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Alan Watts overturns the illusion that individuals are merely 'egos' contained within their bodies who are separate from the rest of the universe. Drawing on the Vedanta religion, Alan Watts explains how a person's identity makes them the centre of the universe, and outlines that the universe has meaning only if each individual places himself at the centre of it.
The separation of the Self from the physical universe has led to Mankind's hostile attitude to the environment, and a destructive attitude to Nature. In coming to understand the individual's real place in the universe, Alan Watts presents a critique of Western culture and a healing alternative.
178 pages, Kindle Edition
First published January 1, 1966

Per così dire, ingoiamo la vita senza masticarla, trangugiando esperienze fino a esserne pieni. La consapevolezza della nostra esistenza è così superficiale e limitata che nulla sembra essere più noioso del semplice esistere. Se chiedessi cosa avete fatto, visto, ascoltato, odorato, toccato e assaggiato ieri, mi dareste uno schizzo sommario e appena abbozzato delle poche cose che avete notato, e solo di quelle che reputate degne di essere ricordate. Ci sarebbe allora da sorprendersi che la vita, vissuta in questo modo, sembri essere tanto piatta e vuota che la sete per un futuro senza fine diventa insaziabile? La risposta potrebbe essere: "Ci metterei un'eternità a dirtelo, e sono troppo interessato a quello che accade adesso". Come è possibile che un essere con dei gioielli sensibili come gli occhi, degli strumenti musicali magici come le orecchie, un favoloso arabesco di nervi come il cervello possa credere di essere qualcosa di inferiore a un dio? Nel pensare che questo organismo, ingegnoso al di là dell'immaginazione, è inseparabile dagli ancora più meravigliosi modelli del proprio ambiente (dal più minuscolo schema elettrico all'intera compagnia delle galassie) come può essere concepibile che l'incarnazione dell'eternità si annoi di esistere?
L'azione magica della società inizia sui bambini già alla loro prima infanzia. Le prime cose che vengono insegnate a un bambino sono di essere responsabile di se stesso, di essere un agente libero, e di essere l'origine indipendente dei propri pensieri e delle proprie azioni: una specie di Causa Prima in miniatura. Il bambino accetta questa finzione per la semplice ragione che non è vera; non può fare a meno di accettarla, così come non può fare a meno di entrare a far parte della comunità in cui è nato. Non ha la possibilità di resistere a questa specie di indottrinamento sociale, continuamente rinforzato da premi e punizioni, e già radicato persino nella struttura della lingua che impara. Questo è evidente in frasi come: "Non è da te fare cose simili!". Oppure: "Non copiare gli altri, sii te stesso!". O ancora, quando il bambino imita gli atteggiamenti di un altro bambino che ammira: "Pierino, quello non sei tu, quello è Marco!". La vittima innocente di questo indottrinamento non riesce a capire il paradosso: gli viene detto che deve essere libero, e su di lui viene esercitata una pressione irresistibile per fargli credere che pressioni di questo genere non esistono. La comunità, di cui è necessariamente membro dipendente, lo definisce membro indipendente.
In secondo luogo, come libero agente, gli si chiede di fare le cose solo volontariamente. "Devi volerci bene", dicono genitori, parenti, zii, fratelli e sorelle. "Tutti i bravi bambini amano le loro famiglie, e fanno le cose senza bisogno di chiederglielo". In altre parole: "Ti chiediamo di amarci perché sei tu a volerlo, non perché siamo noi a chiedertelo".
Se, dopo aver capito almeno in teoria che il gioco dell'io è un inganno e che, fondamentalmente, 'io' e l'universo' siamo uno, qualcuno mi chiedesse: "E allora? Qual è il prossimo passo, l'applicazione pratica?", io risponderei che le cose assolutamente vitali sarebbero rendere più solide le proprie conoscenze, diventare capaci di provare piacere per ciò che si ha e di vivere nel presente, e la disciplina che ciò presuppone. Senza di questo non si può dar nulla né alla causa della pace o dell'integrazione razziale, né agli indiani e ai cinesi che muoiono di fame, e neppure agli amici più vicini. Senza di questo, l'impegno sociale diventa semplice confusione, e tutti i programmi per il futuro rappresentano la pianificazione del disastro.
