Madrid. 18x11 cm. 256 p. Encuadernación en rúst. de editorial. Colección 'Clásicos españoles' .. Este libro es de segunda mano y tiene o puede tener marcas y señales de su anterior propietario. 9788441000018; 8441000018
Gustavo Adolfo Domínguez Bastida, better known as Gustavo Adolfo Bécquer, was a Spanish post-romanticist writer of poetry, short stories, and nonfiction now considered one of the most important figures in Spanish literature. He adopted the alias of Bécquer as his brother Valeriano Bécquer, a painter, had done earlier. He was associated with the post-romanticism movement and wrote while realism was enjoying success in Spain. He was moderately well known during his life, but it was after his death that most of his works were published.
He is best known for his intimate, lyrical poems and for his legends; more importantly, he is remembered for the verbal decor with which he impregnated everything he wrote. A Romantic poet above all else, Bécquer infused every single line he wrote with sensorial intensity, and his Legends still serve today as some of the most brilliant examples of prose poetry. Always including elements of the supernatural, Bécquer imbued his legends with a gothic sensibility, depicting gnomes, ghosts, enchanted fortresses and monasteries, and men and women who succumb to vanity or desire.
Other lesser-known, but none less valuable, works include his "Cartas Desde mi Celda" ("Letters from my Cell") and "Cartas Literarias a una Mujer" ("Literary Epistles to a Woman") which adopt an intimate, contemplative style similar to Thoreau in "Walden." Here we find him ruminating at length on the subjects that characterize his poetic works: love, the purpose of art, folklore, the seductive pull of ancient ruins--and, of course, women.
An essential figure in the canon of Hispanic letters, and an obligatory reading in any Spanish-language High School, he is today considered the founder of modern Spanish lyricism. Bécquer's influence on 20th century poets of the Spanish language is felt in the works of poets such as Octavio Paz, Giannina Braschi, Antonio Machado, Juan Ramón Jiménez, Pablo Neruda and many more.
Escapismo del bueno, chavales. Romanticismo gótico: amadas etéreas, fantasmas, violines, nieblas, pétalos de rosa... ¿Existían acaso estos clichés antes de que Bécquer los pusiera en su sitio? Seguramente, jeje. Pero, mira, anda, deja eso y ponte a leer este libro, que te va a gustar, hazme caso.
Clásico de la literatura española al que se debería dar más valor y promoción. Todo lo que escribió Bécquer está lleno de calidad, de pasión,... Una lectura para hoy y para siempre.
Bécquer es uno de los mayores exponentes del romanticismo en español, sus rimas son un ejemplo a seguir en cuanto a la transmisión de sentimientos y a la utilización de recursos y licencias poéticas. En sus letras se observan todas las temáticas que hacen de su obra un claro ejemplo del movimiento romántico: el amor, la naturaleza, los misterios del mundo/humanidad, las emociones, etc. Además, sus rimas siguen una línea de tiempo y evolución que se ve muy marcada por momentos dramáticos que vive Gustavo. Aunque el autor es indiscutiblemente conocido por las rimas, sus leyendas no se quedan atrás, son expresiones bellísimas de narrativa que saben atrapar al instante. Este libro nos presenta La corza blanca y El beso, ambas leyendas coinciden en tener un toque de fantasía que las hace bastante especiales, y la creación de los personajes y la ambientación es de lo más fascinante. Bécquer también es conocido por sus cartas y ensayos, aunque en menor medida, y ya tengo ganas de probarlo en ese ámbito. Obviamente este es un libro y un autor que recomiendo sin ninguna duda, es de mis favoritos.
