Domenico Trevi, dit Mimì, est à la tête de la Sacra corona unita, la principale organisation mafieuse des Pouilles. Lorsque son fils se donne la mort, il lui faut trouver un bouc émissaire. La jeune Nicole, qui aurait éconduit son fils au point de lui briser le coeur, apparaît comme la coupable idéale. Dès lors, entre fureur et secrets de famille, s'enclenche une spirale de folie et de violence à laquelle il sera difficile d'échapper... Multipliant les points de vue, Andrea Donaera construit un roman polyphonique d'une rare puissance, maîtrisant de main de maître une narration tout en tension qui explore au plus près les sentiments cachés, la perte de l'innocence et la part d'ombre en chacun de nous.
Andrea Donaera (Maglie, 1989) vive a Bologna. È laureato in Scienze della Comunicazione presso l’Università del Salento, dove è segretario del Centro di ricerca “PENS: Poesia Contemporanea e Nuove Scritture”.Dal 2016 dirige la collana di poesia Billie della casa editrice ‘Round Midnight. È il direttore artistico del festival letterario “Poié” di Gallipoli, e del Festival della poesia dialettale “Oju lampante”. Dal 2017 collabora con il magazine di approfondimento culturale “Midnight”, curando la rubrica Urban dedicata alla giovane poesia italiana. Ha pubblicato alcune raccolte di poesia. Io sono la bestia è il suo primo romanzo.
Ritmo incalzante, struttura a più voci e linguaggio che attinge dalle radici del Salento sono le caratteristiche principali di questo romanzo impietoso sul lato animalesco dell’uomo. Mimì, boss della Sacra Corona, viene colpito dal suicidio del figlio sedicenne. Il dolore lo annienta, com’è naturale. In lui, però, si incanala in un terribile desiderio di vendetta. La violenza, che ha caratterizzato la sua vita fin da bambino, trabocca e invade le pagine. Distrugge definitivamente anche quel barlume di umanità che il padre non era riuscito a eliminare, “la gobba che c’ho sulla schiena: è la vita che lui mi ha ricacciato dentro. Con colpi violenti me l’ha ricacciata dentro. E la vita mia voleva schizzarsene fuori [...] Ed ecco la gobba. Ed ecco io. ‘Sta bestia”. Da qui, mentre le voci degli altri personaggi si alternano dando corpo alla storia, il delirio di Mimì si fa ululato, ringhio, lamento di bestia ferita. Nessuna pietà. Il suo mondo è il nulla, la famiglia “un presepe rotto”. “Basta” è la parola che riassume quello che sente, la voglia di un nero totale e assoluto che copra la macchia lasciata dal corpo inanimato del figlio. Atroce, crudele e spietato, il racconto si avvia verso un finale di sangue, da cui anche i sopravvissuti usciranno annientati.
Un romanzo a forte impatto emotivo, con una scrittura intensa, che ha i colori della terra, il Salento, in cui la storia è ambientata.
Mimì è un boss della SCU (Sacra Corona Unità): il suicidio del figlio Michele gli scardina il cuore e fa fuoruscire la bestia che è in lui.
Il motivo del suicidio pare sia da collegare a Nicole, la fidanzata di Michele: una ragazzina del liceo. Nicole sarà rinchiusa in un casolare dove ci sarà Veli a sorvegliarla.
Un romanzo corale, in cui gli eventi precipitano nella tragedia.
“Essere di nuovo come prima: un niente, con uno schermo nero nella testa. Questo vorrei. Mi fa male. Tutto. Mi fa male la mia vita in tutto il corpo. Non sono mai stata così intontita. Ma mi sembra pure che non sono mai stata più licenze di così. E lucidamente capisco: sono sola, adesso. Sola, in questo dolore che non capisco è che nessuno può capire. Qui, immobilizzata intontita. Forse così quando si sta per morire. Forse sto meglio morire. Magari.”
