Intenta ad attraversare la strada con tutta la circospezione dovuta all'età avanzata, una vecchietta tremolante impugna improvvisamente una P38, prende la mira e fa secco un giovane commissario di polizia... È proprio attorno ai vecchietti che gira questo nerissimo romanzo di Pennac: vecchietti uccisi a rasoiate, vecchietti a cui la sorellina di Benjamin, Thérèse, legge la mano reinventando loro ogni giorno un avvenire diverso, vecchietti vittime e vecchietti assassini. Cosa sta succedendo nel mercato della droga parigino? Come mai gli anziani abitanti del quartiere Belleville sono diventati accaniti consumatori di stupefacenti? E perché se non li fa fuori la droga, vengono uccisi uno dopo l'altro con i sistemi più brutali? A tutte queste domande risponderà ovviamente Benjamin, ritenuto come al solito, in un primo momento, il principale indiziato.
Daniel Pennac (real name Daniel Pennacchioni) is a French writer. He received the Prix Renaudot in 2007 for his essay Chagrin d'école.
After studying in Nice he became a teacher. He began to write for children and then wrote his book series "La Saga Malaussène", that tells the story of Benjamin Malaussène, a scapegoat, and his family in Belleville, Paris.
His writing style can be humorous and imaginative like in "La Saga Malaussène", but he has also written essays, such as "Comme un roman", a pedagogic essay."La Débauche", written jointly with Jacques Tardi, treats the topic of unemployment, revealing his social preoccupations.
Questo va nella mia lista preferiti...l'eclettismo di Pennac non finisce di stupirmi e, in mezzo ai tanti temi importanti - il sociale, il passato ex-coloniale della Francia, le seconde generazioni e la crisi del modello assimilazionista francese, la discriminazione "nascosta", l'educazione dei ragazzi (giustamente una sua fissa da insegnante/educatore qual'è stato) - la sua leggerezza, il suo tocco magico che sa di Peter Pan, di Alice nel paese delle meraviglie. Semplicemente génial. "Una di quelle povere frasi attirò particolarmente la sua attenzione: Hanno assassinato l'amore! Era una frase strana, di un romanticismo desueto, come presa da un libro a forma di cuore. Ma gli si era conficcata nella pelle come una spina e lo svegliava, nella notte, con un urlo arruginito...Allora gli apparivano i corpi di Gabrielle e del Consigliere, come se fosse ancora in piedi sulla soglia della loro camera."
The French novelist Daniel Pennac wrote 6 books in what was termed "The Malaussène Saga" about the hilarious Malaussène clan (one mother and seven children each from different fathers) and usually involving some kind of police mystery. The books are full of comedy and irony. The Carabine Fairy is the second of the series and is hilarious from what I remember. The French is well-written but accessible to those with an intermediate level (these books are also commonly read in French high schools). This particular story features a possibly murderous grandmother and the ensuing hilarity as the crime is investigated. Very funny and very fun!
Un altro capitolo della scompisciante saga di Benjamin Malaussene capro espiatorio, che nel suo scoppiettante humour non delude di certo le attese. In una Parigi mai così lontana dall'aspirazione di grandeur francese, i quartieri bassi stanno sprofondando in una spirale di violenza. Vecchiette che uccidono poliziotti con armi di preda bellica, i quali rompono ossa e teste di immigrati colpevoli solo di non essere ariani, gli stessi immigrati accusati di spacciare droga ad anziani sull'orlo della tomba i quali quando non tirano le cuoia di overdose vengono trovati sgozzati sul pianerottolo di casa e via che si ricomincia, in un tourbillon che mantiene comunque il suo senso grazie alla maestria di Daniel Pennac. Al centro del ciclone ovviamente il signor Malaussene che riesce ad essere ritenuto colpevole di tutto senza aver fatto assolutamente nulla, anzi che in un modo o nell'altro sembra fare del suo meglio per essere accusato anche che piove, come se quella di capro espiatorio sia più una missione, una categoria dello spirito, che un'ingiustizia bella e buona.