Se Gustavo Adolfo Bécquer può essere considerato il simbolo di qualcosa, allora è il simbolo di un ritardo. Considerato il massimo esponente del romanticismo spagnolo, dimostra appunto il ritardo estremo con cui tale movimento è penetrato nella penisola iberica, non solo rispetto a Inghilterra e Germania (come ovvio), ma anche in confronto ad altri romanticismi “tardivi” come il francese, l'italiano e il russo. Quando Bécquer nasce (1836), Victor Hugo ha già pubblicato venti (20!) libri tra opere poetiche, drammi, romanzi e saggi; quando ha un anno muoiono Puškin e Leopardi; quando ha due anni viene pubblicata La Comédie de la Mort di Théophile Gautier, forse la prima opera poetica che il romanticismo cerca di lasciarselo alle spalle (certo essendo ancora intrisa di quella temperie, ma con un tono mortifero e un ritmo voluttuoso che sono un anticipazione di Baudelaire e dei simbolisti). Si capisce bene che quando il poeta spagnolo arriva in età di scrittura, attorno alla fine degli anni '50 del XIX secolo, più o meno nello stesso periodo in cui si pubblicavano I fiori del male, il romanticismo appare ormai nel resto d'Europa come un momento passato, per quanto ancora influente. Che invece Bécquer scriva ancora in modo totalmente romantico, a volte addirittura preromantico (le prime rime sembrano quasi rifarsi allo Sturm und Drang), non gioca certo a suo favore, e spiega perché egli sia un classico in Spagna e America Latina, ma poco conosciuto fuori dai propri confini linguistici. Non è però tanto il ritardo che mi ha fatto scarsamente apprezzare queste rime, ma è la loro impostazione (di cui comunque il ritardo è probabilmente scaturigine): tutto appare come un enorme cliché, un'imitazione di quelli che sono i canoni della poesia romantica che arriva a sfiorare la parodia (involontaria, si presume). Il fatto che una delle poesie più conosciute rechi la dicitura «Imitación de Byron», in questo senso, dice molto. Bécquer appare quasi sempre come un artigiano del romanticismo nato troppo tardi per poter usare l'inventiva con i materiali che gli sono dati. C'è da dire che il dato biografico non aiuta (al di là dell'anno di nascita, voglio dire): le poesie di Keats, di Hölderlin, di Shelley, di Leopardi, di Puškin, sono meravigliose non solo per il loro fare poetico, ma anche perché intrise della sofferenza che tutti questi esseri umani avevano, per un motivo o per l'altro, provato sulla propria pelle. In Bécquer questa stessa sofferenza, quando c'è, appare posticcia, una posa che il poeta si dà proprio per caricarsi dell'aura poetica. Il risultato suona al lettore come falso, artificioso, precario. Se dovessi scegliere la poesia che più caratterizza l'autore, dunque, sceglierei la Rima XXI, non perché la più bella (è comunque tra le più celebrate e riprodotte), ma la più esplicativa di come in poesia si faccia presto a cadere nel cliché. Per me la Rima XXI è puro luogo comune:
¿Qué es poesía?, dices, mientras clavas en mi pupila tu pupila azul, ¡Qué es poesía! ¿Y tú me lo preguntas? Poesía... eres tú. **** Cos'è poesia?, dici, mentre pianti nella mia pupilla azzurra la tua pupilla azzurra, Cos'è poesia! E sei tu a chiedermelo? Poesia... sei tu. [traduzione mia fatta molto di fretta, chiedo venia, mi interessava trasmettere in questo caso solo il significato, non tanto il ritmo o il suono, che infatti nel secondo verso sono andati a farsi benedire.]
In un libro che raccoglie sia poesie (Rimas) sia prose (Leyendas) mi sono soffermato quasi esclusivamente sulle prime perché più emblematiche dell'artista Bécquer, in genere considerato molto più un poeta che un prosatore; rimane da dire che neanche i “racconti” mi sono piaciuti granché; mi ci dilungherò quando avrò tempo, se mai avrò tempo, per ora basti certificare che almeno qui in qualcosa ci si allontana dal romanticismo: nel bigottismo. Un racconto così potentemente baciapile come La rosa de Pasión dà fastidio non tanto (non solo) perché antisemita, ma soprattutto perché divide in maniera manichea: non c'è dissidio, solo conflitto tra due fazioni, e al lettore non resta altra scelta che tifare i buoni (i cristiani) mentre agli ebrei è destinato il ruolo delle carogne violente. Siamo oltre la metà dell'Ottocento e gli altri romantici si erano già distinti per l'apertura mentale (a volte anche farlocca, allucinata, compiaciuta, esagerata, ma tant'è). Non servirebbe aggiungere altro, ma ci si potrebbe chiedere perché due stelle e non una, allora. La risposta è nella Rima XLII, un fiore nel deserto di elevatissimo splendore.