Intenso, originale, poetico, così trasudante di Salento. Belle le poesie di Emanuele Trevi!
Non riesco a trovare un solo difetto a questo libro. La struttura del romanzo si basa sull'alternanza di quattro voci, che vengono rese perfettamente credibili e realistiche dalla scrittura di Donaera. Devastante la potenza dei personaggi e il modo in cui l'autore riesce a costruirli, senza mai cadere nei cliché e nei luoghi comuni (rischio possibile in quanto si tratta di una narrazione che ha come sfondo la Sacra corona unita). Libro che consiglio vivamente, di un'umanità straziante.
"Io sono la bestia" è un romanzo oscuro come i fatti di cui narra, claustrofobico come la prigionia di Nicole e Veli, asfissiante come la furia cieca di Mimì. Immobile e duro come quella pietra con cui, centinaia di anni fa, sono state costruite le case e le chiese più vecchie del paese, è in grado di sgretolarsi sotto gli occhi del lettore per insegnargli, in ottemperanza al famoso proverbio, come "la mela non cada mai troppo lontano dall'albero" e come, nella vita, tutto torni.
In casa Trevi, dopo la morte di Michele, non è più la stessa cosa. Mimì, il padre, è disperato, ma qualcuno pagherà per questo dolore, la #sacracoronaunita farà giustizia...
È un romanzo sconvolgente, brutale, angosciante, raccapricciante, in cui il male non sembra avere un limite! A fare da sfondo alla storia è la Sacra Corona Unita, un'organizzazione criminale pugliese di connotazione mafiosa. Ma non è solo un racconto di mafia, di regolamento di conti, di violenza, è molto di più: Andrea Donaera è bravissimo a mostrare la "bestia" che ciascuno di noi porta dentro e che si alimenta con il male ed il dolore. A ciascuno di noi basta poco per diventare bestia: una parola offensiva, una cattiveria, uno schiaffo, un torto e facilmente possiamo ferire chi ci sta intorno. La trama si articola ruotando intorno al punto di vista di quattro personaggi, che analizzano la vicenda in modo personale e lasciano trasparire i propri sentimenti e stati d'animo, in particolar modo due di loro che raccontano e si raccontano in prima persona. Lo stile è particolare e si adatta al personaggio protagonista dei vari capitoli: frasi brevi, parole ripetute che ribadiscono più volte lo stesso concetto, per il boss mafioso Mimì, trasmettendo chiaramente l'ansia, l'inquietudine, l'ossessione che lo attraversano; una forma meno stringata e più poetica per Veli il carceriere. Nei dialoghi è presente il dialetto, ma anche nella narrazione vi sono intercalare che lo riprendono: una scelta che permette al lettore di vivere ancora più intensamente e realisticamente la vicenda narrata. Il libro genera molta suspense ed aleggia sempre un "non detto" da scoprire, che alimenta la curiosità del lettore: i fatti, così come i personaggi, vengono svelati poco alla volta. Tra le pagine si ritrovano anche delle poesie, attribuite all'unico personaggio che non può più parlare ed esprimersi, ma che continua a condizionare la vita di tutti i familiari. Alcune scene sono molto forti, violente, sanguinose e arrivano come un pugno nello stomaco. Molto interessante il comportamento del boss mafioso che ricalca alla perfezione il fatto che non esista il perdono e che chi sbaglia debba pagare. Un libro potentissimo che sarà difficile dimenticare!!!