Il fragoroso umorismo del ciclo di Malaussene in questo capitolo assume quindi un duplice livello. Da un lato il capro con la sua scombinata famiglia che si arricchisce sempre più di pargoli messi al mondo dalla madre che si fa ingravidare da chiunque, che proprio dal capro riesce ad essere mantenuta grazie a piagnucolose implorazioni di pietà miste ad atteggiamenti seducentemente sadomaso (bellissima la pagina dove il protagonista fa come l'esegesi del mestiere di capro espiatorio!); dall'altro la satira colpisce in pieno la società francese e parigina in particolare, disintegrandone la purezza ideologica e morale, schiaffando sul suo lindo viso un putrido scandalo costruito da francesi puri e sciolto da francesi delle colonie. I marocchini dei borghi, un poliziotto mezzo vietnamita travestito da vecchia vedova sono i personaggi più umani del libro, e non a caso.
Divertentissima la scelta di registri aulici che con l'andare della storia non hanno nulla a che vedere, che caricano di una poeticità scombinata la figura di Malaussene, si conferma formidabile la scelta di affidare ad un genio della comicità come Claudio Bisio la lettura di un romanzo di questo tipo. Resta un po' sullo sfondo in "La fata carabina" il potenziale comico della famiglia di Malaussene ma, forse, ci sarebbe stato davvero troppo da raccontare.
Arrivederci alla prossima volta, devo riprendermi dalle risate. Un po' tristi forse, ma comunque risate.
Libro interessante, divertente e insolito. Voto 4,5. Chiunque vuole cambiare genere dovrebbe leggere qualcosa di Pennac. Impossibile non conoscere il suo stile davvero particolare.
Lo stile e' ironico: quest'ironia e' ottenuta con personaggi grotteschi ma sopratutto con l'abilità di Pennac nello scrivere. Non è uno stile fluido che piacerà a tutti, ma molti apprezzeranno la sua triste ironia. (Personalmente preferisco lo stile di Fred Vargas, ma hanno parecchi punti comuni).
La trama e' complessa, con parecchi colpi di scena, alcuni molto divertenti. Non lo definirei un libro giallo (praticamente impossibile intuire cosa sta succedendo) ma alla fine tutti i misteri vengono svelati.
I personaggi sono troppo grotteschi e strampalati per essere profondi, però riescono a strappare un sorriso.
Le tematiche sono soprattutto legate alla vecchiaia e sono molto profonde. Ci prendiamo cura degli anziani? E lo stato? Come si può combattere la solitudine? Dove possono trovare gli anziani nuovi motivi per vivere?
Libro consigliato a chi non conosce Pennac e a tutti i suoi fan. Se invece preferiti avere più indizi per trovare i colpevoli, consiglierei la Vargas. Consiglio ai fan. Se non avete troppi problemi con due parole di siciliano, potreste provare La concessione del telefono. Libro molto simili nell'unire ironia e tematiche serie.
"Io, Benjamin Malassène, vorrei che qualcuno mi insegnasse a vomitare l’umano, un metodo sicuro come due dita in gola, che mi insegnasse il disprezzo, o il gran odio bestiale, quello che massacra a occhi chiusi, vorrei che un giorno arrivasse qualcuno, mi indicasse un altro e mi dicesse: quello è il porco assoluto, cagagli in testa, Benjamin, fagli mangiare la tua merda, uccidilo e massacra i suoi simili. E vorrei poterlo fare, sul serio. Vorrei essere di quelli che chiedono il ritorno della pena di morte, e che l’esecuzione sia pubblica, e che il condannato sia ghigliottinato prima dai piedi, poi sia curato, cicatrizzato, e si ricominci appena guarito, nuovo ghigliottinamento, sempre dall’altro lato, le tibie stavolta, e di nuovo curato, di nuovo cicatrizzato e clac! Le ginocchia, all’altezza della rotula, dove fa più male; vorrei appartenere alla vera famiglia, numerosa e tanto unita, di tutti quelli che auspicano il castigo. Porterei i bambini allo spettacolo e potrei dire a Jérémy: “Vedi cosa ti aspetta se continui a dar fuoco alla pubblica istruzione?” […] e appena la piccola Verdun aprisse la bocca la solleverei al di sopra della folla perché vedesse bene la mannaia insanguinata: dissuasione! Vorrei appartenere alla grande, bella “anima umana”, quella che crede, vero come l’oro, al carattere esemplare della pena, quella che sa da che parte stanno i buoni, da che parte stanno i cattivi, vorrei essere il fortunato possessore di un’intima convinzione, cazzo come mi piacerebbe! Perdio se mi semplificherebbe la vita!"
