académie française, Madame Figaro, and the Société des gens de lettres. The recipient of a scholarship from the Villa Medici in Rome as well as a Stendhal grant from the Institut français, she was born and educated in Paris, where she still lives.
Quattro stelle le merita tutte, ma ti lascia con una domanda agghiacciante: cosa avrei fatto io? Cercare di dare una risposta onesta, e' pressocche' impossibile. UN AVVERTIMENTO: cercate di non leggere altre recensioni, perche' in alcune ho trovato praticamente tutta la trama del libro! Non capiro' mai chi ha bisogno di raccontare tutti i libri per filo e per segno...
Molti credono che dentro la scrittura ci sia verità. Dentro la scrittura in sé, intendo e non in quello che si racconta. Come se le parole avessero un potere indipendentemente dalla storia raccontano, dal libro in cui entrano a far parte. Sono convinto che in qualche caso possa essere così. Nella scrittura di Samuel Beckett c’è tutto questo. Importa poco la narrazione, e sono le parole a diventare altro, a prendere consistenza. Accade ancora più spesso con la poesia, dove non sempre c’è narrazione, e i suoni, le allitterazioni, le singole parole prendono un peso determinante. Credo che la fiducia cieca nella parole, e nelle figure retoriche dentro i testi, abbiano influenzato non soltanto la letteratura degli ultimi vent’anni, ma tutta la scrittura. Portando il romanzo verso una sorta di prosa poetica che nei casi più riusciti può essere di rara bellezza ed entusiasmante, e nei casi meno felici può risultare irritante e sterile. Ma è ancora vero che qualsiasi storia raccontata, anche la più profonda e la più intensa, ha bisogno di parole per dirla. Le parole di Colombe Schneck, per entrare subito nel merito, mi hanno sconvolto. E il suo Le madri salvate (Einaudi, pp.129, 17 euro) è un libro da brividi. Nel senso vero del termine. Perché è un libro straordinario nella sua assoluta semplicità, e vertiginoso nella storia che racconta. Colombe è una giornalista francese di origine ebraica. Questo libro è la storia di una famiglia di ebrei lituani, in parte deportata e morta nei campi di concentramento nazisti. Un giorno Colombe, incinta del secondo figlio, decide che chiamerà Salomé la figlia che ha in grembo. Le torna in mente che la madre, scomparsa da alcuni anni, le aveva chiesto di dare quel nome a una sua bambina. Perché Salomé? Forse è arrivato il momento di capire e indagare. Inizia un viaggio dell’autrice alla ricerca delle sue radici. Un’inchiesta che deve scogliere un dubbio e un mistero. Mary, la bisnonna dell’autrice, aveva quattro figli: Ginda, Raya, Masa e Nahum. Ginda, la nonna di Colombe emigra in Francia negli anni Venti e si salva. Mentre Mary con tre dei suoi figli viene deportata nel 1943 nel ghetto di Kaunas. E assieme a loro sono deportati Salomé, la figlia di Raya di sette anni, e Kalman, il bimbo di soli tre anni di Masa. Raya e Masa tornano vive, ma i loro due figli no. Muoiono con la nonna. Come è possibile, si chiede Colombe? Le madri con figli piccoli venivano eliminate subito, perché considerate inadatte al lavoro. E venivano uccise assieme ai loro figli. Cosa è accaduto davvero? Colombe arriva a scoprire la verità: la nonna, prende per mano i due nipoti come fossero i suoi figli e va a morire al posto di Raya e Masa. Lo fa perché la vita quando può deve continuare, perché tutto ricomincia sempre. Anche se si ha una sensazione di sgomento a pensare a due madri che non vogliono morire con i propri figli. Finita la guerra, tornate dai campi di concentraento, Raya e Masa si risposano, si innamorano di nuovo, hanno altri figli. Colombe va a parlare con i figli, e i figli dei figli. E cerca di capire questa storia. E mentre la nonna di Colombe si chiude in un silenzio colpevole per essersi casualmente salvata dal ghetto di Kaunas, capisce cosa sia la forza della vita, capisce il motivo per cui sua madre le aveva chiesto di chiamare la propria bimba Salomé, capisce la vita e la morte quando coesistono davvero, e passano nelle nuove esistenze: nella storia di queste prozie che non hanno mai smesso di parlare di futuro, che non hanno mai smesso di progettarsi, di essere attive, nonostante il dramma, nonostante il sacrificio innaturale di salvarsi al posto dei loro bambini. È un libro imperdibile questo della Schneck. Per una scrittura di una limpidezza e di una linearità esemplare, perché le parole qui, non devono significare niente di più di quello che sono. Perché i sentimenti, le emozioni ruotano attorno a questa storia come dei pianeti in orbita a un racconto che illumina come un sole e spiega quanto le parole possano guarire, e rivisitando il passato possono riaprire il futuro.