Leggendo questo romanzo mi sono trovato davanti ad un ottimo contenuto espresso in modo a mio avviso insopportabile. Riguardo alla trama c'è poco da dire: gli eventi sono pochi e prevedibili (se siete interessati a leggere questo libro solo per la trama, non sforzatevi di comprarlo, leggete la sinossi e siete a posto). Tuttavia, il focus del romanzo non è certo sugli eventi. L'autore si concentra sul descrivere le emozioni dei personaggi, sul modo in cui le tragedie accadute corrompano la loro psiche. Vedere come i protagonisti vengono lentamente logorati è tanto intrattenente quanto doloroso. Purtroppo, la pecca più grande del romanzo è lo stile di scrittore dell'autore. A qualcuno potrà sicuramente piacere, ma personalmente detesto le prose che cercano in ogni modo di avvicinarsi alla poesia. Per gran parte del romanzo ho trovato il tutto a dir poco pretenzioso. Gli errori di grammatica sono più che presenti e, se li ho apprezzati nei dialoghi (a mio avviso utili ad aumentare il realismo dei discorsi), li ho trovati estremamente fastidiosi nelle descrizioni e nei pensieri. Stessa cosa vale per le ripetizioni di intere frasi: sono utili per enfatizzare la follia dei personaggi, ma la terza volta che leggi la stessa frase in due righe inizi veramente ad addormentarti. "Io sono la bestia" mi è piaciuto, ma lo avrei apprezzato molto di più se solo fosse stato scritto in modo diverso. Consigliato a tutti gli amanti delle tragedie familiari, dei racconti che scavano a fondo nella psiche dei personaggi e a chi ama le prose che si avvicinano alla poesia.
PS: il racconto è molto violento, e non solo a livello fisico. Di scene disturbanti ce n'è a bizzeffe, quindi, se non avete il pelo sullo stomaco, evitate di leggere questo libro.
Non il mio genere di scrittura: troppa enfasi, per giunta ininterrotta dalla prima all'ultima pagina, troppa punteggiatura; sinceramente l'ho trovata goffa e per niente poetica. Non il mio genere di storia: troppe atrocità accocchiate insieme e stratificate, da un certo punto in poi quasi farsesche, grottesche, macchiettistiche; non ne ho colto, se c'era, il senso. Non condivido (ma forse per ragioni territoriali) l'idea semplicistica della mafia come esplosione di violenza senza criterio (purtroppo dalle mie parti il criterio c'è, e per giunta è scrupolosamente applicato) e l'immagine caricaturale del boss. Resta comunque un'idea carina, un libro leggibile. Due stelline.
Romanzo con una struttura particolare, a più voci e con narrazione sia in prima che in terza persona. Il ritmo è abbastanza serrato, almeno per quanto riguarda certe parti e lo stile è funzionale per distinguere tra le varie voci narranti.
Fino a circa metà del libro non sapevo come metabolizzare questo ritmo, l'angoscia profonda, la violenza, poi ho smesso di preoccuparmi e di fare resistenza. Il giudizio finale è più che positivo e credo sia il genere di libro che può indurre alla riflessione anche e soprattutto dopo aver concluso la lettura.
Se siete alla ricerca di un romanzo breve ma estremamente potente, che vi sconvolga profondamente, allora "Io sono la bestia" è il libro giusto. Feroce, spiazzante, colmo di rabbia e sete di vendetta, questo romanzo trascina il lettore durante tutta la narrazione e lo tiene incollato alle pagine, senza via di scampo. La storia è ambientata a Gallipoli nel 1994, i protagonisti di questa vicenda sono quattro ed il romanzo ha una struttura corale, a più voci, per cui ogni capitolo è scandito dal nome del personaggio di cui si parlerà. Mimì è il boss del territorio ed è folle di dolore e cerca vendetta, perché suo figlio, Michele, si è suicidato buttandosi dal settimo piano di casa. Il romanzo si apre dunque con questo dramma e il lettore si trova immediatamente a contatto con il dolore dei personaggi. All'interno della narrazione, si susseguiranno vicende che mineranno la stabilità di tutti e quattro i personaggi principali, che ruotano tutti attorno alla figura di Mimì. In genere, non amo i romanzi corali perché molto spesso, le relazioni che intercorrono tra i personaggi sono confusionarie, ma in questo libro è impossibile confondersi, poiché la struttura della narrazione procede seguendo le vicende di questi protagonisti che entrano immediatamente in relazione con il lettore. "Io sono la bestia" ci mette di fronte alle nostre paure più recondite e ci lascia riflettere sul significato della vita, sugli affetti e le relazioni familiari disfunzionali. É abbastanza semplice, all'inizio del romanzo, comprendere a chi si riferisca il titolo, chi sia la "bestia", tuttavia, leggendo il libro fino alla fine, si comprende come il titolo sia una metafora che racchiude più di un significato. É un romanzo che mi ha molto sorpresa e mi ha tenuta con il fiato sospeso durante tutta la lettura, ma oltre alla narrazione in sé, quello che mi ha veramente colpita è stato il lessico utilizzato da questi personaggi, poiché la scelta sapiente di Donaera, ci permette di entrare in relazione con tutti e quattro i protagonisti di questa storia. Il linguaggio vissuto come ponte e non solo mezzo per comunicare. Un romanzo feroce, come dicevo, e che consiglio a tutti, in particolar modo a chi vuole rimettersi in relazione con la "bestia" che si annida dentro ognuno di noi.