Le livre commence avec un tempo assez lent, mais petit à petit on apprend que c'est fait exprès et que chaque mot est à sa place et a une signification très particulière. Je ne m'attendais pas à cette fine résolution du problème principal. J'ai aimé.
Benjamin Malaussène è un giovane che abita a Belleville, periferia di Parigi, dove vivono principalmente immigrati e disperati. Svolge un improbabile lavoro di capro espiatorio per una casa editrice e ha un'improbabile famiglia in cui la madre "sforna" di continuo figli avuti tutti da padri diversi. Ma Benjamin si occupa anche degli ultimi, di anziani del quartiere caduti nella tossicodipendenza. Il tutto immerso in un giallo pure lui improbabile, "Un mondo dove dei serbo-croati latinisti fabbricano donne killer nelle catacombe, dove vecchie signore ammazzano gli sbirri incaricati di proteggerle, dove librai in pensione sgozzano a man bassa per la gloria delle Belle Arti, dove una cattiva ragazza si defenestra perché il padre è più cattivo di lei...", ma che ti porta a desiderare fino all'ultimo di vedere come andrà a finire la storia. E' il mio primo Pennac e devo dire che l'esperienza non è stata affatto male.
"Non si tratta di credere o non credere, Ben, si tratta di sapere quel che si vuole. E quello che si vuole non è altro che l'eternità. [...] Ma quello che ignoriamo è che l'Eterità ce l'abbiamo, e in questo ambito, per l'appunto, abbiamo quello che vogliamo"
Perché leggo solo adesso questi libri di Pennac? Il secondo libro della saga Malaussène, La Fata Carabina, mi ha davvero sorpresa. È più dark e con un humour più noir del libro che lo precede, Il Paradiso degli Orchi, più complesso... Ma ritroviamo di nuovo i personaggi tutti matti del nostro clan preferito di Belleville, di nuovo sotto il mirino della polizia, di nuovo pronti ad indagare. Ho amato moltissimo lo sviluppo della storia, i momenti assurdi, Julius il cane epilettico, le battute taglienti e l'impegno politico e sociale che traspare dalle pagine. E ovviamente ho amato i piccoli semini d'amore sparsi tra le pagine, piccoli, ma sempre presenti. Bello, non vedo l'ora di leggere il seguito!
This is such fun - a crazy, rollercoaster ride of a read, subverting all your expectations. Even more fun if you read it while staying in the Belleville neighbourhood of Paris, where this is set. A collection of unusual characters (some pretending to be other even more intriguing characters, like Vietnamese cop Thian pretending to be Madame Ho), lots of local atmosphere, a mystery waiting to be solved. Just a really rich, colourful slice of life!
Voilà longtemps que j'avais quitté les fictions de Pennac et son curieux Malaussène, mais je gardais du Bonheur des ogres un souvenir agréable et attentif. En effet je me suis retrouvée en terrain connu avec cette écriture toute particulière et ces péripéties narratives. Un bon moment.
Ritroviamo la numerosa e stramba famiglia Malaussène di Belleville, Parigi. Questo romanzo è il secondo della serie Malaussène, iniziata con Il paradiso degli orchi.
La storia inizia subito col botto: una signora anziana che stava passeggiando viene aiutata da un giovane poliziotto ma ella esce fuori una pistola e gli spara. Da questo momento inizieranno le indagini su due casi in parallelo che si intrecceranno: il commissario Cercaire cerca chi ha ucciso l'ispettore Vanini mentre il commissario Rabdomant, affiancato dagli ispettori Pastor e Thian, indaga per portare alla luce un traffico di droga che riguarda persone anziane.
Ma cosa c'entra il nostro Ben in tutto questo? Beh, la sua fidanzata Julie Corrençon indaga anche lei come giornalista e siccome vuole salvare alcuni anziani caduti nella droga chiede aiuto a Ben che li ospita a casa sua. E naturalmente sarà l'inizio dei suoi guai, visto che inizieranno a venire uccise delle persone anziane e verrà sospettato un amico di Ben, Stojil, autista di un bus turistico.
Che dire, ritrovare l'ironia di Pennac e il simpatico Benjamin Malaussène è una garanzia. E naturalmente anche stavolta il nostro Ben verrà ritenuto colpevole. Adesso non lavora più al grande magazzino ma in una casa editrice dove anche lì fa il capro espiatorio.
