"Tempeste atmosferiche e ormonali, ritmi del corpo e delle stagioni, genio dei luoghi e delle ore del giorno, investigazioni sulla fisica della materia e dell'immateriale: di tutto questo, della buona e della cattiva sorte in amore e in ogni economia della felicità, Patrizia Cavalli fa in poesia Scienza e Teatro. (...) Sempre di più col tempo si capisce che queste poesie sono fatte per illuminare e conoscere, perché in ogni ansia e ombra, in ogni percezione e passione c'è un enigma da indagare." (Alfonso Berardinelli) "Occorre rovesciare puntualmente per Patrizia Cavalli i luoghi comuni e le categorie consuete della critica: lievità epigrammatica, diario privato, canzoniere amoroso. L'operazione che si compie non è lieve, ma aspra e "petrosa"; non è monodica e privata, ma corale e pubblica; non riguarda tanto l'amore quanto la fisiologia e l'etologia di un corpo primordiale. (...) Questo poeta disincantato e quasi preistorico, maestro incomparabile dei metri e delle rime interne, sovranamente privo di scrupoli morali, è riuscito a ritrovare l'unità di parola e forma di vita che gli antichi chiamavano musa e ha scritto la poesia più intensamente 'etica' della letteratura italiana del novecento." (Giorgio Agamben) In questa nuova raccolta le poesie brevi hanno quasi la funzione di un coro che, con voci intonate e a volte discordi, si muove attorno alle composizioni più ampie, tra cui il poemetto in forma drammatica "Tre risvegli" e la lunga poesia di chiusura che dà il titolo al libro.
Patrizia Cavalli (Todi, 17 aprile 1947 – Roma, 21 giugno 2022) è stata una poetessa e scrittrice italiana. Si è distinta fin dagli anni Settanta per una poesia molto legata all’ esperienza personale, a partire dal primo volume di versi Le mie poesie non cambieranno il mondo (1974), dedicato a Elsa Morante. Infatti è proprio la scrittrice romana, che Patrizia ha occasione di conoscere durante gli studi di filosofia, a scoprire in lei la vocazione per la poesia.
Seguono altre raccolte di successo: Il cielo (1981), Poesie 1974-1992 (1992), L’io singolare proprio mio (1992), Sempre aperto teatro (1999) con cui vince il Premio Letterario Viareggio-Repaci, e Pigre divinità e pigra sorte (2006), vincitore del Premio Dessì. L’ultima raccolta è Datura (2013).
Alcuni suoi testi sono apparsi in varie riviste, tra cui «Paragone», «Linea d’ombra», «Nuovi Argomenti», «Marka» e «Leggere». Nel volume Narratori delle riserve, curato da Gianni Celati, compare il suo racconto Ritratto.
Così belle, queste poesie solo in apparenza slegate e diverse per lunghezza e peso. Alcune brevissime, epigrammatiche o allitteranti ai limiti della filastrocca. Altre più elaborate e ambiziose, in forma di poemetto recitato con tanto di coro (ah, Laforgue... è dai tempi di Carmelo Bene che nessuno ti cita più!) o riflessioni sulla patria, addirittura. Eppure Cavalli riesce, in tutte, a rivelarci con la precisione distaccata di un fulmine e insieme con una sorta di partecipe, ironico disincanto, stati d'animo segreti, sensazioni corporee, fisiologie amorose, vagabondaggi interiori, una serie insomma di anticlimax, divagazioni, momenti minori che, illuminati improvvisamente dai suoi versi, ci appaiono finalmente nella loro vera luce di basso continuo delle nostre esistenze, sì da farci riconoscere sbalorditi che non l'avevamo mai notato e ancora meno avremmo saputo descriverlo ma sì, davvero, è proprio così che accade, è proprio così che ogni giorno, inconsapevolmente, si vive.
... Capita, a volte che hai un mezzo pomeriggio in una delle tante belle città italiane di provincia. Vai dove devi andare, non hai voglia di fare la turista, e anzi scegli stradine laterali, senza gente; camminando t'imbatti in uno slargo con una chiesa, di quelle un po' neglette, spesso chiuse; sei già in ritardo ma guardi la facciata che sonnecchia, e subito i tuoi passi si allentano, si disfano, si fanno trasognati finché non resti immobile a chiederti cos'è quel denso concentrato di esistenza sorpresa dentro un tempo che ti assorbe in una proporzione originaria. Più che bellezza: è un'appartenenza elementare, semplice, già data. Ah, non toccate niente, non sciupate! C'è la mia patria in quelle pietre, addormentata. ...
