读《夹边沟》,先是带着看数字的心情,似乎冷漠到极致,好似觉得屠杀及死亡在达到一定的数字时,会令人产生恐怖心绪。这样的恐怖心绪构成了犹太人大屠杀文学里的主题之一:Never Again (不再发生)。然而,夹边沟不是这样的。
一个一个人的逝去被从幸存者的记忆里挖掘出来。十几二十岁的青春年华,饿到用膝盖在地上走。被奸污的女人、被不施救而饿死、胀死的人,那些一个个通过幸存者再次出现的人,仿佛黑白片Night and Fog,仅有的区分是一个片子被记住所发生的悲惨实情的人拍了下来;一个是由叙述者重现在读者的脑海,似乎第二个更黑暗——在脑海里更凄冷阴暗,好似现在宣扬的4D,与五官直接联系起来,更甚者是,夹边沟产生在脑海里。
上一次读书止不住地流泪是读从朝鲜逃离的六个人的人生轨迹,它们交叉、错过。书是《Nothing to Evny》繁体、竖版。我为书里的美兰流泪。在那样一个宣扬本土无上荣耀,天下人无从嫉妒的地方,岂不是笑中带泪么?没想到,十年过去了,夹边沟里那一个个年轻的面孔在我脑海里被勾描出来,我为他们掩面而泣。
This work of "fiction" haunts me. It is a testament to humanity's ability to be the cruelest and most insane and yet it also captures our capacity for generosity and compassion and love. The thought that this camp ever existed and isn't held up as an international example the way so many other horrific labor camps are mystifies me on one part and makes total sense on the other (hence the "fiction" classification.) I am changed by reading this book and it makes me want to prevent any such atrocities from ever happening again. It stands as a reminder that we can fall into such cruelty and have a strange systemized insanity but that we can overcome and learn and endure despite it all. Everyone should read this---no matter how uncomfortable it may make one. Its harshness jars us with purpose and stands as a warning to what could be if we only stand by and let it.
A collection of these stories from persons interviewed by the author who survived the hellish years of "re-education" at Jiahianghou labor camp 1957-1961. Three thousand were sent there; only about 500 survived. Nearly all died of starvation. Those sent were deemed "Rightists" by the Communists, even if they'd been devoted to the Party, based on an unwise statement or attitude, etc. Once again, another great book that delves into a time and place that helps reveal things we are often unaware of.
Not a pair of Shalamov or Solzhenitsyn as literary achievement, it is nonetheless a tremendous and rich testimony of suffering, love and hope under totalitarism grip.
A heavy collection of stories compiled from interviews. I would recommend if you’re interested in recent history. Much to learn from the book, particularly in power dynamics in large systems (such as prisons) and I sincerely hope as the world continues these dynamics change for the better. If you struggle with following a book that is a collection of stories, and particularly if you are unfamiliar with Chinese naming conventions, this book may be more of a challenge to follow.
the book tells us several stories that happened in a special time. It gave us a whole picture of how people who are labelled as "the Right" or “the antirevolutionary” struggled to survive under a disastrous conditions. The biggest problem that they are faced with is hunger. It can help you to better understand the history during those years in China. A true story-telling book.
In china, can not buy the book already, even it's written in Chinese by a Chinese writer. I can only read a kindle version, and also this kindle version is already deleted from Amazon CN. Every Chinese people with conscience and righteousness should read this book, should know this horrific history!
last chapter is interview with female survivor. All interviews are with males and also incarceration caused by the cultural revolution, so not about grandmothers, incarceration good detail about randomness of reason for incarceration, and also description of what happens in prison camps, good recounting of conversations and attitudes. All our Disguised As fiction, but according to Wikipedia and other research, I did they’re all actually genuine interviews
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The ditch: il luogo in cui sono andati a morire gli ideali degli intellettuali cinesi
da questi racconti, in particolare da quello che da il titolo alla raccolta, è stato tratto il film di Wang Bing presentato a Venezia 2010 sotto la mia rece del film
Anni cinquanta, campo di rieducazione di Jiabiangou. Circa tremila intellettuali e “elementi di destra” furono inviati ai Laogai per “essere rieducati attraverso il lavoro” e correggere le proprie idee revisioniste. Il film abbraccia l’intero arco del soggiorno di alcune persone e ne racconta la vita nel campo.