"Il più grande piacere mio e di Julia è abusare l'uno dell'altro senza ingannare noi stessi."
Secondo capitolo del ciclo Malaussène e conferma della grandezza di Pennac. Ritroviamo tutti gli ingredienti preziosi che compongono questo romanzo grottesco, surreale e frizzante: dall'improbabile affresco della famiglia (anzi, tribù) Malaussène, al ritratto di poliziotti al limite del possibile, alla rappresentazione di una città che è tutto e il contrario di tutto: Belleville, quartiere-cittadina, luogo ideale per mettere in atto la sovversione del reale voluta da Pennac. Perché, sì, la sua è veramente una sovversione: a cominciare dall'esordio del romanzo, con l'uccisione di un giovane poliziotto da parte (udite udite) di una semplice e apparentemente semplice vecchina. In questo secondo capitolo la famiglia si fa un po' da parte, e la cosa non dispiace. Soprattutto, se il primo romanzo era stato caratterizzato da luoghi molto chiusi e circoscritti (Benjamin viveva perennemente chiuso tra la casa di famiglia e il luogo di lavoro), in questo secondo capitolo Pennac esce fuori, per strada, estendendo il campo della sua indagine. E che dire, infine, dell'intricata trama? Un noir allucinante, che solo il genio di Pennac può mantenere sempre vivo e condurre, infine, ad uno scioglimento inaspettato.
Continua la saga della stampalata famiglia Malaussène, che raccoglie vecchietti dalle strade di Belleville solo per essere ripagata dal tradimento di uno di loro. Tra anziane signore che sparano come cecchini, poliziotti vestiti da vietnamite, cani epilettici e sbirri che trasformano la gente in fiori Malaussène continua il suo lavoro di capro espiatorio, stavolta presso le Edizioni del Taglione. E presso la propria famiglia. E presso l'intera Parigi, visto che il suo nome salta fuori ogni volta che c'è un serial killer in giro. Solo, i serial killer sono americani e qui siamo in Francia. Moventi, strategie e luoghi sono molto più poetici ed eleganti dei corrispettivi oltre-atlantico. Letto al liceo, mi sembrava molto più fantastico di quanto non appaia 18 anni dopo. E' una saga che merita la rilettura
Had I not been stuck on (and between) trains, with nothing else but the unappetising wares of WH Smith on offer, I probably wouldn't have got through this. I enjoyed the opening, but then wasn't particularly gripped by the 100 pages or so that followed. But, gradually and maybe even a little grudgingly, I began to realise that its quality can't really be denied. I certaintly didn't laugh till I cried, as promised by the cover, but I did find it quite witty, rather clever, and impressively (rather than annoyingly) quirky. I don't think I'll be reading anything else by Pennac, as this simply wasn't quite my cuppa, but fair play to him all the same.
"Proverbio taoista, piccolo: 'Se domani, dopo la vittoria di stanotte, contemplandoti nudo allo specchio scoprirai un secondo paio di testicoli, che il tuo cuore non si gonfi di orgoglio, figlio mio, vuol semplicemente dire che ti stanno inculando'"
Questa volta la famiglia Malaussene non è l'unico protagonista. Pennac dà spazio a due poliziotti, Thian e Pastor, che in questo libro della saga rubano completamente la scena. Vale la pena leggere questo libro e conoscere anche loro, oltre alla pazza famiglia Malaussene che assicura, come sempre, un divertente (e un po' crudo) spettacolo.
Mi è piaciuto tantissimo, divertente e sorprendente. Tutti i personaggi sono fantastici e indimenticabili e nei dialoghi Pennac diventa davvero incisivo. È stata un bella lettura, anche meglio de Il paradiso degli orchi. Sicuramente il mio personaggio preferito è l'ispettore Thian, con i suoi conflitti interiori, ma in generale tutti gli anziani protagonisti della vicenda mi sono entrati nel cuore con le loro eccentricità.
Come se non bastassero cani da fumetto, sorelle fotografe e sensitive, madri scodellabambini, fratelli teppisti o decisamente precoci tutti nella stessa casa (o tribù), ecco che la famiglia Malausséne si apre a inglobare anche vecchietti eroinomani vittime della vita e degli spacciatori.