To be short, it is a story about a French woman who tries to find out about the past of her relatives that lived in a Jewish community in Lithuania. The main intrigue of the book is - how some of them survived The Holocaust during the WWII and why some did not. The author's family had always refused to speak with her of the past. For me, a Lithuanian, it was very interesting to read about the Jewish community that used to live here and that we have nothing left of today. I would totally agree with the author that we, Lithuanians, do not want to admit that there were evil people amongst Lithuanians as well. We tend to say that all of the responsibility lies on Nazis shoulders for what had happened in Lithuania but 95% of Jewish community was destroyed here and it would not be possible without the Lithuanian collaborators. In literary sense, the book is an easy read as the style of writing is something between a diary and an article. And I have to mention that a lot of Lithuanian names/places are written with mistakes (e.g. Romantas Kalantas) which I believe makes it hard for some people (especially, non-Lithuanians) to check up and read more about the mentioned person or a place.
Ondanks het onderwerp kon dit boek me niet echt boeien. Het ging veel meer over de worsteling van de schrijfster zelf dan over Salomé. Misschien was dat de bedoeling. Het verhaal zit rommelig in elkaar en het kostte me dan ook grote moeite om de draad telkens weer op te pakken.
Dit is het derde boek dat ik de laatste tijd gelezen heb dat meer gaat over de tweede generatie holocaust overlevers en hoe dat hun leven beinvloed heeft. Voor mij wat minder interressant, ze komen wat egocentrisch over.
C'est comme si Colombe Schneck permettait enfin de respirer, elle tout d'abord bien entendu mais tant d’entre nous aussi, puisqu'elle restitue à la petite Salomé et au bébé Kalman, gazés à Auschwitz en 1943, la possibilité de mourir et non pas de rester dans les limbes des mémoires de la famille, non célébrés, non pleurés tellement leur mort a implosé dans la vie de leurs mères. Mères qui se sont sauvées de par la mort de leurs enfants. Elle nous explique enfin par le récit écrit dans la plus grand simplicité qu’il y a eu la puissance du choix de vie dans certains cas. Les livres écrits par les petits-enfants des déportés - Les Disparus, recherche monumentale de Daniel Mendelssohn tout en haut de la liste - ont ceci de précieux qu’ils surgissent du silence. Les parents survivants ont choisi sans se concerter de ne dire mot, seule possibilité d’expression. Les enfants pouvaient tout juste deviner, soupçonner, pressentir ce qu’il n’était pas possible d’entendre. Mais nous, « les enfants de la chance », nous faisons des cauchemars, Colombe rêve des violences inouïes alors qu’elle n’a vécu que dans la sécurité, elle a peur, très peur pour ses enfants, pour sa petite fille, nommée Salomé comme l’enfant disparue dont sa mère ne lui a jamais parlé. Nous découvrons avec elle l’histoire ; il faut aller sur place, dans ces petits villages lituaniens qui ne surgissent, vivants, que sous la plume des frères Singer ou dans les Shtetl de Chagall, fourmillants de vie et qui n’existent plus ; il faut comme Foer dans « Tout est illuminé », comme Nicole Kaufmann dans « Histoire de l’amour » voyager au bout du monde, s’absenter de sa propre vie pour de longues années, fouiller dans la douleur pour libérer les fantômes et pouvoir conclure, comme Colombe Schneck « Elle est enfin devenue pour moi une absente ». L’on finit par comprendre les femmes qui ont choisi la vie et ont accompli ensuite le « devoir du plaisir » : aimer deux fois plus, vivre deux fois plus, être deux fois plus belles, toujours se maquiller pour sortir, acheter de beaux vêtements, se parfumer, jouir intensément de chaque moment redonné. Les mères qui ne sont pas mortes avec leurs enfants nous rappelle Schneck sont, à leur tour, des mères sauvées par leur propre mère, la grand-mère, vieille et destinée à la file de droite qui a choisi de sauver ses filles. Une chaîne infatigable de maternité qui nous mène jusqu’à la petite Salomé, celle qui est vivante.