Alla fine degli anni cinquanta, in piena riforma agraria e a cavallo del Grande balzo in avanti, che coincisero con la più furibonda carestia che la Cina abbia mai vissuto, il campo di lavoro di Jiabiangou divenne la destinazione ultima degli intellettuali che avevano ingenuamente risposto alla campagna dei “Cento fiori”, lanciata da Mao col segreto intento di sradicare i dissidenti. In preda alla fame gli abitanti dei campi erano allora costretti a letto dalla mancanza di sostentamento e dal numero crescente di morti, vittime del momentaneo rallentamento nella “costruzione del socialismo”. Il film di Wang Bing, che per la prima volta si cimenta nel racconto pur mantenendo un’ottica da documentario, parte dalla locazione geografica nel Deserto del Gobi, per indirizzare lo sguardo dello spettatore all’interno del più devastante effetto della politica interna nel periodo della collettivizzazione. L’incapacità a far fronte alle richieste interne di cibo venne evidenziata dal crescente numero di morti che, a un certo punto, costrinsero il Partito al silenzio circa i numeri reali della catastrofe e alla successiva abolizione del piano con conseguente importazione di grano dal Canada e dall’Australia. La fine del “Grande balzo in avanti” non coincise, però, con quella dei campi di lavoro che rimasero lo strumento principale di abolizione del dissenso.
Film a sorpresa della passata edizione del Festival del Cinema di Venezia, immotivatamente trascurato dalla critica e dai distributori, ma non per questo passato inosservato The Ditch è un film forte e coinvolgente. Sfuggendo alla facile trappola del sentimentalismo Wang Bing sottolinea, con il solo ausilio di una fotografia essenziale e dell’uso impietoso dello sguardo, l’intero processo di disumanizzazione cui è sottoposto ogni individuo che varca la soglia di un campo di lavoro, processo che non termina neanche con la morte, destino ultimo, ma non necessariamente sinonimo di pace, per i residenti forzati dei Laogai. Il racconto si snoda per lo più attraverso le immagini, mostrate nella loro realtà e quasi sempre dall’ottica dei protagonisti. La maestosità del deserto fa da cornice ai piccoli stratagemmi per sopravvivere e alle continue autocritiche che costellano la vita dei residenti. Le famiglie sono lontane e, talvolta, quando una moglie fa visita al marito non sempre riesce ad arrivare in tempo. E se il deserto è il luogo per eccellenza che sottolinea la volontà del Partito di allontanare anche dallo sguardo i dissidenti, che diviene strumento della lenta esecuzione della sua inappellabile sentenza, infine è nel suo stesso abbraccio che troveranno riposo, ma non pace, quelli che là sono stati relegati a sradicare i propri pensieri revisionisti. La sensazione che maggiormente colpisce lo spettatore, nell’osservare queste vite sfinite dalla mancanza di tutto, è che a morire là siano state mandate non certo le idee, che per definizione non muoiono mai, ma piuttosto il desiderio di ciascuno di farsi portatore di un pensiero autonomo, diverso da quello prescritto dal Partito. La strisciante sensazione che la critica in Cina sia materiale ancora oggi da trattare con pinze e guanti e che essa debba esser sempre velata da un intento evidente di smussare, laddove possibile anche occultare, è parte del tessuto che compone questo affresco. Mentre guardiamo alla lenta degenerazione di persone che neanche ricordano più la loro colpa, assistiamo al progressivo sbiadirsi del significato stesso della parola “dissenso”, come a voler rimarcare che l’uomo, spogliato di tutto resta sempre un essere biologico, che non pensa neppure, se questo non è strettamente necessario alla sua sopravvivenza. Il desiderio di raccontare, o anche solo mostrare quel che si ha da dire, senza giudicare o cedere al compiacimento per esser riusciti a mettere in immagini una storia così difficile, è il motore più forte dell’intera opera di Wang, che lentamente avvince lo spettatore con il solo espediente di mostrare la realtà, senza abbellirla e senza eccedere. Misura e senso della Storia, sono solo questi i semplici ingredienti di un lavoro talmente ben fatto da lasciare lo spettatore a pensarci su anche dopo essere uscito dalla sala. Come se la Storia fosse uscita dal film per sedere in silenzio accanto a chi ha accettato, anche solo per un paio d’ore, di esserne testimone.
The Ditch Titolo originale: Jabiangou Regia: Wang Bing Durata: 105 min. Genere: drammatico Anno: 2010 Nazione: Cina Cast: Zhengwu Cheng, Niansong Jing, Xiangnian Li, Renjun Lian, Ye Lu, Cenzi Xu, Haoyu Yang
Read this book under lockdown in Shanghai. Somehow I felt like I was the countryman in this book, with no freedom and right as a human being. Depressed.