Patrizia Cavalli ci ha lasciati a giugno 2022. Einaudi martedì ha pubblicato l’ebook di questa raccolta pubblicata nel 2013.
Partiamo dal titolo: “Datura”. Questo può essere inteso come il participio futuro femminile del verbo dare, nel senso di ciò “che si darà". Oppure datura è il nome di una pianta spinosa e medicinale, dagli effetti anche allucinogeni.
Propongo una selezione.
“Ostinarsi a far parlare il nulla a cercare parole che non hanno voglia frequentare il deserto senza voce senza respiro, macchie di ruggine – magari! – senza arnesi perduti nella sabbia – magari! – un deserto senza sabbia senza caldo senza freddo senza scoppi di luce al buio – magari magari! – mangiare un pezzo di pizza – magari! – Masticare. Faccio finta. Che meraviglia essere in vita, ci si può persino lamentare.”
“A questo punto si vada alla radice, si tagli via la sua avventizia desinenza ed esca allo scoperto, bello compatto, il padre. Niente piú foglie qui mosse dal vento, niente piú rami e rametti spensierati, ma un tronco spoglio, un grande tronco saldo tutto riattorto in nodi di potenza: padre di ferro che mena a dritta e a manca, padre di ferro che stritola e guadagna.
Io vado, tu no, egli va. Chi resta l’applaude? Mi sa.”
“Un altro è il mio progetto, la mia ambizione è accogliere la lingua che mi è data e, oltre il dolore muto, oltre il loquace suo significato, giocare alle parole immaginando, senza un’identità, una visione. Come di fronte a un fiore di datura, a quel suo giallo non propriamente giallo, crema piuttosto, la stessa crema che ha la pesca bianca, con brividi di verde trasparente, ma delicati, piccoli, il modo di morire al terzo giorno o meglio, di seccarsi plissettandosi, pelle di daino, straccetto, guanto, ala di pipistrello acciaccato, riccioli, rostri, questa bellezza propriamente sua, che tutto ciò in se stesso non ci pensi neppure alla lontana a poter essere una soltanto di tutte queste cose, che dipenda da me la sua apparenza, che ne sia io la sola responsabile, questa è la gioia fiera del mio compito, qui è il mio valore. Io valgo piú del fiore.”
O sogno vero, più vero del mio giorno, come morbidamente io mi accomodavo dentro il cedevole incavo del tuo collo che in morbidezza offrendosi trovava me pronta a trasformarmi in quel sogno più vero di ogni mio più vero giorno! Ma eravamo troppo perfettamente in due, non posso aver fatto tutto io da sola! E' chiaro, sei tu che hai organizzato, tu che per farti sognare mi hai sognato.
--- E se mi guardi davvero e poi mi vedi? Io voglio che stravedi non che vedi!
--- Se perdo è giusto che io non sia amata. Perdo perché non sono amata. Perdo. Faccio apposta a perdere. Ho le mie buone ragioni. Se perdo soffro di perdere, quindi sono spregevole. Non sono amata perché sono spregevole. Sono spregevole, non ho speranza di essere amata. Giocare è spregevole.
-- Che qualcosa di me possa valere, dopo di me, anche solo cinque lire più di me, mi è insopportabile. Io voglio quel che valgo qui con me.
"E se mi guardi davvero e poi mi vedi? Io voglio che stravedi non che vedi!"
Leggere Patrizia Cavalli è sempre una esperienza ricca di suggestioni ed emozioni. Le raccolte sono difficili, la diversità è la varietà stilistica e di formato possono spiazzare. Ma Cavalli restituisce immagini e parole che danno un senso a quello che si legge. Magnifico il breve poema. Illuminante la lunga poesia finale.
"Ma io non voglio andarmene così, / lasciando tutto come ho trovato / in questa scialba geografia che assegna / l’effetto alla sua causa e tutti e due consegna / all’umile solerzia dell’interpretazione. / Un altro è il mio progetto, la mia ambizione / è accogliere la lingua che mi è data / e, oltre il dolore muto, oltre il loquace / suo significato, giocare alle parole / immaginando, senza un’identità, / una visione."
Potrei decidere di entrare nel liquame di sciogliermi anch'io tutta in liquame, non piú pallido sangue che mi chiude ma sciatta comunione che raccoglie quell'infinita conforme moltitudine che occupa le strade senza requie.