Avevo scritto una recensione a caldo che anobii non ha voluto registrare. Come sempre interpreto la cosa come un segno. Sono sempre più convinta che il rapporto con Pennac possa essere solo o d'amore o di odio. E, se ancora non si fosse capito, nel mio caso si tratta di amore allo stato puro. Amo lo stile, la capacità di intrecciare storie, culture, fantasia, realtà e creare un giallo che va oltre l'immaginazione. Grazie Daniel perché da quasi due decenni mi rendi felice.
Dopo quasi due anni in cui praticamente avevo smesso di leggere, mi serviva uno scossone che mi restituisse il senso del piacere della lettura. C'è riuscito Pennac, con la sua capacità di mettere in scena le trame più improbabili e i personaggi più bizzarri rendendoli straordinariamente plausibili e "veri" col soffio dell'ironia e l'occhio di chi sa riconoscere, accettare e palesemente amare l'ineluttabile assurdità dell'essere umano. Per cui... grazie di cuore, Pennac.
"I giovani amano la morte. A dodici anni si addormentano sentendo racconti di guerra, a vent'anni la fanno, come la vedova Dolgorouki o come me. Sognano di dare una morte giusta o di ricevere una morte gloriosa, ma in entrambi i casi è la morte che amano. Oggi, qui a Belleville, sgozzano una vecchia e si sparano in vena i suoi risparmi per trovare una morte luminosa. Di questo è morta, la mia vedova: della passione dei giovani per la morte."
Era inverno a Belleville e c'erano cinque personaggi. Sei, contando la lastra di ghiaccio. Sette, anzi, con il cane che aveva accompagnato il Piccolo dal panettiere. Un cane epilettico, con la lingua che gli penzolava da un lato.
Inizia così La fata carabina di Daniel Pennac, degna prosecuzione dell’esplosivo Il paradiso degli orchi.
Dopo aver letto il primo libro della serie ho così piacevolmente ritrovato la bizzarra famiglia o, per meglio dire, comunità, di casa Malaussène nella Belleville parigina.
La storia si tinge di giallo ed i colpi di scena si susseguono tenendoti incollato alle pagine sino alla fine abbastanza inaspettata ed al romantico epilogo.
Tante situazioni improbabili e battute umoristiche si accavallano in un romanzo leggero e divertente, ma denso di temi intriganti, che mi ha preso sempre più, man mano che andavo avanti nella lettura.
Ed il detective Pastor diventava sempre più protagonista.
Alcune frasi poi sono indimenticabili:
Se Dio esiste, spero che abbia una scusa valida.
Penso che leggerò presto il terzo della serie, naturalmente in ordine cronologico. ;-)
I’m reading this book for a book club i’m going to next week. I really struggled to pick it up for the first half but once I got into it got better. I didn’t expect the plot twists at the end and i’m glad I read something totally out my comfort zone!
Secondo capitolo della saga dei Malaussene. Accade che in un quartiere di Parigi un'anziana signora uccida un poliziotto con una pistola, mentre dilaga la tossicodipendenza tra gli anziani. Da qui si sviluppa un giallo in cui è ancora una volta coinvolto Malaussene. Mi ha colpito di più rispetto al precedente "Paradiso degli orchi" perché ho gradito l'atmosfera noir e ho avuto più facilità ad entrare nella narrazione, data la precedente esperienza con Pennac. Tuttavia, strada facendo, ho trovato nuovamente difficoltà a seguire il filo del discorso, trovando ancora una volta la narrazione confusa. Una lettura originale ed ironica, ma che richiede notevole concentrazione e poche pause per non dimenticare quello che è stato letto in precedenza.