Si Gustavo Adolfo Bécquer puede considerarse el símbolo de algo, entonces es el símbolo de un retraso. Considerado el máximo exponente del romanticismo español, testimonia precisamente el extremo retraso con que este movimiento penetró a la península ibérica, no solo con respecto a Inglaterra e Alemania (por supuesto), sino también comparado con otros romanticismos “tardíos” come el francés, el italiano, el ruso. Cuando Bécquer nace (1836), Victor Hugo ya ha publicado veinte (20!) libros, entre obras poéticas, dramas, novelas y ensayos; cuando tiene un año, mueren Pushkin y Leopardi; cuando tiene dos años, se publica La Comédie de la Mort de Théophile Gautier, tal vez la primera obra que entente dejar atrás el romanticismo (sí, todavía siendo cargado de aquel clima cultural, pero con un tono mortífero y un ritmo voluptuoso que ya son una anticipación de Baudelaire y de los simbolistas). Se ve perfectamente que cuando el poeta español llega a la edad de la escritura, a fines de la década de los '50 del siglo XIX, más o menos en el mismo período en que se publicaron Las flores del mal, el romanticismo en el resto de Europa ya resulta un momento pasado, aunque todavía influyente. Que Bécquer en cambio aún escriba de manera totalmente romántica, a veces incluso prerromántica (las primeras rimas casi parecen basarse en el Sturm und Drang), no tiene buena pinta, y explica por qué él es un clásico en España e Hispanoamérica, sin embargo poco conocido fuera de sus fronteras lingüísticas. Pero no es el retraso que me hizo apreciar escasamente estas rimas, sino su impostación (de todas formas posiblemente procedente del retraso): todo se parece a un enorme cliché, una imitación de los cánones de la poesía romántica que de vez en cuando llega a rozar la parodia (supuestamente involuntaria). El hecho de que uno de los poemas más conocidos vaya marcado con la indicación «Imitación de Byron», dice mucho sobre este tema. Bécquer resulta casi siempre un artesano del romanticismo que nací demasiado tarde para poder usar la inventiva con los materiales que se le dieron. Hay que decir que el dato biográfico no ayuda (es decir, más allá del año de nacimiento): los poemas de Keats, de Hölderlin, de Shelley, de Leopardi, de Pushkin, son maravillosos no solo por su estructura, sino también porque impregnados del sufrimiento que todos esos seres humanos, por una u otra razón, habían experimentado de primera mano. En Bécquer ese mismo sufrimiento, cuando está, parece postizo, una pose que el poeta asume para atribuirse del aura poética. El resultado suena falso, afectado, inseguro. Por lo tanto, si tuviera que elegir la poesía que más caracteriza al autor, elegiría la Rima XXI, no porqué sea la más hermosa (de todos modos está entre las que más se alaban y reproducen), sino la más explicativa de como es fácil caer en el tópico. Para mí la Rima XXI es puro cliché:
¿Qué es poesía?, dices, mientras clavas en mi pupila tu pupila azul, ¡Qué es poesía! ¿Y tú me lo preguntas? Poesía... eres tú.
En un libro que recoge tanto poemas (Rimas) como prosas (Leyendas) me he detenido casi exclusivamente en los versos porqué más emblemáticos del escritor, en general mucho más considerado come un poeta que un prosista; queda decir que tampoco los “cuentos” me han gustado; iré a extender ese tema cuando tenga tiempo, si alguna vez tendré tiempo, por el momento sea suficiente aseverar que al menos en este caso hay algo que se aleja del romanticismo: la mojigatería. Un cuento tan santurrón como La rosa de Pasión molesta no (solo) porque antisemita, sino también porque divide de manera maniquea: no hay altercados internos, solo conflictos entre dos facciones, y el lector no tiene otra alternativa que abogar por los buenos (cristianos) mientras que los judíos están destinados al papel de violentas canallas. Estamos después de la mitad del siglo XIX y los otros románticos ya se habían distinguido por su espíritu abierto (a veces de manera ilusoria, alucinada, complacida, excesiva, pero ahí estaban). Nada más para decir, aparentemente, pero cabe preguntarse por qué dos estrellas y no una. La respuesta está en la Rima XLII, una flor en el desierto de gran magnificencia.
Es para mi una vergüenza absoluta haber ignorado a Bécquer durante tanto tiempo, sombra que he redimido al leer Rimas y Leyendas.
Lo primero sobre lo que uno se abalanza son las Rimas, ejemplos de poesía que por su brevedad reflejan el cuidadoso pulido y acabado de las imágenes que sugieren. Hay poesías que recorren el amor desde su nacimiento hasta su cruel caída y retirada, pasando por su exaltado clímax. No es sólo el amor el tema protagonista, aunque sí es el más patente, pero también hay sitio para el desarrollo de una interioridad o la admiración por la arquitectura o la naturaleza. En todo momento se cuida la métrica y el uso de un lenguaje sencillo pero bellamente adornado que causa una impresión honda en el que la disfruta. Varias han sido mis Rimas favoritas, tantas, que por extensión diré que la práctica totalidad de compendio han cubierto mis expectativas más allá de lo que podía haber previsto. Deliciosas Rimas...