“Niente può essere uguale a prima se sulla strada davanti a casa c’è la macchia lasciata da tuo figlio. O da tuo fratello.” Un settembre caldo. Un settembre che sembra agosto. Non si può respirare. Soprattutto se la sala di casa tua è piena di gente. Di gente e di una bara. Una bara che contiene un corpo. Il corpo del figlio tuo. Tuo figlio, Michele. Quindici anni. Michele che si è gettato dal settimo piano. E ora la casa è piena. La bara è piena. Sulla strada una macchia densa e cupa del figlio tuo. E nel tuo cuore niente più. Non è dolore no, è qualcosa di diverso. Mimí, a capo della Sacra Corona Unita, marito e padre di due figli Arianna e Michele, deve affrontare questo. La morte del figlio suo. Il suo suicidio. Non riesce a pensare ad altro. Si sente padre soltanto a lui. Soltanto di Michele. E deve sapere, capire il perché. E vendicarsi. Sembra che il motivo scatenante sia il rifiuto da parte di una ragazzina della quale il figlio era innamorato: la sequestra e la fa portare in un luogo nascosto dove la consegna a Veli che la deve controllare, sorvegliare. E poi chissà. Un romanzo che si racconta a noi attraverso le voci dei suoi diversi protagonisti adottando di volta in volta un particolare registro di linguaggio che si fa speculare della situazione che ci troviamo a vivere. Un romanzo bello e tremendo. Per il coraggio di raccontarsi attraverso il male che contagioso infetta chi ne è investito. Per chi si sente vivo avvertendo e suscitando la paura negli altri. Alla bellezza facile e spaventosa della forza. Ma anche nella tenerezza che sboccia e irrompe nel buio, nel sudicio, nella mancanza di libertà, sicuramente alimentata da una paura che si ha bisogno di tenere a bada. Un romanzo nero nei sentimenti che ti frammenta pagina dopo pagina sperdendoti in una storia terribile lasciandoti aggrappata ai particolari. Nel buio di una bara. Nella consistenza di una macchia che non si può cancellare. Dietro la porta, scrutando dentro ad un bagno dello stadio. In una lama affilata dentro ad un sacco nero. Nella terra rossa e polverosa che nasconde agli occhi ma non al cuore. Bello. Davvero🖤
Se la protagonista è una violenza cieca, quello che veramente è centrale è il dolore. La bestia agisce senza guardare in faccia la disperazione di chi attacca, senza guardare l'affetto, la vicinanza, i legami; è animalesca, irrazionale, segue le orme di chi l'ha preceduta; quello che ha visto fare quando era un cucciolo, quello ripete, feroce, ferale. Una sola cosa la rende umana: il dolore, tanto dolore, permanente, sotteso e, soprattutto, non un dolore del corpo. La bestia agisce e soffre, è ferma e soffre, da sempre soffre; la sua mente desidera la propria fine, il suo istinto la spinge ad uccidere.