4 stelle e mezzo perchè questo secondo libro che Pennac dedica alla famiglia Malaussene mi è piaciuto veramente veramente tanto e molto di più rispetto al paradiso degli orchi che mi aveva lasciata con più di un punto interrogativo. Innanzitutto il ritmo di questo romanzo è molto più incalzante e coinvolgente rispetto al primo e poi troviamo moltissimi personaggi nuovi che avranno tutti una parte importantissima in questa storia. Infatti una cosa che mi ha un po' spiazzato e che non mi aspettavo è che si, sicuramente Ben e la sua strampalata famiglia sono al centro del racconto, ma in realtà sono solo alcuni degli attori principali, anzi in alcuni punti assumono un'importanza addirittura secondaria. A prendersi tutta la scena sarà infatti l' ispettore Pastor, un personaggio che secondo me Pennac costruisce in maniera magistrale, lascia che il lettore lo scopra piano piano e io ho seguito con interesse la sua storia carpendo ogni piccolo dettaglio che l'autore lasciava qua e là nelle pagine per mettere maggiormente a fuoco la figura del giovane ispettore. Ho trovato commovente ogni riferimento che lui fa al suo passato e soprattutto all'amore che gli hanno saputo regalare i suoi genitori adottivi: la dolcissima Gabrielle e il Consigliere, l'uomo che gli ha davvero insegnato tutto e ha contribuito alla sua crescita personale e lavorativa. Mi è piaciuto anche il rapporto speciale che lega Pastor al vecchio ispettore Thian e anche qui Pennac ci fa capire gradualmente da dove nasce il legame tra i due uomini. Pastor è un personaggio riuscitissimo che anima perfettamente tutta la vicenda, segue con assoluta dedizione il corso delle indagini che, come nel paradiso degli orchi, sono una parte fondamentale del romanzo e ad un certo punto ovviamente la sua strada incrocerà quella del nostro amato Ben. La fata carabina vede intrecciarsi indagini, delitti, bambini, neonati, vecchi, innamorati, pericolosi assassini, poliziotti corrotti che vanno a legarsi perfettamente creando una storia piacevolissima e coinvolgente che si legge in un baleno perchè ha quelle sfumature di giallo che portano il lettore a desiderare ardentemente di scoprire il vero colpevole e di vedere come riuscirà stavolta il povero, ignaro Ben a cavarsela. Ben è sempre un "capro espiatorio", stavolta per una nota casa editrice ma lo troviamo in un periodo di pausa dal suo lavoro che ritroveremo verso la fine del romanzo quando, sotto minaccia del suo terribile capo, è costretto a riprendere a lavorare. Ritroviamo il Ben che avevamo conosciuto nel paradiso degli orchi, il Ben che si prende cura di una famiglia sempre più pazza e numerosa, il Ben innamorato della sua bella Julia, scanzonato, terribilmente sfortunato ma che la penna di Pennac rende secondo me sempre meraviglioso. Devo dire che in questo secondo romanzo ho imparato ad apprezzare molto di più la scrittura dell'autore, con la quale ammetto di aver un po' bisticciato in precedenza perchè mi appariva in qualche modo oscura e inafferabile, mentre qui mi è molto piaciuta, ironica, a tratti divertente, dissacrante, mai banale e assolutamente godibile. Mi è piaciuto sia l'inizio del romanzo, sia il finale, tanto che al più presto correrò a comprare il terzo volume! Ah, una menzione speciale alla famiglia Malaussene perchè io non posso fare a meno di adorarli tutti, dal primo all'ultimo e già non vedo l'ora di incontrarli di nuovo!
Come se non bastassero cani da fumetto, sorelle fotografe e sensitive, madri scodellabambini, fratelli teppisti o decisamente precoci tutti nella stessa casa (o tribù), ecco che la famiglia Malausséne si apre a inglobare anche vecchietti eroinomani vittime della vita e degli spacciatori. Julie, l’ex ‘zia Julia’, ha infatti intenzione di pubblicare un articolo sulle nuove vittime della droga, gli esponenti della terza età, e quale posto migliore per proteggere i testimoni se non la già affollatissima casa dei Malausséne, che peraltro si è anche arricchita di un nuovo componente, la piccola Vedrun? Chi è veramente la fata Carabina, che sotto gli occhiali cerchiati di rosa del Piccolo ha trasformato un uomo in un fiore facendogli saltare le cervella con una P38? Chi sono i delinquenti che accoppano vecchiette a Belleville con l’ausilio di un affilatissimo rasoio? E chi è la bella donna dai capelli rossi che hanno tentato di eliminare gettandola da un ponte vicino il commissariato di polizia? Questi e altri i misteri che ruotano attorno a Benjamin, ancora una volta il principale indiziato delle indagini di polizia: come non manca di ricordargli la Regina Zabo, Benjamin è capro espiatorio fino al midollo, e anche questa volta non fa differenza, assediato com’è dagli investigatori Cercaire, Rabdomant, Thian (che indaga sotto le mentite spoglie di una vecchietta vietnamita) e Pastor, che sperano di coglierlo in fallo e incastrarlo come assassino e come spacciatore. D’altronde, chi può credere innocente qualcuno che sfortunatamente ha le mani in pasta con ogni elemento dell’indagine?