Y las Leyendas suponen un revés inesperado que consiguen empalagarme sin queja aún más de Bécquer. Siempre han ejercido en mí un potente efecto de atracción hacia el misterio que encierran. Recuerdo que la primera Leyenda que leí fue la brillante 'El monte de las ánimas',y el temblor que me dejó en el cuerpo cuando estudiaba en Primaria no ha desaparecido en mí. Aquí se reúnen (al enigmático criterio de los editores) unas cuantas Leyendas que reúnen un abanico de sensaciones medievales y espectrales que están estupendamente narradas y que son equilibradas en cuanto a duración y sencillez, a la vez que cubiertas de bellas superestructuras descriptivas que recuerdan a las Rimas.
Mi favorita, de las que aquí se reúne, es 'La Cruz del Diablo'. También me causaron grata impresión 'El gnomo', '¡Es raro!' y 'El beso', y descripciones de personajes tan completas como la de 'El rayo de Luna'. No obstante, he adquirido un volumen distinto de Leyendas donde aún puedo seguir con la lectura de otros ejemplos no seleccionados para esta edición.
En resumen: admiración absoluta y un sinfín de vibraciones que recojo en no poca cantidad de citas para seguir inspirándome de por vida.
Rimas y Leyendas, de Gustavo Adolfo Bécquer ha sido un libro que me ha sorprendido positivamente. No sabía que esperar de este libro, además lo cogí un poco sin ganas; pero a medida que iba avanzando en la lectura me fue gustando más y más. Es un poco difícil de valorar, puesto que cada rima y cada leyenda es totalmente diferente. Pero en conjunto, me ha gustado mucho. Hay algunas rimas que consiguen transmitir mucho y te meten de lleno en los sentimientos del autor; y leyendas, que te mantienen en vilo con ese aura de misterio, intriga, fantasía... Por tanto, os recomiendo mucho este libro tan completo.
Las rimas son preciosas y las leyendas tienen ese aire gótico que tanto me gusta, mis favoritas son: el monte de las ánimas, los ojos verdes, el rayo de luna, la corza blanca y el beso. Son excelentes
Sí, bueno... yo sabía en lo que me estaba metiendo. Ya había leído Rimas y no fue una lectura que me agradara demasiado. Los versos emanan un rosa que me dejaron ciega; pero bueno, nunca me gustaron los poemas extremadamente azucarados. No es responsabilidad de Bécquer ni de nadie. Seré una cínica de piedra, pero "mi" poesía no pasa solo por los suspiros del amor no correspondido, o correspondido, líquido, gaseoso, sólido, adsadaddf. Ahora que incluí la parte de las Leyendas en mi lectura, considero que, realmente, no volveré a leer a este gran escritor, por mucho tiempo.
Me encanta el Romanticismo, así que he disfrutado mucho de la lectura de Rimas y Leyendas y, en particular, de las tres leyendas que incluye esta edición: El Monte de las Ánimas, Maese Pérez, el organista y El rayo de Luna. Bécquer es inmortal.
Esta vez, prefiero el novelista al poeta: tiene indudable talento para diseñar cuentos fantásticos, pero su poesía me parecía bastante tenue y convencional si no cursí, mientras la leía. ¿Tal vez porque su poesía era una inspiración mayor para las generaciones de poetas futuras?
Citas
RIMAS
'Saeta que voladora cruza, arrojada al azar, y que no se sabe dónde temblando se clavará;
hoja que del árbol seca arrebata el vendaval, sin que nadie acierte el surco donde al polvo volverá;
gigante ola que el viento riza y empuja en el mar, y rueda y pasa, y se ignora qué playa buscando va;
luz que en cercos temblorosos brilla, próxima a expirar, y que no se sabe de ellos cuál el último será
[...]'
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'Los suspiros son aire y van al aire. Las lágrimas son agua y van al mar. Dime, mujer, cuando el amor se olvida, ¿sabes tú adónde va?'
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'Lo que el salvaje que con torpe mano hace de un tronco a su capricho un dios, y luego ante su obra, se arrodilla, eso hicimos tú y yo.
Dimos formas reales a un fantasma, de la mente ridícula invención, y hecho el ídolo ya, sacrificamos en su altar nuestro amor.'