This was a freeing albeit difficult read for me. As an Ashkenazi jew, third generation born after the Shoah (Holocaust) this book was a revelation. I grew up with this inheritance, the burden of "and if...", the rooted idea that my mere existence was a mixture of luck and miracle as an overwhelmingly huge part of my grandparents family were assassinated in those times of horror. But deep down I never felt that it was a part of my history. I read countless books, heard countless stories... I knew, rationally, but it never clicked. Colombe Schneck unlocked something in me. Her story, so close to mine, her words... they freed mine.
Salomé, ce prénom est le point de départ du livre de Colombe Schneck. Ce prénom qu'elle donne à sa fille était celui de sa petite cousine morte en déportation à l'âge de 7 ans. Colombe Schneck enquête alors pour savoir ce qui est arrivé à une partie de sa famille. Du ghetto de Kovno en Lituanie, d'Israel, aux États -Unis, elle essaie alors de comprendre. Un beau livre qui n'a pas toutefois la puissance des Disparus de Daniel Mendelsohn.
I'm just sorry that this book is not available in English -- it's really good. It's written by a French woman whose grandmother's three siblings were trapped in Lithuania during WWII. Her two great aunts and great uncle all miraculously survived the war, but they lost two children, Ms Scheck's mother's first cousins. Until the author's first pregnancy, she knew nothing of these children. But her mother asked her to name a daughter Salomé. This request eventually led to the search that is the subject of this book. Ms Scheck wrestles throughout the book with how and why her great-aunts and great uncle survived when the two children did not. She sets out on a mission to answer her questions, and in recounting the story of her family's fate lays bare the impossible choices people were forced to make in the war and the different ways those choices affected the rest of their lives and the lives of their loved ones. Written beautifully. But of course, it's in French, how could it not be beautiful?
L'auteur raconte l'histoire de sa famille, plus particulièrement l'Histoire de sa grand-mère Ginda ainsi que ses deux soeurs Raya et Macha originaires de Lituanie. L'occupation Nazie de 1941 à 1944 a détruit toute présence juive dans le pays.
N'étant pas d'un naturel très gai (et "goy" de surcroît), je ne me souviens plus pourquoi j'ai acheté ce livre.
Ce livre, bien que répétitif par endroits (même si pour les prénoms, cela aide beaucoup) retrace le parcours de l'auteur dans sa quête de la vérité, d'essayer de comprendre "pourquoi" ou plutôt de reconstruire "son" puzzle.
Bien qu'étant une démarche assez personnelle, le livre n'est pas racoleur, il est intéressant, gagne en intensité, en émotions au fil des pages. Il amène à la réflexion.
To smutna, poruszająca powieść, próba przekazania tego, co niepojęte, straszne i okrutne.My, pokolenie ludzi, którzy nie zaznali takiego terroru wojny i zagłady, nie jesteśmy w stanie osądzać i oceniać postępowania tych, których świadomość śmierci swojej czy najdroższych im osób była codziennym strachem, towarzyszącym w każdej chwili. http://love-coffee-and-books.blogspot...