In questo libro c'è, indubbiamente, tanta violenza, ma non è un libro violento, è un libro profondamente triste, però di una tristezza che germina e si muta in poesia. Andrea Donaera è un poeta e ha creato un libro che assomiglia ad un canto: ingloba poesia (meravigliosa l'idea editoriale multimediale di scaricare direttamente dal libro il quaderno di poesie di Michele), ma, soprattutto, ha un linguaggio musicale nella prosa, che segue una metrica diversa a seconda di chi, in quel momento, canta la propria disperazione.
Ognuno ha la propria voce, canta a turno il proprio canto...anzi come in una tragedia greca (del resto quanta Grecia vive nel Salento!) qualcuno "viene cantato" in terza persona, e io immagino il coro, che racconta l'inenarrabile.
Questo libro, bellissimo, richiede attenzione: leggetelo con accuratezza, state attenti ai particolari perché tutti hanno un significato, leggetelo ad alta voce, leggetelo.
Ho avuto il piacere di "incontrare" Andrea grazie a Risme, la mia rivista letteraria. Il racconto che ci ha mandato mi ha lasciato senza fiato. Letteralmente. Era un racconto costruito come un flusso continuo, con un unico punto. Alla fine. Per fare una cosa così o sei molto pazzo o sei molto bravo. "Io sono la bestia" è la conferma. È un romanzo costruito con lo stesso folle genio, un romanzo arrabbiato e poetico, che racconta le dinamiche di dolore e orgoglio di una famiglia della Sacra Corona Unita colpita dal dolore. La famiglia è stata attaccata nel cuore, nel nucleo fondamentale che è il posto occupato dai figli. Il nucleo intoccabile. A questo tipo di dolore si può rispondere solo con una rabbia cieca, una rabbia che diventa ossessione di vendetta. Andrea è bravissimo a raccontarla, la sua scrittura piena di ripetizioni volute e di poesia si piega al volere di questo flagello che mira alla distruzione. Sono arrivata alla fine della lettura sfiancata, sfatta, piena. Per me il romanzo parla della paura bellissima, ma anche del candore, dell'innocenza, della colpa, che è di tutti. Della bestia che abita in Mimì, Veli, Nicole, Arianna, Michele. Della bestia che abita in ognuno di noi.
"[...] Che ormai c'è un vuoto, in quelle loro vite: non si riempie, quel vuoto, perché è il vuoto delle cose morte. E le cose morte non tornano. Restano morte." I promise you: I have been true.
Sono talmente rapita dalla bellezza di questo libro che ormai devo averlo consigliato anche ai lampioni. Scrittura scarna, perfetta, cesellata. Si finisce dentro il mondo della malavita con tutti e due i piedi, ci si trova coinvolti, stretti fra i personaggi. Come se fossimo a teatro (non è un caso che questo libro sia tratto da un'opera teatrale) osserviamo partecipi tutti coloro che, a turno, hanno detto 'io sono la bestia'. I sentimenti sono portati all'estremo, si osserva attoniti l'orrore di chi lava il sangue da terra senza chiedersi se sia giusto o il rapimento di una ragazzina per motivi di vendetta come se questa davvero fosse l'unica forma di giustizia. Donaera è un talento, senza dubbio. Perla aggiuntiva del libro sono le poesie inserite nel libro, a firma di Michele, il protagonista, e anch'esse opera di Donaera, che quindi dimostra di destreggiarsi abilmente sia con la prosa che con i versi. ps Ho avuto modo di fare una splendida chiaccherata con Andrea nel tratto di macchina che separa la mia libreria da casa sua. E' una persona meravigliosa! Per cui se vi capita, seguite le sue presentazioni!