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'Como guarda el avaro su tesoro, guardaba mi dolor; yo quería probar que hay algo eterno a la que eterno me juró su amor.
Mas hoy le llamo en vano, y oiga al tiempo que le agotó, decir: -¡ah, barro miserable, eternamente no podrás ni aun sufrir!'
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'Un mundo deforme, raquítico, oscuro, aplastado por los polos, que volteaba de medio ganchete, con montañas de nieve y arenales encendidos, con fuego en las entrañas y océanos en la superficie, con una humanidad frágil y presuntuosa, con aspiraciones de Dios y flaquezas de barro. [...] ; un mundo disparatado, absurdo, inconcebible; nuestro mundo, en fin.'
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LEYENDAS
'Santos, monjes, ángeles, demonios, guerreros, damas, pajes, cenobitas y villanos se rodeaban y confundían en las naves y en el altar [...] mientras que, arrastrándose por las losas, trepando por los machones, acurrucados en los doseles, suspendidos en las bóvedas ululaba, como los gusanos de un inmenso cadáver, todo un mundo de reptiles y alimañas de granito, quiméricos, deformes, horrorosos.'
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'[La plebe] que se agitaba en el fondo de las naves, con un rumor parecido al del mar cuando se alborota, prorrumpió en una aclamación de júbilo, acompañada del discordante sonido de las sonajas y los panderos, al mirar aparecer al arzobispo, el cual, después de sentarse junto al altar mayor bajo un solio de grana que rodearon sus familiares, echó por tres veces la bendición al pueblo.'
Reading Challenge 2016 34. Un libro de la biblioteca
Es tan bonito este libro. Tanto la poética como la prosa de Bécquer son deliciosas de leer. Un refinamiento, una emoción, un gran uso del lenguaje. Todos los hispanohablantes deberían leer a Bécquer.
Uno de los poetas y narradores románticos por excelencia de la literatura en español. Con un tono intimista y temas recurrentes como los mitos y leyendas regionales o la muerte, es una gozada leer su colección de escritos.
Ha sido una relectura y solo puedo decir que aunque se habla mucho sobre las Rimas y las Leyendas creo que lo más especial que escribió Bécquer fueron las Cartas literarias a una mujer.
Que librazo. No se con que parte quedarme si con rimas o leyendas. - Rimas: siendo un ignorante de la poesía, se me ha hecho bastante cómodo de leer. Recomiendo la edición de “punto de lectura”. Ayuda a entender el contexto de Becquer y el por qué escribía lo que escribía. -Leyendas: preciosa forma de conectar con leyendas españolas de diferentes provincias cargadas de espiritualismo. Mis favoritas han sido: los ojos verdes, Maese Pérez el organista y Miserere
Para mi, Gustavo Adolfo Bécquer es el poeta más sensacional y grandioso que no has podido dar el mundo. También es un gran prosista, como confirman sus Leyendas pero es en sus Rimas en donde nos hace temblar de emoción.
"Hoy la tierra y los cielos me sonríen; hoy llega al fondo de mi alma el sol; hoy la he visto..., la he visto y me ha mirado... ¡Hoy creo en Dios!"
Cómo no suspirar ante semejantes palabras, el poeta endulza a la amada a la altura de los dioses. Todo en ella es divino, todo en ella es perfección. Es la pasión y el amor una esencia que logra traspasar de su vida, altamente movida, a su poesía. Es también temática constante la propia poesía, su significado y su existencia. En sus Leyendas, mi preferida es La promesa, que contiene mucho del amor de sus poemas. En la prosa podemos encontrar tópicos como la naturaleza, la muerte y la existencia más allá de ella, la magia y la religión.
"Altos juicios de Dios han permitido que al enterrarla quedase siempre fuera de la sepultura la mano en que su amante le puso un anillo al hacerle una promesa. Vos sabréis, quizás a quién toca cumplirla."
Icono del romanticismo español, Bécquer lo es todo en esta obra. Si aún no has leído nada de él, corre a hacerlo. ¡No te lo puedes perder!
Seguimos con las reseñas de libros robados, al ser cortos se leen super rápido.
Bécquer, prosista o poeta, poeta o prosista, siempre se manifiesta como artista completo e intemporal. La aparición de sus "Leyendas", cuyos valores literarios son notablemente superiores a los de las leyendas predecesoras y coetáneas, supone la culminación, superación y aniquilamiento de un género. La materia prima literaria es elaborada por Bécquer de acuerdo con sus propios parámetros estéticos, imprimiendo el sello de su microcosmos personal y la impronta identificadora de su lenguaje poético. Esto es sólo un resumen.