Ma la giusta via non è tornare indietro. Allo stesso modo in cui la scienza supera la sua visione puramente atomistica e meccanica attraverso altra scienza, il gioco dell'io deve essere superato attraverso una maggiore consapevolezza di se stessi. Non si può riuscire a liberarsi dalla sensazione di essere separati per mezzo di un cosiddetto 'atto di volontà', o cercando di dimenticare se stessi, o assorbendosi in altri interessi. Ecco perché le prediche moraliste sono un fallimento: generano soltanto ipocriti astuti, gente in cui vengono inculcati sentimenti di vergogna, di colpa, di paura, e che quindi costringono se stessi a comportarsi come se realmente amassero gli altri, tanto che le loro 'virtù' sono spesso più distruttive, e causano più risentimento, dei loro 'vizi'. Un progetto inglese di servizio sociale, curato da donne zelanti e formidabili, la Charity Organization Society (c.o.s.) era conosciuto tra i poveri come "Cringe or Starve" ("Umiliati o digiuna").
Ma la cosa più importante è come superare la sensazione di essere tenuto al di fuori di tutto ciò che è 'diverso' da me, di essere solo me stesso, un organismo scagliato in una competizione e in un conflitto inevitabili con quasi tutti gli oggetti della mia esperienza. Ci sono innumerevoli 'ricette' per mettere in atto questo progetto, e quasi tutte hanno qualcosa per cui essere raccomandate. La meditazione yoga, la danza sufi, la psicoterapia, il buddhismo zen, i metodi di 'preghiera' ignaziani, salesiani ed esicasti, l'uso di prodotti chimici che trasformano la coscienza come l'LSD e la mescalina, lo psicodramma, la dinamica di gruppo, le tecniche di consapevolezza sensoriale, il quaccherismo, gli esercizi di Gurdjieff, le terapie di rilassamento, il metodo di Alexander, il training autogeno e l'auto-ipnosi sono alcuni di questi metodi. Ma la difficoltà delle discipline è che nel momento in cui se ne diventa seriamente coinvolti ci si trova inscatolati nel gruppo dei 'giusti' che può definire se stesso solo escludendosi dal gruppo di chi 'sbaglia'. In questo modo, tutte le religioni e tutti i culti sono sconfitti in partenza, e lo stesso è per i progetti che si definiscono non-religiosi o 'religioni universali', e giocano al gioco del "Io sono meno esclusivo di te".
È così che tutte le religioni e le non-religioni (fondate tutte in nome della fratellanza e dell'amore universale) sono inevitabilmente causa di divisioni e di controversie. Cos'è, ad esempio, più difficile da realizzare (in termini di politica concreta) dell'idea di una società veramente democratica e priva di classi? Eppure le origini storiche di questo movimento sono mistiche. Risalgono a Gesù, a san Paolo, a Eckhart, a Tauler, agli Anabattisti, ai Livellatori, ai Fratelli del Libero Spirito, e al loro ripetere che tutti gli uomini sono uguali al cospetto di Dio. Sembra quasi che vivere significhi per forza essere in lotta, o per lo meno differenti e in contrasto con qualcosa d'altro. In questo senso, chi non combatte la sua battaglia non ha un'identità personale, e chi non è egoista non ha io. Nulla unisce una comunità più di una causa comune contro un nemico esterno: ma nel momento in cui questo accade, il nemico diventa ciò su cui poggia P'unione sociale.
We do not "come into" this world, we come out of it, as leaves from a tree. As the ocean "waves", the universe "peoples". Every individual is an expression of the whole realm of nature, a unique action of the total universe.
The individual may be seen as one particular focal point at which the universe expresses itself - as an incarnation of IT
self and other, subject and object, organism and environment, are the poles of a single process
Your entire education has deprived you of this capacity because it was preparing you for the future, instead of showing you how to be alive now.
Life is at root playing.
The vital thing is to consolidate your understanding, to become capable of enjoyment, of living in the present, and of the discipline which this involves.
Hitherto we have been taught that we are not really responsible for our brains. We do not know (in terms of words or figures) how they are constructed, and thus it seems that the brain and the organism as a whole are an ingenious vehicle which has been "given" to us... In other words, we accepted a definition of ourselves which confined the self to the source and to the limitations of conscious attention. This definition is miserably insufficient, for in fact we know how to grow brains and eyes, ears and fingers, hearts and bones, in just the same way that we know how to walk and breathe, talk and think--only we can't put it into words. Words are too slow and too clumsy for describing such things, and conscious attention is too narrow for keeping track of all their details.
I presume, then, that with my own death I shall forget who I was, just as my conscious attention is unable to recall, if it ever knew, how to form the cells of the brain and the pattern of the veins. Conscious memory plays little part in our biological existence. Thus as my sensation of "I-ness", of being alive, once came into being without conscious memory or intent, so it will arise again and again... And if I forget how many times I have been here, and in how many shapes, this forgetting is the necessary interval of darkness between every pulsation of light. I return in every baby born.