Buona opera prima che, benchè lo stile sincopato tenuto coerente fino alla fine, non convince a pieno. Si vede che ci sono delle potenzialità nell'autore (che sicuramente rileggerò!), ma ciò che mi ha fatto storcere il naso è, purtroppo, la trama, fin dalle sue fondamenta. Senza voler spoilerare, tutto è esagerato, decontestualizzato e sopratutto nulla torna, in un'opera che vorrebbe cadere nel realismo più spietato la sospensione dell'incredulità richiesta al lettore è inaccettabile. Si vede che c'è della qualità, sebbene molto grezza.
Dory - per RFS . Confinati in una prigionia che non sembra avere fine, Veli e Nicole si scoprono e danno vita a un racconto corale e drammatico sullo sfondo di una Puglia brulla e arida, senza via di scampo.
Nicole è finita lì perché colpevole di aver deriso Michele che, al primo sguardo, sembra solo un ragazzino debole, volato dal settimo piano con la sua esigenza di morte per lavare la vergogna, ma che, in realtà, è il figlio di Mimì, un boss della Sacra Corona Unita.
Mimì, disperato per la morte del figlio, ha cercato vendetta, confinando Nicole tra quattro mura in compagnia di Veli, altro prigioniero, fidanzato della figlia del boss, Arianna.
Da questo rapporto tra Veli e Nicole scaturisce la potenza magmatica della scrittura di Donaera: frasi che si mescolano con le assonanze dialettali e che rendono la scrittura fluida e potente, per una storia che è brutalità, è scempio dei sentimenti.
La prosa è feroce, affilata, scorre dritta al punto, nel centro del buio di una storia di disvalori e di crudeltà dove, però, la forza del bene crea crepe, si fa strada.
L’ambientazione è arida, senza il mare della Puglia, senza la delicatezza dell’aria estiva: ci sono case di mattoni millenarie che si sgretolano sotto al peso dei ricordi e del tempo, sterpi, aree desertiche. Tutto questo a sottolineare la crudeltà degli eventi e la loro assenza di emozioni positive.
La scrittura ha volutamente delle risonanze teatrali che rendono il romanzo ancora più ritmato e pungente, l’impianto della struttura è circolare e volutamente aperto nel finale: siamo noi lettori a costruirci la storia, a capire come andrà a finire.
Io sono la bestia è magicamente oscuro, insegna non poche cose ma, soprattutto, una: la forza e l’ineluttabilità del karma, perché tutto, tutto il male e il bene, alla fine, torna sempre indietro.
Un libro che ti lascia un buco dentro, come pochi altri. Una storia intensa che ha un merito in particolare: riuscire a raccontare l’individualità e la complessità di ciascuno dei suoi protagonisti, senza che una storia prevalga sull’altra, che un trauma o un dolore possa inserirsi un una scala. Davvero meritevole.
“Eppure tu dovresti aver capito” “Cosa, Michele?” “Chi è la bestia”
Un romanzo corale a 4 voci, dove il racconto dal punto di vista di ogni personaggio risulta credibile grazie allo stile di scrittura di Donaera. È una scrittura ritmata e incalzante, caratterizzata dal linguaggio salentino (cosa che ho amato, mi è sembrato proprio di respirare l’aria di casa mia), che ti tiene incatenato alla lettura di questo romanzo nero, dal quale nessuno dei personaggi esce indenne, forse nemmeno chi legge.