Libro de relatos cortos, con contenido fantástico en su mayoría. Leer a Becquer ha sido una experiencia interesante, primera vez leyéndolo.
Lo primero para recalcar y comentar lo bien que escribe, y que describe, su gran capacidad de crear un ambiente fantasmal, gótico y tenebroso. También quiero destacar las descripciones sobre la naturaleza tan ricas en detalles que hace volar la imaginación; todo un mundo de sensaciones.
Muy recomendable, unas leyendas me han gustado más que otras, pero en general he disfrutado. Siguen la recomendación de Tere al leer a Bécquer.
“Amaba la soledad, y la amaba de tal modo, que algunas veces hubiera deseado no tener sombra por que su sombra no lo siguiese a todas partes.”
La verdad es que no estuvo mal. Al contrario, estuvo bastante bien.
A pesar de estar escrito hace siglos, tiene un lenguaje sencillo, fácil de entender. Aunque algunas de las palabras y adjetivos utilizados me sorprendieron, era interesante.
Con estas leyendas podemos ver lo que era la vida antaño, el canon de belleza, las costumbres y los prejuicios que había. Se aprende mucho con historias del pasado.
Las rimas eran muy poéticas, como no, y trataban de tenis que todos vivimos, la soledad, la curiosidad... Todavía hoy en día tienen relevancia muchos de estos tópicos y temas tratados.
Además de todo esto, también está la cultura. Las leyendas son leyendas de España, Soria, Sevilla, Toledo... Aunque no incluya ninguna de mi provincia, sigo apareciando lo que es la cultura española, como buena española que soy. Y espero que cualquiera que lea estas leyendas y rimas también lo aprecie.
Nunca había leído las Rimas y son preciosas. Se entienden muy bien y puedes encontrar desde poemas de puro amor hasta de desolación y muerte, todo muy intenso con gran expresividad. De las leyendas sí que leí hace años un par. Ahora habiendo leído todas es que ni sé con cuál quedarme, todas me han atrapado. Qué capacidad para hacerte sentir siempre esa atmósfera lúgubre, de misterio y miedo. Un libro de 10
obviamente ya me lo había leído pero esta mañana me he releído las rimas <33 simplemente me apetecía! yo y las chicas románticas (de romanticismo) hasta el fin del mundo
I haven’t actually read this book, I’ve read seven of his legends for school and I feel weird marking each one as read because that would inflate my reading challenge with books that are five pages long so I decided instead to say that the seven legends equal two books. I’m reviewing each on individually though because I have thoughts. El Monte de las ánimas: 3.5 ⭐️ The first few acts were really hard to get into, but I can appreciate a good ending. Los ojos verdes: 4 ⭐️ Why am I thinking of doing a retelling of this legend? It was good! Wished it was little bit more impactful though. Maese Pérez, el organista: 2.5 ⭐️ “I don’t know what’s going on and I simply don’t want to know.” El beso: 4 ⭐️ This one was one of the easiest to read. The ending could be taken in a humorous way or a tragic one and I think both are good. If Gustavo meant for it to be taken the funny way this is probably the only happy story lol. La promesa: 4.5 ⭐️ This was reeeeeally good. I got shivers in the end 🥶. Some of the middle was kind of fillery feeling but I love this brand of tragic loves story so you can sign me up anyway. El Miserere: 3.25 ⭐️ Better than the other music one but there was just too much useless description. I liked the ending though. El rayo de luna: 3.75 ⭐️ This one felt like when you wake up from a dream and are convinced the events of the dream actually happened.
* Quando mo vieram contar, senti o frio de uma lâmina de aço nas entranhas; apoiei-me no muro e um momento perdi a consciência de onde estava. A noite abateu-se em meu espírito; em ira e piedade afogou-se-me a alma; e então compreendi porque se chora, e então compreendi porque se mata!
Passou a noite de sofrimento...a custo; pude balbuciar breves palavras... Quem me deu a notícia?...Um bom amigo... Fazia-me um favor. Rendi-lhe graças. *
Este libro es un libro clásico, demasiado clásico. Está escrito de una forma de manera que cuando la lees por la noche estás deseando que se acabe el capítulo para poder irte a dormir. NO es un libro adictivo ni entretenido. Solamente cuenta leyendas urbanas de hace un par de siglos. No se lo recomendaría a nadie de mi edad.