In questo secondo volume del ciclo, la famiglia Malausséne si fa leggermente da parte per lasciar spazio a Pastor, l’ispettore riccioluto sempre avvolto in un maglione fatto a mano troppo grande per lui, che si dimostra un ottimo coprotagonista; ampio spazio è dato anche al vecchio Thian e più generalmente alle indagini del corpo di polizia, che sottraggono numerose pagine ai folli aneddoti che avvengono in casa Malausséne. Dietro le bizzarre avventure dei vecchietti ospitati in casa Malausséne vi è un’amara nota dolente dedicata alla solitudine degli anziani lasciati a se stessi, ai pericoli che corrono a causa di istituzioni che invece dovrebbero proteggerli, ma Pennac utopicamente mette in scena una famiglia ideale allargata che si prende cura anche dei meno fortunati, formata da tipi inverosimili ma indubitabilmente umani. Benjamin, tra tutti, è l’unico a cui non si riesce a dare un volto: voce narrante, riesce a evocare perfettamente le fattezze di chi lo circonda, ma lui stesso si priva di un’identità. E perché mai un capro espiatorio dovrebbe averne una? Ancora una volta, uno splendido romanzo che amalgama i generi più disparati in un arazzo grottesco e ironico di personaggi improbabili e indimenticabili. Impiega un po’ più tempo a ingranare rispetto al primo, ma inaspettatamente la seconda metà è un crescendo di azione che conduce a un delizioso happy end che permette di chiudere il libro con un sorriso sulle labbra (e una risata tra i denti). Pennac dimostra nuovamente di saper sciogliere perfettamente i fili di una trama in apparenza indistricabile, stupendo con il suo stile infarcito di allusioni e neologismi.
In this the second of the Belleville Quartet , The Fairy Gunmother, Benjamin is now working in the capacity of official Literary Director (unofficial scapegoat) for Vendetta Press. He has taken a prolonged leave of absence because there have been changes in his life, as well as in Belleville. The neighborhood is in an uproar because more than a half-dozen elderly grannies have been found with their wrinkled throats slit. And then, on a cold winter's night when police Inspector Vanini is hanging out on a street corner looking for suspicious anti-ancients, he spies an elderly lady beginning to slip on a sheet of black ice:
But then the tables are turned and the old lady, suspecting a mugging as Vanini crept up on her, turned and fired on him point blank. She was a dead shot. Of course, there are no witnesses––or at least ones who will talk––so the situation in the streets becomes very tense. It seems that the grannies are arming themselves.
Into this edgy situation, along with a generous helping of suspects, full-fledged criminals, and heavy-handed cops, stumble Benjamin Malaussène and his journalist love, Julie. Julie has been working on a case involving a new spate of drug addictions. This time, the victims are all among the wrinklies. They are ideal targets for the dealers, because they are the most vulnerable. They are weak, feeble, tired, sick, lonely and, many times, alone. Add to this, they have some money from their pensions.
Julie has been rescuing some of these desperate oldsters and is hiding them at the Malaussène home because she fears they are in danger. Benjamin and his family of siblings and epileptic dog incorporate four old men as grandfathers and are nursing them back to health. Julie herself has not been seen for a while. She is hunting for the evil that lurks in the hearts of some powerful men, and Benjamin fears for her safety. The problem is Benjamin himself seems to be in the police's spotlight as an ideal murderer and drug dealer. Is he a saint or a sinner?
This story is filled with fascinating characters into whom Pennac breathes the spark of life. There is the Pastor, who is a policeman who can get anyone to confess his crimes with his secret technique. And there is Widow Ho, an elderly Vietnamese woman who tries and tries to get attacked and robbed, but she has more protectors that she can count. She is a lot more than any one thinks she is.
Benjamin's siblings are also fleshed out and seem very real. The underlying themes of renovation of aging neighborhoods, racism and the care of the elderly play a role in the plot, and while there are many episodes of absurdity, the story's message is deadly serious.
Je me suis encore méprise sur la nature de l'histoire à cause certainement de la couverture. Il s'agit d'un roman français pour les français, une vraie enquête avec le suspens et les rebondissements qu'il faut. Le style d'écriture est 'spécial'et ne manque pas de comique. à lire