Mi è piaciuto nonostante i continui flussi di coscienza, un romanzo diverso dai soliti che leggo ma con una grande potenza. Direi che è una storia violenta, per com'è scritta e per cosa racconta, e che pian piano ti assorbe e ti sembra di navigare nello stesso schifo di alcuni dei personaggi. È (stato) un esordio coraggioso, dissonante, molto bello
Un’opera teatrale a tutti gli effetti; dove i protagonisti si alternano utilizzando un linguaggio originale ed incisivo che vivacizza il colloquio. I personaggi sono dipinti in maniera nitida ed efficace caratterizzandone i dettagli e la personalità. Mimì, uomo brutto fuori e indegno dentro è il patriarca intorno a cui gira un microcosmo avvelenato e malato. Persone che non riescono ad evadere dal pozzo in cui sono scivolate e forse nemmeno provano a farlo. L’inizio drammatico si svolge con vari colpi di scena che mantengono alta la tensione destando continuamente attenzione agli sviluppi. Impossibile descrivere gli svolgimenti senza rischiare di svelare dettagli importanti agli effetti della sorpresa, dunque meglio insistere sulla capacità dell’Autore di saper gestire l’adrenalina in una lingua originale, primitiva quanto efficace evocando scenari di vita quotidiana in un ambiente asfittico e insalubre da sottocultura mafiosa. Nonostante un linguaggio di difficile ideazione ma di efficacissimo effetto scenico la storia si srotola senza sbavature fino ad un epilogo dove il sangue scorre e si rapprende sulla sabbia arida di un far west nostrano abbandonato al suo destino riuscendo ad evocare un senso di bellezza e di giustizia nonostante gli infiniti ostacoli presenti su tutto il percorso. In sottofondo si insinua una musicalità discreta quanto incisiva esattamente come potrebbe fare un motivo struggente e ammaliante che riesce ad alternare momenti di lirica intensa ad altri di ritmicità dura e ossessiva seducendo continuamente chi assiste allo spettacolo.
Non riesco a dire altro mentre i miei occhi rimangono incollati alle pagine che scorrono veloci nonostante l'ostacolo posto da un linguaggio dialettale che a volte mi fa inciampare. 《Basta》 Non riesco a pensare ad altro mentre assisto, lontana spettatrice, a un'inutile strage. 《Basta!》 Ora questa parola è un urlo che s'innalza al cielo insieme a quello di Mimì, di Nicole, di Michele, di Veli e di Arianna. Loro, le pedine di un mondo che non riesce a tenere insieme i propri pezzi. Vorrebbero ricomporsi ma non ci riescono. 《Basta》 Perché fa male, fa molto male restare insieme a Nicole e Veli, rinchiusi in un'isolata casa nelle campagne salentine, in attesa di Mimì, il boss, l'angelo della morte della Sacra, padre devastato dal dolore. Poi ci sono loro, i due fratelli, Arianna e Michele, i due cuccioli di quella spietata e folle bestia. 《Io sono la bestia》 Ritornello e titolo di un libro potente e doloroso. Leggete questo romanzo, leggetelo con il fiato sospeso e con la paura che piano, piano prende il sopravvento com'è successo a Michele, a Nicole, a Veli e a Mimì. Sì, anche Mimì ha paura, ha paura di un'ombra. Non si può dire altro di questa storia che aderisce alla pelle del lettore obbligandolo a urlare. 《Basta! Basta!》
Andrea Donaera ha messo insieme le voci e i flussi di coscienza del protagonista, Mimì, e dei comprimari, strutturando sapientemente una storia corale sulle atrocità dell'essere umano, utilizzando un lessico arricchito da termini dialettali e costruzioni sintattiche che hanno il pregio di catapultare il lettore in un vortice di sensazioni d'angoscia e sofferenza. Vendetta o espiazione? Follia o cosciente negazione del proprio essere? Mimì è il male assoluto che travolge ogni cosa, fino all'epilogo finale, senza vinti e vincitori. Una lettura da pugno nello stomaco, bellissima.
Libro stupendo in cui il vero protagonista è il linguaggio usato, la prosa poetica di Andrea Donaera che riesce ad essere allo stesso tempo molto godibile e straordinariamente raffinata, viscerale e controllatissima. Forse non è una lettura per tutti e per tutti i momenti, sicuramente chiede un grado di immersione in un mondo linguistico molto particolare che può essere ostico a volte, ma ora per me la lettura di questo libro è stata illuminante e mi ha aperto a possibilità narrative che avevo dimenticato.